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Tassatività e certezza

Capitolo IV. Deontologia della pena

4.1. Il principio di tassatività in ambito penale

4.1.2. Tassatività e certezza

Come si diceva prima, il principio di tassatività è riconducibile alla tutela di alcuni prin- cipi cardine dell’ordinamento giuridico. I motivi per esigere la sua osservanza in relazione non solo ai presupposti della pena ma anche al contenuto di esse, sono numerosi. Il primo è la riduzione degli eccessivi spazi di discrezionalità nell’esecuzione delle sanzioni penali. In questo senso la tassatività tutela la certezza delle pene. Tuttavia, occorre precisare qual è il tipo di certezza che si intende tutelare col principio di tassatività delle pene. In effetti, l’dea della certezza del diritto ha suscitato diverse interpretazioni e anche diverse critiche.

“La certezza del diritto è un mito?” , si domandò Norberto Bobbio in un saggio in cui 18 si confronta con le critiche sollevate dalla cosiddetta scuola di «libero diritto»” , ma so19 - prattutto con le particolarissime tesi psicologiche con cui Jerome Frank volle smascherare

C. Luzzati, La vaghezza delle norme: un analisi del linguaggio giuridico, Giuffrè, Milano 1990, p. 17

376-477.

N. Bobbio, La certezza del diritto è un mito?, in “Riv. int. di fil. del dir.”, 1951, 1, pp. 146 - 152.

18

Ivi, p. 146.

il mito . Bobbio risponde a tale domanda sostenendo che il problema della certezza del 20 diritto, anziché essere un’illusione, è legato a “problemi fondamentali per la coesistenza ordinata dell’uomo, come quello della difesa contro l’arbitrio [...] della protezione del- l’uguaglianza giuridica”, e corrisponde “al bisogno umano di fondare la coesistenza sopra un complesso di regole stabili e non caduche, durature e non provvisorie”, insomma “un problema storico (e non banalmente psicologico), alla cui impostazione e soluzione hanno lavorato secoli di sviluppo civile dell’uomo” . 21

Ognuna delle istanze a cui fa riferimento Bobbio per difendere le ragioni della certezza del diritto potrebbe essere ricondotta alla difesa della certezza della pena. E Zaffaroni ha messo a fuoco lo stretto rapporto che c’è in particolare fra due di esse: la predetermi- nazione di regole stabili e la difesa contro l’arbitrio, mettendo a fuoco che in loro assenza non è consentito parlare di soggezione al principio di legalità: “la mancanza di criteri leg- islativi e dottrinali chiari per la quantificazione delle pene lascia margini di valutazione così ampi e privi di criteri regolatori che, praticamente, questo campo si consegna all’arbi- trio, eliminando la cosiddetta “legalità delle pene” . 22

Ma anche la certezza riferita alla pena è stata oggetto di altrettante critiche. Se prendi- amo in considerazione le tesi di due autori con opinioni diametralmente opposte rispetto alla certezza del diritto come Carnelutti, che non l’accoglie, e Lopez, che ne diventa un ser- rato difensore, vediamo che precisamente il tema del rapporto fra tassatività e pena è un aspetto sul quale le opinioni di entrambi si polarizzano. Da una parte, Lopez sostiene che in ambito penale “questo carattere del diritto che consiste nella necessità della certezza si coglie con particolare evidenza, a cagione della più spiccata e rigida fisionomia di tale ramo del diritto” . Dall’altra, Carnelutti contesta domandandosi “perché mai se la certezza 23 è la tecnica del diritto, la pena, per ciascun reato, non è totalmente predeterminata dalla legge? Invece, una delle chiavi della giustizia penale è il potere discrezionale del giudice,

La tesi centrale di Frank, che sicuramente ha fatto le critiche più particolari all’idea della certezza del dirit

20 -

to, è che “l’attaccamento alla certezza del diritto è il prodotto del perseverare negli adulti non giunti comple- tamente a maturità [...] di un rapporto caratteristico della mentalità infantile: la credenza in un padre onnipo- tente e onnisciente, che con la sua autorità, accettata dogmaticamente e posta fuori di ogni discussione, garantisce al fiancammo la sicurezza della vita in mezzo ai pericoli del disordine, della dispersione, da cui non saprebbe da solo difendersi”. Cfr. J. Frank, Law and modern mind, Coward - McCann, New York 1949, VI ed.

