Nell’ambito del fenomeno arbitrale, il profilo fiscale di maggior rilievo è
certamente rappresentato dall’imposta di registro, di cui, peraltro, è opportuno
premettere alcuni aspetti peculiari
617.
L’imposta di registro si applica agli atti, formati per iscritto nel territorio dello
Stato, soggetti a registrazione per volontà della legge e a quelli presentati
volontariamente per la registrazione, come stabilito dalla disciplina di cui al d.p.r. n.
131 del 1986 (Testo unico dell’imposta di registro) e successive modifiche ed
integrazioni
618.
L’art. 1 del d.p.r. n. 131 del 1986, nel delimitare l’area di operatività
dell’imposta di registro e la sua misura, rinvia agli atti indicati nell’allegata Tariffa, che,
a sua volta, è suddivisa in due parti rispettivamente dedicate agli atti soggetti a
registrazione in termine fisso e agli atti soggetti a registrazione solamente in caso d’uso
(nella Tabella allegata alla legge sono elencati gli atti per i quali non vi è obbligo di
chiedere la registrazione.
Ai sensi dell’art. 6 della legge di registro, il caso d’uso corrisponde al deposito
degli atti presso le Amministrazioni dello Stato o le cancellerie giudiziarie
619.
Il regime fiscale dell’arbitrato, sotto l’aspetto dell’imposta di registro, rileva in
relazione alla convenzione arbitrale, vale a dire alla predisposizione del procedimento
interpretativo in termini d’incertezza o, quantomeno, di non perfetta corrispondenza, tali da lasciare dubbi e lacune che andrebbero risolti con un intervento legislativo positivo e coordinato. In particolare, l’autore afferma che: “[…]i rapporti tra fiscalità ed arbitrato sono stati caratterizzati da una singolare asincronia. Da una parte, infatti, in occasione delle modiche legislative che hanno interessato la disciplina dell’arbitrato (i cui passaggi essenziali sono costituiti dalla l. n. 28 del 1983 e dalla l. n. 25 del 1994) non si è tenuto in alcun conto il profilo fiscale; dall’altra, nell’evoluzione della disciplina dell’imposta di registro (d.p.r. n. 634 del 1972 e d.p.r. n. 131 del 1986), il legislatore fiscale ha “inseguito” le modifiche intervenute, inevitabilmente segnando fasi (dal 1983 al 1986 e dal 1994 ad oggi) di sostanziale divaricazione tra la disciplina fiscale e quella processual-civilistica dell’istituto”.
617 In tal senso P. FILIPPI, Profili fiscali dell’arbitrato, in CARPI, (a cura di), Arbitrato. Commento al
titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile – artt. 806-840, cit., p.908; L. NICOTINA, Il regime fiscale dell’arbitrato, cit., p. 529.
618 In generale sull’imposta di registro si vedano: R. PIGNATONE, L’imposta di registro, in Trattato di
diritto tributario, IV, Padova, 1994, p. 159 ss.; N. D’AMATI, La nuova disciplina dell’imposta di registro, Torino, 1989; A. BERLIRI, Caratteri e innovazioni del testo unico sulle imposte di registro, in Le leggi civili, 1986, p. 1175 ss. Occorre notare che sono rilevanti, ai fini dell’imposta considerata, anche
gli atti verbali nonché gli atti scritti formati all’estero se aventi ad oggetto immobili ed aziende situati nel territorio nazionale.
619 Il deposito stesso non configura caso d’uso ove sia dovuto per l’adempimento d’una obbligazione della pubblica amministrazione o di un obbligo di legge.
Altre ipotesi di responsabilità degli arbitri
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arbitrale tramite compromesso o clausola compromissoria
620, ed alla conclusione del
procedimento stesso con il raggiungimento della definizione e la formazione del lodo
621.
Non rileva, invece, ai fini dell’imposta considerata, la regolarità fiscale degli atti e
documenti che fanno parte del procedimento i quali, di norma, non necessitano di
registrazione
622.
