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Abbiamo visto che secondo la prassi applicativa in esame, se la regolazione settoriale interviene ex ante a definire un quadro di regole ispirate al principio della concorrenza e compatibili con il mercato, l’intervento antitrust si colloca nella fase a valle, essendo volto a verificare ex post l’eventuale illiceità di comportamenti, che, pur formalmente conformi alla regolazione, sono tuttavia idonei a generare effetti anticompetitivi. Abbiamo altresì visto che ciò succede quando le regole lasciano agli operatori margini di discrezionalità nella loro applicazione e non coprono, come è ovvio che sia, fin nel minimo dettaglio le loro condotte. In questo senso i due strumenti, insieme, garantiscono una più completa tutela del mercato.

Occorre a questo punto verificare come in concreto possano intervenire le autorità di concorrenza nel suddetto contesto regolamentato, una volta verificato che l’impresa aveva effettivi margini di manovra. Entriamo così nel secondo ordine di problemi oggetto di analisi.

Al riguardo occorre chiedersi anzitutto se nell’applicare le norme a tutela della concorrenza si possa tenere conto di finalità diverse da quella di salvaguardare la competizione tra le imprese e il pluralismo economico. E quindi se qualcuno degli obiettivi stabiliti nel Trattato e sviluppati dalla regolazione possa essere preso in considerazione nell’applicazione del diritto della concorrenza.

In passato vi è stata qualche decisione che ha tenuto conto di obiettivi – diversi dalla salvaguardia della concorrenza – menzionati nei Trattati.

Al riguardo basta citare la decisione Ford/Volkswagen del 1992327, con la quale la Commissione europea esentò dal divieto un’intesa che l’Autorità antitrust tedesca intendeva vietare. In particolare, si trattava di una joint venture costituita

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Decisione della Commissione, del 23 dicembre 1992, relativa ad una procedura a norma dell’articolo 85 del trattato (IV/33.814 - Ford/Volkswagen) GUCE n. L 020, 28.01.1993 pag. 0014 – 0022.

per la produzione di monovolume tra due delle principali imprese del mercato automobilistico europeo. L’Autorità tedesca valutava negativamente l’intesa sotto il profilo concorrenziale. La Commissione, invece, decise di autorizzare in via eccezionale l’accordo, perché “il progetto costituisce il maggior investimento singolo estero mai effettuato in Portogallo. Si ritiene che esso porti, fra l’altro, alla creazione di circa 5.000 posti di lavoro e crei indirettamente fino a 10.000 posti di lavoro[…]. Il progetto contribuisce quindi alla promozione di uno sviluppo armonioso della Comunità e alla riduzione delle disparità regionali, il che costituisce una delle finalità fondamentali del trattato”.

Analogamente, in una decisione successiva (1994, nel caso Philips/Osram328), la Commissione autorizzò una joint venture tra i principali costruttori europei di lampadine, non solo per questioni di efficienza, ma anche sulla base delle conseguenze positive in termini di salvaguardia ambientale.

In ambito nazionale, si può citare al riguardo la nota vicenda Alitalia, in cui la tutela della concorrenza, come strumento per incrementare il benessere economico, è stata postergata, dal legislatore ad altri valori considerati di rango costituzionale superiore, rientranti tra le finalità sociali e non economiche, garantite dall’art. 41 Cost e dall’art. 1 TUE (sicurezza, dignità, libertà umana, etc329.

328

Decisione della Commissione, del 21 dicembre 1994, riguardante un procedimento a norma dell’articolo 85 del trattato CE e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (IV/34.252 - Philips-Osram), GUCE L 378, 31.12.1994, p. 37-44.

