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Lo scopo di questa tesi è stato portare in evidenza i caratteri fondamentali del governo di Pietro Gambacorta, che ha rappresentato una della maggiori esperienze signorili svoltasi a Pisa durante il XIV secolo.

Per prima cosa è stato fondamentale porre l’attenzione sul concetto di Comune signorile giacché, a primo impatto, potrebbero sembrare questi due termini in forte antitesi tra di loro e non facilmente conciliabili. Quando, nei decenni centrali del Duecento, le diverse società comunali si orientarono verso forme oligarchiche di potere o verso regimi personali, Pisa sviluppò una serie di governi di tipo signorile, prima con la famiglia Donoratico della Gherardesca, poi con Giovanni Dell’Agnello e infine con Pietro Gambacorta. Fondamentale però, è sottolineare che, pur in questa trasformazione che portò allo stabilirsi di un regime personale, il Comune non perse mai i caratteri di “pubblicità” che lo avevano contraddistinto nelle epoche precedenti, quella consolare e quella podestarile. I motivi che portarono al costituirsi di un regime di questo tipo, erano indotti da differenti esigenze: ricordiamo innanzitutto che Pisa, rispetto all’immagine di grande potenza marinara che aveva avuto in passato, era, nel Trecento, inserita in una sostanziale posizione di perifericità e costretta a dover contrastare i ripetuti attacchi da parte delle due rivali, Genova e Firenze. La sconfitta della Meloria nel 1284, la perdita della Sardegna a favore della corona d’Aragona nel 1324, i continui conflitti con Lucca (conquistata nel 1342) e con Firenze, in aggiunta ad una già pesante contrazione dei commerci mediterranei, indebolivano molto le risorse economiche del Comune. Oltre a ciò, i numerosi conflitti interni al Comune stesso, che vedevano lo scontrarsi continuo delle principali famiglie cittadine, con i loro aggregati consortili, acuivano la necessità di un potere maggiormente fermo ed incisivo, che garantisse una situazione di maggiore stabilità.

La famiglia Gambacorta si inserì a pieno titolo in questo contesto, diventando di fatto una delle famiglie portanti dell’epoca trecentesca a Pisa. Già nel periodo precedente alla venuta di Pietro, altri esponenti della famiglia Gambacorta avevano dato il loro contributo fondamentale alla storia politica pisana a partire dagli anni Trenta del Trecento, quando si presentarono come la maggiore forza in gioco all’interno del nascente partito Bergolino. È stato quindi fondamentale passare in esame il periodo direttamente precedente alla venuta di Pietro, analizzando, seppur superficialmente, l’operato politico dei suoi predecessori che contribuirono a creare una sorta di apprezzamento nei confronti della famiglia Gambacorta tutta, del quale Pietro usufruì nel momento del suo rientro in città nel 1369. Come è stato in precedenza notato infatti, al momento del suo ritorno a Pisa, Pietro Gambacorta fu sentito quasi come un liberatore che veniva a riportare l’ordine in città dopo il recente e molto negativo Dogato di Giovanni Dell’Agnello. Quasi sembrava che il Pietro tornasse in città ad occupare quel posto di governo che gli spettava di diritto, tanto che, fondamentale per il suo rientro a Pisa fu l’intercessione della Compagnia di San Michele, una delle maggiori compagnie cittadine, composta soprattutto da mercanti – artigiani desiderosi di ripristinare una situazione di stabilità a Pisa. Una volta prese in mano le redini del governo, Pietro Gambacorta si affrettò a mostrare il punto cardine della sua politica: un deciso filo fiorentinismo, che riaprì le relazioni commerciali e diplomatiche con la città del Giglio. Con questo indirizzo politico Pietro, molto riconoscente e legato alla città di Firenze per l’aiuto ricevuto da essa nel precedente periodo di difficoltà per la sua famiglia, sperava di ripristinare buone relazioni commerciali con tale città così da far riprendere quel ceto di mercanti – armatori che erano stati indeboliti dalla rottura di questi rapporti, e di cui Pietro stesso era un esponente.

