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Confusione delle domande “se, perché, quando punire?” 102

Capitolo II. La questione punitiva

2.2. Due vizi metodologici nella riflessione sulla questione punitiva 97

2.2.2. Confusione delle domande “se, perché, quando punire?” 102

Una volta intrapresa la via della chiarezza nella questione punitiva, Hart avverte il biso- gno di tornare indietro per porre delle questioni preliminari riguardo al presupposto della pena: “perché certi tipi di azioni sono vietati dal diritto penale?” . Perché proprio quelle 122 condotte e non altre?

Hart puntualizza che una cosa è «usare la parola retribuzione per indicare lo scopo gene- rale giustificante del sistema, e cosa completamente diversa è usarlo per assicurarsi che la domanda “a chi si può infliggere la pena?” (questione di distribuzione) riceva la risposta solo al trasgressore per una trasgressione [...]» . Alf Ross è riconoscente verso chi prima 123 di lui ha dissipato la nebbia che avvolgeva la quesitone, come Hart, appunto, e ribadisce che “è soprattuto chiaro che le teorie della retribuzione non hanno niente a che fare con lo scopo” . 124

Contro chi gioca la partita riconducendo allo scopo della pena ogni riferimento alla re- tribuzione, Ross risponde con uno scacco matto che mette in discussione la qualità delle letture del giocatore sull’argomento: “ciò è chiarissimo per scrittori moderni che, come per esempio Hart, accettano il requisito della colpa (mens rea) come principio limitativo anzi- ché considerazioni sullo scopo. Ma vale anche per teorici della scuola classica, Kant, Stahl, Hegel, Binding, ecc. Che questo non si sia già riconosciuto, è probabilmente da imputarsi

H.L.A. Hart, Responsabilità e pena, cit. pp. 32-34.

122

Ivi, p. 35.

123

A. Ross, Colpa responsabilità e pena, cit. p. 103.

innanzitutto al semplice fatto che questi scrittori non ci si vanno più a leggere” . L’elenco 125 per fortuna non si è fermato lì.

Un autore che ha fornito un prezioso contributo per fare chiarezza nella questione puni- tiva è Luigi Ferrajoli. Egli non solo ha approfondito ulteriormente i significati del termine scopo - tra l’altro distinguendolo dall’effetto che Ross usava come sinonimo -, ma ha anche ripreso ed approfondito la distinzione delle domande a cui cerca di rispondere la questione punitiva.

Per Hart, per Ross, per Ferrajoli, la questione punitiva è fondamentalmente una questio- ne posta male. Il quesito “perché punire?” è stato oscurato da altre domande sentite come più impellenti. “Perché punire?”, invece, è una delle prime domande da porsi, e a sua volta, è una domanda complessa della quale, senza ulteriori precisazioni, non sarebbe intuitivo capire con esattezza che tipo di informazione si vuole ottenere. Domandarsi perché si fa qualcosa, quindi, soprattutto se si tratta di un’azione che non si esaurisce in un unico atto, racchiude almeno tre quesiti autonomi: 1) “per quale ragione”, 2) “con quale scopo”; e 3) “con quale motivazione”. Punire è un atto complesso e entrambi gli autori hanno saputo dirigere la domanda sul perché a ognuna delle manifestazioni del potere punitivo. Sostiene Ross: “la molteplicità di interventi di natura diversa, di atti decisionali del potere legislati- vo, che prestabilisce gli atti da incriminare e le pene ad esso collegati, gli atti amministrati- vi e giudiziari che danno attuazione alle premesse legislative e l’applicazione della sanzio- ne a un determinato condannato, implica che almeno questi tre momenti possono costituire oggetto della domanda «perché»” . In modo analogo, Ferrajoli costruisce la teoria del 126 garantismo penale domandandosi, fra le altre domande, perché proibire, perché giudicare e perché punire . 127

Invece c’è un punto clamoroso su cui gli autori prendono strade diverse. Tornando sul polisemantico vocabolo scopo, afferma Ross che “la considerazione dello scopo si limita ad essere considerazione determinata da interessi dal punto di vista dell’agente, che moti- vano il suo atto, se l’agente è «la società» [...] lo scopo della pena è indicato dagli interessi generali della società, contrapposti agli interessi dell’individuo come tale, che sono alla

Ibid.