329

Cfr. sentenza Corte costituzionale n. 270/2010, Foro it., 2010, I, 2901, con nota di PALMIERI PARDOLESI. Venendo al caso Alitalia, a seguito del crack della compagnia di bandiera, l’intervenuta modifica legislativa sull’amministrazione straordinaria ha consentito di assicurare la prosecuzione dell’attività imprenditoriale in crisi, tutelando in primis i lavoratori, autorizzando un’operazione di concentrazione delle due principali compagnie aeree italiane, Alitalia ed Air One. Sul punto cfr. anche M. LIBERTINI, I fini sociali come limite eccezionale alla tutela della concorrenza. Il caso del decreto Alitalia, in Giur. Cost, 2010, p. 3296; S. SPUNTARELLI, Poteri pubblici e costituzione dell’economia nel ’singolare’ caso Alitalia, in Foro Amm. TAR, 2009, pp. 1444-1459; C. OSTI, Alitalia: la dolorosa istoria, in Mercato, concorrenza e regole, 2/2008, 317 e ss.; L.STECCHETTI, Law cost: ripercussioni della legge ‘salva Alitalia’, in Mercato, concorrenza, regole, 2008, 513; A. NUZZO, Parmalat, Alitalia e simili: occupazione, risparmio e via italiana nella gestione delle crisi d’impresa, in Analisi giuridica dell’economia, 2009, 110; M. BONINI, Caso Alitalia: ricostruzione della

Da allora, però, la tutela della concorrenza nella prassi della Commissione e delle Autorità nazionali è sempre stata considerata come self contained, cioè come una politica affidata a forme di attuazione meramente tecnica con esclusione di forme di bilanciamento con altri interessi oggetto di differenti politiche europee.

In questa prospettiva, la valutazione di un’intesa ai sensi del diritto della concorrenza andrà effettuata esclusivamente alla luce dei criteri stabiliti dall’art. 101 TFUE, ad esclusione di considerazioni attinenti ad altre politiche dell’Unione 330 . Anche se non manca qualche minoritaria posizione dottrinale331che prospetta la possibilità di impiegare anche in questo campo la tecnica del bilanciamento. In questa prospettiva, la mancata considerazione della concorrenza, da parte del Trattato di Lisbona, tra le finalità generali dell’Unione potrebbe avere l’effetto di accentuare la permeabilità delle politiche di concorrenza nei confronti di obiettivi fondamentali dell’ordinamento dell’Unione.

vicenda alla luce della disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato e sul mercato comune, in Rivista it. Diritto pubblico comunitario, 2009, 787; P. FILIPPI, Amministrazione straordinaria Alitalia: la deroga al divieto di concentrazione e l’utilità sociale del salvataggio, in Il fallimento, 2011, 2, 145.In particolare, la crisi di Alitalia ha indotto il legislatore a modificare il testo del D.L. n. 347/2003 modificandolo con il D.L. 28 agosto 2008, n. 134 convertito con modificazioni nella legge 27 ottobre 2008, n. 166 35, per velocizzare l’instaurazione dell’amministrazione straordinaria per le imprese che operano “nei servizi pubblici essenziali”. Tale procedura può essere applicata anche quando sia finalizzata alla cessione. Cfr., tra i commenti sul D.L. n. 134/2008: A CAIFA, La ristrutturazione delle grandi imprese affette da crisi industriale, in Le procedure concorsuali nel nuovo diritto fallimentare, a cura di ACAIFA, Torino, 2009, p. 703; ID., La disciplina delle vicende traslative dell’azienda. Ristrutturazione di grandi imprese in crisi, in Dir. e prat. lav., 2009, p. 23 ss.; G.LO CASCIO, Insolvenza Alitalia: una nuova versione dell’amministrazione straordinaria, in Fall., 2008, p. 1117 ss.; ID., Alitalia: conversione del decreto legge sull’insolvenza, in Fall., 2008, p. 1366; P.MANGANELLI, Da Parmalat ad Alitalia: strumenti di gestione della crisi d’impresa, in Dir. e prat. soc., 2008, 23, p. 28; C.PESSINA-L.PITTALUGA, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi: il concordato, Impresa commerciale industriale, 2005, 4, p. 616. 330

G.PITRUZZELLA, Regolazione e concorrenza, Relazione al 60° Convegno di studi amministrativi, Varenna, 18-20 ottobre 2014.

331

ECANNIZZARO, Il bilanciamento dei diritti fondamentali e l’art. 117, 1 comma, Cost., in Riv. Dir.Int, 2010, 1.10.2012.