E’ necessario, quindi, affrontare il problema della registrazione con riguardo al
compromesso ed alla clausola compromissoria.
L’opinione prevalente in dottrina ritiene che entrambe le forme di convenzione
arbitrale rientrino nella categoria dei contratti a contenuto non patrimoniale
623. Da tale
presupposto deriva che l’imposta di registro sarà dovuta in termine fisso se la
convenzione ha assunto veste di atto pubblico o scrittura privata autenticata, viceversa,
solo in caso d’uso, se formata tramite scrittura privata non autenticata, secondo quanto
previsto dall’art. 4, parte seconda, della Tariffa. L’ammontare dell’imposta è
determinato, in entrambi i casi, in misura fissa non avendo l’atto un contenuto
patrimoniale in riferimento al quale commisurare l’entità del prelievo fiscale
624.
620 È appena il caso di ricordare come tradizionalmente si distingua il compromesso come contratto destinato alla soluzione per arbitri di controversie già sorte e la clausola compromissoria, invece, la previsione che al loro sorgere le controversie, potenziali, dovranno essere delegate ad arbitri.
621 P. FILIPPI, Profili fiscali dell’arbitrato, in CARPI, (a cura di), Arbitrato. Commento al titolo VIII del
libro IV del codice di procedura civile – artt. 806-840, cit., p.909.
622 Si fa riferimento agli atti del procedimento, tramite i quali il procedimento si svolge, quali l’atto introduttivo di domanda arbitrale e le successive istanze, memorie e repliche, nonché agli atti e documenti che sono prodotti nel corso del procedimento ai fini di prova. In via d’approfondimento si veda C. SACCHETTO, Profili fiscali dell’arbitrato, cit., p. 44-45 e 47-48, dove l’autore definisce i primi quali atti “meccanicistici” ed i secondi atti a contenuto “intellettivo”. Per quanto concerne, invece, la regolarità fiscale degli atti prodotti nel corso del giudizio arbitrale occorre considerare che, sotto l’aspetto dell’imposta di registro, la produzione degli stessi atti avanti agli arbitri non costituisce, sempre ai sensi dell’art. 6 della legge di registro, caso d’uso e, pertanto, non si prospetterebbe alcun problema all’uso degli atti medesimi. Nel caso, poi, di enunciazione di atti irregolari all’interno del lodo la responsabilità per la regolarizzazione fiscale e le sanzioni è solo della parte cui l’atto enunciato è riferibile, ma potrà emergere esclusivamente se il lodo sarà depositato per l’exequatur giudiziale, che configura caso d’uso del lodo medesimo. In senso conforme si vedano: G. TINELLI, Profili tributari dell’arbitrato, cit., p. 35 e 38; NOBILI, La nuova legge di registro e l’arbitrato, 1975, I, p. 720.
623
In tal senso v. P. FILIPPI, Profili fiscali dell’arbitrato, in CARPI, (a cura di), Arbitrato. Commento al
titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile – artt. 806-840, cit., p. 910, la quale considera
compromesso e clausola compromissoria come accordi “con contenuto ed oggetto processuale”; L. NICOTINA, Il regime fiscale dell’arbitrato, cit., p. 531, il quale alla nota 47 afferma che: “In quanto tale, infatti, la convenzione consiste nel patto di devoluzione della controversia, attuale o potenziale, ad arbitri e, pertanto, non può esserle riconosciuta una natura patrimoniale. Tradizionalmente si considera contratto di diritto privato con contenuto ed effetti tipicamente processuali”.
624 G. TINELLI, Profili tributari dell’arbitrato, cit., p. 33, il quale rileva che nell’ipotesi in cui la convenzione arbitrale derivi da clausola compromissoria inserita all’interno dell’atto o contratto cui
Altre ipotesi di responsabilità degli arbitri
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Con riferimento al compromesso, che risulta da atto autonomamente formato,
occorre rilevare, invece, la differenza tra la convenzione arbitrale ed il contratto di
arbitrato, che a propria volta è fonte del rapporto obbligatorio tra arbitri e parti litiganti.
