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I processi e i meccanismi partecipativi che lo stato attua riflettono la complessità delle relazioni che esso ha con la società, per cui l’analisi deve decostruire e andare oltre una visione dicotomica stato-società civile. Lo sta- to è un insieme complesso e multiscalare di processi, in cui una pluralità di soggetti agisce, non sempre e necessariamente in modo unitario e univoco. Attraverso un approccio empirico ed esplorativo, molti studi etnografici hanno cercato di evidenziare le sfumature e le complessità dei processi che avvengono nelle pratiche quotidiane e nelle politiche che lo stato, in quanto generatore di risorse, ma anche luogo di conflitti per le stesse, ingaggia con i cittadini (Corbridge et al., 2005; Bierschenk e Olivier de Sardan, 2014). Quest’interazione produce normalizzazione e dissenso, dialogo e scontro, inclusione ed esclusione.

Assumendo, dunque, la natura relazionale dello stato (Jessop, 2007), si possono considerare le azioni degli attori locali – siano essi stato o cittadini – come processi selettivi che avvengono su più scale a seconda delle diverse situazioni e tematiche (le politiche abitative, le risorse idriche, il commercio informale) e delle reti che le comunità di attivisti creano all’interno e all’esterno del Sudafrica, per cui esse possono essere a volte cooperative e collaborative, altre oppositive e conflittuali. La contestazione dei meccani- smi partecipativi, delle politiche e delle pratiche dello stato, però, non signi- fica necessariamente opposizione anti-egemonica o anti-statale.

In contesti di povertà e marginalizzazione sociale, come quelli sudafrica- ni, potrebbe essere utile riprendere la nozione di società politica di Chatter- jee (2004) in contrapposizione a quella di società civile, spesso idealizzata e ristretta a una élite che si basa su principi e linguaggi di diritti individuali. La società politica proposta da Chatterjee, per il caso indiano, definisce invece le forme transitorie di negoziazione tra la maggioranza degli abitanti, che non hanno piena cittadinanza a causa del loro status informale, e i politici

locali e analizza la natura eterogenea, contradditoria e relazionale dei rappor- ti che questi hanno con lo stato, inteso come un’entità plurale, non unitaria. Partendo da questo concetto, ma ponendo l’accento sulle dinamiche del cambiamento politico che la stessa partecipazione comunitaria crea, Bénit- Gbaffou e Oldfield (2011) hanno studiato la partecipazione nella governance urbana e la mobilitazione nella politica locale dei cosiddetti poveri urbani. Questi studi hanno così analizzato il divario tra i principi della good gover- nance, basati sui diritti umani individuali, sull’empowerment personale e sul- la partecipazione democratica, e le pratiche quotidiane di accesso allo stato, e alle risorse da esso gestite, dei gruppi sociali con redditi più bassi. I rappor- ti che questi gruppi hanno con lo stato e i suoi rappresentanti (politici e am- ministrativi) a livello locale sono spesso caratterizzati da forme di interme- diazione di tipo clientelare, soprattutto in un contesto di informalità, di po- vertà di massa e di scarse risorse pubbliche.

Attraverso un’osservazione complessa dello stato, che consideri la specificità dei contesti e delle memorie storiche e dia spazio all’agency delle popolazioni locali, si possono analizzare le negoziazioni che av- vengono alla base delle pratiche statali di sviluppo e che determinano anche il modo in cui le persone abitano il territorio, percepiscono e si relazionano con lo stato, modellano le nozioni e l’accesso alla cittadi- nanza (cittadino, cliente o suddito).

La centralità dello stato nelle aspettative e nelle rappresentazioni delle masse di poveri o di cittadini con basso reddito è l’elemento cen- trale che caratterizza il contesto sudafricano, tanto che le numerose pro- teste degli ultimi decenni sono state interpretate come espressione di in- soddisfazione della capacità dello stato di redistribuire ed erogare servi- zi abitativi, infrastrutturali e sociali (Alexander, 2010).

Bisogna, dunque, riportare il dibattito sulla dimensione politica del de- centramento e della partecipazione (Bénit-Gbaffou et al., 2013), consideran- do i legami e il coinvolgimento tra stato e società, per comprendere come lo stato si adatti alle dinamiche locali, invischiato e intrappolato (entangled) tra una rigida pianificazione e le realtà urbane, dando vita a pratiche quotidiane di negoziazione, spesso clientelare, che modellano le forme di accesso alle risorse statali, e in senso più ampio la rappresentazione dello stato e la co- struzione della cittadinanza urbana.

A tal proposito è interessante citare il progetto di ricerca del programma di cooperazione francese CORUS (Coopération pour la Recherche Universi- taire et Scientifique), dal titolo Voices of the Poor in Urban Governance: Participation, Mobilisation and Politics in South African Cities, che ha visto

coinvolti studiosi del CUBES di Wits e giovani ricercatori francesi,10 e che

ha prodotto numerose ricerche empiriche su diversi casi studio, pubblicate poi in volumi o numeri speciali di riviste internazionali.11 L’analisi degli

spazi di partecipazione e delle pratiche quotidiane è avvenuta attraverso una ricerca empirica di tipo etnografico basata sull’osservazione partecipata, se- condo un approccio tipico della grounded theory, che contemplasse anche una prospettiva di lunga durata.

Per valutare la natura della partecipazione comunitaria, sfidando i modelli teorici e gli approcci normativi delle politiche di empowerment e partecipa- zione imposte dal NPM neoliberale, si sono considerate nell’analisi, prima di tutto, le relazioni di potere all’interno delle stesse comunità e il ruolo della politica locale dei partiti, non più considerata come un elemento corruttivo dei processi partecipativi, ma anche le condizioni attraverso le quali le forze sociali e gli attori politici diventerebbero potenziali agenti di trasformazione, superando le disuguaglianze strutturali. Il focus dell’analisi è sulle città suda- fricane in quanto luogo privilegiato dell’incontro/confronto con il «progetto di stato post-apartheid», in cui le aspettative di cambiamento delle profonde disuguaglianze spaziali e sociali sono più dichiarate per la presenza dello sta- to, relativamente e parzialmente capace di ridistribuire risorse. Proprio su quest’aspetto, vale la pena soffermarsi per evidenziare alcune linee di conti- guità tra gli approcci normativi della governance neo-liberale che puntano su empowerment, partecipazione e accountability e i reali processi e modi della governance urbana, in cui democrazia e clientelismo/patronage convivono. In questo quadro, il partito dominante, l’African National Congress (ANC), svolge un ruolo chiave.

4. Relazioni tra politiche e pratiche quotidiane di accesso allo stato nella

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