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Oltre lo statuto costituzionale della chieftaincy nel Ghana

Il quadro normativo che regola l’esercizio del potere della chieftaincy ghanese ne sancisce l’autonomia e sottolinea il presunto isolamento del suo sistema di governo rispetto alle istituzioni politiche dello stato, sebbene le stesse norme statutarie la inquadrino all’interno dell’ordinamento statale e le pratiche quotidiane dimostrino a più livelli il suo peso nella vita politica del paese.

Le prerogative della chieftaincy sono attualmente stabilite e regolate dal capi- tolo 22 della Costituzione della Quarta Repubblica, la cui promulgazione nel 1992 ha segnato la cosiddetta transizione democratica, e dal Chieftaincy Act (759) del 2008. L’art. 270 della Costituzione riconosce e garantisce la chieftain- cy, stabilendo che il parlamento non ha potere di emanare alcuna legge che con- senta a qualsivoglia persona o autorità di accordare o ritirare il riconoscimento a un capo. Il principio di non ingerenza del governo rispetto alla nomina o deposi- zione di un capo fu introdotto dalla Costituzione del 1979, mentre l’esistenza della chieftaincy era già stata assicurata dai precedenti dettati costituzionali del Ghana indipendente.5 Nel testo del 1992 il capo viene definito, in modo piutto-

sto vago, come persona che provenendo dalla famiglia appropriata sia stata vali- damente nominata, eletta, selezionata, intronizzata come chief, o queenmother

storica, riconducibile nelle fonti scritte alla descrizione delle cerimonie osservate ad Axim da Willem Bosman (1967 [1705]).

5 Per una sintetica ma efficace ricognizione dei cambiamenti nella struttura del potere tra-

dizionale a partire dalle disposizioni della Coussey Committee fino alla Costituzione del 1992 si veda Arhin (2007). Vedi Brobbey (2008) per un approfondimento sullo statuto giuridico della chieftaincy nel Ghana contemporaneo.

(rappresentante femminile del potere tradizionale) secondo le norme consuetu- dinarie (art. 277). La legge può invece fornire disposizioni affinché le istituzioni della chieftaincy procedano alla formulazione di regole per la nomina o deposi- zione dei capi e per la loro registrazione ufficiale. Il Chieftaincy Act (759) del 2008 precisa infatti che per quel che riguarda la performance delle funzioni sta- bilite dall’atto stesso una persona non può essere considerata capo qualora non sia stata prima registrata per lo svolgimento di quella funzione nel Registro Na- zionale dei Capi e il suo nome non sia stato inserito nel Bollettino pubblicato dal più alto organo di auto-governo della chieftaincy, la National House of Chiefs (art. 57, comma 5). I capi, riconosciuti come tali in base alle procedure del dirit- to consuetudinario, non hanno quindi bisogno di altro tipo di legittimazione di- nanzi ai propri sudditi e allo stato; tuttavia devono passare per la procedura della registrazione per poter svolgere funzioni statutarie, ad esempio essere ricono- sciuti membri di un Traditional Council – il consiglio che riunisce i capi di una data area ed è presieduto dal Paramount Chief 6 – e delle camere dei capi. Que-

ste ultime sono organizzate sia su base regionale (le Regional Houses of Chiefs create nel 1958) che nazionale (la già citata National House of Chiefs istituita dalla Costituzione del 1969), e sono espressione del processo di creazione di una struttura intesa a circoscrivere lo spazio del potere tradizionale all’interno dell’assetto statale, sottolineandone l’autoreferenzialità e divenendo strumento della sua autonomia.7 L’inclusione all’interno di questi organi di commissioni di

giudizio per la gestione delle materie riguardanti la chieftaincy stessa e l’arbitrato dei casi secondo il diritto consuetudinario (art. 271 e segg.) definisce le competenze giudiziali dei capi. Nondimeno, il presidente della National Hou- se of Chiefs è anche membro del Consiglio di Stato e la rappresentanza del pote-

6 Ɔmanhene (pl. Amanhene) in twi, la lingua akan più diffusa in Ghana. Si tratta della più

alta carica riconosciuta nella gerarchia del potere tradizionale, fatta eccezione per l’Asantehene e altri capi di statuto simile, che presiedono consigli formati da più Paramount

Chief. L’Act 759 (art. 58) riconosce i seguenti livelli della gerarchia tradizionale: Asantehene

e Paramount Chiefs; Divisional Chiefs; Sub-divisional chiefs; Adikrofo (sing. odikro); altri capi riconosciuti dalla National House of Chiefs. Il sistema di governo akan è in realtà molto più complesso e si articola in numerose cariche (Arhin, 2002).

