Se, come sin qui mostrato, il terreno dei rifiuti da una parte costituisce uno spazio sociale di protesta e confronto tra stato e società civile, tra autori- tarismo centrale e autonomia del governo locale, dall’altro è necessario in- trodurre un ulteriore elemento di riflessione e di caratterizzazione: l’accesso al campo dei rifiuti rappresenta una risorsa per le fasce di popolazione subal- terne (Chari, 2005), un fattore di produzione informale solitamente negletto dalle teorie economiche (Blincow, 1986) che si è particolarmente intensifica-
Democratico Senegalese per fondare un suo partito, l’APR (Alliance pour la République) che vince le elezioni presidenziali del 2012 al secondo turno, col 65% dei voti - dopo il primo tur- no elettorale, Sall aveva riunito tutti i candidati sconfitti nella coalizione Benno Bokk Yakkar (Uniti per la stessa speranza). L’inizio del suo mandato è caratterizzato da una severa ricom- posizione delle strutture dello stato (in particolare di determinate agenzie e commissioni) e dall’annullamento di numerosi decreti e contratti firmati da Wade.
25 Dal nome del programma politico ed elettorale di Sall, indirizzato verso una crescita
economica guidata dagli investimenti stranieri (Plan Senegal emergent).
26 Si veda l’articolo “Sall Macky contre Sall Khalifa” del 15 dicembre 2015, in jeuneafri- que.com http://www.jeuneafrique.com/mag/284481/politique/senegal-sall-macky-contre-sall-
khalifa/ (28/06/2016).
27 Intervista a sudonline.sn del 26/11/2015, “La ville de Dakar va s’occuper de ses or-
dures”, http://www.sudonline.sn/la-ville-de-dakar-va-s-occuper-de-ses-ordures_a_27341.html (28/06/2016).
to negli anni della recessione (Diop, 1996) quando, contestualmente, stavano cambiando anche gli stili di consumo – quindi le caratteristiche di produzio- ne ed accumulazione dei rifiuti, il rapporto urbano/rurale e la considerazione pubblica di un aspetto della società la cui caratteristica principale è quella di affermare o negare un dato ordine sociale (Douglas, 2007; Gidwani, 2014; Guitard, 2015). Mentre per le popolazioni di Sindia, quindi, la discarica co- stituisce un pericolo da respingere e tenere a distanza, per la comunità di re- cuperatori di rifiuti che lavora al suo interno, la chiusura di Mbeubeuss signi- ficherebbe perdere il posto di lavoro e l’unica fonte di sussistenza. Per spie- gare questa ambiguità, è utile rintracciare le traiettorie sociali, politiche ed economiche che hanno determinato la diffusione su scala delle attività in- formali di valorizzazione dei rifiuti, nonché del processo di popolamento della discarica.
Negli ultimi trent’anni la trasformazione della struttura economica della società e l’esponenziale crescita urbana stanno esercitando una pressione straordinaria sulle già limitate risorse destinate alla fornitura di servizi urbani di base, favorendo l’espansione delle pratiche informali di recupero dei rifiu- ti (Blundo, 2009; Grest, Baudouin, Bjerkli e Quénot-Suarez, 2013; Onibo- kun, 2001; UN-Habitat, 2014). Allo stesso modo, laddove le politiche di svi- luppo promosse dalle istituzioni internazionali non tengono conto dei «limiti relativi a certi paradigmi globali di gestione e di governo delle città» (Four- chard, 2007, p. 10), non attribuendo il giusto peso al continuum che si è creato tra istituzioni formali ed informali all’interno del settore della gestio- ne municipale dei rifiuti,28 la cultura della debrouille (l’arte di cavarsela) e
l’accesso al settore informale sono diventate l’unica chance, per le masse di disoccupati urbani e di migranti rurali in cerca di fortuna, di ingresso nel mondo del lavoro: «le popolazioni urbane non sono restate inattive di fronte alla povertà; esse hanno imparato a cavarsela» (Diop, 1992, p. 36) sosteneva a questo proposito Momar Coumba Diop in uno studio sulla povertà urbana a Dakar negli anni degli effetti della svalutazione del franco CFA e degli ag- giustamenti strutturali. Il contesto socio-urbano e politico-economico della capitale ha creato una condizione di precarietà strutturale che ha gonfiato a dismisura un sottoproletariato urbano che si riversava esponenzialmente nel centro della città e diventava sempre meno gestibile dalle autorità di gover- no, e che per queste ragioni doveva essere dirottato nelle banlieue per tutela- re la sicurezza urbana e le esigenze di un settore turistico in continua espan-
28 Secondo Cissé, infatti, la moltiplicazione delle fonti di produzione di rifiuti ha superato
sione.29 Questo processo continua ad alimentare una economia informale
oramai sproporzionatamente inflazionata. Fra le varie attività disponibili nel settore non strutturato (Marie, 1982), molti dei refoulé si sono sin da subito costituiti come forza-lavoro nelle attività di recupero e valorizzazione dei ri- fiuti urbani. Questo fenomeno, ascrivibile a un contesto più ampio di eco- nomia spontanea e di sussistenza (De Miras, 1987; Diop, 1994; Morice, 1985; Fall, 2010; Waas e Diop, 1990), si è intensificato in maniera significa- tiva a partire dagli anni ’90 trovando nella grande discarica un luogo partico- larmente favorevole alla riproduzione di queste dinamiche.
