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La descritta prassi applicativa ha l’indiscutibile merito di estendere l’ambito di applicabilità del diritto antitrust anche nei settori fortemente regolamentati impedendo che le imprese sfruttino l’eccesso di regolamentazione come esimente dei propri opportunistici comportamenti anticoncorrenziali.

Al tempo stesso però pone un problema di certezza del diritto, dal momento che espone le imprese al rischio di sanzione per condotte che non presentano profili di antigiuridicità sotto il profilo regolamentare e possono essere il frutto di una diversa valutazione di “politica economica” da parte delle Autorità di concorrenza.

Per circoscrivere la portata dei citati precedenti giurisprudenziali e amministrativi europei, e mitigare l’evocato rischio si può tuttavia osservare come essi siano frutto delle particolarità del caso di specie, e siano stati indotti dalla necessità “curare” con il diritto antitrust i fallimenti di mercato provocati o quantomeno non impediti dalle ANR323.

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In proposito si rinvia alla copiosa letteratura sui “fallimenti di mercato”, cfr.S.G. BREYER, Regulation and its reform, Cambridge- Londra, 1982; S. G. BREYER, R. B. STEWART, Administrative law and regulatory policy, Boston-Toronto, 1979, pag. 12 e

Nel caso Deutsche Telekom, la condotta del regolatore tedesco non era stata del tutto irreprensibile giacché l’attività del regolatore non aveva minimamente impedito gli abusi del gestore storico (essendone, semmai, corresponsabile). Emblematicamente il Tribunale evidenzia che “non si può escludere che le autorità tedesche abbiano parimenti violato il diritto comunitario” (sentenza citata, par. 265)324.

Nel caso Telefonica, la Commissione europea precisa come l’apparente antinomia di giudizio rispetto al regolatore spagnolo sia dovuta alla circostanza che “il modello di costo impiegato da quest’ultimo non sia basato su dati storici relativi ai costi effettivamente sostenuti da Telefonica, bensì su stime ex ante elaborate da un consulente esterno sulla base di informazioni fornite dalla stessa Telefonica nel 2001” (par. 1..4.1). Infatti, lo stesso regolatore spagnolo, al pari del consulente esterno, avevano dichiarato “di non essere in possesso di tutti i dati necessari per applicare il test del margin squeeze” (par. 495-496). Perciò, “in tali circostanze” di asimmetria informativa, la Commissione europea ha ritenuto “ingiustificato e irragionevole applicare al caso di specie i costi utilizzati nelle decisioni del regolatore spagnolo” (par. 501; v. anche par. 511)325.

Nel caso Telekomunikacja Polska la Commissione europea ha sentito l’esigenza di quantificare la sanzione antitrust detraendo dall’ammontare ipotizzato in base alla gravità dell’abuso quelle (poche) ammende che l’operatore segg.; G.J.STIGLITZ, Economics of the public sector, New York-Londra, 1988, 2ª ed., pag. 61 e segg.; G.J.STIGLER, Mercato, informazione, regolamentazione, Bologna, 1994, pag. 301 e segg.; A.OGUS, Regulation: legal form and economic theory, Oxford, 1994; R. BALDWIN,C.MCCRUDDEN, Regulation and Public Law, London, 1987; C.R.SUNSTEIN, After rights revolution - Reconceiving the Regulatory State, Cambridge, 1990, pag. 49 e segg.; A.PETRETTO, Mercato, organizzazione industriale e intervento pubblico, Bologna, 1993.

324

M.MONTI, Managing the insersection of utilities regulation and EC Competition Law, in The Competition Law Review, 4, 2, pp. 123-145, Luglio 2008, rileva come di fatto tale sentenza dimostrerebbe come la Commissione europea “curi” con il diritto antitrust i fallimenti di mercato provocati dalle ANR. Tale soluzione sarebbe però solo temporanea nelle more del raggiungimento di maggiore indipendenza delle ANR dai poteri nazionali (i quali condizionavano sia l’ANR tedesca che quella spagnola).

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Anche il giudice comunitario ha stabilito che, sebbene avesse analizzato in parte fenomeni di margin squeeze, l’ANR spagnola si era basata su dati di costo che “Telefonica non poteva non sapere […] che non corrispondevano alla realtà”.

polacco aveva già versato alla locale ANR per le violazioni regolamentari relative ai medesimi fatti considerati da Bruxelles. Il che fa ritenere l’intervento della Commissione europea quale suppletivo a fronte del limitato intervento dell’ANR.

È possibile dunque osservare in conclusione che nonostante l’apparente pervasività del controllo antitrust, frutto delle concrete modalità applicative della teorica in esame, esso si sia di fatto ritagliato – almeno in ambito europeo – un ruolo sussidiario, con applicazione circoscritta ai casi in cui la regolazione di settore, nella sua concreta applicazione, determini effetti contrastanti con le finalità antitrust o non sia stata effettivamente in grado di promuovere e assicurare una conformazione del mercato sufficientemente pro-concorrenziale326.

Considerazioni opposte valgono viceversa in ambito nazionale alla luce del menzionato caso Telecom A428.

A differenza della Commissione nel menzionato caso Telekomunikacja Polska, l’AGCM non ha contesta all’incumbent di aver opposto KO falsi. Né ha contestato di aver posto in essere verifiche ulteriori e diverse rispetto a quelle imposte dalla regolamentazione. Contesta invece radicalmente le scelte organizzative che a suo dire sarebbero alla base della proliferazione dei KO.

Accertato che le modalità di fornitura dei servizi all’ingrosso non sono autonomamente definite da Telecom ma dettagliatamente imposte dalla normativa di settore, l’AGCM avrebbe dovuto chiudere il caso senza accertamento dell’infrazione perché come visto non sono imputabili comportamenti imposti dalla legge. È stato invece sufficiente l’acritico riferimento alla teoria della complementarietà dell’intervento antitrust per imporre una sanzione amministrativa di oltre 103 milioni di Euro.

Evidente è dunque qui, sotto le mentite spoglie dell’enforcement antitrust, la volontà di contestare un modello regolamentare (l’equivalence of output) per spingere il mercato ad accelerare la riforma verso lo scorporo della rete.

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Cfr. sul punto M.FILIPPELLI, Telecom Italia e Trinko: la dialettica tra norme antitrust generale e disciplina regolatoria nelle telecomunicazioni in Europa e negli Stati Uniti, in Riv. Dir. Ind, 2009, pp. 24 ss.

7. Il perseguimento di interessi ulteriori nell’enforcement antitrust: