I vari tentativi emersi in dottrina di qualificare il contratto di arbitrato con le
figure tipiche del mandato, della locatio operis, o addirittura con un contratto quale
combinazione di tali negozi, sono risultati del tutto insoddisfacenti
153.
Tali percorsi interpretativi sono caratterizzati dalla convinzione che ogni
fattispecie sia riconducibile agli schemi tipici previsti dal codice civile e da
un’insopprimibile esigenza di classificazione, che spesso si rivela non funzionale alle
esigenze dell’interprete
154.
Elemento comune ai vari orientamenti è il convincimento secondo cui la natura
delle funzioni arbitrali, e il ruolo da essi ricoperto all’interno del nostro ordinamento,
siano decisamente singolari, oltreché notevolmente difficili da qualificare.
congiuntiva può essere la revoca dell’incarico e solo diretta congiuntamente alle parti la rinuncia (arg. dell’art. 1726 c.c.).
152 Sul punto v. S. MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., 39.
153 Cfr. G. SCHIZZEROTTO, Dell’arbitrato, cit., p. 332, chiaramente l’autore precisa che “le difficoltà incontrate dalla dottrina nella ricerca di definire il rapporto parti-arbitri trova la sua ragione nell’aver essa insistito nel tentativo di inquadrare il rapporto medesimo nello schema di qualcuno dei contratti tipici che con esso hanno qualche somiglianza”.
154 Cfr. R. SACCO, Autonomia contrattuale e tipi, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1966, p. 800, l’autore precisa che l’esigenza classificatoria “determina una sorta di finalismo nella qualificazione del contratto”.
Il contratto di arbitrato: ricostruzione della fattispecie e posizioni della dottrina
40
La dottrina più risalente
155, in virtù delle peculiarità proprie dell’attività degli
arbitri, aveva qualificato il vincolo tra litiganti e giudici privati quale “contratto sui
generis”.
Sulla base di tale intuizione, la dottrina più recente ha continuato sempre più a
far leva sulla particolare natura della prestazione esercitata dagli arbitri, arrivando a
cogliere una “tipicità” di tale prestazione, in quanto, non assimilabile ad altri obblighi
derivanti da altre fattispecie nominate
156. In altri termini, il negozio concluso tra le parti
e gli arbitri avrebbe una propria tipicità sostanziale, che è fissata dalle norme del codice
di procedura civile (in particolare dagli artt. 813, 814, 826 n. 4 c.p.c.) che regolano lo
svolgimento e l’attuazione del giudizio arbitrale
157.
Dal carattere tipico del contratto di arbitrato deriva l’autonomia di tale
fattispecie e la sua non riconducibilità entro i confini delle altre figure presenti nel
codice civile
158. Tale conclusione consente, altresì, di risolvere il problema relativo
all’individuazione della disciplina applicabile al contratto di arbitrato: fonte primaria di
disciplina sarebbe il codice di procedura civile, cui dovrebbero aggiungersi, in caso di
155 M. AMAR, Dei giudizi arbitrali, cit., p. 46; L. BARBARESCHI, Gli arbitrati, cit., p. 101, il quale chiaramente aveva sostenuto che “il contratto fra le parti e gli arbitri, al quale, se si vuole dare un nome, non può darsi altro se non quello di contratto di arbitrato”.; cfr., anche, F. CARNELUTTI, Istituzioni del
processo civile italiano, cit., p. 66.
156 Sul punto v. G. VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, cit., p. 70 ss.; ID., Diritto dell’arbitrato, cit., p. 117, l’autore riflette sulle varie ricostruzioni del rapporto part-arbitri e così si esprime: “[…] la scelta sembra ulteriormente definirsi: o pensare a un negozio misto, che raccolga pro parte la disciplina del mandato e quella della locatio operis ovvero pensare ad un contratto dotato di propria individualità e disciplinato nei suoi aspetti essenziali dal codice di procedura. Dovendo scegliere, optiamo per la seconda soluzione, anche perché quando si parla di contratto misto si aprono più che risolversi problemi, essendo sempre incerto quale sia la disciplina da applicare alle singole situazioni”; ID., La posizione dell’arbitro
dopo l’ultima riforma, in Riv. arb., 1997, p. 474. Parlano, altresì, di un tipo contrattuale a sé stante: C.
