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Consulenza tecnica e principio del contraddittorio

La questione più delicata che si è sempre posta in relazione alla consulenza

tecnica nel procedimento arbitrale è quella del rapporto con il principio del

contraddittorio

553

. In altri termini, ciò che rileva è la necessità di verificare se

l’attuazione di tale principio possa subire delle variazioni rispetto a quanto avviene nel

549 G. F. RICCI, Istruzione probatoria, sub art. 816-ter, in CARPI, (a cura di), Arbitrato. Commento al

titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile – artt. 806-840, cit., p. 435.

550

. F. DANOVI, L’istruzione probatoria nella nuova disciplina dell’arbitrato rituale, cit., p. 30.

551 Così F. DANOVI, L’istruzione probatoria nella nuova disciplina dell’arbitrato rituale, cit., p. 30; G. F. RICCI, Istruzione probatoria, sub art. 816-ter, in CARPI, (a cura di), Arbitrato. Commento al titolo

VIII del libro IV del codice di procedura civile – artt. 806-840, cit., p. 435; LA CHINA, L’arbitrato. Il sistema e l’esperienza, cit., p. 139; T. CARNACINI, voce Arbitrato rituale, cit., p. 891.

552 C. PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, cit., p. 666, il quale afferma che: “Sembra evidente che le parti, con istanza rivolta agli arbitri, possano ricusare, per i motivi indicati dall’art. 51 c.p.c., il consulente tecnico d’ufficio e che nelle stesse ipotesi quest’ultimo abbia il dovere professionale di astenersi”; LA CHINA, L’arbitrato. Il sistema e l’esperienza, cit., p. 123; P. BERNARDINI, Il diritto

dell’arbitrato, cit., p. 92.

553 G. F. RICCI, Istruzione probatoria, sub art. 816-ter, in CARPI, (a cura di), Arbitrato. Commento al

titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile – artt. 806-840, cit., p. 435; ID., La consulenza tecnica nell’arbitrato, cit., p. 4.

Altre ipotesi di responsabilità degli arbitri

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processo ordinario, alla luce del potere concesso agli arbitri dall’art. 816-bis c.p.c. di

regolare lo svolgimento della procedura nel modo ritenuto più opportuno

554

.

La considerazione secondo cui tale potere debba rispettare i principi inderogabili

del processo, tra i quali vi è quello del contraddittorio, potrebbe già di per sé

rappresentare una possibile soluzione della questione in esame, se non fosse per la

peculiarità della materia, rispetto alla quale l’opinione tradizionale è sempre stata

orientata nel ritenere che lo svolgimento dell’opera di consulente nel procedimento

arbitrale non debba ricalcare i moduli propri del processo ordinario, essendo sufficiente

che le parti siano poste nelle condizioni di poter discutere, anche solo a posteriori, degli

esiti della consulenza, presentando proprie osservazioni e deduzioni

555

.

Secondo l’impostazione tradizionale, dunque, potrebbe concludersi che, sia nel

caso in cui alle parti non sia stato consentito di partecipare alle operazioni oggetto

dell’attività espletata dal consulente tecnico, sia nell’ipotesi più estrema in cui sia stata

554 Sullo svolgimento del procedimento nell’arbitrato v., in particolare, F. CARPI, Il procedimento

nell’arbitrato riformato, in Riv. arb., 1994, p. 659 ss. In ordine al problema in generale, pur essendo

improntate a diversi punti di vista, v. le opinioni di E. FAZZALARI, Sulla ”libertà di forme” del

processo arbitrale, in Riv. arb., 1999, p. 637 e di E. GRASSO, Arbitrato e formalismo del processo, in Riv. arb., 1993, p. 1 ss. La diversità di impostazione, si rifletta nella concezione più elastica del

procedimento arbitrale che ha il primo dei due Autori, di contro al maggior formalismo che contrassegna la visione che di tale fenomeno ha il secondo. In aderenza al pensiero del primo, è anche S. LA CHINA,

L’arbitrato. Il sistema e l’esperienza, cit., p. 69 ss., per il quale la potenzialità dell’arbitrato sta tutta nella

possibilità di svincolarsi dalle forme e dalle cadenze dell’ordinario processo di cognizione. Pare invece più aderente al pensiero del secondo la linea interpretativa seguita da E. F. RICCI, La prova nell’arbitrato

rituale, cit., p. 14, secondo il quale la determinazione dello svolgimento del procedimento nell’arbitrato

deve in linea generale modellarsi su quella del procedimento ordinario ed ogni deroga “deve essere appositamente motivata”. Secondo F. TOMMASEO, Arbitrato libero e forme processuali, in Riv. arb., 1991, p. 743 ss., l’esigenza di forme precise sussisterebbe anche per l’arbitrato libero e ciò nel senso che anche per esso si farebbe sentire sempre maggiore l’esigenza, in difetto di regolamentazione pattizia ad opera delle parti, di un rinvio alle regole del processo civile in genere e a quelle dell’arbitrato rituale in specie. Per altri spunti sullo svolgimento del procedimento arbitrale, si vedano anche C. CECCHELLA,

Disciplina del processo nell’arbitrato, in Riv. arb., 1995, p. 213 ss. e R. MARENGO, Lo svolgimento del processo nell’arbitrato, in Riv. arb., 1997, p. 299 ss.