N. Bobbio, La certezza del diritto è un mito?, cit., p. 151.

21

E.R. Zaffaroni, En busca de las penas perdidas, cit, p. 32. 22

F. Lopez de Oñate, La certezza del diritto, Giuffrè, Milano 1968, p. 51. 23

tra il massimo e il minimo nell’applicazione della pena (art. 132 ss)” . Partendo dalla base 24 che “nessun reato e nessun reo è uguale all’altro”, Carnelutti sostiene che la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena è l’unico modo per ottenere l’uguaglianza” e che “se la pena fosse veramente certa sarebbe inevitabilmente ingiusta” . La sua conclu25 - sione, allora, è che certezza e giustizia sono “non tanto separate quanto inconciliabili l’una con l’altra” . 26

Carnelutti, evidentemente, intendeva pena certa come pena fissa. Modalità punitiva che, per i motivi che egli rileva, non è auspicabile. Moccia, invece, allude alla certezza della pena nell’unico senso ammissibile assumendo la prospettiva garantista: la pena certa è quella il cui contenuto - in quanto prestabilito dal legislatore e stabilito dal giudice osser- vando il principio di determinatezza/tassatività - è reso noto chiaramente in fase di minac- cia alla generalità dei consociati, e in sede di esecuzione al condannato che dovrà scontar- la:

sul piano generale il principio di determinatezza/ tassatività della pena esplica i propri effetti, da un lato, in rapporto alla definizione della comminatoria astratta e, dall’altro, anche in relazione alla fase dinamica della concreta applicazione e dell’esecuzione della pena. Su entrambi i versanti, le finalità della tutela della libertà e dell’eguaglianza nonché le esigenze di orientamento dei conso- ciati, tutte connesse alla ratio del principio costituzionale di determinatezza/ tassatività, operano nel senso di richiedere una pena certa, agevolmente prevedibile al momento della condotta, influenzata nella sua misura da fattori riconoscibili e non rimessa ad un illimitato potere discrezionale del giu- dice . 27

La valenza della certezza della pena in uno stato costituzionale di diritto è duplice: da una parte, implica la certezza dei presupposti della pena, che vale a escludere le ipotesi di reato vaghe e generiche, affinché i cittadini possano individuare la sfera di ciò che è proibito e, di conseguenza, possano distinguere le condotte lecite da quelle illecite; e dal- l’altra, implica la certezza dei connotati della pena, che vale a escludere le pene di contenu- to indeterminato, affinché sia possibile individuare agevolmente la sfera di ciò che è limita- to da ogni pena, e, di conseguenza, sia possibile delegittimare gli interventi punitivi ecces-

F. Carnelutti, La certezza del diritto, in appendice a F. Lopez de Oñate, La certezza del diritto, cit., p. 201. 24

Ibid.

25

Ivi, p. 118. 26

S. Moccia, La ‘promessa non mantenuta’, cit., p. 88. 27

sivi: soltanto se si prestabilisce in modo chiaro il contenuto delle pene si può tracciare un confine fra legittima esecuzione della condanna nei termini fissati dalla legge ed ingiustifi- cato eccesso punitivo.

Le critiche all’aspirazione della certezza si inseriscono nel dibattito sul rapporto fra giustizia formale e sostanziale, fra diritto vigente e diritto vivente, e i suoi sostenitori prediligono leggi elastiche e giudici forti: “la negazione scientifica della certezza affonda le sue radici in quella vasta mole di studi che, nella generale tendenza alla reazione antile- galistica contro il positivismo, hanno posto al centro dell’esperienza giuridica il potere cre- ativo del giudice nell’applicazione del diritto, giungendo a collocare tra le fonti del diritto addirittura in posizione di preminenza rispetto alla legge, il diritto giudiziario” . Da questo 28 punto di vista si muovono critiche che hanno contestato “più del valore della certezza in sé e per sé l’idoneità della determinatezza della legge a garantire la certezza medesima” , chi 29 assume questa posizione considera come mezzo più efficace a tal fine le dinamiche rinno- vatrici del diritto attraverso l’attività giurisdizionale.

