Capitolo IV. Deontologia della pena
4.2. Limiti e vincoli delle sanzioni penali
4.2.3. Tassatività e tutela della dignità umana
Assumendo la prospettiva della teoria garantista della pena, il principio di tassatività, come d’altronde qualsiasi altro principio relativo al diritto penale, deve essere concepito in termini limitativi e non espansivi del potere punitivo. Zaffaroni nella sua indagine alla ricerca delle pene perdute coglie il fatto che proprio “il sistema penale non rispetta la le- galità, poiché [...] la legge stessa si occupa di rinunciare alla legalità concedendo un ampis- simo margine di arbitrio alle sue agenzie” e giunge a parlare di violazioni della legalità per via di una “rinuncia pianificata dalla legge stessa” . Nello Stato costituzionale di diritto la 62 legge penale è chiamata a soddisfare le istanze di tutela individuale contro l’arbitrio ad essa assegnata, e per realizzarlo non può cedere sregolatamente terreno al governo degli uomini.
E.R. Zaffaroni, En busca de las penas perdidas, cit., p. 33. Traduzione mia. 62
Muovendo da una concezione etero-poietica dello Stato, in base alla quale l’artificio del potere politico è giustificabile solo come strumento di tutela degli individui, occorre guar- dare al diritto penale come a un insieme di regole la cui funzione non è solo quella di fre- nare i delitti, ma anche quella di limitare il potere punitivo: il più minaccioso e il più inva- sivo dei poteri dello Stato e vincolarlo in funzione della garanzia dei diritti fondamentali, sulla cui base – nel paradigma del costituzionalismo – si misura la legittimità delle istitu- zioni. Dato che la tutela dei diritti individuali è la ragion d’essere dell’artificio statale, tali diritti rappresentano al contempo i limiti del suo operato. La tassatività o determinatezza della pena non può essere concepita come mero depliant informativo del contenuto delle pene. La stretta legalità della pena non si soddisfa soltanto con la previsione tassativa del contenuto delle pene, ma con la previsione tassativa di obblighi e divieti compatibili con i principi dello stato costituzionale di diritto. Il principio di legalità detta le regole sul chi e il come dell’esercizio del potere punitivo, indicando come suo unico titolare la autorità pub- blica e come unico mezzo di previsione di conseguenze punitive la legge penale. Il princi- pio di stretta legalità, proprio dello stato costituzionale di diritto, detta quanto meno il che cosa non della comminazione e dell’esecuzione delle pene, precludendo che le pene con- sistano in trattamenti inumani o degradanti, come ha costituzionalizzato l’ordinamento ita- liano. Il contenuto delle pene deve, dunque, essere prestabilito dal legislatore e stabilito dal giudice nel rispetto innanzitutto del principio della dignità umana.
“Fino a tanto che potremo ancora credere nella dignità della persona, dovremo postulare come dogma il principio nullum crimen nulla poena sine praevia lege penale” , scrisse 63 Bettiol. C’è un nesso inscindibile fra autolimitazione del potere statale e tutela dei diritti dell’uomo, primo fra tutti il diritto che si fonde con il concetto d’umanità senza che sia possibile distinguerli: l’intangibilità della dignità personale. In questa prospettiva garan- tista, il principio di determinatezza delle pene deve rispettare la regola secondo cui il diritto penale ha il compito di identificare i beni che non devono essere lesi né con i reati né con le pene . 64
Secondo l’insegnamento garantista di Beccaria gli uomini, “stanchi di vivere in un con- tinuo stato di guerra e di godere di una libertà resa inutile dall’incertezza di conservarla” hanno sacrificato soltanto una minima porzione di libertà, quella “inutile libertà di far male
G. Bettiol, L.P. Mantovani, Diritto penale, cit., pp. 133-134. 63
L. Ferrajoli, Diritto e ragione, cit., p. 130. 64
altrui” per entrare nello stato sociale e “goderne il restante con sicurezza e tranquillità”. Nella prosa beccariana non si rinuncia ai diritti ma alla facoltà di cagionare danni ad altri. In questo senso il patto sociale implica non l’alienazione di alcuni diritti - in quanto dan- neggiare terzi con la propria condotta non è un diritto ma una “libertà” selvaggia, una fa- coltà - ma la garanzia di tutti i diritti in risposta alla convenzione sociale di non far male altrui. Ma questo vincolo garantista fra sottoposizione alle regole e tutela dei diritti è so- vente scavalcato dal diritto penale. “Per ‘contratto politico’ - scrisse Bobbio - distinto dal contratto economico, si deve intendere un rapporto di scambio fra protezione e obbedienza: infatti la crisi di questo rapporto nasce quando un potere pretende obbedienza ma non ries- ce più a dare protezione” . 65
