La lettura degli artt. 809 e 810 c.p.c. sembra confermare le conclusioni raggiunte
sulla complessità soggettiva delle parti del contratto di arbitrato. Le norme in esame
tutelano interessi differenti: infatti, da un lato, intervengono a salvaguardare la scelta di
devolvere alla competenza arbitrale il compito di decidere e risolvere la controversia,
dall’altro, stabiliscono dei limiti per quanto riguarda la forma e le modalità di nomina
degli arbitri.
La dottrina tradizionale ha evidenziato che il criterio di partenza, nella disciplina
concernente la nomina degli arbitri, è quello della concorrente, paritaria e libera volontà
delle parti
238. Non è ammissibile, cioè, che la nomina del giudice arbitrale possa essere
rimessa ad uno solo dei contraenti; tutti devono cooperare a tale nomina
239.
La scelta del procedimento di designazione è rimessa alla più ampia facoltà delle
parti: fermo il principio di cui all’art. 809, primo comma, c.p.c., secondo cui gli arbitri
devono essere in numero dispari
240, i meccanismi di nomina, che si concretano in atti a
237
Cfr. S. MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 170.
238 G. SCHIZZEROTTO, Dell’arbitrato, cit., p. 335; cfr. anche C. PUNZI, Disegno sistematico
dell’arbitrato, cit., p. 359.
239 Così G. SCHIZZEROTTO, Dell’arbitrato, cit., p. 336. In tal senso v., anche, V. ANDRIOLI
Commento del codice di procedura civile, cit., p. 797; P. D’ONOFRIO, Commento al codice di procedura civile, Torino, 1957, p. 278; E. REDENTI, Diritto processuale civile, cit., p. 456.
240 Sulle ragioni che impongono il numero dispari del collegio arbitrale, v. V. ANDRIOLI Commento del
codice di procedura civile, cit., p. 794; E. REDENTI, voce Compromesso, cit., p. 820 ss. Si tratta, in
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contenuto prevalentemente esecutivo, sono i più vari
241. Le modalità di nomina
elaborate dalla prassi risultano più precise ed efficaci rispetto alle astratte previsioni
normative
242.
Inoltre, dall’analisi delle due disposizioni, si deduce che le parti compromittenti
sono libere di determinare il momento della nomina degli arbitri: la scelta può essere già
contenuta nella convenzione di arbitrato (art. 809, secondo comma, c.p.c.) o rimandata
ad un momento successivo. Qualora i litiganti decidano di procedere ad una
designazione successiva, il legislatore prevede due possibilità: l’una, per l’ipotesi che la
convenzione di arbitrato riservi comunque la nomina alle parti (art. 810, primo comma,
c.p.c.); l’altra, destinata a garantire che si giunga alla costituzione del collegio, nel
momento in cui una delle parti non rispetti il procedimento di nomina concordato con
l’altra parte (art. 810, secondo comma, c.p.c.)
243.
Questa seconda alternativa consente di avvalersi di un modello di designazione
degli arbitri volto a colmare lacune o insufficienze della nomina compiuta dalle parti
244.
Pertanto, se le parti non raggiungano un accordo sul numero degli arbitri, o se optino
per un numero pari di giudici privati; se non provvedano ad indicare le modalità della
nomina; se il terzo, a cui era affidata la designazione disattenda l’incarico conferitogli;
interviene sempre, in via integrativa e suppletiva, la disciplina di cui all’art. 810,
essendo alla base della prescrizione una ragione d’interesse generale, essa non è derogabile con l’accordo compromissorio. Si ritiene che la sua inosservanza comporta nullità del procedimento e del lodo ai sensi dell’art. 829, n. 2, c.p.c., e non del patto, così che qualora fosse investito un collegio con numero pari di componenti e, ciò nonostante, fosse raggiunta la maggioranza (es., 3 a 1) o l’unanimità (es., 2 a 0), qualora le parti nono avessero sollevato la relativa eccezione, la nullità sarebbe sanata, sul punto v. C. PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, cit., p. 368 ss.
241 G. VERDE, Lineamenti di diritto dell’arbitrato, cit., p. 67 ss.; ID., Diritto dell’arbitrato, cit., p. 120; R. MURONI, Alcune riflessioni sulla natura del termine di venti giorni per la nomina del secondo arbitro
ai sensi dell’art. 810, comma 1° c.p.c., nota a Cass., 2 dicembre 2005, n. 26257, in Corr. giur., 2006, p.