Le tesi volte ad anteporre il diritto vivente rispetto al diritto vigente nella piramide delle fonti intaccano un principio cardine posto alla base della separazione dei poteri: la soggezione del giudice alla legge. La questione della certezza e della tassatività è un assun- to primariamente legislativo. Nella misura in cui il legislatore osservi l’obbligo costi- tuzionale di determinatezza nella prassi, poi, sarà garantita la corretta separazione dei po- teri: “quanto più la legge è determinata, tanto più limitato ne risulta il «potere» del giudice nei confronti di quello legislativo, il quale ultimo vedrà pertanto ridotta la «concorrenza» di quello giudiziario nell’attività di creazione normativa, così come ne risulta limitato il potere politico genericamente ed unitariamente inteso, il quale verrà necessariamente com- pressa quella eventuale possibilità” . 30

Uno dei punti che si adduce a favore della flessibilità delle disposizioni legislative è che consentono ai giudici di adeguare meglio la decisione sul caso concreto considerando le trasformazioni sociali, operate spesso con una velocità di gran lunga maggiore rispetto alle riforme legislative. Tuttavia occorre tener conto del fatto che “l’effettivo adeguamento del- la giurisprudenza alla mutata realtà è assicurato solo se, oltre che sulla elasticità delle for-

Cfr. M.A. Cattaneo, Considerazioni sul significato dell’espressione “i giudici creano diritto”, in “Riv. int. 28

fil. dir.”, 1966, pp. 250 ss.

F. Palazzo. Il principio di determinatezza, cit. p. 66. 29

Ivi, p. 139. 30

mule legislative, si possa contare anche sulla sensibilità sociale dei giudici” . Tale affida31 - mento era presente in norme di Antico regime, ma lo stato costituzionale di diritto non può fare affidamento alla sensibilità di nessuno dei suoi poteri. L’ordinamento deve prevedere garanzie contro l’arbitro e su questo aspetto il principio di tassatività si rivela efficace: “la certezza legale [...] appare difficilmente raggiungibile con i suoi corollari di uniformità e stabilità del diritto, senza il ricorso a meccanismi formalizzati, che possono consistere nel principio della sottoposizione del giudice alla legge, eventualmente rafforzato dalla deter- minatezza delle disposizioni legali” . 32

All’interno di uno stato sociale di diritto, poi, che deve promuovere la sicurezza dei diritti più che il diritto alla sicurezza, la principale valenza del principio di certezza del diritto è quella della certezza dei diritti. Parlare di certezza dei diritti è un discorso preg- nante. La piena garanzia dei diritti fondamentali di tutti non è realizzabile, ma la cultura giuridica deve impegnarsi nel perfezionamento delle dovute garanzie ai fini di tutelarli nel- la misura del possibile.

L’acquisita consapevolezza della impossibilità di realizzare integralmente la certezza del diritto, e dunque la certezza dei diritti, non giustifica affatto un suo svilimento, “quasi che, con atteggiamento emotivamente rinunciatario e distruttivo, constatato che la certezza per- fetta non è realizzabile, si dovesse abbandonare anche quel poco di certezza che è possibile conseguire” . 33

“Ci si interroga, allora - scrisse Sergio Moccia-, sui costi che la collettività può e deve ragionevolmente sopportare in termini di certezza dei diritti fondamentali, per la difesa co- ercitiva dei medesimi diritti, contro le pur gravi forme di criminalità presenti nel contesto sociale. Il principio di sussidiarietà esige, infatti, anche il minor numero possibile di per- sone penalmente perseguite che debba essere caratterizzato” . La certezza dei diritti fon34 - damentali dell’individuo, dunque, richiede come presupposto un diritto penale minimo qualitativamente e quantitativamente: rispetto alla tipologia dei reati e delle sanzioni, ma anche rispetto al numero di persone perseguite penalmente, e, soprattutto minimo rispetto al numero dei diritti limitati dalle pene.


Ibid. 31

Ivi, p. 72. 32

M.A. Cattaneo, Illuminismo e legislazione, Edizioni di comunità, Milano 1966, p. 192. 33

S. Moccia, La ‘promessa non mantenuta’, cit., p. 140. 34