Fondamentale per questo lavoro è stato il documento che attesta l’elezione di Pietro Gambacorta a signore di Pisa, datato 23 settembre 1370 e

conservato attualmente nell’Archivio di stato pisano. L’analisi di tale documento ha permesso di evidenziare come non si trattò in alcun modo di un’elezione ordinaria, svolta seguendo le prassi normalmente in uso: Pietro Gambacorta non fu infatti regolarmente eletto, ma “messo” al potere. Sembra che con questa deliberazione, che affidava pieno potere alla magistratura degli Anziani affinché eleggesse il nuovo signore, venisse sostanzialmente riconosciuta formalmente una situazione concretamente già in atto. Pietro Gambacorta era infatti già sentito dalla cittadinanza tutta come il capo indiscusso, tornato in città per occupare quella posizione che gli spettava di diritto perciò, le magistrature comunali si limitarono, con questa elezione, a riconoscere e convalidare burocraticamente una situazione di fatto già approvata. In questo modo, ricevendo la legittimazione del suo potere da quei Consigli comunal – popolari, che erano ritenuti i depositari del potere, la carica di signore attribuita a Pietro era così del tutto regolare di fronte allo Stato. La collaborazione più che completa da parte di tutte le magistrature comunali, fece sì che il cambiamento di governo avvenisse senza alcun sconvolgimento totale e senza alcun colpo di stato, ma nella piena concordia cittadina. Pietro ottenne così il riconoscimento ufficiale della sua carica a signore cittadino pur non attraversando l’iter classico di elezione regolamentare.

Una volta giunto al governo abbiamo visto quali siano stati i maggior interventi portati avanti da Pietro sia in campo istituzionale, sia nel rapporto con la civitas pisana tutta. I suoi provvedimenti erano volti infatti a mantenere vivo e forte il legame con le istituzioni comunali, così da poter esercitare un controllo nei loro confronti, seppur non palese e manifesto. Pietro Gambacorta era difatti il governatore della politica pisana in quegli anni, ma la sua capacità maggiore risiedeva nel non apparire come una minaccia per quelle istituzioni comunal – popolari cui la cittadinanza pisana tutta era molto legata da lunghi anni. Tradizionalmente Pisa era un Comune democratico e avrebbe

sicuramente respinto tentativi di dispotismo da parte di un signore, soprattutto dopo la negativa esperienza del Dogato di Giovanni Dell’Agnello. L’abilità di Pietro Gambacorta fu appunto nel saper comandare e dirigere il Comune secondo la sua volontà e i suoi interessi, ma senza mostrarsi come una possibile minaccia: egli rispettò sempre le tradizionali istituzioni pisane e preferì operare rimanendo dietro ad esse, controllandole attraverso il suo carisma e le sue spiccate qualità politiche, ma senza rendersi mai un pericolo palese. Allo stesso modo Pietro si prodigò con opere ed interventi nei confronti della civitas pisana, nel tentativo di recuperare quella situazione di congiuntura economica nella quale il Comune era caduto negli ultimi anni. Erano necessari interventi duri, decisi che portassero con determinazione Pisa a una nuova situazione di positività. D’altra parte proprio per questo motivo il Gambacorta era stato richiamato in patria dai suoi sostenitori, quel gruppo di mercanti e armatori di cui lui stesso era un più che degno rappresentante, giacché condivideva con loro la propria origine: egli simboleggiava un vento di rinnovamento di cui Pisa aveva estremo bisogno e necessità. Come abbiamo osservato nel corso del lavoro, il suo programma di intervento si articolò naturalmente su più punti, che dovevano andare a rinsaldare le situazioni più critiche in cui il Comune versava, prima fra tutte quella finanziaria, e contemporaneamente conquistare il consenso della civitas tutta, garantendo così un solido appoggio al governo gambacortiano.

A causa dagli eventi che in quegli anni conducevano la politica estera, incentrati soprattutto nello scontro tra le due potenze rivali Firenze e Milano, il governo di Pietro Gambacorta fu indebolito a tal punto da non aver più la forza di reagire alla spinta di quel partito filo – visconteo che si era creato a Pisa. Convinto fino all’ultimo che l’atteggiamento migliore da tenere in questo contesto, fosse quello di assoluta neutralità super partes, Pietro Gambacorta finì così per scrivere in qualche modo la sua rovina dato che aumentava sempre di più il numero di coloro che, scontenti e afflitti da questa situazione

di guerriglia continua, mormoravano sempre più malamente contro il governo. Il colpo di mano del 21 ottobre 1392 fu solo la fase conclusiva di una serie di tumulti che già da tempo intaccavano l’ordine cittadino.

