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LA CRISI DEL CONCETTO DI “PERSONA” NEL DIBATTITO GIURIDICO CONTEMPORANEO

APPPUNTI PER UNO STUDIO CRITICO SUL CONCETTO GIURIDICO DI “PERSONA”

3. LA CRISI DEL CONCETTO DI “PERSONA” NEL DIBATTITO GIURIDICO CONTEMPORANEO

Quello della crisi del concetto giuridico (ma come abbiamo visto, anche filosofico) di “persona” è un tema che si pone al crocevia di una serie di filoni di studio che hanno fortemente egemonizzato il dibattito dottrinale italiano, nel corso quanto meno dell’ultimo decennio, anche in ragione delle implicazioni sociali ad esso sottese. Come è stato acutamente osservato, infatti,

Nessun campo e nessuna problematica meglio della giuridificazione della persona mostrano come se da una parte il diritto è uno strumento di una possibile emancipazione, dall’altra è però invischiato nella costruzione del soggetto di potere. Viene portato così alla ribalta uno dei temi cruciali della società postmoderna e cioè il complesso rapporto di interdipendenza fra realtà sociale e discorso giuridico, in cui quest’ultimo finisce per giocare spesso una funzione costitutiva della prima19. Si pensi soltanto al dibattito bio-giuridico sulla questione dell’inizio e della fine della vita umana, in cui il corpo è diventato davvero il “luogo pubblico”20 in cui si sono scontrate le diverse concezioni della persona, in molti casi diametralmente opposte tra di loro, ed in cui il corpo, in quanto vita biologica, è stato fatto coincidere, sic et simpliciter, proprio con il concetto di persona. In questa prospettiva, quindi, ogni forma di de-ontologizzazione di questo concetto, finalizzata cioè a distinguere e a radicalizzare il dualismo anima/corpo – de-ontologizzazione che sarebbe riconducibile proprio alla distinzione cartesiana tra res cogitans e res extensa –, altererebbe quella “equilibrata” valorizzazione antropologica e giuridica che avrebbe – il condizionale è d’obbligo – caratterizzato l’idea stessa di persona nella cultura occidentale, per quasi due millenni21.

Ancora, si consideri il più recente dibattito dottrinale in materia di “beni comuni”, in cui l’attenzione degli studiosi italiani non si è soffermata soltanto sul concetto di “comune” e sul superamento della dicotomia “Diritto pubblico/Diritto privato”, in una prospettiva di decostruzione del concetto di proprietà, così come positivizzato nei Codici civili borghesi ottocenteschi, ma si è focalizzata anche sull’idea di “soggetto proprietario”. La critica, quindi, al concetto codicistico di proprietà privata – ed alle sue più recenti declinazioni permeate dall’ideologia economica “neo-liberista” –, ha inevitabilmente spinto la dottrina più attenta a

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Così MARINI Giovanni, La giuridificazione della persona. Ideologie e tecniche nei diritti della personalità, in ALPA, Guido-ROPPO, Vincenzo (a cura di), Il Diritto privato nella società moderna. Seminario in onore di Stefano Rodotà, Napoli: Jovene, 2005, p. 383.

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Il riferimento è al titolo di un importante lavoro di DUDEN, Barbara, Il corpo della donna come luogo pubblico. Sull’abuso del concetto di vita, Torino: Bollati Boringhieri, 1994.

21

Così, nel dibattito bio-giuridico italiano, PALAZZANI Laura, Il concetto di persona tra bioetica e diritto, Torino: Giappichelli, 1996, pp. 19 ss.

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sottoporre ad un’analisi rigorosa anche il concetto giuridico di “persona”, al fine di rimettere in discussione – insieme all’oggetto-proprietà privata – anche l’idea di “soggetto proprietario”22.

Questi temi riemergono nel presente in forme nuove ed in contesti specifici – se vogliamo settoriali, considerata anche l’ampiezza della discussione dottrinaria –, ma questo non significa che il dibattito attuale si ponga in termini di discontinuità rispetto alla più ampia riflessione giuridica, che si è sviluppata quanto meno nel corso dell’ultimo secolo. Al riguardo, sono proprio gli studiosi di Diritto romano a metterci in guardia dal cedere ad approcci superficiali e, invece, ad analizzare le trasformazioni che stanno assumendo nel presente questi concetti dogmatici in una prospettiva storica, di lungo periodo.

In un suo celebre lavoro sulla questione della pensabilità dei diritti soggettivi, anche quando non si sia in presenza di un soggetto giuridico in carne ed ossa a cui imputare concretamente la titolarità di questi diritti, Riccardo Orestano evidenziava come già il Savigny – e più in generale la “Scuola storica tedesca” nel corso del XIX secolo – tendesse a superare il dualismo tra diritto soggettivo e diritto oggettivo, in quanto incapace di concettualizzare logicamente una serie di istituti – come ad esempio quello della c. d. “eredità giacente” ovvero la figura del tutore a garanzia del patrimonio e dell’esistenza dei minori e dei folli –, saldamente ancorati alla millenaria tradizione giuridica romanistica23.

Ed è sempre Orestano che ci ricorda come lo stesso normativismo kelseniano – la filosofia giuridica mainstream del XX secolo, almeno in Italia – in quanto dottrina pura del diritto era finalizzata, per manifesta intenzione del suo stesso ideatore a

dissolvere il cosiddetto diritto soggettivo in tutte le sue forme di manifestazione: obbligo, soggetto del diritto, come entità diversa dal diritto oggettivo e col concepirlo soltanto come forma speciale o rappresentazione personificata del diritto oggettivo [al fine di superare quella] posizione soggettivistica verso il diritto al cui servizio sta il concetto di diritto in senso soggettivo24.

Di solito, il diritto soggettivo viene inteso come “potere della volontà del soggetto”: questa definizione classica è di solito attribuita al Savigny che però non ne parla mai, per lo meno non dandone una definizione così netta, nel suo Sistema del diritto romano attuale. Al contrario,

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Al riguardo, si rinvia, per tutti a RODOTÀ, Stefano, Il diritto di avere diritti, Roma-Bari: Laterza, 2012, in particolare pp. 105 ss. e MARELLA, Maria Rosaria (a cura di), Oltre il pubblico e il privato. Per un diritto dei beni comuni, Verona: Ombre Corte, 2012.

23

Cfr. ORESTANO, Riccardo, Diritti soggettivi e diritti senza soggetto, in ORESTANO, Riccardo, Azione, Diritti soggettivi, Persone giuridiche. Scienza del diritto e storia, Bologna: Il Mulino, 1978, pp. 115 ss.

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Così ancora ORESTANO, Riccardo, Diritti soggettivi e diritti senza soggetto, p. 161. Ma sempre dello stesso autore, si veda anche il fondamentale lavoro dedicato proprio a questo tema, ossia ORESTANO, Riccardo, «Persona» e «persone giuridiche» nell’età moderna, ivi, pp. 193 ss.

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l’approccio del grande giurista tedesco a questi temi è molto più cauto, basti pensare a ciò che egli scrive, nel paragrafo 4 di questa sua celebre opera, quando parla del diritto soggettivo come di “un potere che spetta a ciascuna persona: una sfera nella quale la volontà di questa regna, e regna col nostro consenso. Siffatto potere noi lo chiamiamo «diritto» di questa persona, nel significato di facoltà: molti invece lo chiamano diritto in senso soggettivo”25.

Significativo è il fatto che sia sempre Savigny, all’inizio del paragrafo 60 del Sistema del diritto romano attuale26, a specificare che

Ogni diritto esiste a causa della libertà morale insita in ciascun uomo. Perciò il concetto primitivo della persona ossia del soggetto di diritti deve coincidere col concetto dell’uomo, e questa primitiva identità dei due concetti si può esprimere con la formula seguente: ogni singolo uomo, e solo l’uomo singolo è capace di diritto.

Un altro studioso di diritto romano, Umberto Vincenti, ha di recente messo in guardia da questa identificazione, che molti giuristi moderni hanno desunto dal diritto romano classico, tra homo e persona: il fatto che ai nostri giorni si insegni che tutti gli uomini sono persone, perché ugualmente capaci di essere titolari di diritti e di obblighi in senso propriamente giuridico, in verità, significa semplicemente che gli uomini non sono cose. Viceversa il fondamento della persona – e quindi dell’uomo – e del suo valore consiste in un presupposto sociale e politico – e cioè che gli uomini sono uguali per natura e per diritto –, presupposto che è il punto di arrivo di una secolare battaglia per i diritti, tutta moderna ed assolutamente impensabile per i giuristi romani.

