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Il razionamento del credito

Nel documento Rapporto sugli strumenti finanziari (pagine 31-35)

La locuzione razionamento del credito fa riferimento alla domanda di credito espressa da imprese “meritevoli”26 rimasta, in tutto o in parte, insoddisfatta in quanto i richiedenti sono percepiti dal sistema finanziario come:

i) eccessivamente rischiosi (le cui esposizioni, in base alla normativa prudenziale, richiedono un elevato assorbimento del patrimonio di vigilanza degli intermediari);

ii) inadeguati a produrre valore per il finanziatore, ad esempio quando la piccola dimensione di un finanziamento genera ricavi modesti in rapporto ai costi di valutazione/gestione.

Stimare l’entità di questo fenomeno è operazione non agevole visto che nessuno censisce l’ammontare del credito richiesto e di quello negato, né le motivazioni di rigetto delle richieste di finanziamento. Vi sono invece indagini campionarie su domanda e offerta di credito. Esse sono per lo più basate su questionari somministrati ad un campione di imprese27 o di banche28. È proprio quanto ha fatto la stessa Commissione europea nell’ultimo Country report29 sull’Italia che appare denso di riferimenti30 a market failure, tali da suggerire un più vasto ricorso agli strumenti finanziari.

26 Appare opportuno segnalare che questa affermazione è frutto di una semplificazione, ad esempio nel caso degli investimenti in ricerca un rischio elevato può essere ritenuto proporzionato alla finalità della operazione e, quindi, meritevole di sostegno pubblico.

27 Ad esempio l’indagine MET indaga anche sui vincoli finanziari e sul razionamento del credito www.met-economia.it/menu-indagine/indagine-sulle-imprese.

28 A questo proposito è opportuno un rinvio ad altre fonti:

− Survey on the access to finance of enterprises (SAFE), realizzata dalla BCE www.ecb.europa.eu/stats/ecb_surveys/safe/html/index.en.html;

− Bank Lending Survey (BLS), condotta dal 2003 dalle banche centrali nazionali dell’area euro

www.bancaditalia.it/statistiche/tematiche/moneta-intermediari-finanza/intermediari-finanziari/indagine-credito-bancario;

− Regional Bank Lending Survey (RBLS), che sul piano metodologico è piuttosto uniforme alla BLS, dalla quale differisce, oltre che per le informazioni su differente scala territoriale, anche per il più consistente campione di banche; per l’ultima edizione -che ha a corredo il dataset in formato Excel- www.bancaditalia.it/pubblicazioni/economie-regionali/2017/2017-0021.

29 Ci riferiamo qui al Country Report Italy 2020 ( https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:52020SC0511).

30 Riportiamo alcuni dei più significati passaggi del Report, segnalando che questo documento è stato pubblicato nel Febbraio 2020, un atimo prima della crisi da Covid-19:

(p. 41 e ss.) Nonostante i miglioramenti, il credito bancario rimane modesto, in particolare per le PMI, e il mercato dei capitali è ancora sottosviluppato. Il tasso di rigetto delle domande di prestito bancario è sceso dal 9 % nel 2009 al 6 % nel 2019 (2 punti percentuali in più rispetto al 2018), sostenuto da tassi di interesse più bassi e da migliori condizioni di credito. Tuttavia, la percentuale di PMI che non ricevono l'intero importo richiesto è superiore di oltre tre volte (19 %) ed è in aumento (sulla base dell’indagine SAFE). A giugno 2019 i prestiti alle famiglie hanno segnato un modesto aumento (+2,4 % su base annua), mentre i prestiti alle società non finanziarie, in particolare quelle più piccole con livelli di rischio comparabili (Banca d'Italia, 2019a), hanno subito una battuta d'arresto facendo registrare un -0,7 % su base annua. Nel frattempo la domanda di credito si è ridotta poiché le imprese hanno ridotto la leva finanziaria, incrementando nel contempo il capitale e la capacità di autofinanziamento. Le misure volte ad aumentare l'uso del capitale di rischio sono ancora in sospeso. L'Italia è al di sotto della media dell'UE per gli investimenti in capitale di

Figura 1.5 – Rapporto tra credito erogato e credito utilizzato al netto delle sofferenze (totale residenti escluse le istituzioni finanziarie monetarie)