GIOVANNUCCI ORLANDI, Accettazione e obblighi degli arbitri, in CARPI, (a cura di), Arbitrato.
Commento al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile – artt. 806-840, V ristampa, Bologna,
2007, p. 249; G. MIRABELLI-D. GIACOBBE, Diritto dell’arbitrato, cit., p. 44 ss.; L. DITTRICH,
Legge 5 gennaio 1994 n. 25. Nuove disposizioni in materia di arbitrato e disciplina dell’arbitrato internazionale, Commentario a cura di TARZIA-LUZZATTO-RICCI, in Nuove leggi civ. comm., Padova,
1995, p. 55; A. BRIGUGLIO, in BRIGUGLIO-FAZZALARI-MARENGO, La nuova disciplina
dell’arbitrato, cit., p. 68 ss.; G. MIRABELLI, Contratti nell’arbitrato, cit., p. 9.
157 G. MIRABELLI, Contratti nell’arbitrato, cit., p. 9. Così, anche, A. DIMUNDO, Il mandato ad
arbitrare. La capacità degli arbitri. La responsabilità degli arbitri, cit., p. 495.
158
La dottrina più recente, viste le difficoltà interpretative nella ricostruzione del contratto di arbitrato, ha deciso di evidenziare le note caratterizzanti il contratto, concludendo per la tipicità dello stesso. In tal senso v. A. BRIGUGLIO, in BRIGUGLIO-FAZZALARI-MARENGO, La nuova disciplina
dell’arbitrato, cit., p. 70, secondo il quale, “la commistione tra il versante processuale e quello sostanziale
Il contratto di arbitrato: ricostruzione della fattispecie e posizioni della dottrina
41
insufficienze o lacune, le norme del codice civile in tema di mandato e prestazione
d’opera intellettuale
159.
Tuttavia, altra parte della dottrina
160, partendo dalla tipicità del contratto di
arbitrato, ritiene opportuno seguire un diverso metodo d’indagine, avvertendo l’esigenza
di approfondire ulteriori profili che riguardano, da un lato, la nozione di “tipo”,
dall’altro, la ricostruzione della fattispecie “contratto di arbitrato”, in virtù della sua
tipicità, al fine di individuarne la disciplina applicabile.
Il criterio principale su cui si fonda tale metodo interpretativo è quello del
rapporto di funzionalità tra fattispecie ed effetto: la produzione dell’effetto segue al
verificarsi della fattispecie; l’una è pensata e costruita in vista dell’altro
161.
Al carattere della funzionalità, propria di ogni schema di fatto, si accompagna
quello della relatività: non solo la fattispecie è per la conseguenza, ma anch’essa è
costruita in vista di un determinato effetto
162.
Deve però aggiungersi che il profilo funzionale, di per sé, non è sufficiente a
cogliere gli elementi strutturali della fattispecie, né chiarisce il “modo d’essere del
fenomeno”. E’ dalla struttura dell’effetto che si configura la struttura della fattispecie;
che, sempre funzionale ad un data conseguenza, da essa trae i propri termini ed
elementi
163.
159 C. GIOVANNUCCI ORLANDI, Accettazione e obblighi degli arbitri, in CARPI, (a cura di),
Arbitrato. Commento al titolo VIII del libro IV del codice di procedura civile – artt. 806-840, cit., p. 249.
160
Per un’analitica ricostruzione del concetto di “tipo” contrattuale e la conseguente ricostruzione della fattispecie “contratto di arbitrato”, v. S. MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 47-99, secondo l’autore, propendere per la tipicità del contratto di arbitrato è una soluzione che “se da un lato supera le censure mosse alle altre ipotesi ricostruttive, dall’altro mette tuttavia capo a nuovi e diversi problemi. Proprio dalla rassegna di indagini intorno al tipo negoziale emerge come i contorni della nozione difficilmente siano determinabili in maniera precisa e rigorosa. La via della tipicità, in altri termini, più che un punto di arrivo, sembra una feconda intuizione, che merita chiarimenti e precisazioni; intuizioni, da cui muove verso la ricostruzione della fattispecie contratto d’arbitrato, per determinare così la disciplina applicabile”.
