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Convergenza operativa

Nel documento Rapporto sugli strumenti finanziari (pagine 188-192)

utlizzare il 100% delle risorse presto e bene

Tavola 4.1 – Riunioni del Tavolo tecnico permanente sugli strumenti finanziari e materiali condivisi con i partecipanti e le Autorità di Gestione

4.2 Convergenza operativa

Il primo capitolo del nostro Rapporto dà chiara evidenza del fatto che i fallimenti del mercato hanno caratteristiche e intensità differenti nei territori. È del tutto logico, quindi, che gli strumenti di policy possano essere declinati in modo diverso su scala regionale. Troppo spesso, partendo da questa considerazione, sono stati implementati meccanismi che pur essendo della stessa tipologia (ad esempio garanzie) erano

intermediari ai requisiti di accesso e alle procedure di valutazione per le istanze delle imprese, e così via, fino alla rendicontazione. Questo modus operandi produce un dedalo di regole nel quale rischiano di perdersi sia le imprese, sia gli intermediari finanziari che, se operano su scala nazionale, non possono certo stare dietro a 20 o più meccanismi diversi su scala regionale, sia per ragioni di costo, sia per i rischi operativi (coè di errore).

La questione –che impatta anche sui tempi e sui costi di implementazione- non è nuova né circoscrivibile alla politica di coesione. L’Agenzia per la Coesione Territoriale non ha responsabilità o potere in tema di programmazione e implementazione dei singoli strumenti finanziari (che compete alle singole Autorità di Gestione). Le spettano invece il coordinamento, il monitoraggio e le azioni di sistema per accrescere efficienza ed efficacia degli strumenti finanziari. Quelle poste in essere a favore della convergenza operativa, elencate nella figura 4.2, hanno avuto alterna fortuna. Nel senso che alcune di queste hanno di certo rappresentato un grande progresso (su tutte, mettiamo al primo posto la costituzione di numerose sezioni speciali regionali del Fondo di garanzia per le PMI di cui parleremo nel prossimo paragrafo) ed altre meno o affatto. Non abbiamo inibizioni a dar conto anche di queste, perché da ogni tentativo fallito c’è sempre da imparare.

Di certo i fattori decisivi per la riuscita di queste inizative ci sembano i seguenti:

• quantità e qualità delle risorse umane messe in campo dall’Agenzia e, di conseguenza, qualità dell’iniziativa per come progettata, proposta e messa in opera;

• qualità delle relazioni tra ACT e le altre amministrazioni coinvolte. Questo è un asset immateriale di cui raramente si legge in documenti ufficiali. La verità è che la Pubblica Amministrazione non è impersonale e, quindi, i rapporti di fiducia (o meno) strutturati nel tempo, agevolano o ostacolano i processi di cooperazione. Pertanto il modo in cui si dà sostanza al bilanciamento tra principio di competenza e principio di leale collaborazione risulta decisivo per ottenere risultati, insieme al bilanciamento tra gli interessi delle Amministrazioni coinvolte.

Figura 4.2 – Azioni per la convergenza operativa

Proprio a proposito della collaborazione istituzionale in tema di strumenti finanziari l’Agenzia ha fin qui agito, pragmaticamente, con approcci di volta in volta diversi. Qui poniamo l’accento su due di questi.

− Una leale collaborazione verticale (non in senso gerarchico), nella quale l’Amministrazione centrale propone alle Amministrazioni regionali standard nazionali che, spesso, non possono essere obbligatori e, quindi, devono essere anche “flessibili”, come nel caso:

o della possibilità di costituire sezioni speciali per attrarre risorse finanziarie regionali su uno strumento gestito dal centro. Questo, tuttavia, modulando l’intervento (aggiuntivo) sui bisogni dei territori (cfr. paragrafo 4.2.1);

o di una possibile variante dello schema appena illustrato, che potrebbe funzionare anche con regole nazionali ma con una rete di gestori attivi su scala regionale (cfr. paragrafo 4.2.6);

o della predisposizione di un format di check list per i controlli di primo 1. Sostegno alla costituzione di sezioni speciali (regionali)

nel Fondo di garanzia per le PMI (Legge 662/1996)