1555; ID., La litispendenza arbitrale prima e dopo la novella del 1994: rapporto processuale e rapporto
negoziale parti-arbitri, nota a Cass., 21 luglio 2004, ivi, 2005, p. 655 ss.; A. DIMUNDO, Il mandato ad arbitrare. La capacità degli arbitri. La responsabilità degli arbitri, in AA. VV., L’arbitrato. Profili sostanziali, Giurisprudenza sistematica di diritto civile e commerciale, cit., p. 450; E. CICCONI, Nomina e numero, in Dizionario dell’arbitrato, con prefazione di Irti, Torino, 1997, p. 107.
242 S. LA CHINA, L’arbitrato. Il sistema e l’esperienza, cit., p. 64.
243 V. ANDRIOLI, Commento del codice di procedura civile, cit., 797, l’autore individua tre “metodi” di designazione: “ogni parte sceglie un arbitro; gli arbitri sono scelti d’accordo da tutte le parti; le parti rimettono, d’accordo, la nomina dell’arbitro o degli arbitri a un terzo, che può essere anche l’autorità giudiziaria”.
244 Sul punto v. C. PUNZI, Disegno sistematico dell’arbitrato, cit., p. 380 ss., l’autore procede ad un’ampia rassegna di fattispecie in cui la nomina è compiuta con il concorso dell’Autorità Giudiziaria.
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secondo comma, c.p.c., che consente in ogni caso la costituzione dell’organo
giudicante
245.
La disciplina prevista dall’art. 810, primo comma, c.p.c., assegnando ad ogni
parte l’indicazione del “proprio” arbitro, pone il problema di determinare l’efficacia
delle singole accettazioni, nonché il momento di perfezionamento del contratto di
arbitrato
246.
Al fine di risolvere tali difficoltà, è possibile richiamare le conclusioni raggiunte
in tema di parte soggettivamente complessa. Le dichiarazioni dei singoli membri sono
dotate di autonoma rilevanza, in quanto risultano, di per sé, astrattamente idonee alla
produzione di effetti giuridici; non vi è alcuna necessità di distinguere la conclusione
del contratto con il singolo arbitro dalla costituzione dell’intero collegio, né di attribuire
alla accettazione del singolo giudice rilevanza meramente interna. Gli atti di natura
prenegoziale, che intercorrono tra la parte ed il proprio arbitro, sono disciplinati dall’art.
1328 c.c.: l’accettazione è idonea a costituire il vincolo e, quindi, a concludere il singolo
contratto di arbitrato.
Il contratto di arbitrato si concluderà nel momento in cui il proponente avrà
conoscenza dell’accettazione, della proposta di nomina, da parte del singolo arbitro; la
dichiarazione del singolo arbitro è fonte del legame con uno dei litiganti, nonché
momento a partire dal quale proponente ed accettante confideranno reciprocamente
nell’indissolubilità del vincolo. Soltanto un eventuale accordo successivo tra la parte e
l’arbitro, antecedente al perfezionarsi del contratto, sarà in grado di sciogliere il
vincolo
247.
245 A. BRIGUGLIO, in BRIGUGLIO-FAZZALARI-MARENGO, La nuova disciplina dell’arbitrato, cit., p. 35.
246 G. DE NOVA, Disciplina legale dell’arbitrato e autonomia privata, in Riv. arb., 2006, p. 426, l’autore osserva che “in oggi, il meccanismo di nomina degli arbitri funge anche da stipulazione del contratto di arbitrato, che dunque di regola non è oggetto di separata manifestazione di autonomia contrattuale. Ma, in astratto, nulla vieta che lo sia, e lo sia con la previsione di deroghe alla disciplina legale”.
247 Seguendo tale impostazione, appare superfluo immaginare che “non appena l’arbitro di parte abbia accettato la nomina, si perfeziona un rapporto trilatero, cioè fra l’arbitro stesso e le parti” (A. BRIGUGLIO, in BRIGUGLIO-FAZZALARI-MARENGO, La nuova disciplina dell’arbitrato, cit., p. 34). Con la singola accettazione non sorge un “rapporto trilatero”, ma un legame tra la parte e l’arbitro.
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