125

A. Ross, Colpa, responsabilità e pena, cit., p 77.

126

Ibid.

base dell’istituzione penale” . Ferrajoli, invece, riformula la questione dello scopo della 128 pena, criticando l’utilitarismo dimezzato di altri autori, e rimettendo al centro l’interesse del condannato, come indicavano Beccaria e Bentham, che di utilitarismo dimezzato non potrebbero essere accusati: lo scopo del diritto penale è la prevenzione delle ingiuste offese e delle ingiuste punizioni.

La parola “scopo” è utilizzata da Ferrajoli per designare “le finalità che devono essere perseguite dalla pena affinché il diritto penale sia giustificato”. A differenza della maggior parte della dottrina egli stipula una chiara distinzione rispetto all’impiego del termine “fun- zione” che invece designa “le finalità che di fatto sono perseguite dalle pene e gli effetti da esse concretamente conseguiti” . A partire dalla precisa definizione dei concetti della teo129 - ria. Ferrajoli giunge a chiarire molti equivoci. In particolare, quelli “che affliggono le di- scussioni teoriche e filosofiche intorno alla domanda «perché punire?»”. Questi equivoci, secondo Ferrajoli, dipendono “dalla frequente confusione tra i diversi significati ad essa espressi e tra i diversi livelli e universi del discorso cui appartengono le risposte da essa ammessi” . 130

L’Autore assume come compito preliminare quello di fare chiarezza, sul piano metateo- rico, sui livelli in cui si collocano le possibile risposte. Ed allora emerge l'importanza di tenere distinti tre livelli del discorso e di associare a ciascuno di essi un termine esplicativo diverso: “la parola funzione per indicarne gli usi descrittivi di tipo storico o sociologico, la parola motivazione per indicarne gli usi descrittivi di tipo giuridico e la parola scopo per indicarne gli usi normativi di tipo assiologico” . Ferrajoli puntualizza che “il vizio meto131 - dologico riscontrabile in molte delle risposte [...] alla domanda «perché punire?» consiste nella confusione da esse operata della funzione o della motivazione con lo scopo, ovvero dell’essere (di fatto o diritto) con il dover essere (assiologico) della pena, e nella conse- guente assunzione delle spiegazioni come giustificazioni o viceversa»”. In questo modo egli opera un’altra distinzione: sono teorie o spiegazioni “le risposte alle questioni sulle motivazioni giuridiche delle pene e a quelle sulle funzioni da questa di fatto svolte” e sono invece dottrine assiologiche o di giustificazione, definite come modelli normativi di valu-

Ivi, p. 78.

128

L. Ferrajoli, Diritto e ragione, cit., p. 198.

129

Ibid.

130

Ivi, pp. 322-325.

tazione, “le risposte alle questioni etico-filosofiche sullo scopo (oggi gli scopi) che il diritto penale e le pene, devono o dovrebbero perseguire” . 132

Accogliendo l’eredità di Beccaria, Ferrajoli raffigura la teoria del garantismo penale come la legge del più debole, che nel momento del reato è la vittima, nel momento del pro- cesso il condannato e nel momento dell’esecuzione della pena il condannato, che rimane pur cittadino titolare di diritti. Lo scopo della pena, quindi, non può tener conto soltanto degli interessi generali della società. Le garanzie hanno una valenza contro-maggioritaria perché il Novecento ha dimostrato la necessità di patti sociali che siano rispettati a prescin- dere dalla volontà della maggioranza, volontà che non potrà più essere spacciata per volon- tà generale di un inesistente io comune.

L’odierna teoria della pena dovrebbe riconoscere come agente titolare del potere puniti- vo lo Stato costituzionale di diritto, che non proclama la difesa di diritti autonomi ma il cui interesse principale è la tutela dei diritti dell’individuo, lo scopo di una delle sue branche, il sistema penale è da un lato concorrere alla prevenzione delle ingiuste offese e dall’altro essere protagonista della prevenzione delle ingiuste punizioni, i mezzi saranno le pene di cui si possa individuare il contenuto afflittivo in modo da poter tracciare una linea di de- marcazione fra punizione legittima ed arbitrio punitivo. E la riflessione sullo scopo della pena è rivolta a limitare le possibili manifestazioni del sistema penale, optando per quelle più razionali.