Rimane tuttavia che anche ammettendo la sola finalità pro-concorrenziale nell’applicazione del diritto della concorrenza, il discorso dell’interesse perseguito (in termini privatistici) o della funzione (in termini pubblicistici) dell’enforcement antitrust rimane scivoloso e passibile di una pluralità di interpretazioni.

Basti qui evidenziare che un comportamento non può essere giudicato anticoncorrenziale o pro – competitivo in astratto, bensì esclusivamente in relazione ai diversi valori – sottesi o comunque, connessi a un sistema di mercato concorrenziale – che si ritiene debbano essere perseguiti dalle norme antitrust332: valori che possono includere, secondo la tradizionale impostazione di stampo ordo-liberale, la protezione delle piccole e medie imprese, la garanzia delle pari opportunità, la correttezza nelle relazioni industriali, la dispersione del potere economico in un’ottica statica di mantenimento di un assetto strutturale del mercato aperto e pluralistico risultante dall’esercizio delle libertà economiche individuali333; ovvero valori che possono esaurirsi nella salvaguardia di dinamiche competitive atte a produrre i risultati benefici generalmente ascritti al gioco della concorrenza in ottica dinamica, in termini di efficiente allocazione delle risorse e promozione degli interessi dei consumatori, secondo la tradizionale impostazione della cd. scuola di Chicago334, timidamente recepita a partire dal 2009 anche in Europa negli Orientamenti sulle Condotte Unilaterali escludenti335; ovvero ancora

332

Secondo E. M. Fox , “definitions have cultural and normative content. What is harm to competition in not pure, scientific, and absolute”, in E.M.FOX What is harm to competition? Exclusionary practices and anti – competitive effect , in Antitrust Law Journal, 2002, p. 371.

333

Si veda per tutti, G.AMATO, Antitrust and the bounds of power: the dilemma of liberal democracy in the history of the market, 1997.

334

Cfr. in particolare, R.A.POSNER, The social cost of monopoly and Regulation, in Journal of Political Economy, 1975, p. 805; ID, Antitrust Law: An Economic Perspective, 1976. Sull’origine della Scuola di Chicago v. R. POSNER, The Chicago Law School of Antitrust, Univ. Penn. L. R., 925 (1979), n. 127; G. STIGLER, The Organization of Industry, Chicago, University of Chicago Press, 1968. Sul tema vedi anche A. CUCINOTTA , R. PARDOLESI , R. J. VAN DEN BERGH, Post-Chicago Developments in Antitrust Law, Hardback, 2002.

335

Cfr. Orientamenti sulle priorità della Commissione nell’applicazione dell’articolo 82 del trattato CE al comportamento abusivo delle imprese dominanti volto all’esclusione dei concorrenti, C (2009) 864, 9 febbraio 2009, disponibili sul sito internet

valori che possono estendersi all’integrazione di Stati indipendenti, come in Europa, in cui la disciplina della concorrenza è stata concepita come funzionale all’obiettivo politico dell’integrazione del mercato comune336.

Lo stesso paradigma dell’interesse del consumatore come obiettivo centrale della normativa antitrust, tanto enfatizzato nei citati Orientamenti del 2009, si presta ad una certa ambiguità337, in quanto può essere vista in vari modi: come un indicatore dell’effetto delle condotte sull’efficienza, come orientamento della normativa all’obiettivo finale della massimizzazione del benessere del consumatore finale, rispetto al quale il processo concorrenziale diventa un mezzo; ovvero come un criterio volto a una migliore valutazione delle condotte delle imprese sul mercato, al fine di evitare che la loro attività in effetti pro – concorrenziale sia limitata da un’applicazione formalistica delle norme, nel contesto tuttavia di un orientamento volto a proteggere il funzionamento del processo concorrenziale. Non a caso in dottrina si è parlato ci “relazioni pericolose” tra antitrust e interesse dei consumatori338.

L’approccio assiologico alla delimitazione dei confini tra regolamentazione e antitrust sconta pertanto un limite insuperabile nella natura dinamica e pluri – funzionale della stessa disciplina concorrenziale.

Come non esiste un unico obiettivo della regolamentazione (v. Capitolo I, par. 8), così lo stesso enforcement antitrust risponde ad una pluralità di funzioni a seconda del modello di concorrenza che si assume a paradigma, per cui non status dei prezzi predatori e degli sconti selettivi nel diritto antitrust europeo, in Mercato Concorrenza Regole, 2013, 267.