Il potere punitivo oggi esige ubbidienza (anche se ammette che non è possibile che gli individui vengano a conoscenza di tutti i divieti che prevede), ma non è più in grado di for- nire quella protezione che ha spinto gli uomini a convenire nella creazione dell’artificio statale: la tutela dei diritti. Se il diritto penale deve solo proibire, giudicare e processare, tutte e tre le cose, in realtà, possono essere fatte senza un potere pubblico a ciò adibito. La beccariana ragion d’essere di un potere punitivo super partes è che possa progettare ris- poste istituzionali come reazione al delitto, sorrette dal principio di stretta legalità e del ris- petto dei diritti individuali, e che stipuli secondo regole previe, tassative e chiare “se, cosa, quando e come proibire, punire e giudicare”, il che non sarebbe possibile agli individui coinvolti nella tragica vicenda del reato; i quali, presumibilmente, nella gestione del tutto privata del fenomeno del reato, difficilmente potrebbero prefigurare i limiti affinché alla violenza innescata dal reato non consegua una reazione violenta. Il mezzo che gli uomini nello stato sociale convengono come misura contro la violenza è la legge, uno strumento, quindi, che deve essere gestito dalla sfera pubblica. E per porre un punto alla catena di vio- lenza che può avviare il reato la legge proibisce anche eventuali reazioni violente, come i linciaggi, ad esempio. Al diritto penale è attribuito il fondamentale compito di scoraggiare la violenza privata, proibendola. E di precludere la violenza pubblica predisponendo le ga- ranzie legislative, processuali ed esecutive relative alla minima pena possibile, dal punto di vista della natura e della misura.
N. Bobbio, Contratto sociale, oggi, Guida, Napoli 1980, p. 20. 65
Nello stato sociale di diritto nessuna motivazione su interessi riguardanti un’astratta difesa sociale è ammessa per attuare la privazione totale dei diritti fondamentali: ne conse- gue che è esclusa la privazione della vita e della libertà personale tutta intera. Il rispetto dell’intangibilità della dignità umana esclude anche le pene corporali e le pene infamanti. Spetta al legislatore prestabilire pene compatibili con i limiti ed i vincoli imposti dallo stato costituzionale di diritto. Corrisponde al giudice effettuare il calcolo di dosimetria punitiva per commisurare la pena ai connotati di ogni reato. Oltre ad essere proporzionate alle parti- colarità proprie del reato commesso, tenendo conto della gravità del danno e dell’entità de- lla colpa, ogni pena deve, prima ancora, essere rispettosa della dignità umana. E l’osserva- nza di questo principio vale a escludere alcune tipologie di pene e alcune modalità di infli- zione.
Moccia sostiene che le esigenze di commisurazione della pena debbono essere tempera- te con il limite massimo dettato dalla colpevolezza e bilanciate “con quelle derivanti dai principi costituzionali di personalità della responsabilità penale e finalismo rieducativo”; e ribadisce che
dal contemperamento dei principi di determinatezza/tassatività, proporzione, responsabilità per- sonale, finalismo rieducativo risulta, quindi, sul piano della comminatoria edittale, l’illegittimità costituzionale sia delle pene fisse, in quanto insuscettibili di individualizzazione e perciò incompa- tibili con i principi di cui agli artt. 3, 27, co. 1, 27 co. 3, sia di pene eccessivamente indeterminate, che si pongono in chiaro contrasto con il principio di determinatezza/ tassatività . 66
Proprio la pena principale ai nostri giorni, la pena carceraria, è afflitta da eccessiva inde- terminatezza ed è quindi in contrasto col fondamentale principio di tassatività delle pene. Ma è anche una pena opaca che favorisce la violazioni della dignità umana. Non è una pena trasparente. È una ‘pena in bianco’.
S. Moccia, La ‘promessa non mantenuta’, cit., p. 88-89. 66