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COVID-19: come cambierà la progettazione degli impianti HVAC&R

EFFICIENZA ENERGETICA NEGLI EDIFIC

E.7 Edifici adibiti ad attività scolastiche a tutti i livelli e assimilabili E.8 Edifici adibiti ad attività industriali ed artigianali e assimilabil

5.8. COVID-19: come cambierà la progettazione degli impianti HVAC&R

AICARR – G. Bo, F. Busato, L. Mazzarella, F. Pedranzini, L.A. Piterà

5.8.1. La trasmissione del virus per via aerea

Il SARS-CoV-2 è un virus che si ritiene sia trasmissibile da persona a persona con tre modalità:

1. per contatto ravvicinato e diretto con una persona infetta;

2. per inalazione di goccioline liquide prodotte dalla persona infetta;

3. tramite contatto con superfici contaminate dal virus48.

Ai fini delle modalità di trasmissione è determinante il fatto che le persone infette tossendo, starnutendo, parlando e respirando emettono goccioline di liquido infettate con il virus, che possono:

• depositarsi sulle superfici vicino alla persona infetta e quindi essere poi riprese da chi tocca tali superfici (contatto indiretto);

• essere inalate da chi si trova vicino alla persona infetta o in un ambiente contaminato.

Il contatto diretto con le secrezioni respiratorie sembra essere, in queste situazioni, la principale via di

trasmissione; a oggi le fonti ufficiali riportano evidenze della possibile trasmissione per via aerea (bio-aerosol), in condizioni particolari come quelle ospedaliera o assimilate.

AiCARR49 ha prodotto dei protocolli e documenti per dare alcune indicazioni sulla corretta gestione e manutenzione degli impianti di ventilazione e climatizzazione esistenti per ridurre al minimo i potenziali rischi di trasmissione dell’infezione50.

Allo stato non ci sono evidenze in base alle quali risulti indispensabile provvedere in modo generalizzato a interventi straordinari di igienizzazione degli impianti. Si consiglia che gli interventi di manutenzione e igienizzazione, qualora effettuati, seguano sempre procedure ben definite e siano eseguiti da personale qualificato, dotato di idonei Dispositivi di Protezione Individuali (DPI). Qualunque intervento effettuato in modo scorretto e/o senza l’utilizzo di DPI potrebbe avere come risultato non la riduzione, ma l’incremento dei rischi.

5.8.2. Progettare il futuro

L’attuale pandemia ha messo in evidenza come la ventilazione (intesa come introduzione di aria esterna in ambienti confinati) sia una terapia fondamentale per la prevenzione e la riduzione del rischio di contagio per tutte quelle infezioni che si propagano per via area, compresa la “normale” influenza stagionale. Di conseguenza, l’aspetto già essenziale di strumento per l’ottenimento e il mantenimento di una buona qualità dell’aria negli spazi confinati, purtroppo spesso intesa solo come percezione e non esigenza fisiologica, viene rafforzato da questa esigenza sanitaria. Tutto questo implica una nuova visione, per il futuro, del ruolo della ventilazione e in special modo della ventilazione meccanica che già oggi viene implementata per coniugare le esigenze di qualità dell’aria con quelle di risparmio energetico.

In tutti quegli spazi condivisi da più soggetti, dagli uffici alle scuole, dai teatri alle palestre, dai palazzetti dello sport ai luoghi di culto, e in special modo nei mezzi di traporto pubblico, la ventilazione dovrebbe diventare un obbligo, non può più restare un plus facoltativo. Nel contempo occorre però assicurare un ambiente

confortevole per gli occupanti, poiché il benessere termoigrometrico non è solo un “capriccio” ma ha implicazioni dirette sia sulla salute (basta pensare ai portatori di patologie cardiopatiche) sia sulla produttività.

Di conseguenza, tutti gli edifici con destinazione d’uso non esclusivamente residenziale, dovrebbero obbligatoriamente implementare impianti di ventilazione meccanica, non essendo in grado la ventilazione naturale di assicurare la quantità e qualità necessaria, né di poter filtrare efficacemente gli eventuali polveri e inquinanti presenti nell’aria esterna. Allo stesso tempo devono, però, rispondere alle esigenze del contenimento dei consumi energetici e della decarbonizzazione.

Seguendo quindi il paradigma di priorità salute- benessere-risparmio energetico e sostenibilità ambientale, occorre ripensare le modalità di progettazione dei sistemi impiantistici ed energetici degli edifici, in modo da bilanciare in modo sostenibile tali esigenze tenendo presente le priorità identificate.

Intervista a Gaetano Scognamiglio

Presidente di Promo PA Fondazione Che relazione c’è fra smart working nella Pubblica Amministrazione e risparmio energetico?

Ho da poco condotto un incontro sul tema con 50 alti dirigenti pubblici, e la risposta è

apparentemente facile perché è sotto gli occhi di tutti il risparmio dei consumi in termini di riduzione degli spostamenti, del traffico conseguente e quindi anche del costo dell'inquinamento. Altri risparmi sono quelli della minor occupazione degli uffici con i conseguenti minor costi di affitto o di acquisto di nuovi uffici. Altrettanto quindi può dirsi per le utenze collegate.

Bisogna però riflettere sul fatto che il lavoro agile, utilizzato a tappeto in questo periodo, non è

collegato a una scelta ragionata e programmata ma è diretta conseguenza di un lockdown che sappiamo sta producendo e produrrà una contrazione del Pil a doppia cifra, che ci fa intravedere e ci farà nei mesi prossimi toccare con mano cosa può significare una decrescita, che di felice ha ben poco.