Fonte: nostre elaborazioni su dati Banca d’Italia, Base Dati Statistica [TRI30146] Prestiti (escluse sofferenze) – per regione della clientela e classe di grandezza del fido globale accordato. Si ribadisce che i dati di questa tavola riguardano la totalità dei prenditori (e non le sole imprese non finanziarie).

rischio in percentuale del PIL. All'inizio del 2019 il governo ha creato il Fondo nazionale per l'innovazione per stimolare il capitale di rischio. All'inizio del 2020 è stato istituito un veicolo (CDP Venture Capital) per gestire questo fondo.

Le recenti misure a sostegno dell'accesso ai finanziamenti non bancari stanno gradualmente divenendo operative. Dal 2012 alla fine del 2018 il mercato dei mini-bond ha raccolto 25,2 miliardi di EUR (il 18 % raccolto dalle PMI). Il volume nel 2018 (4,3 miliardi di EUR) è stato inferiore rispetto al 2017 (6,6 miliardi di EUR) a causa di una riduzione delle dimensioni medie, ma non del numero. La creazione dei PIR (piani individuali di risparmio mediante organismi di investimento collettivo) ha avuto successo dato che oltre la metà delle attività gestite dai fondi PIR sono investite in titoli emessi da società non finanziarie residenti (rispetto al 2 % per gli altri fondi). Il rallentamento della sottoscrizione di nuovi PIR dovuto a una riforma del 2019 è stato affrontato di recente con un decreto.

Sono state poste in essere nuove misure per promuovere l'accesso al mercato dei capitali, ma la domanda è ancora debole. La normativa della CONSOB in materia di crowdfunding è stata estesa alle azioni emesse da tutte le PMI e i gestori di attività. Il bilancio 2019 ha esteso l'ambito di applicazione del crowdfunding alle offerte di obbligazioni emesse da PMI. Anche la reintroduzione dell'ACE potrebbe contribuire ad affrontare la questione della sottocapitalizzazione delle imprese. Inoltre, il Decreto Crescita del 2019 ha introdotto le società di investimento semplice, società veicolo che possono investire nelle PMI non quotate in fase precoce.

Per promuovere lo sviluppo del settore FinTech è in fase di preparazione uno spazio di sperimentazione normativa ("regulatory sandbox").

La finanza sostenibile è in crescita, ma presenta ancora un notevole potenziale di sviluppo. Nel 2018 sono stati creati l'osservatorio nazionale sulla finanza sostenibile e il centro finanziario per la sostenibilità.

88,44%

79,42%

69,30%

72,75%

60%

65%

70%

75%

80%

85%

90%

95%

Da 30.000 a < 75.000 euro Da 250.000 a < 500.000 euro

>= 25.000.000 euro Totale classi di grandezza

Nella figura 1.5 – i cui dati non riguardano solo le imprese, bensì l’insieme dei prenditori – si riporta un indicatore che, mettendo a confronto il credito effettivamente erogato con quello accordato può rappresentare un primo possibile indizio sulla propensione delle banche ad erogare credito. Più questo indicatore si allontana dal massimo teorico del 100 per cento, maggiore può ritenersi tale propensione, e viceversa. Osservando i dati nel nostro grafico si nota che al crescere della classe di fido globale il valore del nostro indicatore va via via riducendosi. Il valore più elevato dell’indicatore si registra per la prima classe di grandezza, quello dei prestiti tra 30.000 e 75.000 euro, con valori piuttosto distanti da quello medio (cioè quello riferibile al totale delle classi di grandezza).

Un secondo indicatore è proposto nella figura 1.6, nella versione elaborata da Istat, misurando il rapporto percentuale tra gli impieghi nelle imprese (cioè i prestiti al netto delle sofferenze) e il prodotto interno lordo (PIL) del territorio considerato.

Evidentemente c’è una relazione tra il credito erogato al sistema produttivo e il valore di mercato aggregato di tutte le merci finite e di tutti i servizi prodotti. Ma questa relazione è anche inversa. Nel senso che un sistema economico meno sviluppato, di norma, richiederà comunque (anche in proporzione) meno credito rispetto a uno più avanzato.

