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Un contesto rurale in trasformazione: il pluralismo giuridico e

La realtà rurale del Burkina Faso visse, a partire dal periodo coloniale, importanti cambiamenti sociali ed economici e i diritti fondiari formalmente riconosciuti ai diversi attori furono oggetto di rivendicazioni e contestazioni su più fronti e a più livelli nel periodo successivo all’indipendenza (Juul e Lund, 2002; Lavigne Delville et al., 2002). Nella quasi totale assenza di di- ritti fondiari legalmente registrati nelle aree rurali, si svilupparono forme ibride e localizzate di riconoscimento del possesso della terra, da cui risultò una costante lotta tra giurisdizioni in competizione per l’accesso alla terra e alle risorse (Evers, Spierenburg e Wels, 2005).

Soprattutto nelle aree soggette a una sostenuta pressione demografica, come conseguenza di precedenti ondate migratorie e della crescita della po- polazione, e nei territori in cui il livello di commercializzazione dei prodotti agricoli e manifatturieri divenne più elevato, non solo incrementarono le transazioni fondiarie monetizzate, ma si sviluppò un vero e proprio mercato della terra.6 La terra veniva ceduta in accordo con le regole dettate dai regimi

consuetudinari, a cui facevano seguito tentativi di «formalizzazione dell’informale» tramite la produzione di petits papiers, ovvero di documenti che certificavano gli accordi sui trasferimenti di terra avvenuti e che veniva- no firmati da un’autorità consuetudinaria (capo villaggio, chef de terre) o statale (prefetto) ed effettuati in presenza di testimoni locali (Zougouri e Ma- thieu, 2002).

Nella zona occidentale del Burkina Faso, nota per la produzione del coto- ne, il mercato della terra si sviluppò in seguito a un consistente flusso migra- torio proveniente dalle aride regioni centrali e settentrionali verso la zona occidentale del paese (Boone 2014, pp. 101-109; Chauveau, 2007). Come

6 Distinguiamo qui le due accezioni poiché le transazioni fondiarie monetizzate presup-

pongono una transazione di terra in cui il denaro entra a far parte degli obblighi socio- relazionali che chi riceve la terra deve rispettare nei confronti di chi gliel’ha ceduta. Con “mercato della terra” si intende invece identificare una situazione in cui la terra, divenuta merce di scambio, viene venduta e comprata ed è svincolata dal rapporto sociale tra gli indi- vidui che effettuano la compravendita.

conseguenza della rapida espansione urbana della città di Bobo Dioulasso incrementarono le richieste di terra per la costruzione di abitazioni, ma anche per lo sviluppo di forme di agricoltura peri-urbana, dando avvio a fenomeni sempre più diffusi di speculazione fondiaria, visto il rapido incremento del valore monetario dei lotti di terra. Gli attori coinvolti nelle transazioni di ter- ra rispondevano alla crescente pressione demografica cercando nuovi modi di assicurarsi il possesso, diversi da quelli “consuetudinari”, tendendo sem- pre più a richiedere una registrazione scritta dei propri diritti fondiari. Il fatto che la compravendita della terra rimanesse vincolata ai regimi fondiari con- suetudinari creava però tensioni tra i vari gruppi sociali e sollevava proble- matiche di genere, generazionali e anche di appartenenza locale, etnica e re- ligiosa.

A ricorrere ai meccanismi di “formalizzazione dell’informale” erano in- fatti prevalentemente persone identificate dal villaggio come “non autocto- ne”. In particolare, alla fine degli anni ’90, oltre ai migranti rurali che si spo- stavano in cerca di terra da coltivare, un’altra tipologia di attori, esterni alle comunità rurali, cominciò a intraprendere l’iter di formalizzazione dei diritti fondiari precedentemente acquisiti tramite contrattazione con le autorità con- suetudinarie. Questi nouveaux acteurs provenivano dalla città ed erano prin- cipalmente funzionari statali, militari e commercianti (GRAF, 2011; Zongo, 2010). I nouveaux acteurs, che nel linguaggio politico indicavano gli investi- tori privati nel settore agricolo, si preoccupavano di ottenere un riconosci- mento informale del trasferimento di terra a livello locale, con l’obiettivo di procedere successivamente alla registrazione legale di un titolo di proprietà privata. Gli abitanti delle zone rurali, invece, a causa dei lunghi tempi d’attesa necessari all’adempimento delle procedure di registrazione e dell’elevato costo della registrazione di titoli fondiari, tendevano a dimostra- re il possesso della terra continuando a coltivarla e rendendola produttiva.