7 Tuttavia, a dispetto della loro presunta autonomia, esiste un apposito ministero per la chieftaincy, che coordina queste istituzioni. Pavanello (2003; 2007, pp. 33-52) ha sottolineato

il paradosso di un potere tradizionale la cui autonomia può essere garantita solo dallo stato. Il paradosso della chieftaincy costituzionale sarebbe però ancora più evidente a un altro livello: la legittimità costituzionale del potere tradizionale è stata costruita sulla retorica della conti- nuità con forme di potere precoloniali, sebbene la chieftaincy sia stata di fatto modellata, se non inventata, in epoca coloniale. Al tempo stesso essa è stata individuata come strumento fondamentale dell’operazione di costruzione dell’unità nazionale.

re tradizionale è prevista in altre istituzioni statali, come il Prison Council, i Re- gional Coordinating Councils e le Lands Commissions. Il retorico isolamento della chieftaincy è però ribadito dalla clausola costituzionale (art. 276) che vieta ai capi di partecipare alla vita politica attiva, ovvero essere membri di partiti po- litici, mentre è loro riconosciuto il diritto a occupare uffici pubblici per i quali siano qualificati.

I compiti amministrativi della chieftaincy, che furono fondamentali nell’architettura del potere coloniale,8 sono stati riformulati in accordo con il

processo di ristrutturazione del governo locale iniziato già dagli anni prece- denti l’indipendenza.9 Il principale organo del governo locale, discusso al

capitolo 20 della Costituzione, sono oggi le District Assemblies – e le va- rianti di Metropolitan e Municipal Assemblies nelle aree più popolose – nate dalle riforme di decentramento attuate da Rawlings alla fine degli anni ’80 (Ayee, 1996; Manuh e Asante, 2012). La composizione delle assemblee di distretto (art. 242) prevede che, oltre al District Chief Executive di nomina presidenziale e ai membri eletti, un trenta per cento dei componenti sia no- minato dal Presidente in consultazione con le autorità tradizionali e altri gruppi di interesse nel distretto.10 Tra i vari compiti affidati alle assemblee, è

utile sottolineare il ruolo attribuito loro di massima autorità a livello locale per l’elaborazione e realizzazione di piani di sviluppo e il reperimento dei fondi necessari allo sviluppo complessivo del distretto (art. 245, comma a). All’assemblea deve poi essere versato il 55% dei redditi derivanti dalle stool land, mentre il 25% spetta al seggio11 e il 20% all’autorità tradizionale, ov-

8 Von Trotha (1996) ha individuato i caratteri di una “chieftaincy amministrativa” fondata

sui principi di devoluzione, gerarchia e distretto amministrativo, il cui progetto di unificazione era parte del processo di statebuilding coloniale. Così il governo coloniale modificò i principi di autorità e leadership dei capi e li collocò come intermediari tra i funzionari dell’amministrazione locale e la popolazione.

9 Nel 1951, in seguito alle elezioni che videro la vittoria di Nkrumah e l’inizio del suo go-

verno ancora sotto il controllo inglese, si ebbe l’emanazione della Local Government Ordi- nance, che affidava ai consigli di capi solo funzioni consuetudinarie e istituiva dei nuovi con- sigli locali incaricati anche dell’amministrazione delle terre dei seggi, riducendo così i poteri precedentemente esercitati dalla chieftaincy. Un terzo dei membri era riservato a persone sele- zionate dalle autorità tradizionali (Rathbone, 2000, pp. 29 e segg.).

10 I distretti coincidono talvolta, ma non sempre, con le aree tradizionali, definizione che

ha sostituito quella coloniale di Native State e si riferisce all’area di giurisdizione di un Tradi- tional Council. A un livello superiore della struttura amministrativa troviamo invece le dieci regioni in cui è suddiviso l’intero territorio nazionale.

11 Il seggio o stool è il simbolo del potere dei capi oltre che l’elemento fisico che lo rap-

vero il capo che detiene temporaneamente il seggio (art. 267, comma 6). La Costituzione riconosce infatti al capitolo 21 la giurisdizione dei seggi, quindi del potere tradizionale, sulle stool land (art. 267). Al tempo stesso, però, li- mita l’autonomia dei capi nella gestione delle terre e dei redditi che ne deri- vano attraverso l’istituzione dell’Office of the Administrator of Stool Lands, e sottoponendo le concessioni e i piani di sviluppo delle terre all’approvazione delle Regional Lands Commissions.

In definitiva, ponendo in stretta successione nel testo costituzionale i ca- pitoli dedicati a governo locale, terra e chieftaincy, vengono così definite le competenze delle diverse autorità locali nella gestione delle risorse, preci- sandone i rispettivi obblighi e limiti.12 Tuttavia, gli spazi della governance

tradizionale sono spesso occupati, costruiti o immaginati anche al di là delle prescrizioni del testo costituzionale e delle altre disposizioni legislative cui ho accennato. Ciò avviene principalmente attraverso l’esercizio di quelle che Nana Arhin Brempong e Pavanello (2006, pp. 32-35) hanno definito «fun- zioni non statutarie» della chieftaincy, tra le quali gli autori annoverano il coinvolgimento dei capi nella selezione di membri degli organi del governo centrale e locale, l’alleanza personale – aperta o nascosta – con un partito politico e la celebrazione dei festival tradizionali, che consentirebbero loro di agire come rappresentanti delle proprie comunità verso il mondo esterno, nonché come “attivisti nel processo di sviluppo”.

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