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Tassatività e finalità delle pene

Capitolo IV. Deontologia della pena

4.2. Limiti e vincoli delle sanzioni penali

4.2.2. Tassatività e finalità delle pene

Come è successo su ogni altro aspetto della teoria della pena, anche la valenza del prin- cipio di tassatività di essa è stata permeata dal dibattito sullo scopo della pena. Per alcuni autori, uno degli elementi che si vuole garantire col principio di tassatività, cioè la certezza del diritto, può essere perseguita soltanto attraverso determinate finalità della pena e da al- tre no. Per Nagler soltanto la finalità retributiva garantisce il principio di legalità e di certezza mentre “le altre teorie della funzione penale, volte a scopi di emenda, di preven- zione e di intimidazione, di difesa sociale, non riescono invece a eliminare l’arbitrio” . 50 Giuseppe Maggiore predilige la teoria della retribuzione poiché “più si accosta ad una vi- sione totalitaria del diritto penale” e considera che per la sua “proprietà di contenere in sé il meglio delle altre teorie (in quanto la retribuzione della colpa con la pena corregge, rieduca l’individuo e tutela l’ordine giuridico politico), la teoria della retribuzione ha, più di ogni

F. Palazzo. Il principio di determinatezza, cit., p. 86. 48

Ibid. 49

Cfr. M.A. Cattaneo, Pena, diritto e dignità umana, cit., p. 243. 50

altra, carattere totalitario” . Bettiol, retributivista anch’egli, associa invece retribuzione e 51 limitazione del potere statale: “parlare di retribuzione nel quadro delle esigenze di una po- litica criminale totalitaria è un contro senso perché retribuzione significa misura, limite, conguaglio, proporzione, mentre tali remore non si addicono quando per presunti interessi di categoria si vuole far prevalere la forza dello Stato. Fine del diritto penale diventa la prevenzione generale intesa come terrorismo vero e proprio e strumento diventa l’elimina- zione di ogni soggetto pericoloso” . 52

Per Bettiol, dunque è la retribuzione la finalità compatibile con lo stato di diritto. Per Palazzo, invece, la rieducazione è lo scopo compatibile con l’odierno stato costituzionale di diritto. Ed entrambi criticano la finalità preventiva generale:

Pur non potendosi ovviamente sottovalutare l’essenziale momento intimidativo della pena, che costituisce l’ineliminabile strumento della sua funzione di prevenzione generale, è chiaro che oggi un’integrale accoglimento della tesi feuerbachiana sarebbe non solo anacronistico ma anche diffi- cilmente conciliabile col finalismo rieducativo assegnato alla pena dalla nostra Costituzione. In- oltre, un sistema penale ruotante interamente intorno al polo della intimidazione non sarebbe in armonia nemmeno con lo spirito della Legge fondamentale, la cui impronta nettamente «personal- istica» pare escludere la legittimità di una sanzione penale che, avendo contenuto e finalità esclusi- vamente intimidativa, attribuisca a ogni individuo assoggettato a pena il ruolo di cieco strumento di un programma di prevenzione generale . 53

Per Moccia, invece, la finalità di stampo liberale compatibile con l’esigente paradigma dello stato di diritto è proprio la prevenzione generale dei reati operata nel rispetto del principio di legalità, cioè così come intesa da Feuerbach: “va detto che l’impegno di Feuerbach per stabilire il primato della legge penale era funzionale, prioritariamente, alla realizzazione dell’idea dello stato di diritto nel campo della legislazione penale. Il principio di legalità non nasce, dunque, con una sua dimensione eminentemente tecnicistica: la chiarezza dei concetti penalistici, la precisa determinazione della fattispecie e la loro appli- cazione tassativa esprimono esigenze di tipo politico-giuridico di derivazione liberale” . 54

G. Maggiore, Diritto penale totalitario nello stato totalitario, in “Riv. it. di dir. e pro. pen.”, 1939, XI, pp. 51

153-155.

G. Bettiol, Aspetti politici del diritto penale contemporaneo (1952), in Id. Scritti giuridici, CEDAM, Pado

52 -

va 1966, p. 820.