555 Per un esame approfondito della posizione della dottrina, v., V. VIGORITI, Arbitrato e consulenza

tecnica, cit., p. 185 ss., soprattutto con riferimento alle due decisioni, rispettivamente di App. Milano, 18

settembre 1990, n. 1807, in Riv. arb., 1991, p. 555 (che ha ritenuto perfettamente rispettato il principio del contraddittorio in una consulenza disposta in un arbitrato libero, nella quale parte delle operazioni era avvenuta in assenza dei consulenti di parte che pure erano stati nominati, ma in ordine alla quale era stato consentito alle parti di presentare osservazioni critiche sulle conclusioni del consulente) e di Cass., 29 gennaio 1992, n. 923, in Foro it., I, c. 1385 (con riferimento ad un arbitrato rituale di equità, nel quale gli arbitri avevano disposto una consulenza tecnica senza darne avviso alle parti e senza consentire né la nomina dei consulenti di parte, né la proposizione di quesiti integrativi, ma solo la facoltà di presentare note e deduzioni a posteriori sulle risultanze della consulenza: facoltà quest’ultima che veniva riconosciuta sufficiente ad integrare il rispetto del principio del contraddittorio). In tal senso anche App. Ancona, 21 febbraio 1996, in Riv. arb., 1998, p. 64.

Altre ipotesi di responsabilità degli arbitri

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impedita la nomina di consulenti di parte, non dovrebbero integrarsi gli estremi della

nullità

556

.

Tale linea di pensiero è stata generalmente seguita dalla giurisprudenza,

nonostante le critiche di quella parte della dottrina che intravedeva una grave violazione

di legge, ove anche un solo atto della consulenza sfuggisse al contraddittorio delle

parti

557

.

Gli interventi legislativi di riforma, sia del 1994 sia del 2006, sembrano in ogni

caso aver offerto elementi decisivi per una definitiva composizione del problema,

attestando l’insostenibilità della tesi tradizionale che riteneva sufficiente anche il

semplice contraddittorio differito e dimostrando come la tutela effettiva di tale principio

debba essere assicurata durante l’intero iter delle operazioni tecniche, “né più né meno

di quanto avviene dinanzi al giudice ordinario”

558

.

Tali effetti non rappresentano la volontà di modellare sui moduli del processo

ordinario la disciplina dell’arbitrato, ma piuttosto derivano da considerazioni specifiche

sul procedimento dinanzi agli arbitri, fra le quali rivestono notevole rilevanza i precetti

del nuovo art. 816-bis, primo comma e del n. 9 dell’art. 829 c.p.c., che lasciano

intendere come dall’attuazione del principio del contraddittorio debba essere coperto

ogni momento della procedura arbitrale e quindi anche ogni fase delle operazioni

tecniche

559

.

556 Così G. F. RICCI, La consulenza tecnica nell’arbitrato, cit., p. 5.

557 E. F. RICCI, La prova nell’arbitrato rituale, cit., p. 120-121, il quale precisa non solo che gli arbitri debbono sempre consentire la nomina dei consulenti di parte, ma anche che non può esservi alcun “atto o asserzione o valutazione” del consulente d’ufficio che possa essere sottratto al contraddittorio, se non a patto di una precisa e grave violazione di legge.

558 G. F. RICCI, La consulenza tecnica nell’arbitrato, cit., p. 5.

559

S. LA CHINA, L’arbitrato. Il sistema e l’esperienza, cit., p. 139, il quale ribadisce non solo che i contendenti possono nominare i loro consulenti, ma anche che il consulente d’ufficio deve preavvisarli “di ogni accesso, di ogni compimento di analisi, prove, rilievi”, a pena dell’inutilizzabilità delle sue constatazioni e conclusioni. Non sembra di poter accedere alle conclusioni di V. VIGORITI, Arbitrato e

consulenza tecnica, cit., p. 190-191, il quale afferma che, poiché non vi è l’obbligo nell’arbitrato di rifarsi

al modello codicistico, non è illegittimo che il diritto delle parti a contraddire venga “posticipato” a discutere solo sui risultati della consulenza e ciò perché il rispetto verso l’art. 24 Cost., non si misurerebbe in termini di maggiore o minore conformità alle regole del rito ordinario, bensì in termini di “effettività” della tutela. Può replicarsi che tale impostazione, che probabilmente risente dell’orientamento anteriore alla riforma del ’94, da un lato appare superata da quanto già detto nel testo e dall’altro non può consentire una tutela effettiva del diritto di difesa, che può essere garantito solo in quanto la parte interloquisca nel momento in cui il tecnico si forma il proprio convincimento, essendo fra l’altro molto difficile mutare un convincimento già formato.