Il c.d. contratto di arbitrato, cioè il negozio giuridico concluso tra la parte e
l’arbitro, difficilmente potrà coincidere con la convenzione arbitrale laddove essa risulti
da clausola compromissoria apposta all’atto cui inerisce; mentre, più facilmente potrà
coincidere con l’atto con il quale si stipula il compromesso, ma non è da escludere che
possa anche risultare da un atto separato. L’eventuale coincidenza tra convenzione e
contratto d’arbitrato potrebbe determinare la natura patrimoniale della convenzione e,
pertanto, un diverso regime impositivo ai fini della sua registrazione
625.
In realtà, la valutazione concernente l’effettiva operatività del regime
dell’imposta di registro, non può essere svolta correttamente se non si procede all’esatta
identificazione della natura dell’attività esercitata dagli arbitri.
Come chiarito dalla dottrina, la prestazione dell’arbitro è inquadrabile nella
categoria del lavoro autonomo o, al più, dei redditi diversi ove manchi il requisito
dell’abitualità
626. Da tale inquadramento sistematico deriva l’applicabilità dell’art. 10,
inerisce, la convenzione stessa, pur assumendone la forma, non acquisirà l’eventuale carattere patrimoniale dell’atto “ospite”. La registrazione, infatti, sarà dovuta in termine fisso o in caso d’uso in base alla forma assunta dall’atto “ospite” e, quindi, dovrà rilevarsi se quest’ultimo abbia i caratteri dell’atto pubblico o scrittura privata autenticata, ma l’entità del prelievo resterà, comunque, in misura fissa.
625
L. NICOTINA, Il regime fiscale dell’arbitrato, cit., p. 532, il quale, spiegando in quale ipotesi la convenzione arbitrale possa coincidere con il contratto di arbitrato, afferma che: “Un atto che comprenda il contratto d’arbitrato tra parti ed arbitri, infatti, dovrebbe avere natura patrimoniale, perlomeno tutte le volte in cui esso preveda un compenso in relazione alla prestazione degli arbitri. In verità, tuttavia, il vincolo obbligatorio, in forza del quale le parti sono realmente e non solo ipoteticamente tenute al pagamento, si realizza solo al momento dell’accettazione dell’incarico (recte della nomina) da parte degli arbitri stessi. Ne discende che il contratto d’arbitrato si perfeziona solo con l’accettazione medesima. Orbene, ai sensi del novellato art. 813 c.p.c., l’accettazione degli arbitri deve avvenire per iscritto ed è previsto che possa risultare proprio dalla sottoscrizione del compromesso oltre che dal verbale della prima riunione configurandosi, in quest’ultimo caso, un’accettazione per comportamento concludente. Potrebbe, pertanto, accadere che compromesso e contratto d’arbitrato non vengano a coincidere allorché il compromesso non sia sottoscritto dagli arbitri per accettazione e quest’ultima intervenga solo successivamente per comportamento concludente. In tal caso permarrebbe di certo la natura non patrimoniale del compromesso ed, inoltre, potrebbe non essere facilmente riconoscibile un autonomo contratto d’arbitrato in forma di atto soggetto a registrazione. Laddove, invece, l’accettazione degli arbitri intervenga con la sottoscrizione del compromesso sembrerebbe doversi concludere che l’atto di compromesso medesimo, acquisendo il carattere patrimoniale del contratto d’arbitrato, debba essere assoggettato a registrazione in termine fisso ed in misura proporzionale al valore dello stesso atto, ai sensi dell’art. 9, parte prima, della Tariffa”.
626 P. FILIPPI, Profili fiscali dell’arbitrato, in CARPI, (a cura di), Arbitrato. Commento al titolo VIII del
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