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Dalla transizione all’indipendenza: i servizi urbani tra

Con la decolonizzazione le modalità della discriminazione sanitaria non cambiarono nella sostanza, anzi la nuova classe dominante formatasi con le in- dipendenze, in netta continuità con l’esperienza coloniale, riprodusse la strumen- talizzazione dei dispositivi sanitari per difendere i propri interessi e per estendere il controllo su determinate istanze politiche (di partito), entità amministrative (ministeri, distretti e direzioni) o territoriali (comuni, dipartimenti, regioni).

L’analisi di Seck (1970) sulla storia urbana di Dakar evidenzia a tal pro- posito la funzione «corporativista» e le ramificazioni di una macchina politi- ca che entrava in maniera prepotente nel cuore del servizio municipale:

I servizi urbanistici […] impiegavano oltre 1300 persone (tra cui, in par- ticolare, conducenti di veicoli, operatori e manovali). Questo servizio gesti- sce normalmente la distribuzione viaria (strade, marciapiedi, piazze), ma so-

6 Per le ispezioni domestiche si veda Gouvernement Général de l’AOF (1904). Colonie du Sénégal. Inspection des Services Sanitaires Civils. Rapport Médical annuel 1904. Anche

Blundo (2009) riporta, in una ricerca sulla gestione dei rifiuti in Niger, i controlli periodici svolti dagli ispettori sanitari circa le “buone abitudini” di igiene domestica, fra cui una corret- ta separazione dei rifiuti.

7 Anche a Saint Louis, Faidherbe aveva utilizzato il dispositivo igienista per attuare un

progetto politico ben definito nelle sue linee segregazioniste, attraverso la creazione del Ser- vice d’Hygiène: il tema della “classe insalubre” (Sinou, 1993) diede legittimità alle prime operazioni urbanistiche nella vecchia capitale con lo scopo di relegare al di fuori della “città europea” le popolazioni indigene (Dalberto, Charton e Goerg, 2013).

8 L’espressione déchét humaine (rifiuti umani) è stata particolarmente utilizzata anche dal-

prattutto è incaricato della pulizia. Prima dell’indipendenza era il più critica- to di tutti i servizi municipali: infatti, al di fuori dei quartieri del Plateau, che in qualche maniera erano comunque serviti, Dakar appariva una città sporca, particolarmente nei quartieri della Medina. Tutti spiegavano questa carenza accusando i funzionari amministrativi di rendere il servizio di pulizia un semplice paravento adoperato come strumento di cooptazione e retribuzione degli agenti elettorali (Seck, 1970, pp. 33-34).

Al momento della decolonizzazione la responsabilità discrezionale della classe dirigente nella realizzazione o meno delle operazioni di salubrità e la radicale politicizzazione di questo settore non si attenuarono affatto, ma anzi si accentuarono a causa del forte centralismo autoritario dello stato, la cui azione di controllo e cooptazione ricadrà direttamente sulle municipalità, «le prime a pagare il prezzo della frenesia autoritaria delle autorità post-coloniali africane» (Diouf, 1999, p.14).

Già all’epoca della Loi-Cadre9 l’allora presidente del consiglio, Mama-

dou Dia, rimproverava i servizi municipali responsabili della pulizia urbana di mantenere deliberatamente e strumentalmente insalubre lo spazio pubbli- co per finalità politiche. Secondo Seck (1970, pp. 33-34), ripreso da Diawara (2009, p. 189), le valutazioni politiche di Dia sull’amministrazione del servi- zio urbano rientravano nell’ambito di un «regolamento di conti con il gruppo politico di Lamine Gueye», allora sindaco di Dakar e capo dei servizi tecnici municipali, la cui strategia politica era inserita nel progetto senghoriano di costruzione di un «sistema organico» a partito unico (Boone, 1992; Fatton, 1987), che si fondava sull’assorbimento e sul controllo dei vari fazionalismi locali e delle clientele, con la finalità di costruire un apparato complementare di governance. Il ruolo fondamentale della gestione dei rifiuti nel campo dei servizi pubblici urbani si dimostra in questo modo sin dalla transizione verso le indipendenze come arena politica per la competizione partitica, visti i no- tevoli risvolti nelle politiche occupazionali (già all’epoca, i Services Techni- ques Communaux garantivano un organico di quasi 1500 impiegati -Diop, 1988, p. 54), nelle strategie di governo locale quindi nei processi di inclu- sione e di esclusione di determinati settori della cittadinanza e nelle dinami- che socio-spaziali: «occupazione irregolare dei terreni, riproduzione di stili di vita rurale, esodo dalle campagne e migrazione intra-urbana» (Verniére, 1973; Verniére, 1977).

9 Si tratta della legge proposta dal Ministro della Francia d’Oltremare Gaston Defferre,

adottata nel giugno del 1956, che viene spesso indicata come l’inizio del processo di decolo- nizzazione intrapreso dalla Francia nel secondo dopoguerra. Essa consentiva l’istituzione, nei possedimenti coloniali francesi, di organismi governativi locali.

Dopo la prima esperienza di privatizzazione con la SOADIP10 (Société

Africaine de Diffusion et de Promotion), è certamente nel periodo della SIAS (Société Industrielle d’Aménagement du Sénégal), che l’esasperato coinvol- gimento della politica nel funzionamento di questo servizio pubblico diviene particolarmente evidente: se nel precedente periodo i “vincoli” politici erano apparsi in maniera chiara, fu in questi anni che i legami divennero spregiudica- ti. Dalla fine degli anni ’60 era infatti iniziato un processo di “senegalizzazio- ne” delle strutture amministrative, sino ad allora «accompagnate dall’amministrazione parallela francese» (Cruise O’Brien R., 1979, p.14), che favorì la crescita di una nuova generazione di tecnocrati che da «amministrato- ri di alto rango, una volta negli uffici di governo, si trasformavano in politici» (Adamelokun, 1971, p. 556). Mamadou Diop, sindaco socialista di Dakar, riorganizzò dunque il settore dei rifiuti, letteralmente prosciugato dalle cliente- le, rimpiazzando la SOADIP, ormai fallita, con la SIAS nel 1985. La società ricevette la gestione esclusiva del settore sotto la supervisione di una nuova entità che federava i vari comuni e dipartimenti della ragione di Dakar (Dakar, Pikine, Rufisque e Guédiawaye): la CUD (Comunità Urbana di Dakar) ammi- nistrava una popolazione di oltre due milioni di abitanti.

La gestione della SIAS mostrò sin da subito gli effetti di un sistema a geometria variabile: la differenza di copertura della raccolta tra i quartieri centrali e la sterminata banlieue era aumentata in maniera spudorata. In se- guito ad un enorme deficit di bilancio, alla mancanza di attrezzature e a un organico in soprannumero, la società entra in crisi; in un paesaggio urbano totalmente inedito e rapidamente modificato dalle condizioni congiunturali, nella prima metà degli anni ’80 Dakar è completamente invasa dai rifiuti. Contestualmente il clima sociale nel paese si fa sempre più incandescente: la contestata rielezione di Diouf del 1988, «l’anno perduto» di scuole e univer- sità (Diop, 1996, p. 27), l’aggravarsi della condizione finanziaria e il calo inesorabile della produzione dell’arachide diventano le condizioni per un in- consueto deterioramento della qualità della vita nel paese.

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