Altre ipotesi di responsabilità degli arbitri

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Deve aggiungersi, inoltre, che la previsione del n. 9 dell’art. 829 c.p.c. è molto

più forte di quella offerta dall’art. 101 c.p.c. nel procedimento ordinario, non solo

perché si riferisce all’intero evolversi delle fasi procedimentali, ma anche perché

subordina al rispetto di tale principio la validità del lodo, affermando in modo esplicito

una conclusione cui, invece, nel processo ordinario si perviene solo mediante una

complessa attività esegetica che combini fra loro l’art. 24, secondo comma, Cost., l’art.

101 c.p.c. e l’art. 360, n. 4, c.p.c.

560

Pertanto, in presenza di una tutela precettiva così

immediata, non è possibile sostenere una tesi che riconosca alle parti del procedimento

arbitrale una tutela del contraddittorio meno intensa rispetto a quanto avviene nel

processo ordinario.

Con riferimento all’art. 816-bis, primo comma, c.p.c., si precisa che la materia

probatoria opera su un piano diverso da quello della norma citata, nel senso che la

facoltà degli arbitri di regolare lo svolgimento delle fasi procedimentali come ritengono

più opportuno riguarda essenzialmente gli atti d’impulso, non quelli di acquisizione

probatoria che hanno una natura totalmente differente

561

. Pertanto, se si volesse ritenere

sufficiente, nell’espletamento dell’attività del consulente tecnico dinanzi agli arbitri, un

contraddittorio posticipato, sarebbe comunque necessario che tale previsione fosse

imposta dagli arbitri ai sensi dell’art. 816-bis c.p.c. e non legittimata dalla mera

condotta del consulente

562

.

Le considerazioni sinora esposte consentono di pervenire alle seguenti

conclusioni. In primo luogo, la possibilità delle parti compromittenti di intervenire sugli

esiti dell’attività del consulente deve essere effettiva durante lo svolgimento di tutte le

560 Cfr., G. F. RICCI, Istruzione probatoria, sub art. 816-ter, in CARPI, (a cura di), Arbitrato. Commento

al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile – artt. 806-840, cit., p. 437; ID., La consulenza tecnica nell’arbitrato, cit., p. 6.

561 Sul punto v., in particolare, le osservazioni di V. DENTI, La natura giuridica delle norme sulla prova

nel processo civile, Relazione tenuta all’VIII Convegno nazionale dell’Associazione italiana fra gli

studiosi del processo civile, i cui Atti sono pubblicati nei Quaderni dell’Associazione, Milano, 1971, p. 159 ss., nella quale si evidenzia la particolare natura giuridica delle norme probatorie, rispetto alle quali appare del tutto irrilevante l’inquadramento nel diritto sostanziale o in quello processuale, e ciò sia perché tali norme sono nel contempo tanto norme di valutazione giuridica (cioè statiche o sostanziali), quanto norme di produzione giuridica (cioè dinamiche o strumentali) (op. cit., p. 180 e 183), sia perché la loro corretta applicazione non può prescindere dal collegamento con altre scienze, come ad es. la sociologia giuridica (op. cit., p. 189).

562 Cfr. G. F. RICCI, Istruzione probatoria, sub art. 816-ter, in CARPI, (a cura di), Arbitrato. Commento

al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile – artt. 806-840, cit., p. 438; ID., La consulenza tecnica nell’arbitrato, cit., p. 6.

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operazioni: il che significa che i contendenti devono essere informati, non solo nella

fase iniziale delle indagini tecniche, ma anche di tutti i loro successivi sviluppi

563

. In

proposito, è stato opportunamente rilevato che, a fronte delle chiare indicazioni

contenute nella lettera del n. 9 dell’art. 829 c.p.c., il consulente farà bene a verbalizzare

le deduzioni delle parti e a pronunciarsi su di esse anche al solo fine di dissentirne

564

.

In secondo luogo, deve essere sempre consentito alle parti di procedere alla

nomina di consulenti tecnici di parte; infatti, tale principio non potrebbe essere

derogato, giacché la disciplina di cui all’art. 816-bis c.p.c., che consente agli arbitri di

predisporre le regole della procedura, deve soccombere dinanzi alla ben più incisiva

prescrizione del n. 9 dell’art. 829 c.p.c.

565

.

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