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La conoscenza tecnologica L’ICT e la codificazione della conoscenza

6. Il dibattito sulla codificazione della conoscenza

6.1 La conoscenza tecnologica L’ICT e la codificazione della conoscenza

Negli ultimi decenni si è verificato un ribaltamento dei tradizionali fattori critici di successo: elementi come la prossimità delle materie prime o la disponibilità di capitali, che in passato hanno fatto la fortuna di molte aziende, hanno perso gradualmente importanza, lasciando il posto alla capacità di creare innovazione in modo rapido. La nostra è, infatti, un’epoca caratterizzata da soluzioni tecnologiche ampiamente disponibili, da un’elevata mobilità e da un rapido flusso di idee perché un’impresa possa pensare di fondare il suo vantaggio competitivo sulle capacità acquisite in passato. Se, dunque, nel breve periodo la competitività deriva dalla relazione tra performance e prezzo, a lungo termine questa viene

inevitabilmente minacciata dai competitors e solo l’innovazione continua, frutto della conoscenza, si rivela essere il vero fattore competitivo.

A lungo si è pensato che l’innovazione fosse esclusivamente legata alle scoperte scientifiche, quindi, in qualche modo allocata nel sistema di ricerca universitario. Il lavoro di Jeavason (1977) mette in evidenza che la ricerca scientifica in sé difficilmente produce scoperte applicabili, mentre ha il compito vitale di fornire agli innovatori tecniche e tecnologie con cui risolvere i problemi industriali. La ricerca scientifica ha certamente prodotto idee che hanno poi trovato concreta attuazione, comunque la produzione di innovazione resta legata al mondo del lavoro e alle problematiche produttive.

Gli anni Ottanta introducono un nuovo concetto di innovazione che si stacca definitivamente dall’idea della scoperta scientifica, per diventare la ricerca pragmatica di opportunità osservando attentamente il proprio mercato e interagendo con i propri clienti. Tuttavia, risulta attualmente insufficiente conoscere il proprio mercato e i propri consumatori per soddisfare i loro bisogni. E’ necessario creare prodotti di cui i consumatori potrebbero avere bisogno, ma di cui non hanno ancora consapevolezza. Si tratta, quindi, di anticipare bisogni inespressi, di creare nuovo valore.

Emerge qui l’importanza della conoscenza racchiusa nell’organizzazione: se non sono i consumatori a fornire indicazioni, sarà l’innovazione, basata sulla conoscenza, a consentire all’impresa di differenziarsi. La conoscenza, insieme ad altre risorse intangibili, sempre più diventa parte integrante dei prodotti offerti dalle imprese. Webber, nel proprio articolo del 1993, scrive:

Non molto tempo fa, numerosi osservatori hanno previsto l’avvento di una economia dei servizi di tipo post-industriale dove il ruolo centrale svolto dal produttore sarebbe stato sostituito da nuovi settori terziari e da nuove configurazioni. Ora noi sappiamo che il vero effetto generato dall’economia dei servizi consiste nell’annullamento totale della distinzione tra prodotto e servizio.

Assodata la centralità della conoscenza per l’impresa e la sua performance, appare necessario distinguere la conoscenza intesa secondo Drucker (molto riduttivamente indicata con il termine know-how) da quella tecnologica. Trattando di tecnologia, inevitabile è il riferimento alla definizione di conoscenza fornita dalla teoria Schumpeteriana.

Negli scritti di Schumpeter (1977) sono evidenti tutte le problematiche e le contraddizioni a cui conduce una sistematizzazione dal punto di vista economico del concetto di sapere.

In particolare, la dicotomia di fondo da cui prenderanno poi origine (e rispetto a cui possono essere misurate) le successive teorie economiche relative al sapere è quella che distingue il concetto di innovazione da quello di invenzione. La centralità di tale dicotomia risulta evidente nel momento in cui essa venga identificata come lo strumento attraverso cui Schumpeter cerca di gestire il rapporto tra i due sistemi che per eccellenza identificano la forma del capitalismo occidentale: il sistema economico e quello tecnico-scientifico; Schumpeter è, quindi, perfettamente consapevole dell’esistenza del mondo della tecnologia.

Nonostante il dibattito scientifico attorno a questi temi si sia snodato lungo tutto l’Ottocento ed il Novecento, ancora oggi non vi è unanimità nel giudicare la natura dei due sistemi. Ciò che interessa in questa sede è, tuttavia, l’analisi delle relazioni tra i due sistemi. La distinzione tra un concetto economico di innovazione ed uno scientifico di invenzione prende origine dalla volontà di Schumpeter di separare nettamente i due sistemi, rendendo, quindi, esogena al sistema economico la dimensione scientifica, recuperando tuttavia, all’interno del sistema economico stesso, un meccanismo di produzione del progresso tecnologico.

…la creazione di un’invenzione e la realizzazione della corrispondente innovazione sono due cose complementari ma differenti…l’innovazione è possibile senza quella che chiamiamo invenzione, e l’invenzione non necessariamente comporta un’innovazione, né provoca di per sé alcun effetto economico rilevante…appena separata dall’invenzione, diventa subito chiaro che l’innovazione è un fatto interno e separato di mutamento (Schumpeter, 1977).

Innovazione ed invenzione, dunque, anche se separate, sono due facce di una stessa medaglia. La loro relazione è stretta, molto più complessa di quanto appaia a prima vista, resta ambigua, tanto che il rapporto di dipendenza di una variabile dall’altra risulta interpretabile in entrambe le direzioni pur restando sempre nell’orizzonte schumpeteriano: è possibile considerare il processo innovativo come dipendente da quello inventivo, e viceversa, vedendo quindi come endogeno il processo di creazione di conoscenza.