Se è possibile esprimere un parere generale sul governo di Pietro Gambacorta a Pisa, va innanzitutto riconosciuta la sua abilità politica nel sapersi presentare come l’uomo giusto al momento giusto: proprio quando il Comune pisano era gravemente indebolito dagli eventi che lo avevano costretto a una forte congiuntura finanziaria, Pietro si presentava come la personalità adatta a risollevare la situazione. La sua abilità e furbizia nel non mostrarsi come una minaccia per le istituzioni comunali tradizionali, è sicuramente degna di stima, così come lo sono i suoi vari interventi nei confronti del Comune tutto. Purtroppo però Pietro non riuscì completamente nei suoi intenti: economicamente Pisa non riusciva a risollevarsi; la situazione nel contado non era certo migliorata e la piaga dello spopolamento continuava a far sentire la sua forza; in politica estera il carisma di Pietro non riuscì a imporsi.

L’epoca di governo gambacortiano può essere a tutti gli effetti definita come il periodo preparatorio all’istituzione di una vera e propria signoria. È questo infatti un momento di passaggio in cui le istituzioni lentamente si vanno trasformando da repubblicane a signorili, e il mutamento sarebbe sicuramente stato completato dalla generazione successiva se il governo non fosse stato travolto dalla sanguinosa catastrofe del 1392 e se Benedetto Gambacorta avesse potuto succedere a suo padre.

APPENDICE

ASPi - COMUNE A 148 TRASCRIZIONE

CARTA 148 recto

Consilium minus dominorum Antianorum pisani89 populi et maius videlicet quindecim per quanterium duodecim populi, consulum maris, consulum mercatorum, consulum artis lane capitanorum et priorum septem artium et treginta sapientium virorum per quodlibet quarterium pisane civitatis a dominis Antianis pisani populi electorum et huic consilio additorum a nobili et sapienti milite domino Mino Cavoli de Montaninis de senis capitaneo pisani populi pro populo pisano sub sacramento petitum.

Cum expediat ratificari, confirmari et approbari consilium maius et generalem pisani comunis, hodie celebratum in pisana maiori Ecclesia et eius summam de et super suspensione capituli brevis pisani communis positum sub rubrica sub de non faciendo provisionem debitorum que deberentur a certo tempore retro et quominus condepnactiones effectualiter exigantur. Et ordinamenti pisani comunis quo cauter quod de condepnactionibus pecuniariis factis vel fiendis per officiales pisani comunis seu debitis pisani comunis contractis seu contrahendis, nulla possit de cetero fieri remissio in totum vel in partem facti autoritate maioris et generalis consilii pisani comunis celebrati in Pisis in maiori Ecclesia. Domini Jesu Anno MCCCLVII Indictione nona pridie kalendas may.

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Et cuius alterius brevis statuti et ordinamenti pisani comunis et populi prohibentis liberactione seu mitigatione condempnatorum possit fieri quocunque modo vel quacunque occasione quantuncunque gravi vel ardue. Et provisionis et ordinamenti facte et facti per dominos Antianos pisani populi. Domini Jesu Anno MCCCLXII Indictione XIIII quinto kalendas may. Ratificatorum, confirmatorum et approbatorum per consilium maius et generale pisani comunis suprascriptis anno et indictione quarto kalendas may quibus continetur quod domini Antiani nullo modo possint et debeant reformare vel facere per se vel sapientes viros pisane civitatis per capitula vel per alio modo aliqua officia pisane civitatis vel comitatus

CARTA 148 verso

fortie vel districtus seu se intromictere de aliquibus factis que per eos et eorum tempore reformari seu fieri non posseant seu debeant tempore90 occasione eorum offici per formam brevium et ordinamentorum pisani comunis et populi et cuiuslibet alterius brevis statuti ordinamenti seu consilii prohibentis officia debere fieri per taschas vel alio modo et de aliis et super aliis in suprascripto consilio et eius summa comprehensis habito quocumque super predictis consilio septuaginta sapientium virorum pisane civitatis secundum formam ordinamentorum pisani comunis.

