• Non ci sono risultati.

La complessità soggettiva delle parti: collegialità degli arbitri

Parte della dottrina

196

ritiene che la tesi, secondo la quale nella formazione del

contratto di arbitrato il momento determinante sia quello della costituzione del collegio,

si fondi sull’idea che l’organo collegiale sia un soggetto diverso dai singoli membri;

nuova persona o soggetto di diritto

197

, che si pone in una dimensione diversa da quella

dei propri componenti.

Il concetto di collegialità è stato autorevolmente definito come “la preposizione

di una pluralità di persone fisiche che hanno ricevuto un’investitura a comporre un’unità

organizzativa che è il collegium e sono in essa incardinate”

198

.

195

Sul punto v. S MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 147, secondo cui: “La tesi non appare convincente: problematico appare codesto separare e dividere. […] Non si danno due contratti, ma uno, la cui genesi va illustrata e spiegata dall’angolo di visuale del diritto privato”.

196 S MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 147.

197 Si richiama l’idea secondo la quale devono tenersi uniti i concetti di soggettività e personalità giuridica. Soggetto di diritto o persona nient’altro vuol dire che astratta capacità di diventare destinatari di situazioni giuridiche soggettive: capacità che sta prima ed è indipendente dal verificarsi del fatto concreto, dal quale discende la successiva titolarità di diritti ed obblighi. Cfr. N. IRTI, Sul concetto di titolarità, in

Norme e fatti, cit., p. 76 ss. Espressamente A. FALZEA, voce Capacità, in Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica, Milano, 1997-2010, p. 248-251: “L’errore di queste – e di altri simili

– concezioni sta nel considerare, volta a volta, la soggettività giuridica o la capacità giuridica come posizioni specifiche del soggetto […]. Il medesimo errore di prospettiva che si è qui denunciato ha condotto […] a d introdurre la distinzione tra soggettività giuridica e personalità giuridica”. Codesta astratta capacità di imputazione o è, o non è: non sembrano possibili compromessi o mediazioni logiche, che immaginano “graduazioni” della soggettività o, ancora, ipotesi di soggettività “relativa”. In questo senso v. P. RESCIGNO, voce capacità, in Noviss. dig. it., II, Torino, 1958, p. 874; F. CARNELUTTI,

Personalità giuridica e autonomia patrimoniale nella società e nella comunione, in Riv. dir. comm.,

1954, I, p. 122. Più di recente, AA. VV., Dieci lezioni introduttive a un corso di diritto privato, cit., p. 242.

198 M. S. GIANNINI, Diritto amministrativo, Milano, 1970, p. 263. In senso conforme G. B. VERBARI, voce Organi collegiali, in Enc. dir., XXXI, Milano, 1981, p. 60: “In prima approssimazione, l’organo

Struttura del contratto di arbitrato: il rapporto parti-arbitri

50

Seguendo tale concezione, la dottrina, viste le difficoltà di spiegare come in un

organo collegiale la decisione della maggioranza vincoli la minoranza, ha parlato di

personificazione del collegio, che non rappresenterebbe, quindi, un insieme di soggetti

chiamati a cooperare congiuntamente, ma una “persona” di per sé riconosciuta e resa

rilevante dall’ordinamento

199

.

In altri termini, potrebbe aversi un collegio soltanto nelle ipotesi di collettività

personificate, cioè quando la legge ha certezza che vengano in rilievo organi rispettosi

di forme rigorose di organizzazione, in cui si giustifica una deroga al principio di

autonomia privata, adottando il metodo collegiale

200

.

Da tali premesse, si spiega il convincimento che vede nella costituzione del

collegio arbitrale il momento della conclusione del contratto di arbitrato. Qualificare il

collegio “persona” significa individuare un centro autonomo di imputazione di diritti ed

obblighi, in cui si fonde la volontà dei singoli membri, con l’inevitabile conseguenza

che è l’organo-persona a divenire “parte” del contratto.

La tesi della personificazione del collegio ha anche affrontato il tema della

imputazione dell’atto collegiale.

Le dichiarazioni dei singoli membri rappresentano gli elementi di fatto che

concorrono alla formazione della fattispecie, senza che possano assumere autonoma

rilevanza a prescindere da essa

201

. Se l’organo collegiale individua un unico soggetto,

collegiale può essere concettualizzato come un’organizzazione titolare di potestà definite, composta da più unità organizzative (i componenti del collegio)”.

199 F. GALGANO, Il principio di maggioranza nelle società personali, Padova, 1960, p. 29; C. VITTA,

Gli atti collegiali. Principi sul funzionamento dei consessi pubblici con riferimento alle assemblee private, Roma, 1920, p. 188.

