• Non ci sono risultati.

Criterio morfologico

CAPITOLO 1: Parti del discorso e categorialità

2. Le parti del discorso

2.3. Criteri distintivi

2.3.1. Criterio morfologico

Il criterio più evidente, nelle lingue che lo sfruttano, è quello morfologico. Nella maggior parte delle lingue indoeuropee, ad esempio, le parti del discorso sono facilmente individuabili fuori dal contesto in base alla forma delle parole e al tipo di flessione che queste possono seguire. Secondo questo criterio, ad esempio, fumare è classificato come verbo, perché presenta la desinenza –are tipica dell’infinito; qualunque parlante di italiano sa che la stessa radice può essere flessa per modo, tempo, diatesi, persona e numero, conformandosi al paradigma dei verbi.

Il cinese, come accennato, non distingue le parti del discorso nella morfologia lessicale; sono tuttavia individuabili quattro fenomeni morfologici che possono contribuire a distinguere le parti del discorso. Due di questi riguardano le possibilità morfologiche grammaticali26 delle parole: l’espressione della categoria dell’aspetto

verbale tramite affissazione e il raddoppiamento. Gli altri due fenomeni concernono invece la struttura morfologica di alcune parole complesse: si mostreranno alcuni tipi di derivazione e la cosiddetta dummy affixation.

In primo luogo, secondo la grammatica tradizionale solo i verbi possono venire affissati con le particelle aspettuali -了 -le PERF, -着 -zhe CONT e -过 -guo ESP27. La

26 Funzionali alla espressione di valori grammaticali, e non derivazionali. 27 Ma cfr. cap. 5 §1.3 per esempi di aggettivi sensibili alla variazione aspettuale.

42

suffissazione non costituisce l’unica strategia di espressione dell’aspetto, che in altri casi è infatti reso tramite l’impiego degli avverbi 正 zhèng, 在 zài e 正在 zhèngzài PROG. A questi, si può aggiungere il complesso verbale 起来 qǐlai (lett. salire.venire) che segue i verbi esprimendo significato incoativo (‘iniziare’). Di fatto, quindi, una parola che sia compatibile con i valori aspettuali deve essere considerata un verbo (cfr. cap. 3 §2.1).

Il secondo fenomeno morfologico dipendente dalla parte del discorso tipico della lingua cinese è il raddoppiamento. Questo si applica, tra le classi lessicali maggiori, a verbi e aggettivi28, che selezionano pattern diversi: quando la parola a cui si applica il

processo è un bisillabo di tipo AB, i verbi raddoppiano secondo lo schema ABAB, mentre gli aggettivi seguono la struttura AABB (ma cfr. cap. 5 §1.3). Tipicamente, inoltre, il verbo raddoppiato acquisisce aspetto delimitativo29, mentre il significato

dell’aggettivo raddoppiato è intensificato. L’osservazione delle forme reduplicate permette quindi di fare previsioni sulla parte del discorso della forma base.

Sia l’affissazione aspettuale sia la reduplicazione sono pertanto processi morfologici che si applicano selettivamente solo a certe parti del discorso. Tuttavia, essi sono sporadici, e non sono applicabili a tutti i membri della parte del discorso in questione: non sono quindi confrontabili con i suffissi flessivi dell’italiano, che sono obbligatori e regolari, e non permettono pertanto l’identificazione sistematica delle parti del discorso. Di natura diversa sono i due fenomeni che seguono, che sono relativi alla struttura morfologica, e non alle possibilità grammaticali, delle parole.

28 Il raddoppiamento dei nomi non realizza una funzione linguistica ma è una strategia di formazione di

parola: cfr. ad es. i nomi di parentela, come 妈妈 māma ‘mamma’. Tra le parole funzione, il

raddoppiamento interessa i classificatori, svolgendo funzione collettiva o iterativa (cfr. Paris 2007). 29 Il valore aspettuale che fa riferimento a una durata breve dell’azione o a una riduzione dell’importanza ad essa attribuita. Ad esempio, il verbo 看 kàn ‘vedere, guardare’ si presenta reduplicato con signficato attenuato nell’es. che segue:

你 看看 吧

nǐ kànkan ba

tu guardare.RDP ES

43

Si individua, in primo luogo, un inventario relativamente limitato di marche che segnalano effettivamente la parte del discorso: ossia di affissi che indicano che la parola che li contiene è un nome o, più raramente, un verbo. Ad es., -性 –xìng ‘natura, proprietà, -ezza, -ità’ è un suffisso derivativo che forma nomi: cfr. ad es. 党性 dǎngxìng ‘spirito di partito’, 磁性 cíxìng ‘magnetismo’ (Arcodia 2008: 183 e ss., cfr. anche cap. 5 § 1.2.1). Le parole che si chiudono con -性 –xìng risultano pertanto portare una marca nominale esattamente come quelle che in italiano si chiudono con –ezza. -性 –xìng appartiene alla categoria dei class nouns individuata da Bisang (1996, 2001) e adottata da Arcodia (2008): formanti dal significato generico da cui possono venir derivati nomi dotati di significato più specifico. Si tratta di una classe potenzialmente enorme, di cui fanno parte formanti come -学 -xué ‘branca del sapere, -logia’ (cfr. 动物学 dòngwùxué ‘zoologia’ < 动物 dòngwù ‘animale’), -家 –jiā ‘esperto, artista, -ista’ (cfr. 政治家 zhèngzhìjiā ‘politico’ < 政治 zhèngzhì ‘politica’), -员 –yuán ‘addetto, membro, -logo’ (cfr. 服务员 fúwùyuán ‘persona di servizio’ < 服务 fúwù ‘servire’). Tutte le parole che includono questi formanti portano la marca morfologica del nome.

