CAPITOLO 3 UNA RICERCA SUI MINORI STRANIERI NON
3.4 I paradossi e le criticità dell’accoglienza: voci e strumenti dal campo
3.4.5 I corsi drop out: percorsi per la formazione e l’autonomia
Da oltre un ventennio, la scuola italiana va confrontandosi con la sfida dell’integrazione di un numero considerevole di studenti stranieri: portatori di culture e confessioni religiose diverse dalle nostre. Questa tendenza va interpretata anche al- la luce delle trasformazioni che caratterizzano i flussi migratori più recenti234.
I MSNA, in conformità a quanto previsto dalle Linee guida operative per l’accoglienza del 2015, hanno il “diritto all’insegnamento di base della lingua ita-
liana, all’inserimento scolastico e professionale, (..) alla definizione di un progetto socio-educativo individualizzato per ciascun minore che sarà formulato tenendo sempre presente il supremo interesse del minore (..)”.
Una delle questioni che ho affrontato con gli operatori educativi è stata la seguente: come garantire una formazione professionale o un percorso educativo adeguato e strutturato a quel MSNA prossimo ai 18 anni per il quale non vi è un obbligo scola- stico, ma necessita di una formazione, anche professionale per incamminarsi verso l’autonomia. Generalmente i MSNA sono inseriti in classi inferiori a quelle cui do- vrebbero accedere tenuto conto della loro età235.
234 Sul punto vedi: MIUR, Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano, Marzo 2017. Reperibile in:
http://www.istruzione.it/allegati/2017/Notiziario_alunni_Stranieri_nel%20sistema_scolastico_italiano 235 Sul punto vedi: BIAGIOLI R., Sfide pedagogiche e integrazione scolastica dei minori stranieri non
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Talvolta l’insuccesso scolastico non ci racconta solo le fragilità di singoli soggetti, ma funge da specchio anche dell’intero sistema di accoglienza e d’integrazione so- ciale.
Questa funzione di specchio236 è da tenere presente perché diventi un habitus del no- stro sguardo sui MSNA, per non cadere in riduzionismi impropri.
Il quesito che ho posto all’attenzione degli educatori ha evidenziato essenzialmente due risposte, diametralmente opposte. Se si considera il valore dei c.d. corsi drop
out237- cioè quei percorsi di formazione professionale indirizzati ai giovani del terri-
torio, che non hanno ancora compiuto 18 anni e che devono assolvere al diritto/dovere all’istruzione e alla formazione- in termini assoluti giungeremmo a definirli una “manna dal cielo”: espressione utilizzata dalla Dott.ssa Palmieri Brogi. In questi anni di esperienza, la coordinatrice ha potuto costatare che i MSNA, sempre più prossima ai 18 anni, abbisognano di intraprendere un percorso formativo, utile a garantirgli un futuro lavorativo. Non dimentichiamo che la maggior parte di questi ragazzi è alla ricerca di una situazione economica migliore rispetto a quella lasciata. Talvolta, il livello di scolarizzazione dei minori dipende non solo dall’età, ma anche dal Paese d’origine. «Tendenzialmente i ragazzi provenienti dall’Asia hanno una
preparazione scolastica nettamente superiore a chi proviene dall’Africa o dall’Albania. Per l’appunto il corso drop out è un’opportunità lavorativa per il loro futuro, gli consente di frequentare senza dover sostenere alcun costo, un corso di formazione utile all’ottenimento di un attestato di qualifica professionale, spendibile su tutto il territorio nazionale ed europeo».
Di opinione opposta è il Dott. Bonetti, che avendo una formazione da educatore pre- cisa: «E’ complesso per gli educatori affrontare questo tema. Nel caso di minori
prossimi ai 18 anni, si aspetta la maggiore età per l’inserimento lavorativo, attra- verso un tirocinio retribuito; nel caso del diciassettenne risulta troppo tardi per in- serirlo nel progetto drop out, ma troppo presto per quello lavorativo (non frequen- tando un percorso formativo il ragazzo non può iniziare un tirocinio ai 18 anni).
236 Cfr. SAYAD A., La doppia assenza, Milano, Cortina, 2002.
237 I corsi drop out sono percorsi di formazione professionale indirizzati ai giovani in abbandono sco- lastico che non hanno ancora compiuto 18 anni e che devono assolvere al diritto/dovere all’istruzione e alla formazione e che rischiano di non concludere il percorso della scuola superiore. Per evitare che questa fascia di giovani finisca nel novero dei “NEET” (Not in Education, Employment or Training, quella percentuale cioè di popolazione inoccupata e al di fuori di percorsi formativi o di studio), la Regione Toscana propone una serie di corsi di formazione professionale in grado di dar loro una quali- fica riconosciuta e spendibile nel mercato del lavoro.
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Quindi cosa si fa? Tendenzialmente le possibilità sono due: s’iscrive il minore ad un corso drop out, lo frequenta fino ai 18 anni per poi svolgere un tirocinio retribuito; oppure si iscrive il minore alla scuola media, ma non potendo concludere il percorso entro i 18 anni, il problema si sposterà nello SPRAR per adulti a cui sarà destinato il ragazzo. Tuttavia i percorsi educativi e didattici non possono essere unicamente fon- dati sui contenuti di apprendimento. Spesso i minori hanno alle spalle drammatiche situazioni esistenziali, a volte con forme diversificate di sindrome post-traumatica, con una percezione di sé e del mondo già adulta e che, in ciò, contrasta con la per- cezione e le maturità non raggiunte dai loro coetanei italiani».
La soluzione proposta, dai tre educatori intervistati, potrebbe essere la seguente: anti- cipare l’età dai 18 ai 17 anni affinché si possa accedere prima ai tirocini retribuiti. In questo modo il MSNA potrebbe apprendere una professione ed iniziare a lavorare. Si tenga debitamente conto che la famiglia del minore giunto in Italia, ha sopportato un costo per il viaggio. Ripagare quel debito sia economico, verso lo sponsor, che mora- le, verso la propria famiglia, è l’obiettivo precipuo del minore. Agevolare il percorso sia formativo che lavorativo del ragazzo favorisce la sua autonomia, aspetto più volte emerso nelle Linee guida dell’AGIA.
Gli intervistati, in generale, consigliano un intervento multidimensionale e continua- tivo, che riguardi le diverse età evolutive, anche con il sostegno ad ogni forma di in- tegrazione; una regolare politica di ri-conoscimento e di perseveranza nel sostenere il binomio diritti-doveri; un’attenzione forte all’Italiano come primo veicolo di cono- scenza.