200

Cfr. F. GALGANO, Il principio di maggioranza nelle società personali, cit., p. 235: “Lo stesso dettato legislativo consente di superare una delle obiezioni che sono state mosse alla concezione organica della personalità giuridica: quella di coloro ai quali è parso di poter osservare che qualsiasi collettività potrebbe adottare, per le proprie deliberazioni, il metodo collegiale; e, cionondimeno, essa non acquisterebbe, per ciò solo, gli attributi della personalità. In realtà, la legge riconosce tali attributi a quelle collettività in cui, per la natura cogente delle norme che lo prevedono, sussiste che la garanzia che il metodo collegiale sarà osservato”; ID., Repliche in tema di società personali, principio di maggioranza e collegialità, in Riv. dir.

civ., 1964, I, p. 205. In senso conforme, G. S. COCO, Sulla volontà collettiva in diritto privato, Milano,

1967, p. 140.

201 Cfr. S. VALENTINI, La collegialità nella teoria dell’organizzazione, Milano, 1968; U. GARGIULO,

I collegi amministrativi, Napoli, 1962, p. 61: “[…] se si ammette, come noi riteniamo, che è il collegio

non è la somma delle persone che lo compongono, ma è un’unità a sé che non è astratta, bensì concreta e attuale […] si deve riconoscere che il collegio stesso è qualcosa di diverso dai singoli componenti”.

Struttura del contratto di arbitrato: il rapporto parti-arbitri

51

unica deve essere la volontà che esso esprime, la cui manifestazione deve seguire il

rispetto di particolari regole procedimentali

202

.

Pertanto, le caratteristiche dell’atto collegiale, risiedono nella fusione delle

volontà e nel rispetto delle fasi procedimentali; in altre parole, come sostenuto da

autorevole dottrina

203

, la genesi dell’atto collegiale è nel procedimento, il cui esito è

nella imputazione dell’atto al nuovo soggetto.

La personificazione del collegio, quindi, rende l’attività dei singoli membri

funzionale alla manifestazione di volontà del “soggetto collegio”, che attraverso la

deliberazione collegiale assorbe le dichiarazioni dei singoli componenti.

Tuttavia, la necessità del binomio collegio-soggetto personificato ha suscitato

alcune riserve e perplessità, in quanto, non sembra ragionevole limitare l’ambito

applicativo del metodo collegiale entro i confini delle sole collettività personificate

204

.

In realtà, il procedimento collegiale appare come lo strumento generale predisposto dal

legislatore per disciplinare il fenomeno della complessità soggettiva; infatti, la

collegialità viene in rilievo sia in presenza di collettività non personificate, sia quando

l’organo è considerato dalla legge soggetto di diritto

205

.

L’essenza del fenomeno collegiale risiede non nei soggetti, ma nel risultato

dell’attività comune, quindi, l’analisi deve incentrarsi non sul collegio ma sull’atto

collegiale

206

.

202

Sul punto v. S. ROMANO, Introduzione allo studio del procedimento giuridico nel diritto privato, Milano, 1961, p. 7 ss., ove, criticato il metodo di valutazione atomistica delle singole fattispecie, si argomenta in favore di concorso, continuità e sequenza tra atti, negozi e situazioni giuridiche. Il tema è stato, di recente, riletto da P. PERLINGIERI, La concezione procedimentale del diritto di Salvatore

Romano, in Rass. dir. civ., 2006, p. 425.

203 F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, p. 211-212. Quando la combinazione di più dichiarazioni concorre “ a formare una dichiarazione di volontà imputabile a un soggetto distinto dagli agenti e a tutela di un interesse di quel soggetto […] si ha la figura dell’atto collegiale in senso proprio, nel quale si fondono le dichiarazioni dei singoli che agiscono come componenti dell’organo collegiale di una persona giuridica, cui l’atto viene così imputato”. Sul punto v., anche, F. CARRESI, Gli atti plurisoggettivi, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1957, p. 1241; A. FALZEA, voce

Capacità, in Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica, cit., p. 291, secondo cui, la

personificazione del collegio “rende alieno l’atto rispetto al suo autore permettendo che l’atto sia attribuito ad un soggetto diverso: con tutti gli effetti che l’atto porta con sé, sia diretti che indiretti, sia immediati che riflessi”.

204 Cfr. . S MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 154.

205

A. VENDITTI, Collegialità e maggioranza nelle società di persone, Napoli, 1955, p. 3.

206 Relativamente all’atto collegiale, la cui precisa identità la dottrina ha tratto nell’ambito della classificazione di atti “complessi”, si esercitarono già i primi autori del secolo scorso: D. DONATI, Atto

complesso, approvazione, autorizzazione, in Arch. giur., 1903, p. 3; V. BRONDI, L’atto complesso nel diritto pubblico, in Studi giuridici dedicati e offerti a Francesco Schupfer, III, Torino, 1898, p. 555. La

Struttura del contratto di arbitrato: il rapporto parti-arbitri

52

Il risultato dell’esercizio della funzione comune è rappresentato da un atto che

esprime una scelta compiuta con il concorso di più volontà, le quali non devono

necessariamente dissolversi in un unico atto, ma possono preservare la propria

autonomia

207

.

