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4. IL COMUNE SIGNORILE DI PIETRO GAMBACORTA E LA

4.1 La situazione interna al nuovo governo e il rapporto con le istituzion

4.1.4 L’Esecutore di custodia

Studiando la composizione interna del Comune pisano al tempo di Pietro Gambacorta, e cercando nuovamente di sottolineare quali fossero i suoi “strumenti di controllo” a livello istituzionale, non possiamo mancare di rilevare l’importanza della carica dell’Esecutore di custodia, detto anche Esecutore della giustizia. Tale istituzione non venne però creata ai tempi del Gambacorta, ed è quindi necessario fare un passo indietro osservandone la genesi e costituzione, così da capirne il perfetto funzionamento nel periodo gambacortiano.

Già dall’inizio del XIV secolo, uno dei maggiori problemi che attanagliavano la società comunale italiana, attirando l’attenzione e la riflessione di specialisti quali filosofi, teologi, giuristi e predicatori, era la conservazione e il controllo della pace cittadina. Dati gli avvenimenti che nel corso del Duecento avevano sconvolto i vari Comuni, provocando al loro interno tensioni politiche e sociali, il corpo cittadino appariva adesso sostanzialmente scosso e diviso, lasciando la possibilità, a chi volesse, di turbarne il regolare andamento. Fu in questo contesto appunto che in molti Comuni d’Italia, alcuni poteri signorili in crescita trovarono terreno fertile per l’affermazione del proprio potere personale: in un Comune che non riuscisse più a garantirsi autonomamente un determinato livello di stabilità e pace, finivano per primeggiare alcune famiglie cittadine più forti che si stabilizzavano poi in maniera sempre più concreta ai ranghi del potere, fino a diventare in alcuni casi, dei veri e propri signori cittadini. A Pisa i gruppi dirigenti del primo Trecento, decisero di rispondere al problema del

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Per il seguente capitolo molte informazioni sono state trovate, oltre che in P. SILVA, Il governo di Pietro

Gambacorta in Pisa (1911), anche nel saggio di G. CICCAGLIONI, Il Conservator boni et pacifici status. Alcune osservazioni sugli equilibri politico istituzionali a Pisa nel Trecento”, in Per Marco Tangheroni. Studi su Pisa e sul Mediterraneo medievale offerti dai suoi ultimi allievi, a cura di C. IANNELLA, Pisa (2005).

mantenimento della concordia cittadina in maniera diversa: affidarono il mantenimento del buono e pacifico stato ad un ufficiale forestiero.

Nel 1322 compare per la prima volta nella documentazione scritta un ufficiale super bono et pacifico statu, magistratura che possiamo presumere sia stata istituita in quello stesso anno77, in risposta ad alcuni sanguinosi eventi che avevano turbato l’ordine cittadino: era infatti stato ucciso Guido da Caprona, uno degli uomini più vicini al conte Ranieri I da Donoratico - l’allora signore cittadino- ed era stato accusato dell’omicidio il nobile Corbino Lanfranchi. In seguito a ciò, il 15 luglio 1322 venne convocato in duomo un Consiglio maggiore e generale del Comune dove gli Anziani deliberarono che un personaggio esterno, Ser Tedesco da Cortona, fosse nominato Conservator pacifici et boni status pisane civitatis et comitatus78: questo fu dunque eletto, dopo le sanguinose circostanze avvenute in città, per cercare di far luce su come effettivamente si fossero svolti i fatti in quelle giornate. Negli anni seguenti, il nuovo magistrato andò ad occupare un posto sempre più rilevante all’interno dei vertici governativi cittadini. Grazie alla documentazione scritta, siamo riusciti a risalire all’identità di undici magistrati super bono et pacifico statu che si sono susseguiti nel periodo 1322 – 1392. Fino alla metà degli anni Cinquanta, tutti i funzionari mantennero lo stesso titolo di Conservator boni et pacifici status poi, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, tale dicitura scomparve. Erano questi gli anni in cui, come abbiamo già visto nel primo capitolo di questo lavoro, il Comune pisano era sottoposto al potere diretto dell’imperatore Carlo IV oppure, quando egli non era presente in città, dei suoi capitani, Marquardo di Randeck prima e il nipote di quest’ultimo, Gualtieri di Hoschliz, poi. A partire dall’anno 1363 tornarono ad essere nuovamente presenti dei Conservatores finché, con l’avvento del

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Come ha già specificato G. CICCAGLIONI, non tutti gli storici sono d’accordo sulla data di nascita di tale magistratura: O. BANTI ritiene probabile che tale ufficiale operasse già nel secondo decennio del Trecento, come specifica nella sua edizione alla Cronaca di Pisa di Ranieri Sardo, pp. 104, nota 1.