161 S. MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 74. Sul punto v., anche, AA. VV.,
Dieci lezioni introduttive a un corso di diritto privato, Torino, 2006, p. 22-23: “Elementi di struttura della
norma sono, dunque, la fattispecie (A) e l’effetto (B). Alla correlazione logica che la norma stabilisce tra questi due termini assegniamo, stipulativamente, il nome di rapporto di causalità giuridica”; N. IRTI,
Rilevanza giuridica, in Norme e fatti, Milano, 1984, p. 33, secondo l’autore, la fattispecie è sempre creata
arbitrariamente dal legislatore, che ne sceglie e combina i caratteri, in vista della produzione dell’effetto: “[…] il concetto dell’antecedens non obbedisce ad un criterio esterno […], ma ad un criterio interno di adeguazione teleologica.
162 Così, S. MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 74.
163 Così, S. MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 75, il quale richiama le più risalenti posizioni di A. E. CAMMARATA, Il significato e la funzione del fatto nell’esperienza giuridica, in Formalismo e sapere giuridico, Milano, 1963, p. 253, secondo il quale, il legislatore individua le
Il contratto di arbitrato: ricostruzione della fattispecie e posizioni della dottrina
42
Secondo l’orientamento tradizionale
164, l’analisi dell’effetto impone di
scomporre il tipo di azione descritto dalla norma, al fine di ricavarne i termini, che ne
compongono e costituiscono la struttura. L’azione, valutata analiticamente, si compone
dei seguenti elementi: un soggetto che agisce; un comportamento, quale mezzo, veicolo
dell’azione; l’oggetto su cui incide il comportamento.
L’effetto derivante dal contratto di arbitrato potrebbe enunciarsi così: una volta
che le parti siano addivenute alla determinazione di devolvere la risoluzione della
controversia ad uno strumento privato di tutela, si nomina il giudice, chiamato a
decidere la lite; quindi, ne discende che contratto di arbitrato è il negozio con cui si
costituisce un giudice
165.
Le parti, nell’esercizio della propria autonomia contrattuale, mediante un
accordo si obbligano a nominare i giudici privati, i quali, a loro volta, dovranno
accettare l’incarico ad essi conferito: solo così sarà possibile addivenire alla decisione
della controversia
166. L’accettazione costituisce gli arbitri chiamati a decidere la lite
167(arg. ex art. 806 c.p.c.).
esigenze di relazione e le finalità meritevoli di tutela attraverso lo strumento tecnico dell’effetto: i bisogni della società si traducono nel “sorgere o estinguersi di una figura di qualificazione giuridica”; T. PERASSI, Introduzione alle scienze giuridiche, III ristampa, Padova, 1967, p. 55-56, secondo l’autore, “l’effetto giuridico, cioè il contenuto della valutazione, costituisce, quindi, ciò che caratterizza un fatto, come fatto giuridicamente rilevante”; F. CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, cit., p. 230, secondo l’autore, essendo la fattispecie funzionale e relativa alla conseguenza, l’analisi deve dirigersi prima verso di essa per poi risalire agli elementi, necessari e indeclinabili al suo verificarsi.
164
N. IRTI, Sul concetto di titolarità, in Norme e fatti, cit., 77: A. FALZEA, La condizione e gli elementi
dell’atto giuridico, Milano, 1941, p. 19, secondo l’autore, “La conseguenza giuridica si concreta in un
avvenimento, e questo si svolge in rapporto ad una serie di persone e di cose […], vi sono in esso degli elementi che preesistevano al suo prodursi: e sono appunto gli elementi di carattere reale e personale rispetto a cui l’evento si svolge”.