Il diritto romano, infatti ha limitato la qualità della “persona” in relazione ad uno specifico status in cui un uomo (ma anche una donna, seppur raramente) poteva trovarsi nel corso della sua vita, in quanto

Persona di «diritto proprio» erano gli uomini (o, anche, le donne) riconosciuti idonei ad avere un loro patrimonio, e questo riconoscimento conseguiva dal fatto della premorienza degli ascendenti in linea maschile: la persona «sui iuris» era tale in quanto le erano venute a mancare le persone del padre, del nonno, eventualmente del bisnonno (e oltre almeno in ipotesi)27.

Sono dunque i singoli status personali a portare la cultura giuridica romana a classificare in maniera tassonomica le personae: per Gaio, come è noto, tutti gli uomini o sono liberi o sono

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Von SAVIGNY, Friedrich Carl, Sistema del diritto romano attuale, trad. it. a cura di V. Scialoja, vol. I, Torino: Unione Tipografico- Editrice, 1888, p. 36. Per approfondimenti sul punto, si veda anche DIESSELHORST, Malte, Zur theorie der juristischen person bei Carl Fredrich Von Savigny, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico, Milano, nn. 11/12, pp. 319 ss., 1982/1983.

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Von SAVIGNY, Friedrich Carl, Sistema del diritto romano attuale, vol. II, p. 1.

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schiavi e, così dicendo, egli non fa altro che marcare con enfasi il fatto che gli uomini, proprio in quanto personae, non sono uguali tra di loro e che la loro disuguaglianza è definita dallo status all’interno del quale possono essere concettualmente sussunti.

L’idea quindi di un unico soggetto universale, a cui imputare diritti ed obblighi giuridici che prende il nome di “persona”, non può concettualmente farsi risalire al diritto romano, così come quel quid pluris assiologico che noi contemporanei conferiamo alla persona, in quanto tale, ed alla sua dignità di uomo, si fonda su un presupposto valoriale che non è mai stato minimamente messo a tema all’interno della tradizione giuridica romana28.

Come si vede, è proprio con l’elaborazione dottrinale di Savigny che la categoria giuridica di “persona” comincia lentamente, nel solco della rivoluzione francese, a mutare il proprio carattere funzionale, quale era stato nell’elaborazione dogmatica romana, per diventare il punto di congiunzione tra lo status hominis naturalis e lo status hominis civilis. La persona, insomma, diventa un tutt’uno con il soggetto, la maschera si identifica definitivamente con colui che la indossa, al punto tale che non è più possibile distinguere il vero volto dell’attore da quello della sua “persona”29.

Non si ha più una persona, dunque, si è una persona, ma in questo modo allora quella di “persona” cessa di essere “… una categoria generale all’interno della quale si può transitare, entrandovi e uscendone, come accadeva a Roma, per divenire un predicato implicito in ogni uomo, essa si rivela diversa e sovrapposta al sostrato naturale su cui si impianta”30. Ne consegue che il “dispositivo” filosofico-giuridico della persona si configura come lo “schermo artificiale” che separa inevitabilmente l’uomo dai suoi diritti, mettendo così in crisi l’idea per cui ontologicamente ciascuno di noi, in quanto persona sia, semplicemente per questo motivo, portatore di una serie diritti direttamente imputabili a sé stesso, dal momento della nascita sino a quello della morte.

28

Al riguardo, si veda PEPPE, Leo, Fra corpo e patrimonio. Obligatus, addictus, ductus, persona in causa mancipi, in CORBINO, Alessandro-HUMBERT, Michel-NEGRI, Giovanni (a cura di), Homo, caput, persona. La costruzione giuridica dell’identità nell’esperienza romana. Dall’epoca di Plauto a Ulpiano, Pavia: IUSS Press, 2010, pp. 435 ss.

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Afferma lucidamente ORESTANO, Riccardo, «Persona» e «persone giuridiche» nell’età moderna, p. 203: “Le cose cominciarono a cambiare nel corso del XVIII secolo, quando sotto la spinta ideologica dell’individualismo giusnaturalistico si vollero far coincidere lo «status hominis naturalis» e lo «status hominis civilis», cioè la nozione di uomo come dato naturalistico e la nozione di persona come dato giuridico, sostenendosi che ogni uomo sarebbe di per sé – in quanto tale – portatore di «diritti soggettivi», tutti rapportabili alla sua «potestà di volere», elevata a contrassegno naturale della sua personalità e a elemento motore dei rapporti giuridici a lui facenti capo”.

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4. ALCUNE BREVI OSSERVAZIONI CONCLUSIVE SULL’USO DEL LINGUAGGIO TECNICO- GIURIDICO

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