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regime di Pietro Gambacorta, tale carica fu sostituita con quella dell’Executor custodie dominorum anthianorum pisani populi. Cerchiamo di capire adesso quali erano le funzioni che tale carica comportava. Le sue prerogative principali erano legate al controllo dell’ordine pubblico e all’esercizio della giustizia che il Conservator operava in due diverse maniere: da una parte possedeva una funzione repressiva, attraverso la quale agiva punendo chi avesse già commesso un crimine; dall’altra fruiva anche di una funzione preventiva, con la quale procedeva a riguardo di chi fosse anche solo sospettato di programmare un’attività sovversiva nei confronti dello stato. Tale funzionario era dotato di un arbitrium super bono et pacifico statu, potere generico ma che non aveva bisogno di aggiunte o modifiche: come ha giustamente sottolineato Giovanni Ciccaglioni, tale carica derivava la sua forza proprio dal suo essere indeterminata in quanto un potere risulta tanto più ampio, quanto più è indefinita la sua sfera di competenza. In linea generale possiamo affermare che tale funzionario aveva il compito di salvaguardare l’equilibrio politico esistente ma, giocando un ruolo sempre più attivo nella vita politica del Comune finì per essere il più temuto tra gli ufficiali cittadini. Il Conservator incuteva timore tra la popolazione, e a volte questo si traduceva in aperte manifestazioni di ostilità nei suoi confronti, da parte della popolazione e soprattutto da parte di chi era oggetto delle sue indagini. Ad esempio, quando l’imperatore Carlo IV entrò in Pisa per fare giuramento, fu accolto al grido di “viva lo inperadore e muoia lo conservatore!”79, come testimonia la Cronaca di Ranieri Sardo, proprio a sottolineare l’avversione prodotta da questa figura nella popolazione. A partire dagli anni Quaranta del Trecento, il Conservator ebbe anche compiti in materia di controllo fiscale: in questo periodo si intensificarono le occasioni di guerra per Pisa e il Comune incaricò il Conservator di riscuotere somme di denaro che sarebbero dovute servire per le spese di battaglia. Come già evidenziato nei capitoli precedenti,

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Pisa era infatti opposta alla vicina Firenze per la conquista di Lucca, poi in piena lotta contro i Visconti, e dopo gli anni Sessanta vide l’intensificarsi sui suoi territori delle scorrerie da parte delle compagnie di ventura: era quindi inevitabile che questa situazione di guerra continuativa portasse un’emergenza finanziaria molto forte in città e le autorità pisane cercarono di risolvere il problema con il loro braccio esecutivo più efficace: il Conservator appunto. Egli doveva occuparsi di ricevere soprattutto somme che il Comune di Pisa doveva incassare da alcune comunità del contado e verificare i conti di alcuni ufficiali che avevano ricevuto esazioni di somme dai Comuni del contado. In linea generale possiamo affermare che i compiti in materia fiscale divennero ben presto il centro delle competenze del Conservator, il quale veniva chiamato quando i controlli sui debitori del Comune presentassero casi di insolvenza pecuniaria e, nei confronti di questi, al Conservator era permesso anche l’uso della forza.

Un elemento che preme sottolineare è l’importanza che questa carica assunse all’interno delle lotte cittadine trecentesche che, come abbiamo visto, portarono un le principali famiglie del Popolo pisano a scontrarsi tra loro, raccolte sotto la dicotomia dei due opposti partiti Raspanti e Bergolini. In questo frangente fu incentivata l’importanza della carica del Conservator super bono et pacifico statu, poiché ogni qual volta che un gruppo familiare si sostituiva ad un altro, provvedeva a nominare un proprio Conservator. Quest’ufficio non era quindi più legato, come in precedenza, a incarichi di durata trimestrale, bensì la sua permanenza in città dipendeva dalla durata del governo delle persone da cui era stato eletto: era diventato praticamente un incarico senza scadenza di mandato. Era ovvio quindi che ci dovesse essere un’effettiva corrispondenza tra la linea politica del gruppo dirigente e quella del Conservator eletto: quest’ultimo doveva dimostrare di essere alleato del gruppo dirigente e instaurare con i suoi componenti un vero e proprio legame personale. L’incarico del Conservator si legava quindi inevitabilmente alla

tutela del gruppo di potere al governo e di conseguenza godeva dei vantaggi di questa vicinanza ma, nel caso in cui il governo di questo gruppo fosse caduto, il Conservator crollava con loro. Possiamo affermare quindi che il Conservator era diventato in questo periodo una vera e propria creatura del gruppo dominante.

Tornano alla nostra epoca d’interesse, vediamo come tale carica fu rinominata, nel periodo gambacortiano, con il titolo Executor Custodie dominorum anthianorum.