165 Cfr., L. BARBARESCHI, Gli arbitrati, cit., p. 96. Nello stesso senso v. A. BRIGUGLIO, in BRIGUGLIO-FAZZALARI-MARENGO, La nuova disciplina dell’arbitrato, cit., p. 68-69: “l’accettazione dell’arbitro unico o di tutti i membri del collegio dà luogo alla costituzione dell’organo arbitrale”.
166 Cfr. G. SCHIZZEROTTO, Dell’arbitrato, cit., p. 317-318, secondo l’autore, elemento costitutivo dell’organo e del giudizio arbitrale è l’accettazione dell’incarico da parte degli arbitri: “[…] la nomina degli arbitri non importa ancora la costituzione del giudice arbitrale. E’ nel giudizio ordinario che è sufficiente indicare il giudice – nell’atto di citazione – perché si possa dire habemus judicem. Il che per l’ovvia ragione che il giudice statuale esiste già e perché questi, come organo dello Stato, anzi, come organo attraverso il quale lo Stato esercita il suo potere esclusivo di giurisdizione, non può rifiutarsi di rendere giustizia essendo quello di rendere giustizia il suo compito istituzionale. Nel giudizio arbitrale, al contrario, venendo, determinate persone, chiamate a fungere da arbitri […], è necessario, affinché esse acquistino la qualità di arbitri […], che le persone medesime diano il loro benestare; cioè accettino l’incarico. Avvenuta che sia l’accettazione, esiste il giudice arbitrale. […] Non si può parlare di instaurazione di un giudizio prima che esista il giudice. […] l’accettazione degli arbitri è necessario elemento alla costituzione del giudizio”.
Il contratto di arbitrato: ricostruzione della fattispecie e posizioni della dottrina
43
Da tale assunto sono ricavabili, seguendo l’insegnamento tradizionale
168, gli
elementi strutturali dell’effetto derivante dal contratto di arbitrato: la classe di soggetti
(gli arbitri); il comportamento dovuto (il decidere); l’oggetto, su cui inciderà il
comportamento (la controversia)
169.
In particolare, si precisa che il “decidere da arbitri”
170, su cui si fonda l’unicità
del contratto di arbitrato, significa emettere un lodo, seguendo le particolari direttive
impartite dai litiganti
171. Il lodo diventa strumento di decisione, che, a sua volta, non è
semplice attività intellettuale, ma è atto dall’evidente contenuto volitivo, che obbliga ad
esprimere una preferenza per una delle due tesi prospettate dalle parti in conflitto
172.
La situazione finale, che deriva dalla decisione degli arbitri, individua una nuova
configurazione dei rapporti giuridici tra le parti compromittenti, i cui diritti ed obblighi
reciproci saranno indirizzati, nell’ambito di un nuovo assetto, in una e non altra
direzione
173.
Completata l’analitica scomposizione dell’effetto (quale schema di azione tratto
dall’esame di proposizioni normative
174), si deduce che gli elementi costitutivi della
fattispecie “contratto di arbitrato” sono: la sussistenza di un accordo tra le parti, volto a
devolvere a giudici privati la soluzione della controversia; la designazione dei soggetti
incaricati della decisione e l’indicazione dei termini della lite.
167 Cfr. G. VERDE, Diritto dell’arbitrato, cit., p. 140.
168 V. nota n. 163.
169 S. MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 84.
170 In tal senso v. C. PUNZI, Disegno sistematico dell’ arbitrato, cit., p. 221.
171
G. SCHIZZEROTTO, Dell’arbitrato, cit., p. 328.
172 N. IRTI, Il salvagente della forma, Bari, 2007, p. 119, l’autore ritiene che “la decisione sia sempre una scelta, un atto selettivo”; ID., Dubbio e decisione, in Riv. dir. proc., 2001, I, p. 64; N. SOLDATI, L’atto
decisorio nel procedimento arbitrale, in Contratto e impresa, 2002, p. 748.