Sulla base di tali premesse, parte della dottrina

208

sottolinea che la collegialità è

un modo di essere dell’atto: sono le norme di organizzazione, e non la personificazione

del gruppo in soggetto, a tutelare la minoranza. Norma di organizzazione fondamentale

è il principio maggioritario, con il quale si giunge alla decisione nonostante l’eventuale

dissenso di alcuni membri del gruppo.

Gli atti dei singoli restano tali e non confluiscono nell’atto collegiale, che si

imputa a tutti, salva la possibilità di registrare il dissenso di alcuni

209

. Il legislatore,

attraverso il criterio maggioritario, individua un metodo di formazione dell’atto che

preservi l’importanza dell’opinione di minoranza.

Il rispetto delle regole procedimentali determina l’imputazione dell’atto ai

singoli membri del collegio

210

.

In ogni ipotesi in cui la legge non elevi il gruppo a soggetto di diritto, come nel

caso del collegio arbitrale, i singoli componenti non perdono la propria autonomia ed

individualità: pertanto, l’attività degli arbitri, prodromica all’emanazione della decisione

del giudizio, è di per sé rilevante e confluisce nell’atto finale (il lodo), che è imputato ad

ognuno di essi singolarmente.

ricerca si sviluppò ulteriormente grazie alla sistemazione del CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, cit., p. 349 ss., il quale fece dell’atto complesso il genere, all’interno del quale si racchiudono le varie specie dell’atto collettivo e dell’atto composto: specie ulteriore dell’atto collettivo è l’atto concorsuale, il quale può a sua volta distinguersi in atto collegiale e accordo. Si basa su tale classificazione R. LUCIFREDI, Atti complessi, in Noviss. dig. it., I, 2, Torino, s.d. (ma 1957), p. 1501. Cfr., anche, A. BELVEDERE, Glossario, voce Atto collettivo, collegiale, complesso, in Tratt. dir. priv., a cura di Iudica e Zatti, Milano, 1994, p. 42.

207

A. VENDITTI, Collegialità e maggioranza nelle società di persone, cit., p. 41.

208 Cfr. A. VENDITTI, Collegialità e maggioranza nelle società di persone, cit., p. 41.

209 Cfr. . S MARULLO di CONDOJANNI, Il contratto di arbitrato, cit., p. 157.

210 In particolare v. A. VENDITTI, Collegialità e maggioranza nelle società di persone, cit., p. 24, il quale chiaramente precisa che: “l’osservanza del modo o procedimento, predisposto per la formazione dell’atto, fa entrare in funzione la norma di imputazione, che attribuisce il risultato dell’attività collegiale alla persona giuridica ovvero alla collettività non personificata”. In senso conforme v. M. S. GIANNINI,

Accertamenti amministrativi e decisioni amministrative, in Foro it., 1952, IV, c. 176; ID., Decisioni e deliberazioni amministrative, in Foro amm., 1946, I, 1, c. 154. Cfr., con specifico riferimento al problema

dell’imputazione degli atti alla persona giuridica, F. D’ALESSANDRO, Persone giuridiche e analisi del

linguaggio, Padova, 1989, p. 70 ss., ove si conclude che, per decidere intorno all’imputazione, sempre è

necessario muovere dalle norme di organizzazione, che distribuiscono e frammentano poteri e facoltà all’interno del gruppo.

Struttura del contratto di arbitrato: il rapporto parti-arbitri

53

Seguendo tale impostazione, la dottrina ha spiegato le ragioni sottese alla

disciplina di cui all’art. 823 c.p.c., qualificandola come norma di organizzazione che

integra il procedimento della collegialità e definisce le regole per l’emanazione del

lodo

211

. Tale disposizione stabilisce che il lodo sia “deliberato a maggioranza di voti

con la partecipazione di tutti gli arbitri” (primo comma) e che “la sottoscrizione della

maggioranza degli arbitri è sufficiente, se accompagnata dalla dichiarazione che esso è

stato deliberato alla presenza di tutti e che gli altri non hanno potuto o voluto

sottoscriverlo” (secondo comma, n. 7).

Dalla lettura della norma emerge come, da un lato, essa individui nel principio

maggioritario un criterio di organizzazione della volontà comune, dall’altro, come

attribuisca autonoma rilevanza all’opinione di minoranza, che può essere espressamente

indicata all’interno del lodo. In tal caso, quindi, non si crea alcun soggetto di diritto; il

collegio degli arbitri non si distingue dai suoi membri, le cui dichiarazioni di volontà

conservano la loro rilevanza anche successivamente all’emanazione del lodo

212

.

Gli arbitri sono chiamati alla formazione di un atto complesso

213

, senza che si

postuli la genesi di un nuovo soggetto di diritto: ciò che rileva è solo l’organizzazione

della collettività. Ad ogni arbitro sono singolarmente riconducibili diritti ed obblighi

distinti: ognuno è titolare, in piena autonomia, di situazioni giuridiche soggettive. Da

tali conclusioni discende che l’insieme degli arbitri non costituisce un’unica parte del

contratto di arbitrato

214

.

Documenti correlati