Pertanto, questo è un ragionevole indicatore di “intensità creditizia”.

Nel merito si osserva che dal 2011 ad oggi questo rapporto è sensibilmente mutato.

Dopo la recessione si è assistito a qualche timido incremento del PIL, mentre gli impieghi alle imprese, come abbiamo già visto in precedenza, sono costantemente diminuiti. Un altro dato che appare molto evidente è che i valori del Mezzogiorno sono significativamente inferiori rispetto a quelli registrati nel Nord del Paese.

Figura 1.6 – Rapporto tra gli impieghi nelle imprese non finanziarie e PIL (%)

Fonte: Istat, elaborazioni su dati Istat (per il PIL a valori correnti) e dati Banca d’Italia (Impieghi nelle imprese non finanziarie, media dei quattro trimestri). Fino al 2009 i dati erano estratti dalla tavola

63,42

72,19

46,74 53,47

39,99 32,58

27,43 30,79

36,98

24,01 20

30 40 50 60 70 80

Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud Isole

classificazione ATECO 2007, i dati sono estratti dalla tavola TdB10232 in "sostanziale continuità con la tavola TdB10231". Si segnala infine che dal 2011 sussiste una sostanziale discontinuità nella serie storica, essendovi incluso nel novero degli enti segnalanti anche la Cassa Depositi e Prestiti.

I dati della figura 1.7 sono di estrema importanza per il policy maker. Essi evidenziano che nel credito le dimensioni d’impresa contano e, in effetti:

• nel caso delle imprese più rischiose la riduzione del credito concesso si attenua al crescere della dimensione di impresa. Addirittura, nel 2018, il credito concesso alle grandi imprese più rischiose risulta in crescita;

• nel caso delle imprese meno rischiose, la variazione del credito concesso è più intensa al crescere della dimensione di impresa e, nel 2019, risulta addirittura negativa nel caso delle microimprese.

Figura 1.7 – Andamento dei prestiti (medie 2018-19; variazioni % sui 12 mesi)

Fonte: Banca d’Italia, Rapporto sulla stabilità finanziaria n. 2 - 2019 Dati Banca d’Italia e Cerved riferiti a un campione di circa 450.000 società di capitale. I prestiti includono quelli concessi dalle società finanziarie e tengono conto delle cartolarizzazioni. L’attribuzione della classe di rischio è basata sull’indicatore CeBi-Score4 calcolato da Cerved. Le imprese a basso (alto) rischio hanno un punteggio compreso tra 1 e 4 (5 e 10).

La progressiva riduzione dei prestiti bancari erogati alle imprese di minori dimensioni – a nostro avviso – è dovuta alla concomitanza di più dati di fatto, i cui effetti si combinano e si amplificano vicendevolmente. Ci si riferisce in particolare alla:

• regolazione di carattere prudenziale (elaborata dal Comitato di Basilea per la

fondi propri e cioè risorse del proprio patrimonio (concetto via via definito in modo più restrittivo), in misura correlata ai rischi che assumono31;

• affermazione di metodi di valutazione del rischio di credito (rating e, più spesso, scoring automatici) basati su algoritmi e database che, in effetti, aiutano il sistema bancario a contenere sia i rischi, sia i costi di istruttoria. Tuttavia questi sistemi di screening appaiono subottimali quando le imprese candidate a finanziamento sono meritevoli ma “opache”, nel senso che su di esse ci sono scarne informazioni nei database (pensiamo, ad esempio, alle tante micro e piccole imprese la cui forma giuridica le esime dal deposito del bilancio). Essi, quindi, sono strutturati con un approccio molto prudenziale al punto che vi è chi osserva che “a differenza delle altre classi dimensionali, alle microimprese sia rischiose che solide vengono tendenzialmente applicati tassi di interesse molto simili. Questo suggerisce che i sistemi di valutazione delle banche potrebbero non essere sufficientemente accurati per questo tipo di prenditori” 32;

• più in generale, è in atto una trasformazione del business model delle banche che, come tutto il settore dei servizi a rete, si avvale moltissimo delle innovazioni nell’information technology (cfr. paragrafo 1.1.5).

Nel documento Rapporto sugli strumenti finanziari (pagine 31-35)

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