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Muoviamo anzitutto dalla prima delle questioni sopra indicate. Lo stato dell’arte è caratterizzato da una situazione lineare sotto il profilo concettuale, ma complessa e variegata sotto il profilo pratico applicativo.

In base ad un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, sviluppatosi proprio con riferimento al settore delle telecomunicazioni, i rapporti tra la disciplina antitrust e la regolazione settoriale non si configurano in termini di esclusione, ma di complementarietà288. Le due discipline perseguono, infatti, finalità solamente in parte coincidenti289: l’una (la disciplina antitrust) si occupa

287

V. A.ZITO, Mercati (Regolazione dei), in Enc. Dir. Annali III, Milano 2010, 805 ss, il quale ricostruisce in termini “unitari” la nozione di regolazione includendovi anche la disciplina antitrust, sia pure evidenziandone i tratti distintivi. Secondo l’autore, la normativa a tutela della concorrenza e la “conseguente attività del pubblico potere sono rivolte a garantire un principio d’organizzazione del mercato che ha un’indubbia portata regolativa delle relazioni che nel mercato stesso si svolgono”, ivi, p. 812. Sulla portata normativa delle decisioni antitrust cfr. in particolareG.F.LICATA, Provvedimenti antitrust a contenuto normativo, Giuffrè, 2013, in particolare pp. 161 ss.

288

Cfr. G. DELLA CANANEA, Complementarietà e competizione tra le autorità indipendenti, in BARUCCI P. RABITTI BEDOGNI C. (a cura di), 20 anni di antitrust. L’evoluzione dell’autorità Garante della concorrenza e del mercato, 2010, 913 ss.

289

Con riferimento alle differenze strutturali tra l’attività di regolazione e l’intervento antitrust e la loro complementarietà, si v. S. CASSESE, Regolazione e concorrenza, in G.TESAURO -M.D’ALBERTI (a cura di), Regolazione e concorrenza., che

di intervenire nei confronti delle condotte delle imprese che ostacolano o impediscono la concorrenza; l’altra (la regolazione settoriale), attraverso regole generali fissate a priori, mira a definire gli assetti di mercato, conformandoli ai principi della concorrenza, dell’efficienza e del progresso tecnologico, rimedia a esternalità negative290.

Se, dunque, la regolazione settoriale interviene ex ante a definire un quadro di regole ispirate al principio della concorrenza e compatibili con il mercato, l’intervento antitrust si colloca nella fase a valle, essendo volto a verificare ex post l’eventuale illiceità di comportamenti anticompetitivi, laddove le ‘regole’ lascino agli operatori margini di discrezionalità nella loro applicazione e non disciplinino fin nel minimo dettaglio le loro condotte291.

L’idea di fondo è che la regolamentazione non può oggettivamente prevedere qualsiasi comportamento delle imprese, pena l’annullamento di ogni autonomia imprenditoriale, a danno degli utenti dei servizi292. La concorrenza non

precisa la nozione di regolazione, differenziandola dalla nozione di concorrenza. Cfr. In termini anche S. LITTLECHILD, The regulation of British telecommunications’ profitability, London, Departement of Industry, 1983, par. 4.11. Si v. altresì M.DE VITA, Regolamentazioni pubbliche: principi comunitari e disciplina antitrust, in II dir. Dell’Unione Europea, n. 4, 1997, p. 707. Con riguardo specifico al settore delle telecomunicazioni si v. V. PISAPIA, Note in tema di ripartizione delle competenze tra «autorità per le garanzie nelle comunicazioni» e «antitrust», in Pol. del dir., n. 2, 1999, p. 241.

290

Con riferimento agli aspetti caratterizzanti il rapporto tra l’attività di regolazione economica e l’intervento a tutela delle concorrenza in ottica di complementarietà si v., da una prospettiva della teoria economica, G.CERVINI -M.D’ANTONI, Monopolio naturale, concorrenza, regolamentazione, Carocci, 2001.

