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Considerazioni generali

5.2. Ipotesi di introduzione di altri tipi di referendum

5.2.2. Sul referendum propositivo e sull’iniziativa popolare

5.2.2.1. Considerazioni generali

Tra i vari tipi di referendum che occorre considerare al fine di valutare l’opportunità della loro introduzione, e che sono stati formalizzati in disegni di legge presentati soprattutto nel corso della IX legislatura, vi è innanzitutto il referendum propositivo, mediante il quale il corpo elettorale è chiamato a pronunciarsi su una proposta di legge, o di altro atto, proveniente dagli organi rappresentativi, al fine di decidere della sua entrata in vigore.

Il disegno di legge di revisione costituzionale Boschi, in discussione nella legislatura in corso, si limita, al pari di quanto fa, come diremo, riguardo al referendum consultivo, a prevedere l’introduzione dei referendum propositivi, rinviando poi a legge costituzionale successiva la disciplina delle condizioni e degli effetti, e ad una legge ordinaria approvata da entrambe le Camere per quanto riguarda la disciplina delle modalità di attuazione.

L’esempio più immediato di referendum propositivo che ci proviene dagli ordinamenti costituzionali esteri è quello francese: l’art. 11 della Costituzione della V Repubblica, la quale ha introdotto per la prima volta in Francia istituti di democrazia diretta, prevede un referendum legislativo propositivo di iniziativa dall’alto, precisamente governativa,

114 approvativo di progetti di legge e del tutto sostitutivo della competenza legislativa del Parlamento, presentandosi quindi come fonte primaria concorrente rispetto alla legge. In particolare, per quanto riguarda l’iniziativa referendaria, l’art. 11 la riserva, alternativamente, al Presidente della Repubblica, su proposta del Governo nel corso delle sessioni del Parlamento oppure su proposta congiunta di Assemblea Nazionale e Senato, e ad un quinto dei membri del Parlamento, sostenuto da un decimo degli elettori iscritti nelle liste elettorali. L’oggetto del pronunciamento popolare è costituito da progetti di legge, ossia le proposte di legge d’iniziativa governativa, che vertano, alla luce di un’importante limitazione di materia, sull’organizzazione dei poteri pubblici, su riforme relative alla politica economica, sociale o ambientale della nazione, oppure che riguardino la ratifica di un trattato internazionale che incida sul funzionamento delle istituzioni nazionali.

Il referendum propositivo in Francia, si diceva, si pone come fonte del diritto alternativa rispetto alla legge del Parlamento, che ne esce sostanzialmente scavalcato, dal momento che il corpo elettorale è chiamato a pronunciarsi su un testo di legge, quello proposto appunto dal Governo, che in caso di vittoria dei Sì è promulgato come legge dal Presidente della Repubblica nei quindici giorni successivi alla proclamazione dei risultati della consultazione.

Ebbene, il modello di referendum propositivo offerto dall’esperienza francese non è convincente, dal momento che l’importazione di un referendum sostitutivo della competenza legislativa del Parlamento costituirebbe uno stravolgimento della disciplina della produzione del diritto contenuta nella nostra Costituzione: un referendum così disciplinato, oltre a porsi come fonte primaria concorrente rispetto alla legge del Parlamento, avrebbe un enorme effetto plebiscitario, a causa dell’iniziativa dall’alto che caratterizza l’istituto disciplinato dall’art. 11 della Costituzione francese. Tanto più che secondo i disegni di

115 legge più significativi circolati nelle legislature passate il corpo elettorale dovrebbe pronunciarsi non su un testo di legge, come avviene in Francia, bensì su un quesito semplificato, che lascerebbe evidentemente carta bianca ai partiti della maggioranza parlamentare per quanto riguarda l’interpretazione del quesito stesso e del relativo pronunciamento popolare, e della sua traduzione normativa in caso di esito positivo della consultazione145.

La soluzione migliore per quanto riguarda l’introduzione del referendum propositivo nel nostro ordinamento, che qui pur si vuole sostenere, è allora quella di agganciarlo all’iniziativa legislativa popolare in senso proprio, evidentemente indiretta.

L’iniziativa popolare si distingue dal referendum propositivo perché, a differenza che in quest’ultimo, nell’iniziativa è il corpo elettorale a provocare direttamente la consultazione popolare che conduce all’adozione di un atto. L’introduzione di tale istituto incontra per la verità numerose voci autorevoli contrarie in dottrina, che sottolineano variamente come questo “costituirebbe una rilevante deviazione della vigente configurazione costituzionale del referendum”146

, producendo “risultati pienamente negativi” in un sistema parlamentare147; c’è poi chi ritiene che la complessità dei problemi delle società pluralistiche contemporanee richiederebbe la formulazione di testi legislativi parimenti complessi, quali il popolo non saprebbe elaborare148.

Ebbene, quanto all’ultimo appunto, si può ben controbattere che le iniziative popolari proverrebbero pur sempre da strutture sufficientemente attrezzate, e ben potrebbe prevedersi un controllo anteriore al pronunciamento popolare circa la correttezza formale del testo legislativo da sottoporre al voto.

145

Cfr. M. Volpi, Il referendum tra rinnovamento e declino in Politica del diritto, XIX, n.3, p. 442

146

G. M. Salerno, Il referendum, p. 50

147

Spagna Musso, L’iniziativa nella formazione delle leggi italiane, I, Il potere

d’iniziativa legislativa, p. 79

148

116 Per quanto riguarda poi i rilievi circa lo stravolgimento della forma di governo parlamentare che l’iniziativa legislativa popolare produrrebbe, essi sarebbero superati ove si introducesse, come si vuole qui proporre, un’iniziativa legislativa popolare indiretta, che preveda cioè un passaggio del procedimento in Parlamento: si recupererebbe così quel confronto tra parti politiche diverse che costituisce la ricchezza dei procedimenti decisionali rappresentativi, scongiurando così quegli sconvolgimenti dell’intero sistema politico – rappresentativo paventati in dottrina. Nel contesto di un’iniziativa popolare indiretta lo spazio riservato al referendum propositivo sarebbe dunque di carattere eventuale: il testo dell’iniziativa sarebbe previamente depositato in Parlamento, che dovrebbe avere l’obbligo giuridico di pronunciarsi sull’iniziativa; la consultazione popolare interverrebbe allora soltanto in caso di inerzia oppure di stravolgimento dei principi contenuti nella proposta da parte del Parlamento, ed avrebbe così una funzione sostanziale di sanzione nei confronti dell’organo rappresentativo: non si potrebbe più allora predicare un sostanziale scavalcamento del Parlamento. L’iniziativa popolare indiretta ha, al contrario, il vantaggio di implicare comunque una obbligata presa di posizione, sulla questione oggetto dell’iniziativa, dell’élite politica, che ne viene in qualche modo influenzata, oltre che del corpo elettorale, e quindi di offrire l’occasione per un largo dibattito pubblico sulla questione, in vista innanzitutto del passaggio parlamentare del procedimento.