2. Attività di promozione per costituire un gruppo di lavoro sul microcredito

3. Costituzione di due gruppi di lavoro per la convergenza operativa in tema di capitale di rischio e basket bond

4. Check list per i controlli di primo livello

5. Messa a sistema del network Autorità di Gestione - Autorità di Audit e e consolidamento di prassi nazionali

6. Creazione del database degli atti amministrativi per gli strumenti finanziari

7. Iniziativa per la convergenza operativa dei prestiti in risk share

− Una leale collaborazione orizzontale, nella quale i soggetti più attivi sono Amministrazioni che operano al medesimo livello di governo degli altri Enti coinvolti, oppure il contenuto e lo svolgimento delle attività rendono sostanzialmente irrilevante la distinzione tra livelli di governo. Quest’altro approccio è stato adottato dall’Agenzia per promuovere:

o la costituzione di gruppi di lavoro, coordinati da Regioni (o loro società in house), per la messa a punto di strumenti standardizzati nel loro impianto regolamentare e contrattuale ma personalizzabili nei target di policy e nelle intensità di aiuto (cfr. paragrafo 4.2.2);

o la raccolta e l’agevole acquisizione mirata e senza intermediari dei documenti amministrativi funzionali ad accumulare e condividere knowhow (cfr. paragrafo 4.2.5);

o il rafforzamento del network tra le Amministrazioni che giocano un ruolo sul tema degli strumenti finanziari (cfr. paragrafo 4.2.4).

4.2.1 Il sostegno alla costituzione di sezioni speciali (regionali) nel Fondo di garanzia per le PMI (Legge 662/1996)

Su questo dossier l’allora Dipartimento Politiche di Sviluppo (poi scisso nel Dipartimento per la Coesione Territoriale e nell’Agenzia) aveva partecipato al tavolo tecnico a regia MISE-MEF dal quale è scaturito il cosiddetto “decreto Fund Raising78”, sostenendo l’opportunità che altre Amministrazioni, anzitutto le Regioni, potessero conferire risorse al Fondo di Garanzia per le PMI (L.662/96) su basi convenzionali, per agevolare una maggiore flessibilità nell’utilizzo delle risorse aggiuntive nei propri territori. Successivamente l’Agenzia ha svolto un ruolo di promozione di questo modus operandi e di facilitatore di processo al fianco delle altre Amministrazioni. In particolare, nell’aprile 2017, l’Agenzia ha pubblicato il documento “Credito alle micro e piccole imprese, confidi e politiche pubbliche. Analisi di contesto e spunti di riflessione” (pag.

56) con il quale ha spiegato le ragioni tecniche79 per le quali essa supporta la costituzione delle sezioni speciali regionali in seno al Fondo di garanzia per le PMI80I81 e, quindi la sottoscrizione della convenzione a tre parti Regioni/Ministero dell’Economia e delle Finanze/Ministero dello Sviluppo Economico82 illustrata a più riprese, presso il Tavolo tecnico strumenti finanziari, dalla DGIAI del MiSE.

80

81 Qualcosa di analogo era stato fatto nel periodo di programmazione 2007-2013, con ben sei Programmi Operativi, di cui tre regionali, che hanno avuto attuazione (anche) attraverso il Fondo di garanzia per le PMI. I 37 strumenti di garanzia previsti nei diversi Programmi totalizzavano risorse per 1,86 miliardi di euro, e di queste il 62 per cento (1,15 miliardi) sono state appostate nel Fondo di garanzia per le PMI.

82 Nel caso (assai frequente) in cui oggetto di conferimento al Fondo siano risorse dei POR, a tale accordo si aggiunge la sottoscrizione di una parallela convenzione tra l’Autorità di Gestione del POR e il MiSE per la

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