291

Cfr sul punto M. CLARICH, Regolazione e concorrenza nelle comunicazioni elettroniche, in R. PEREZ (a cura di), Il nuovo ordinamento delle comunicazioni elettroniche, p. 15 ss.

292

In dottrina, su quest’ordine di idee cfr. R. BALDWIN, Rules and Government, Oxford, Clarendon press, 1995; A.OGUS, Regulations, legal form and economic theory, Oxford, Clarendon press, 1994; G.MAJONE (a cura di), Deregulation or re – regulation?, London, Pinter, 1989; R.BALDWIN,C.MCRUDDEN, Regulation and public law, London, Weidenfeld and Nicolson, 1987; S. BREYER, Regulation and its reform, Cambridge, Mass., Harvard university press, 1982; R.A.POSNER, Economic analysis of law, Little, Brown, 1992 (4° ed.); T.E.KEELER &S.E.FOREMAN, Regulation and Deregulation in P. Newman (a cura di), The New Palgrave dictionary of Economics and the Law, vol. III, London, Macmillan, 1998, p. 213; R.W. HAHN, Regulatory impact analysis: a

cross-ammette, infatti, l’imposizione di regole “esterne” diverse da quelle del mercato, se non nei limitati casi in cui quest’ultimo, per ragioni tecniche o economiche, non sia in grado di operare autonomamente. In questo senso i due strumenti, insieme, garantiscono una più completa tutela del mercato293.

Conformemente a tale impostazione, la Commissione europea ha espressamente affermato che l’applicabilità delle regole di concorrenza non è esclusa in tutti i casi in cui le disposizioni regolamentari lascino sussistere la possibilità per le imprese di adottare comportamenti autonomi atti a ostacolare, restringere o falsare la concorrenza, riconoscendo che talune fattispecie possono essere soggette sia alle regole di concorrenza sia alle misure nazionali o europee specifiche del settore, e confermando così la sussistenza di un doppio controllo, antitrust e regolatorio294.

Il principio dell’applicabilità delle regole di concorrenza in presenza di specifiche regolazioni settoriali ha ormai ricevuto il pieno avallo dalle Corti europee.

Come recentemente rilevato dal Tribunale di primo grado “le norme in materia di concorrenza previste dal trattato CE completano, per effetto di un esercizio di controllo ex-post, il contesto normativo adottato dal legislatore

country comparison, in P. NEWMAN (a cura di), The New Palgrave dictionary of Economics and the Law, vol. III, London, Macmillan, 1998, p. 276.

293

In ordine alla strumentazione normativa che connota l’interventi antitrust si v. G. L.TOSATO –L.BELLODI, Il nuovo diritto europeo della concorrenza. Aspetti procedurali, Giuffrè, Milano, 2004; G. BERNINI, Un secolo di filosofia antitrust. Il modello statunitense, la disciplina comunitaria e la normativa italiana, Il Mulino, Bologna, 1991; P. MARCHETTI – L. C. UBERTAZZI, Commentario Breve al diritto della concorrenza, Cedam, 2001; G. Amato, Il potere e l’antitrust, Il Mulino, Bologna, 1998; A. PERA, Concorrenza e antitrust, Il Mulino, Bologna, 2004; M. ANTONIOLI, Concorrenza e antitrust: aspetti pubblicistici, in Trattato di diritto amministrativo europeo; P.FATTORI – M.DEVITA, Il regime sanzionatorio delle intese restrittive della concorrenza e degli abusi di posizione dominante, Collana temi e problemi dell’Autorità garante della concorrenza e il mercato, Roma , 1996. Si v. anche L.BELLODI, Telecomunicazioni e concorrenza nel diritto comunitario, Editoriale scientifica, Napoli, 1999.