Sono qui necessarie alcune riflessioni. La scelta di cambiare nome a questo ufficio può essere interpretata come un tentativo di Pietro Gambacorta di comunicare ai cittadini pisani il cambiamento in atto: da un periodo in cui il Comune era stato logorato dalle lotte tra due partes opposte, adesso si passava a un nuovo status, intendendo con questa parola, il convogliare delle due partes contrarie in un un’unica fazione governativa, che a partire da quel momento sarebbe stata la dirigente. Per cercare di comunicare a pieno questo concetto, Pietro richiamava nel titolo dell’Executor, l’importanza dell’Anzianato che, meglio di chiunque altro, rappresentava l’intera comunità cittadina al di sopra delle parti. Nel periodo gambacortiano l’Esecutore di custodia, poi detto anche Esecutore della giustizia, possedeva un’ampia sfera d’azione e i suoi poteri erano resi ancora più efficaci dal fatto che il suo operato era insindacabile e che aveva a sua disposizione 75 uomini armati, dei quali 20 balestrieri, pronti ad agire al suo comando. Il fatto che Pietro Gambacorta abbia deciso di incrementare il potere di tale magistratura, è sicuramente collegabile alla tendenza alla signoria che quest’ultimo aveva: l’Esecutore di custodia è infatti il tipico magistrato del nuovo governo appena sorto e nato non in maniera concorde e unanime, bensì col prevalere della forza sulla pars contrapposta. Un governo di questo tipo, consapevole delle proprie debolezze e dei rischi a cui andava incontro, per tutelarsi dai possibili attacchi degli avversari, decide di premunirsi con misure rapide ed energiche:

l’Esecutore di custodia era la principale di esse. Quest’ultimo era quindi il garante della sicurezza e della stabilità del governo gambacortiano e doveva intervenire contro possibili cospirazioni e congiure, così come contro i ribelli o coloro che aiutavano questi ultimi: sotto Pietro Gambacorta questa carica esacerbò quindi i suoi poteri punitivi, repressivi e preventivi, mentre perse gradatamente le prerogative in materia fiscale che aveva avuto in precedenza.

È stato delineato negli ultimi paragrafi un quadro il più possibile chiaro ed esaustivo, di quella che era la situazione delle istituzioni pisane nel periodo gambacortiano e di quale sia stata l’azione di Pietro Gambacorta nei confronti di queste ultime.

È stata notata la tendenza alla signoria che il potere di Pietro Gambacorta evidenziò fin dall’inizio ma che egli fu abile a mascherare, mantenendo intatti gli organi governativi simbolo delle istituzioni comunali. Vista la situazione in cui versava Pisa dopo anni di lotte intestine, Pietro si mostrava come il legittimo signore cittadino che, dopo anni di esilio, tornava al suo posto per ripristinare una situazione di tranquillità e sicurezza che mancava ormai da anni. Pietro Gambacorta riceveva il suo potere dal voto popolare, che era il fondamento giuridico di ogni incarico governativo, e assumeva la carica di Capitano delle Masnade e Difensore del popolo, due tra le più importanti cariche del Comune pisano. Egli però non conquistava il potere con la forza, né si mostrava come un usurpatore: fu invece portato in alto e sostenuto da un numeroso partito di mercanti e armatori che, esausti dalle guerre, stremati dal periodo di governo di Dell’Agnello e desiderosi di tornare a vivere, lo richiamavano al suo legittimo posto di governo. Insieme a questi ultimi, un sostanzioso gruppo di artigiani lo accolse trionfalmente, ma la situazione a Pisa non era così grave da far loro tollerare la presenza di un signore - padrone. Consapevole di ciò, Gambacorta si limitò ad assumere un’ampia parte del governo, ma non si mostrò una minaccia per la cittadinanza e per le tradizionali istituzioni comunali, rispettando il funzionamento del

collegio degli Anziani e dell’istituto dei Savi. Egli si accontentò di governare stando dietro alle principali istituzioni: come abbiamo già visto egli era di fatto il signore cittadino, ma ebbe l’astuzia di non rendere apertamente palese questo fatto. Pietro, più che un vero e proprio signore, appariva come un altissimo magistrato al servizio dello stato, tanto che, come tutti gli altri magistrati, anch’egli veniva regolarmente stipendiato. Allo stesso modo però il governo di Pietro aveva una naturale tendenza alla signoria, come si nota da alcuni suoi caratteri peculiari: il Gambacorta concentrava le maggiori cariche comunali nelle mani dei suoi familiari o di suoi stretti collaboratori, cercando di assicurare una continuità familiare al suo dominio e assicurava una stretta e forte sorveglianza al suo governo grazie all’operato dell’Esecutore di custodia. Come è stato giustamente sottolineato da Pietro Silva, l’epoca di governo gambacortiano può essere a tutti gli effetti definita come il periodo preparatorio all’istituzione di una vera e propria signoria. È questo infatti un momento di passaggio in cui le istituzioni lentamente si vanno trasformando da repubblicane a signorili, e il mutamento sarebbe sicuramente stato completato dalla generazione successiva se il governo non fosse stato travolto dalla sanguinosa catastrofe del 1392 e se Benedetto Gambacorta avesse potuto succedere a suo padre.