173
Cfr. S. MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 88 e 91, secondo l’autore, “[…] l’effetto tipico del nostro negozio” - contratto di arbitrato – è “nella costituzione di un giudice, il quale è chiamato a decidere; a svolgere un’attività, volta a dare nuovo assetto ai rapporti giuridici tra le parti in lite. L’effetto del contratto di arbitrato, al pari di ogni altro, si risolve in un cambiamento di realtà giuridica”, con tali considerazioni l’autore riprende F. CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, cit., p. 229, secondo il quale, “il mutamento, cioè la situazione finale diversa dalla situazione iniziale, prende il nome di effetto giuridico”.
174 N. IRTI, Sul concetto di titolarità, in Norme e fatti, cit., 77: A. FALZEA, La condizione e gli elementi
Il contratto di arbitrato: ricostruzione della fattispecie e posizioni della dottrina
44
Tali elementi rappresentano gli antecedenti di fatto necessari affinché si possano
produrre determinate conseguenze giuridiche
175.
L’indagine sinora svolta ha riguardato l’individuazione della struttura
dell’effetto e della fattispecie “contratto di arbitrato” sul piano esclusivamente astratto;
si tratta ora di capire il modo in cui l’effetto, trapassando dall’astratta e generale
descrizione normativa alla concreta applicazione, incida e modifichi la realtà
preesistente
176.
Questi rilievi si fondano sugli insegnamenti di autorevole dottrina
177, la quale
riassume lo svolgersi della vita giuridica avvalendosi dello schema triadico “situazione
iniziale – azione – situazione finale”.
Applicando tale schema alla fattispecie arbitrale, si giunge ai seguenti risultati:
la situazione iniziale prevede un accordo delle parti a devolvere la controversia alla
cognizione di giudici privati; la situazione finale (o effetto tipico del contratto di
arbitrato) consiste nel determinare le persone degli arbitri, su cui grava l’obbligo di
decidere la controversia; il termine medio (rectius: azione) è costituito dal contratto di
arbitrato, il quale dirige l’effetto verso quegli arbitri e quella lite
178, cioè, sceglie i
termini in virtù dei quali l’effetto diviene concreta e storica realtà
179.
Deve aggiungersi, inoltre, che, in generale, il negozio giuridico richiama e
definisce i termini della situazione iniziale attraverso il proprio oggetto.
Infatti, secondo l’orientamento prevalente in dottrina
180, l’oggetto del negozio
consiste in un semplice descrivere, nella rappresentazione programmatica del termine
175 AA. VV., Dieci lezioni introduttive a un corso di diritto privato, cit., p. 73: “Nella parte ipotetica la norma giuridica descrive un fatto, che può accadere come può non accadere: non un fatto reale, ma un fatto eventuale: non “specie di un fatto”, ma “specie di un fatto eventuale”.
176 N. IRTI, Disposizione testamentaria rimessa all’arbitrio altrui, cit., p. 122: “Il congegno normativo non è in grado di porgere il sostrato dell’effetto, ma di descriverlo e configurarlo astrattamente; quel sostrato può essere desunto solo dalle situazioni giuridiche passate, che costituiscono, con le situazioni giuridiche future, l’intera e reale continuità del diritto”.
177 F. CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, cit., p. 231.
178
Cfr. S. MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 94.
179 Cfr. N. IRTI, Disposizione testamentaria rimessa all’arbitrio altrui, cit., p. 125.
180 In particolare v. C.M. BIANCA, Diritto civile, III, Il contratto, cit., p. 321: “Su un piano concreto la questione si riduce semplicemente ad accertare in quale significato o in quali significati è usato il termine oggetto. Ora, con riferimento alla disciplina legislativa del contratto il termine non si limita a designare singoli dati reali, o ideali sui quali incide il contratto ma l’intera operazione voluta dalle parti, che, appunto costituisce il contenuto dell’accordo”; N. IRTI, Disposizione testamentaria rimessa all’arbitrio
altrui, cit., p. 141; ID., voce Oggetto del negozio giuridico, in Noviss. dig. it., XI, Torino, 1965, p.