Et ad hoc autoritas vestri consilii requiratur si consulitis et placet vobis que suprascriptum consilium et eius summa et omnia et singula in suprascripto consilio et eius summa comprehensa ratificentur et confirmentur et aprobentur et ex nunc rattificata (sic), confimata et approbata sint et esse intelligantur valeant et teneant serventur rata sint atque execuctioni mandentur per omnia prout in suprascripto consilio et eius summa per omnia et singula continetur autoritate vestri consilii non obstantibus in predictis vel aliquo predictorum

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aliquibus capitulis brevium pisani comunis vel populi consiliis statutis ordinanamentis lege aut contrarietate aliqua de quibus tollendis et suspendendis in hoc facto domini Antiani pisani populi concordaverunt partitu facto inter eos ad denarios albos et gialos secundum formam brevis pisani populi a quibus et qualibet eorum domini pisani potestas Capitaneus et Antiani pisani populi et omnes alii officiales pisani comuni sint liberi et absoluti autoritate vestri consilii vel si aliud inde vobis placet et sit faciendum pro comuni et populo pisanis dicite et consulite.

Item consilium cum expediat confirmari et approbari consilium maius et generale pisani comunis hodie celebratum in eius summa de et super concessione bailie et potestatis pleni liberi et generalis mandati facta dominis Antianis pisani populi vel octo ex eis presentibus in officio una com sapientibus viris ab eis vel octo ex eis eligendis et ipsis dominis Antianis vel octo ex eis per se tantum et ipsis sapientibus viris per se tantum eligendi seu eligi faciendi egregium et sapientem militem dominum Petrum quondam Andree

CARTA 149 recto

Gambacurte propter ipsius prudensia suaque et predecensorum eius opera virtuosa in capitaneum et dominum generalem masnade ab equo et pede pisani comunis habite et habende, et custodie civitatis pisane eiusque comitatus, fortie et districtus nec non in defensorem pisani populi et compagniarum ipsius populi.

In termino et terminiis et cum officio iurisdictione, bailia, potestate, salario, familia, modis, tenoribus, condictionibus, et aliis de quo et quibus et prout ipsis dominis Antianis vel octo ex eis et sapientibus viris ab eis ut dictum est eligendis videbitur et placebit.

Et in et de et super reformactione quorumcumque officialium pisani civitatis comitatus fortie et districtus cuiuscumque condictionis existant cum officio, salariis, termino et terminis, bailia et iurisdictione, tenoribus et condictionibus et aliis de quibus et prout dictis dominis Antianis vel octo ex eis vel sapientibus viris ut dictum est videbitur et placuerit.

Et in et super mitigatione quorumcumque debitorum veteri pisane civitatis et inmunitatibus quibuscumque realibus et personalibus et mixtis et quibuslibet aliis dandis et concedendis comunibus et terris universitatibus pisani comitatus fortie et districtus nec non quibuscumque forensibus de extra comitatus et distictus venire volentibus ad habitandum et standum in civitate pisana eiusque burgis et super burgis comitatu forsia et districtu pro tempore et temporibus de quo et quibus ipsis dominis Antianis et sapientibus viris ab eis eligendis ut supra videbitur. Et de et super diminuctione de cabella vini inmictendi in civitate pisana prout ipsis dominis Antianis ut supra videbitur.

Et super providendo disponendo de affictibus fructibus penthionibus et redditibus et aliis debitis quibuscumque dignitatibus personis et locis tam pro quibuscumque possessionibus quam bestiis vel aliis quibuscumque et de aliis et super aliis in suprascripto consilio et eius summa comprehensis habito quoque super permissis omnibus consilio septuaginta sapientium virorum pisane civitatis secundum formam ordinamentium pisani comunis.

Et ad hoc auctoritas vestri consilii requiratur si consulitis placet vobis quod suprascriptum consilium et eius summa et omnia et singula in suprascripto consilio et eius summa conmprehensis confirmentur, ratificentur et aprobentur. Et ex nunc ratificata

Confirmata et approbata sunt et esse inteligantur valeant teneant serventur rata sint et executioni mandentur per omnia prout in suprascripto consilio et eius summa per omnia et singula continetur et cetera ut supra.

Summa suprascripti consilii celebrati Pisis in sala palatii pisani populi ubi fiunt et fieri consueverunt consilia ibidem choadunati mandato suprascripti domini capitanei voce preconie et sono campane ut moris est in quo quidem consilio interfuit sufficiens numerus consiliariorum dicti consilii et sapientium additorum partitu facto inter eos de et super primo et secundo capitulis dicti tituli de sedendo ad levandum ut moris est in presentia prudentis viri ser Iacobi de Appiano cancellarii ipsorum dominorum Antianorum et mei Iohannis filii quidam ser Stefani arcipretis de vico pisani notarii et scribe publici ipsorum dominorum Antianorum et 91

Milesimo trecentesimo septuagesimo primo. Nona kalendas octubris VIII indictione.

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