Uno degli aspetti attorno ai quali si stanno articolando il dibattito e la ricerca riguarda l’impatto che le moderne tecnologie della comunicazione e delle telecomunicazioni (ICT) avranno sull’organizzazione delle attività innovative. E’ chiaro,

infatti, che le ICT migliorano in maniera radicale la capacità dei soggetti di comunicare su lunghe distanze, riducendo il costo di trasmissione della conoscenza scientifica e tecnologica. Resta tuttavia da chiarire in quale misura ciò significhi che la prossimità geografica sia destinata a non svolgere più nessun ruolo nel mediare i flussi di conoscenza e se, quindi, reti globali siano, al pari, destinate a rimpiazzare reti locali e distretti tecnologici quale forma normale di organizzazione delle attività innovative.

Allo stato attuale della ricerca, la principale conclusione che si può trarre è che le ICT rappresentano soltanto uno dei fattori che contribuiscono a determinare la diffusione spaziale delle attività tecnologiche e che, al limite, esse potrebbero rinforzare la tendenza all’agglomerazione geografica delle imprese innovative. In primo luogo, l’investimento in ICT non modifica la distribuzione spaziale delle fonti di conoscenza scientifica e tecnologica che producono rilevanti esternalità conoscitive. Nella misura in cui la possibilità di beneficiare di tali esternalità è vincolata, per varie ragioni, dalla vicinanza a tali fonti, l’introduzione delle ICT non è, quindi, in grado di vincolare la distribuzione spaziale delle attività innovative. In secondo luogo, non è necessariamente detto che le ICT siano destinate a sostituire le interazioni locali fra agenti innovativi con connessioni remote basate sull’uso delle tecniche di telecomunicazione.

Un secondo punto di discussione, si riferisce alla relazione esistente fra natura della conoscenza scientifica e tecnologica, mezzi di trasmissione della conoscenza ed evoluzione delle ICT.

Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono decisive, in quanto aumentano in modo considerevole gli ambiti di modificabilità e rendono le operazioni di codificazione più profittevoli (Foray, 2000). I benefici delle ICT si basano sul largo incremento nella velocità computazionale, nella potenza di processo e di visualizzazione, insieme alla riduzione dei costi di tali tecnologie (Dodgson et al., 2005).

Secondo Foray (2000), infatti, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione hanno tre effetti sulla codificazione della conoscenza:

§ In primo luogo, contribuendo al progresso delle tecniche di stampa (computer e stampanti, programmi grafici, etc.), riducono i costi di codificazione delle conoscenze semplici26;

§ Inoltre, dando origine all’elaborazione di nuovi linguaggi (per l’intelligenza artificiale) e migliorando sensibilmente la capacità di modellizzazione dei fenomeni complessi, esse

26 Non va tuttavia dedotto che la codifica della conoscenza implichi un successivo utilizzo delle ICT (Cohendet e

consentono la codificazione di conoscenze sempre più complesse (i saperi degli esperti);

§ Infine, costituendo il supporto di una nuova infrastruttura elettronica di comunicazione, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione accrescono il valore economico della codificazione, poiché solo le conoscenze codificate possono liberamente circolare in tali reti.

Le tecnologie, dunque, hanno la capacità di immagazzinare, rappresentare e creare conoscenza e assistono e supportano le memorie delle imprese e degli individui (Dodgson et al., 2005).

Secondo Foray (2000), conviene, tuttavia, sfumare un po’ questa visione dell’impatto del progresso tecnico sul valore della codificazione. Fisicamente, infatti, i supporti magnetici si deteriorano rapidamente e, visti i cambiamenti frenetici delle tecnologie di programmazione e dei materiali informatici, i linguaggi possono sparire altrettanto rapidamente.

Alla luce di quanto detto, si può, dunque, affermare che non è poi così scontato che il legame tra innovazione e invenzione abbia una natura dicotomica. Piuttosto potremmo dire che tra le due vi è concorrenza, complementarietà, e soprattutto reciproca interferenza, essendo meccanismi che svolgono la medesima funzione, seppure in modi diversi perché per conto di soggetti diversi. In quest’ottica abbiamo visto come la diffusione della conoscenza prenda una connotazione più marcata rispetto ad un semplice bene pubblico, diventando un bene condivisibile. In sostanza innovazione e invenzione si fondono in un unico incremento di conoscenza che viene processato attraverso differenti meccanismi a seconda del motivo e dell’agente economico per cui (e da cui) è stata posta in essere la ricerca.

Quanto più la fonte dei vantaggi competitivi si sposta dalle risorse materiali a quelle immateriali, tanto più la struttura delle relazioni viene ad essere finalizzata alla produzione di conoscenza, piuttosto che alla localizzazione degli impianti o alla efficiente gestione delle altre risorse materiali. Ciò induce ad assumere la produzione di conoscenza tecnologica e scientifica quale risorsa relazionale critica.

Nuovi sviluppi nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione cambieranno costantemente la linea di confine tra ciò che è possibile codificare e ciò che non lo è.

Dall’utilizzo delle moderne ICT con costi in discesa, dall’abbattimento delle barriere all’entrata costituite dalle tecnologie esclusive, dai molteplici investimenti in ricerca e

sviluppo, dagli sforzi competitivi delle imprese, derivano innovazioni continue che non possono fare altro che puntare in un’unica direzione: maggiore qualità e prezzi decrescenti.

Da ciò deriva la visione del futuro in cui molti confidano ed il valore aggiunto da trasferire ai clienti.

7. Dalla conoscenza individuale alla conoscenza collettiva. Tentativi di