Oltre ai class nouns, con Arcodia (2008: 153) si possono citare altri elementi morfologici che danno indicazioni sulla classe di parola. Si individua un gruppo di formanti suffissali prodotti con traduzioni ibride dall’inglese, come -吧 -bā ‘bar’, che compare ad es. in 网吧 wǎngbā ‘internet cafè’ < 网 wǎng ‘rete’, e funziona quindi come marca nominale. Vi è poi un morfema semi-libero: -者 -zhe ‘colui che’, che forma nomi agentivi30. Senza entrare nel merito della fine analisi morfo-sintattica che

porta Arcodia a separarlo dai class nouns, di fatto il formante, quando compare come suffisso, indica che la parola che lo include è un nome31: cfr. ad es. 记者 jìzhě

‘giornalista’ < 记 jì ‘ricordare, annotare’. Un altro morfema che marca nomi è il prefisso 所- suǒ-, che compare in parole quali 所见 suǒjiàn ‘quello che si vede’, 所知 suǒzhī ‘quello che si sa’, 所在 suǒzài ‘dove ci si trova, luogo’ (Yip 2000: 68).

30 Un dettagliato resoconto storico dello sviluppo di –zhe si trova in Yap & Wang (2011).

31 Salvo sparute eccezioni in cui compare un elemento omonimo: 或者 huòzhě (avv.) ‘forse’, (cong.)

44

Discorso a parte merita il suffisso -化 –huà, la cui funzione primaria è di derivare verbi con significato causativo-trasformativo (cfr. ad es. 丑化 chǒuhuà ‘denigrare’, da 丑 chǒu ‘brutto’). Non si può tuttavia affermare che -huà, che pure è un suffisso di derivazione verbale, sia una marca morfologica che segnala univocamente che la parola che la porta è un verbo. Vi sono infatti numerose parole composte con –huà che sono indubbiamente nomi (Baxter & Sagart 1998), e nella fattispecie tipici nomina actionis, deverbali che rappresentano l’evento come un’entità: cfr. ad es. 演 化 yǎnhuà ‘evoluzione’ < 演 yǎn ‘agire, evolvere’; 标准化 biāozhǔnhuà

‘standardizzazione’ < 标准 biāozhǔn ‘standard’; 语法化 yǔfǎhuà

‘grammaticalizzazione’ < 语法 yǔfǎ ‘grammatica’. Secondo l’analisi di Zhang (2002), questo si verifica perché il suffisso –huà ha subito un progressivo indebolimento del valore verbale, che lo ha portato a divenire, da suffisso che deriva verbi transitivi, suffisso verbale intransitivo, suffisso aggettivale e infine suffisso nominale. -化 –huà non può pertanto essere considerato marca di parte del discorso.

Il quarto fenomeno morfologico del cinese utile a distinguere le parti del discorso è la dummy affixation, ossia l’affissazione con formanti semanticamente vuoti (Wang 1998, Packard 2000, Lin 2001). -子 -zi, -儿 -r e -头 –tou sono i tre affissi che compaiono come secondi componenti di nomi bisillabici, pur non svolgendo necessariamente funzione derivativa (per gli ultimi due cfr. Arcodia & Basciano 2012). Cfr. ad es. 鞋子 xiézi ‘scarpa’ < 鞋 xié ‘scarpa’, 块儿 kuàir ‘pezzo’ < 块 kuài ‘pezzo’, 石头 shítou ‘pietra’ < 石 shí ‘pietra’. La gran parte delle parole formate con questi suffissi porta la marca morfologica del nome.

Ciò che emerge chiaramente dai dati appena presentati è la marginalità dei fenomeni di distinzione morfologica delle parti del discorso: di fatto, salvo casi relativamente rari quali i class nouns e le altre forme suffissate, la morfologia del cinese non dà indicazioni sulla classificazione in parti del discorso.

Concludendo questa sezione, si può anticipare un punto che verrà sviluppato più avanti (cap. 2 §2): la morfologia relativa alle classi di parola costituisce un limite alla flessibilità delle parti del discorso. Questo significa che se un parlante italiano vuole usare un verbo in funzione di nome può farlo, ma deve sottostare ai vincoli della morfologia: potrà usare l’infinito nominale come in fumare fa male, ricorrere a una nominalizzazione morfologica come in il fumo fa male, ma non potrà impiegare il

45

verbo flesso *tu fumi fa male. È completamente diversa, come si mostrerà, la situazione in lingue morfologicamente povere, come il cinese e l’inglese.