F. Palazzo. Il principio di determinatezza, cit. p. 90. 53

S. Moccia, La ‘promessa non mantenuta’, cit., p. 15. 54

Moccia rammenta che Feuerbach è stato uno dei primi autori a mettere in rilievo il rappor- to fra finalità della pena e certezza del diritto penale:

il dato della rilevanza della determinatezza/tassatività anche in relazione alla finalità della pena non è certo un’acquisizione recente. È stato Anselm Feuerbach che tra la fine del XVIII e gli inizi del XIV secolo, nel quadro di una valorizzazione dei diritti dell’uomo, operata dalla tradizione giusnaturalistico-illuministica, ha collegato in maniera limpida la tutela della libertà dell’individuo con la realizzazione della funzione della pena - vista in termini di prevenzione generale -, attraverso la chiara e pericolosa affermazione del principio nullum crimen, nulla poena sine lege, cioè della legalità e della certezza del diritto penale . 55

“Se il significato della sanzione penale per Feuerbach consiste principalmente nell’effet- to d’intimidazione connesso alla comminatoria legale - scrive Moccia - e se la sua concreta inflizione serve soltanto a rafforzare l’efficacia della minaccia, potrà e dovrà, allora, essere inflitta soltanto la pena che la legge stessa ha minacciato. Appare qui evidente la funzional- ità di tipo teleologico della determinatezza/tassatività per la realizzazione della finalità del- la pena” . In effetti, grazie all’affermazione del principio di legalità per via dei contributi 56 di grandi filosofi e giuristi, tra cui Feuerbach, emerge la rilevanza della tutela della libertà attraverso la predeterminazione legale della sanzione penale nel rispetto dei principi del- l’ordinamento giuridico. Sia Beccaria che Feuerbach individuano non solo una finalità del diritto penale (quella preventiva), ma, soprattutto, la cornice legale entro la quale quella finalità svolge una funzione di tutela dell’individuo.

La prevenzione generale negativa è la finalità del diritto penale più accolta ai nostri giorni. Rispetto alla critica di considerare il condannato come un mero strumento di un programma di politica criminale, il correttivo che propone la dottrina affinché il persegui- mento di questo scopo non sia attuato rinunciando alla considerazione dei connotati del caso concreto è la valutazione della colpevolezza. A riguardo Roxin sostiene che

vincolando la pena al principio di colpevolezza si eliminano le obiezioni che partono dal fatto che per via della persecuzione di finalità preventive si tratta l’individuo come “mezzo per il fine”, e quindi lo si pregiudica nella sua dignità di persona [...]. Tuttavia, nella misura in cui le finalità della pena continuino a consistere nell’assicurazione individuale e generale e in quella intimidativa, tale

Ivi, p. 14. 55

Ivi, p. 15. 56

obiezione può avere luogo solo nel presupposto che l’individuo diventi oggetto delle finalità pre- ventive al di là della misura della sua responsabilità . 57

In questo modo Roxin fa notare che i rischi di sovrastare i connotati propri del caso sin- golo per perseguire la finalità preventiva generale possono essere temperati dall’adozione della colpevolezza come parametro per fissare il limite massimo della pena. Rispetto al rapporto fra tassatività, comminatoria legale delle pene e commisurazione giudiziaria 58

delle pene, è ancora Moccia a rilevare che “è evidente [...] che la presenza di margini ec- cessivamente ampi di manovra non può essere accolta, in quanto il principio di respons- abilità personale e la previsione di affidabili parametri di commisurazione tutelano in via diretta libertà e personalità dell’individuo. Naturalmente, in questo contesto anche la pre- cisazione di affidabili limiti edittali ha un’importanza notevole ai fini di una corretta ed accettabile misura della pena”. Anch’egli individua nella colpevolezza un limite massimo 59 alla pena nel caso singolo che invece il solo scopo general-preventivo non è in grado di dettare.

Si capisce allora che la l’adozione di una determinata finalità non impone di per sé limi- ti al contenuto delle pene. Nemmeno la finalità rieducativa, giacché, anche se esclude la pena di morte e l’ergastolo, non vale invece a escludere di per sé pene detentive eccessi- vamente lunghe né trattamenti coattivi per piegare la volontà del condannato. L’individu- azione della pena nel caso singolo deve passare tramite l’osservanza di principi che limi- tano la persecuzione sregolata di una determinata finalità. Le indicazioni su come riempire di contenuto le singole pene non possono esaurirsi nelle direttive riguardanti la finalità delle pene. Per evitare la mera strumentalizzazione dell’individuo nell’inseguimento di una determinata politica criminale è fondamentale la previsione del principio di colpevolezza, ma esso è in grado di incidere soltanto sulla misura delle pene in quanto sia adottata come criterio per stabilire il limite massimo della pena nel caso singolo. Invece, non è in grado di offrire linee guida sulla natura delle pene.