Il contratto di arbitrato: ricostruzione della fattispecie e posizioni della dottrina
45
esterno, che le parti designano come punto d’incidenza dell’effetto. L’oggetto della
dichiarazione negoziale è il contenuto, ossia l’insieme delle clausole disposte dalle
parti
181, che indicano il sostrato materiale, su cui inciderà la conseguenza giuridica
182.
Oggetto del contratto di arbitrato è ciò che le parti dichiarano intorno ai termini,
su cui inciderà l’effetto giuridico; ossia, quell’insieme di clausole, volto ad indicare il
nome degli arbitri e le pretese in contestazione
183.
In base a quanto precisato, si chiarisce ulteriormente la fisionomia del negozio in
esame, il quale mostra un contenuto in grado di distinguerlo dagli altri elementi della
fattispecie. Il rapporto di funzionalità e relatività tra fatto e conseguenza emerge ancor
di più dal fatto che, se l’effetto del contratto di arbitrato richiede la designazione delle
persone dei giudici privati e della lite, tali elementi sono forniti da una porzione della
fattispecie: in particolare, dall’oggetto del negozio
184.
In virtù delle riflessioni sinora esposte, è possibile dimostrare come la tipicità del
contratto di arbitrato derivi dalla somma di due elementi: dalla disciplina, priva di una
definizione del fenomeno regolamentato, fornita dal legislatore e dall’attività
dell’interprete volta a ricavare, con un minimo di rielaborazione, la definizione del
fenomeno stesso
185.
Dalla tipicità del contratto di arbitrato, deriva l’impossibilità di assimilare a tale
negozio altre fattispecie contrattuali tipiche. Pertanto, la disciplina del fatto “contratto di
arbitrato” si ricava dalla combinazione tra le norme tipiche e le disposizioni dettate per
la figura del contratto in generale
186.
R. SACCO, Il contenuto del contratto, in SACCO-DE NOVA, Il contratto, in Tr. dir. civ., diretto da R. Sacco, III edizione, tomo II, Torino, 2004, p. 6: “Questa nozione di oggetto, o contenuto, inteso come regolamento adottato dalle parti si adatta bene alla correlazione tra regolamento, prestazione e cosa”.
181 N. IRTI, voce Oggetto del negozio giuridico, cit., p. 204-205.
182
Segue un diverso ragionamento G. GITTI, L’oggetto della transazione, Milano, 1999, p. 161, il quale, pur condividendo che l’oggetto rappresenti sempre un termine esterno al contratto, nega la nozione unitaria del concetto: “Pertanto la nostra conclusione può ora sembrare addirittura scontata: l’oggetto varia al variare degli effetti contrattuali programmati dalla volontà delle parti. E dunque si potrà parlare di un oggetto dei contratti obbligatori diverso dall’oggetto dei contratti dispositivi e tra questi ultimi di un oggetto ulteriormente differenziato a seconda che si considerino i contratti con effetti reali o i contratti regolamentari e modificativi di un preesistente rapporto giuridico”.
183 Cfr. S. MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 96.
184
Cfr. S. MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 96.
185 A. BELVEDERE, Il problema delle definizioni nel codice civile, Milano, 1977, p. 114.
186 S. MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 139, l’autore chiarisce che, con riferimento al rapporto tra disciplina del contratto in generale e norme dettate per i singoli contratti tipici, si confrontano due orientamenti. Secondo una prima tesi vi sarebbe piena autonomia e indipendenza delle
Il contratto di arbitrato: ricostruzione della fattispecie e posizioni della dottrina
46 figure nominate rispetto a quella di genere; si richiamano le considerazioni di G. DE NOVA, Sul rapporto
tra disciplina generale dei contratti e disciplina dei singoli contratti, in Contr. impr., 1988, p. 328-329,
secondo il quale, “[…] in alcuni casi la disciplina particolare del singolo contratto esclude espressamente l’applicazione della disciplina generale […], in altri casi, il rapporto non è di antitesi, ma è comunque di esclusione”; in altri termini, le norme generali svolgerebbero solo una funzione “sussidiaria e residuale”. Secondo una diversa ricostruzione, tra norme generali e tipiche deve esservi coesistenza e combinazione;