336

Sul tema, v. ex multis, D.GERBER, The transformation of European Community Competition Law, in Harvard International Law Journal, 1994, p. 97 ss.

337

Cfr. la discussione fra G.AMATO –M.SCHWEITZER –P.DENOZZA –D.STRALLI

BRASS – A. NICITA, Tutela della Concorrenza e tutela dei consumatori. Due temi confliggenti?, in Mercato Concorrenza e Regole, Agosto 2009, XI, n. 2, p. 381 – 400. Cfr. G.BRUZZONE –M.BOCCACCIO, Il rapporto tra tutela della concorrenza e tutela dei consumatori nel contesto europeo:una prospettiva economica, Convegno AGCM – Luiss- Università degli Studi Roma tre, Roma, 29 gennaio 2010.

338

A. PERA, Le relazioni pericolose: antitrust e interesse dei consumatori, in BARUCCI P. RABITTI BEDOGNI C. (a cura di), 20 anni di antitrust. L’evoluzione dell’autorità Garante della concorrenza e del mercato, 2010, 913 ss.

sembra possibile fare riferimento alla categoria dell’interesse giuridicamente protetto come meccanismo di soluzione delle antinomie.

Per di più, gli obiettivi dinamici non sono definibili e implementabili in base a scelte tecniche dotate di un margine accettabile di determinabilità. Al contrario, il perseguimento di questi obiettivi richiede il compimento di scelte opinabili che riflettono il grado di apprezzamento dell’obiettivo da parte del decisore. Adottando un approccio assiologico si rischia quindi di compromettere definitivamente ogni possibilità di fare riferimento a parametri univoci339.

Appare emblematica in questo senso la più recente esperienza del diritto antitrust americano, che proprio facendo leva sulla differenza di obiettivi e strumenti del diritto regolamentare rispetto all’enforcement antitrust giunge al risultato – opposto rispetto a quello postulato dalla teorica in esame – di dedurre il primato del primo sul secondo340. La Corte Suprema ha stabilito che, quando si è in presenza di un mercato sottoposto a una regolazione dettagliata e specialistica con obiettivi pro – concorrenziale – nel caso in esame si trattava dei mercati finanziari – si può giustificare una antitrust immunity per le attività che siano esplicitamente o implicitamente autorizzate dalla regolazione settoriale e per le attività strettamente connesse con quelle autorizzate. In tal modo, la regolazione settoriale finisce per prevalere sul diritto della concorrenza. E così è stato nel caso in esame341.

Ne discende a nostro giudizio l’impraticabilità di un’analisi astratta e meramente assiologica facente leva sull’interesse protetto342 – come quella

339

Cfr. DENOZZA.F., Il progetto teorico dell’analisi economica del diritto antitrust e il suo fallimento, in BARUCCI P.–RABITTI BEDOGNI C. (a cura di), 20 anni di antitrust. L’evoluzione dell’autorità Garante della concorrenza e del mercato, 2010, 775 ss.

340

Supreme Court of the United States, Credit Suisse Securities v. Billing et al, 551 U.S. 264, 2007.

341

Identica soluzione è stata adottata in precedenza proprio in materia di telecomunicazioni: Supreme Court of the United States, Verizon v. Trinko, 540 U.S. 398, 2004

342

Ad esempio, il Tar Lazio con sentenza 26 gennaio 2012, n. 865, analizzando una sanzione dell’AGCM per abuso di posizione dominante in materia di trasporti ferroviari, ha ritenuto che la competenza dell’AGCM coesiste con la competenza dell’organismo preposto allo specifico settore dei servizi ferroviari, vale a dire l’URSF, in ragione della

tralatiziamente suggerita e recepita dal tradizionale orientamento giurisprudenziale nazionale e europeo già in precedenza commentato e criticato – per tentare di conferire certezza e prevedibilità all’intervento antitrust anche rimanendo nel solo solco dell’ottica meramente pro-concorrenziale del suddetto intervento.

8. Il principio di coerenza regolamentare nell’applicazione del diritto