Senza queste linee guide, la scelta della natura e quindi del contenuto delle pene è af- fidato del tutto alla discrezionalità del legislatore. Fino a questo punto, il tentativo di tem-

C. Roxin, Derecho penal. Parte general. Civitas, Madrid 2008, tomo I, p. 83. Traduzione mia. 57

Sulla commisurazione della pena cfr. E. Dolcini, La commisurazione della pena: la pena detentiva, 58

CEDAM, Padova 1979.

S. Moccia, La ‘promessa non mantenuta’, cit., p. 87. 59

perare il perseguimento di un determinato scopo non offre un “complesso di regole stabili e non caduche, durature e non provvisorie” sul contenuto delle pene. Il principio di tassativ- ità svincolato da parametri limitativi sul contenuto delle pene non rappresenta una garanzia per il cittadino né risulta indicativo di un modello di Stato orientato alla tutela dei diritti individuali. L’esigenza di una legge previa e resa nota alla generalità dei consociati è com- patibile anche con modelli espansivi di diritto penale. L’obiettivo non può essere solo la conoscibilità delle norme. Su questo punto Bricola puntualizza che

Il requisito obiettivo della conoscibilità delle leggi s’inserisce armonicamente sia in sistemi pe- nali poggianti essenzialmente su una visione utilitaristica del diritto penale e della sanzione penale, concepita quale mero strumento di coazione psicologica e quindi priva di qualunque connotazione di valore, sia in sistemi penali ispirati ad una concezione prevalentemente etica del diritto e della sanzione penale, nella quale l’individuo delinquente si pone non tanto quale essere psicologica- mente condizionabile quanto quale persona moralmente responsabile60.

La pretesa di attuare la certezza del diritto solo per via di una determinata teoria dello scopo della pena si affievolisce sempre di più, “si impone quindi, dal punto di vista gen- erale, - scrive Cattaneo - la conclusione che non è giustificata la connessione esclusiva di una data teoria sullo scopo e sul fondamento della pena con il principio della legalità e del- la certezza del diritto”:

nessuna di quelle teorie può pretendere per sé l’esclusiva di tale principio; questo non appartiene di pieno diritto a nessuna di esse. Il principio di legalità e certezza è quindi [...] un principio au- tonomo, che - quale sia la soluzione che si sceglie circa il problema della giustificazione della pena (ma abbiamo visto che alcune soluzioni ad esso ripugna direttamente) - deve essere accolto e appli- cato per poter costruire una filosofia del diritto penale che non sia in contrasto con il valore della dignità dell’uomo . 61

La teoria garantista della pena, dunque, accoglie il principio di tassatività del contenuto delle pene non per fedeltà a un determinato scopo. Lo fa, da una parte, per garantire il rispetto della dignità dell’individuo come soggetto della punizione, che allora deve essere messo in conoscenza dei connotati concreti della pena che dovrà scontare. Ma questo non

F. Bricola, Teoria generale del reato, in Novissimo digesto italiano, vol. XIX, Torino, 1973. p. 50. 60

Cfr. M.A. Cattaneo, Pena, diritto e dignità umana, cit., p. 250. 61

basta perché l’obiettivo non è la sola conoscibilità del contenuto delle norme. La determi- natezza delle pene è un principio fondamentalmente formale che deve essere accompagna- to da altri principi sostanziali limitativi della natura e della misura delle pene. Potremmo dire che così come la teoria del reato fa ricorso al principio di offensività per stabilire, in linea di massima, quali sono i beni la cui tutela giustifica l’intervento del sistema penale, la teoria della pena può fare ricorso al principio di non offensività orientato a delimitare quali sono i beni sui quali si conviene che non si giustifica la loro limitazione da parte del sis- tema punitivo, per stabilire, in negativo, quali sono i diritti di cui nessun programma di po- litica criminale o, meglio, punitiva, giustifica la limitazione totale o parziale. La prospetti- va garantista, dunque, accoglie il principio di tassatività non in quanto dichiarazione trasparente del contenuto delle pene, qualsiasi esso sia a seconda della politica criminale, ma soprattutto in quanto dichiarazione di come devono essere le pene secondo i principi limitativi dell’intervento punitivo.

Oltre alla colpevolezza, che può limitare la misura delle pene in concreto, è richiesto un principio in grado di limitare anche la natura delle pene in generale, che non sia sussidiario ma limitativo di qualsivoglia finalità del diritto penale e delle pene. Questo principio sostanziale può essere il rispetto dell’intangibilità della dignità dell’uomo.