294

Decisione del 21 maggio 2003, COMP/37.451, 37.578, 37.579, Deutsche Telekom; nella medesima direzione muovono anche le decisioni del 4 luglio 2007, caso COMP/38.784, Telefonica, parr. 665 ss., del 22 giugno 2011, caso COMP/39.525, Telekomunikacja Polska parr. 119 ss.

dell’Unione ai fini della regolamentazione ex- ante dei mercati delle Telecomunicazioni”295.

Per la Corte di Giustizia, la presenza di un atto di approvazione o ratifica da parte del regolatore delle condotte investigate non impedisce in ogni caso all’Autorità di concorrenza di sindacare e condannare le medesime condotte. Ciò che rileva è, infatti, la prova della sussistenza di un “margine di manovra” in capo all’impresa soggetta a regolazione tale da consentirle di evitare o terminare autonomamente la condotta abusiva296.

Nella medesima direzione si è mossa la prassi decisionale dell’AGCM e la giurisprudenza nazionale che ha ormai in più occasioni ribadito il principio in base la quale anche la presenza di una copiosa regolamentazione di settore, volta a definire ex ante e in modo puntuale le regole del gioco concorrenziale, non costituisce una ragione per ritenere che nei mercati regolamentati non possano trovare applicazione le regole antitrust297.

I principi espressi dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale in tema di rapporti tra regolamentazione settoriale e applicazione delle regole della concorrenza possono a ben vedere essere inquadrati in un contesto più ampio, nel cui ambito ha trovato ormai pacifica affermazione il principio secondo il quale il carattere illecito di un comportamento alla luce della disciplina antitrust non ha relazione con la sua conformità o meno ad altre norme giuridiche.

Nella giurisprudenza delle Corti europee, la sanzionabilità antitrust di condotte lecite per altri settori dell’ordinamento è stata affermata soprattutto con riferimento alle fattispecie abusive, in quanto “gli abusi di posizione dominante

295

Sentenza del 29 marzo 2012, causa T- 336/07, Telefonica, pt. 293.

296

Sentenza del 14 ottobre 2010, causa C-280/08 Deutsche Telekom, pt. 77 ss.; sentenza del 17 febbraio 2011, causa C-52/09, Telia Sonera, pt. 47 ss.

297

Cfr., per tutte, da ultimo Provvedimento AGCM n. 24339 del 9 maggio 2013, Telecom caso A428, par. 384-290, confermato da Tar del Lazio, sentenza dell’8 maggio 2014, n. 4801, Telecom. In termini v. anche Consiglio di Stato, sentenza del 10 marzo 2006, n. 1271, Telecom, caso A351. Nel caso A351–Comportamenti abusivi di Telecom Italia, ad esempio, l’Autorità garante ha censurato Telecom Italia per aver praticato prezzi al dettaglio eccessivamente bassi e non replicabili dai concorrenti, tenuto conto dei prezzi all’ingrosso applicati a questi ultimi (provvedimento n. 13752, caso n. A351, Comportamenti abusivi di Telecom Italia, in Boll. 47/2004).

consistono, nella maggioranza dei casi, in comportamenti peraltro legittimi alla luce di branche del diritto diverse dal diritto alla concorrenza”298.

In questo contesto, ciò che piuttosto rileva, al fine di integrare gli estremi di un illecito concorrenziale, è la presenza di un intento escludente, da accertare indiziariamente come un quid pluris che si aggiunge alla sommatoria di comportamenti altrimenti leciti. Non si tratta, quindi, di valutare la legittimità di atti alla luce dei vari settori dell’ordinamento investiti, ma di considerare quelle condotte, pur settorialmente lecite, alla luce della loro portata anticoncorrenziale. In tale prospettiva, certi comportamenti di impresa, anche se legittimi dal punto di vista settoriale, possono risultare integrare gli estremi di una fattispecie illecita ai sensi del diritto della concorrenza299.

3. Critica della teorica della complementarietà sotto il profilo teorico