Ad una situazione di pluralismo giuridico faceva seguito un pluralismo di istituzioni responsabili della gestione della terra e delle risorse naturali. So- prattutto a partire dagli anni ’90 i programmi statali di sviluppo rurale, adot- tati in accordo con la Banca Mondiale, crearono organismi “partecipativi” ai quali venne conferita una certa autonomia nella gestione della terra e delle risorse naturali, mentre l’inserimento di nuovi attori non statali, come gli in- vestitori privati, le ONG, le agenzie di cooperazione e sviluppo, contribuì a moltiplicare la presenza di istituzioni formali e informali in ambito rurale. Ad esempio, con la promozione del Programma Nazionale di Gestione dei Territori (PNGT) vennero create commissioni di villaggio di gestione dei territori (Commissions Villageois de Gestion de Terroirs - CVGT), ovvero

organi locali, incaricati di preservare e proteggere le principali risorse natu- rali nei diversi territori.7

Il miglioramento delle procedure di gestione locale delle risorse naturali venne poi promosso dai principali donatori come elemento fondamentale per garantire una buona governance della terra e venne associato ai processi di democratizzazione in atto in tutta l’Africa subsahariana (Larson e Ribot, 2005).

In concomitanza con le dinamiche strettamente legate alla gestione della terra e la partecipazione locale alla protezione e conservazione delle risorse naturali, a partire dagli anni ’90 il governo diede avvio ad un processo di de- centramento amministrativo, che condusse nel 2004 all’approvazione del Codice Generale delle Collettività Territoriali (CGCT).8

Il CGCT prevedeva il conferimento di parte del demanio nazionale agli enti decentrati dello stato e la delega di alcune competenze statali, tra le qua- li anche quella relativa alla gestione del fondiario, inizialmente alle regioni e alle province e, successivamente, alle regioni e ai comuni.

Nel 2006, a seguito di un processo di decentramento politico avviato a par- tire dal 1996, ebbero luogo le prime elezioni democratiche nei 302 comuni ru- rali9 e vennero quindi eletti i primi consigli municipali. Questi furono affianca-

ti da organi consultivi, i consigli di sviluppo del villaggio (Conseils Villageois de Développement - CVD), eletti durante le assemblee di villaggio ad alzata di mano o per allineamento a fila indiana alle spalle del candidato prediletto (si- stema a queue leu-leu). Ai CVD venne affidato il compito di convogliare le richieste dei diversi portatori di interessi del villaggio a livello comunale. Si trattava di un’operazione fondamentale per le politiche di decentralizzazione poiché venivano istituiti governi locali, nel presupposto che questi garantissero una maggiore rappresentatività dei contesti rurali a livello nazionale, una mag-

7 Con il sostegno dei donatori internazionali venne adottato nel 1986 il primo Programma

Nazionale di Gestione dei Territori (PNGT) il cui approccio faceva parte di una nuova conce- zione dello sviluppo rurale adottata in ambito internazionale. Esso delegava alle comunità lo- cali la gestione delle risorse naturali, promuovendo un sistema di amministrazione decentra- lizzato, basato sulle CVGT. Tale approccio permetteva di conciliare le scarse risorse finanzia- rie a disposizione dello stato, e quindi la limitata capacità di investimento nella conservazione e protezione delle risorse naturali, con la promozione della partecipazione popolare attraverso istituzioni locali legalmente riconosciute (Batterbury, 1998, p. 872).

8 Loi n° 055-2004/AN portant code général des collectivités territoriales au Burkina Faso

et textes d’applications.

9 Con il termine comune rurale si intende identificare quello che in Burkina Faso prende il

nome di commune rurale, ovvero un gruppo di villaggi con una popolazione di almeno 5000 abitanti e attività economiche che generano risorse pari ad almeno 5 milioni di franchi CFA.

giore partecipazione ai processi di sviluppo politico e agevolassero le procedu- re di attuazione delle politiche statali.10 La decentralizzazione politica creò tut-

tavia ulteriori ambiguità nei meccanismi di gestione del territorio. Le istituzio- ni statali, a cui precedentemente era stato affidato il compito di eseguire le di- rettive provenienti dai diversi ministeri, sulla base di quello che Ribot e Agra- wal avrebbero definito un meccanismo di upward accountability (Agrawal e Ribot, 1999), furono “sfidate” da nuovi enti locali, eletti a suffragio universale, a cui però lo stato non accordò né il peso politico né le risorse economiche e umane necessarie per garantire la sostenibilità dei loro interventi di sviluppo. I nuovi enti locali entrarono poi in conflitto con le autorità consuetudinarie, che continuavano ad esercitare la propria influenza sulla vita politica, economica e sociale di gran parte della popolazione rurale.

Con il processo di decentralizzazione si moltiplicarono così le istituzioni socio-politiche responsabili della gestione della terra, alimentando di fatto la possibilità per i diversi attori di rivendicare i propri interessi specifici sull’accesso alle risorse, rivolgendosi simultaneamente a più organi e in as- senza di una chiara e definita gerarchia di potere.

4. Il processo di riforma fondiaria: il dibattito sui diritti e le istituzioni

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