È stato questo uno dei temi principali del convegno Enerloc, Energia, Enti locali e ambiente che si è svolto a settembre a Sassari: le riflessioni e le prospettive che si aprono per introdurre uno smart working non emergenziale nella PA, fanno ipotizzare una percentuale realistica, che potrebbe interessare dal 20 al 30 % di dipendenti, mentre il restante 70, 80% potrebbe tornare a lavorare in presenza. Ciò è dovuto a una serie di criticità collegate allo svolgimento del lavoro agile, la prima delle quali è una riduzione della produttività rispetto al lavoro in presenza, che va da 20 al 30 %, come risulta da una prima indagine qualitativa condotta da Promo PA Fondazione.

A questo si aggiunge che da parte degli utenti si cominciano a evidenziare severi problemi nell'erogazione dei servizi ai cittadini e nella risposta alle esigenze delle imprese, che ha fatto dichiarare recentemente al Presidente di Assimpredil che lo smart working ha ulteriormente rallentato l’attività della pubblica

amministrazione, che si sta ulteriormente

distaccando dalla realtà del Paese.

Il lavoro da remoto comporta altresì una forte percentuale di digitalizzazione delle procedure, alle quali si devono adeguare ancora molti uffici pubblici e che comunque, secondo l'ultimo rapporto DISE dell'UE il 42% dei cittadini italiani sarebbe incapace di utilizzare, ove anche fossero disponibili.

Va considerato infine il crollo delle attività legate alla presenza fisica dei dipendenti, con la messa in crisi dei servizi collegati per la ristorazione nella pausa pranzo e alle altre attività commerciali, che ne ricavavano comunque fatturato. Recentemente, il Sindaco Sala ha parlato non a caso di effetto desertificante dello smart working, auspicando il ritorno al lavoro in presenza.

Parlare a medio termine di risparmio energetico a regime collegato allo smart working post COVID nella Pubblica Amministrazione non ha dunque maggior senso rispetto a quello di voler attribuire un significato stabile al risparmio energetico causato dalla chiusura delle attività imprenditoriali indotta dalla pandemia.

Ciò non esclude che nei tempi lunghi vi possa essere un uso più intenso del lavoro agile e che questo, specie nel privato, riesca a correre assai più velocemente che nel pubblico.

Dal punto di vista della Ricerca&Sviluppo, questo vuol dire uno sviluppo olistico, alla luce della sostenibilità globale, di sistemi impiantistici e edifici che abbiano nella funzione ventilazione il loro punto focale, adottando di conseguenza tutti quegli accorgimenti tecnici e tecnologici che consentano di minimizzarne l’impatto dal punto di vista energetico e della sostenibilità ambientale. Qualche esempio di tale cambiamento: sul parco edilizio esistente, là dove non ci sono sistemi con aria primaria, ma ad esempio solo riscaldamento con corpi scaldanti, occorre introdurre sistemi di ventilazione con recupero termico/entalpico, cioè sistemi a doppio condotto con scambiatori di calore, tecnologie già esistenti ma che andrebbero sviluppate in termini di ottimizzazione dei recuperatori, sia in termini di efficienza che di sicurezza sulla separazione dei flussi d’aria (nessuna possibilità di contaminazione). Associata a questa azione, ma anche necessità effettiva nei sistemi ad aria presenti e futuri, lo sviluppo di sistemi “antivirali/antibatterici” come la filtrazione HEPA e l’uso di UV-C. L’uso combinato e ottimizzato di tali sistemi può portare al reimpiego dell’aria di ricircolo come mezzo per la riduzione dei costi energetici in competizione con l’uso dei recuperatori. Solo degli studi di fattibilità accurati e specializzati per destinazione d’uso e per tipologia impiantistica possono dare indicazioni su qual è la strada più efficiente e sostenibile a tutto tondo.

Un altro aspetto, non secondario, è che questi nuovi sistemi non dovrebbero essere dimensionati sulle condizioni di emergenza sanitaria, ma ottimizzati per il funzionamento nelle condizioni ordinarie, cioè avere la possibilità di lavorare in modo il più sostenibile possibile in condizioni normali, per poter poi passare ad una ventilazione “terapeutica” quando se ne presentasse la necessità, accettando solo in tal caso consumi energetici maggiori. Ciò implica un diverso dimensionamento degli impianti e l’impiego di componenti caratterizzati da un’ottima efficienza soprattutto a carico parziale, il che può risultare in funzionamenti ancora più efficienti rispetto al funzionamento ordinario.

Infine, non da ultimo, la progettazione della distribuzione di flussi d’aria negli ambienti risulta essere un aspetto importate nella propagazione delle infezioni aeree: non basta ventilare per diluire, ma occorre farlo bene cercando di ottimizzare la diffusione nella zona occupata minimizzando al contempo la necessità di aria di diluizione proveniente dall’esterno o da sistemi di abbattimento. Dal punto di vista industriale, la sfida si concentra nell’introduzione della funzione di ventilazione in tutti quei sistemi/componenti che oggi lavorano a tutto ricircolo sull’aria del locale in cui sono installati; anche qui con la possibilità di passare da frazioni di ricircolo a tutt’aria esterna in condizioni di emergenza sanitaria, con l’eventuale possibilità di avere configurazione con filtri HEPA e/o lampade UV-C

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