Mbeubeuss, unico deposito pubblico di rifiuti dell’intera regione di Dakar in funzione da oltre quarant’anni, riceve oggi una media annua di oltre 400.000 tonnellate di ogni genere di rifiuti (speciali, industriali, ospedalieri, solidi urbani, ecc.) che non vengono trattati, separati o smaltiti, se non dalla comunità dei recuperatori che opera informalmente al suo interno.
Come sottolineato da Omar Cissé, direttore dell’Istituto africano di gestione urbana di Dakar, «urbanizzazione e crescita demografica, combinati a modi di produzione e modelli di consumo urbani e moderni», sono gli elementi caratte- rizzanti di un crescente e sempre meno gestibile volume di rifiuti (Cissé, 2012, p. 16) che dà da vivere agli oltre 1500 boudiouman30 della discarica. Questa è
intelaiata nell’abnorme periferia di Dakar attraverso una serie di scambi e com- merci che fanno fulcro sui maggiori mercati della banlieue, la cui intensità di traffici è in continua crescita.31 Al suo interno si possono identificare tre princi-
pali poli di attività: i quartieri di Guye Gui e Baol, articolati in più di cinquanta pakk,32 e la piattaforma di sversamento. A Baol,33 elemento interessante, è parti-
29 Già negli anni ’50 e ’60 migliaia di «proletari urbani» furono espulsi dalla Medina so-
vrappopolata (e in via di ristrutturazione) e trasferiti nei quartieri di emergenza dell’estesa banlieue. Pikine, la nuova città nata dal nulla nel 1952, contava da subito al suo interno oltre 200.000 persone precedentemente sgomberate dai quartieri centrali, costituendosi come «im- magine in negativo» di Dakar (Verniére, 1977, p. 53).
30 Letteralmente in wolof: “chi immerge le mani”; il termine è usato comunemente per in-
dicare i recuperatori di rifiuti.
31 I micro-imprenditori, che costituiscono piccole unità di produzione domestica, si riforni-
scono a Mbeubeuss di sacchi di juta, bottiglie, recipienti, contenitori, ecc., per sostenere la ven- dita al dettaglio e le micro-attività di trasformazione alimentare. Grazie a questi circuiti la disca- rica è diventata il punto di approvvigionamento di numerose reti di auto-produzione collegate ai maggiori mercati della regione (in particolare quelli di Sandaga, Colobane e Thiaroye).
32 Il pakk è l’unità produttiva di riferimento nella catena della valorizzazione informale
dei rifiuti. Oltre a quelli all’interno di Mbeubeuss, i pakk sono situati vicino ai mercati, nelle zone industriali e nei pochi spazi interstiziali lasciati dall’urbanizzazione pressante. I circuiti
colarmente diffuso un daa’ira appartenente alla confraternita sufi dei muridi.34
«Ligey thi diamou yalla la boke» («lavorare è uno dei comportamenti dello schiavo di Dio») recita una famosa massima che riassume in maniera emblema- tica uno degli aspetti più importanti dell’etica del muridismo, un’etica alimentata dal sacrificio e dalla santificazione del lavoro, e che mostra la confluenza tra i processi popolari di adattamento socio-urbano e la riproduzione delle economie morali. La radicalizzazione di questo fattore è diventato l’elemento dominante di una «frangia liminale» del muridismo (Piga, 2000, p. 85), ispirata alla figura di Cheickh Ibra Fall, uno dei discepoli più importanti di Cheich Amadou Bamba, padre del muridismo, la cui popolarità trova una vasta risonanza tra i boudiou- man; l’ideologia bayfalista (dei seguaci di Ibra Fall) funge da base morale che spinge i recuperatori a lavorare sodo in un ambiente ostile come quello della di- scarica perché, come sostiene il capo del daa’ira, «grazie alla buona volontà e al sacrificio ogni lavoro diventa nobile».35 Il riconoscimento da parte del marabut-
to è in questo senso percepito dai recuperatori come una forma di accettazione e di validazione sociale di un mestiere altrimenti fortemente stigmatizzato.