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Immortalata nelle stanze del potere, la vicenda narrata da Paolo Ramusio torna in auge soltanto una trentina d’anni dopo, quando il figlio Girolamo, segretario come il nonno, decide, a causa dell’infermità del padre, che di lì a poco morirà, di completare il progetto ideato da Giovanni Battista, fino ad allora abbandonato per «ragionevoli impedimenti»82. Alla supplica esposta da Girolamo con il fine di assumersi l’incarico e di ottenere a sua volta l’ufficio pubblico da mettere a nome dei propri figli, il Consiglio dei Dieci in data 20 dicembre 1600 risponde positivamente, fissando però a quattro anni il termine entro cui stampare a proprie spese una triplice pubblicazione: in francese della cronaca di Villehardouin (già promessa dal padre), in latino quella della Reductione, in volgare quella di una propria traduzione. Girolamo non perde tempo e coglie l’occasione fornita da una missione diplomatica al seguito degli ambasciatori Giovanni Dolfin e Antonio Priuli, in Francia per congratularsi con Enrico IV del matrimonio contratto con Maria de’ Medici, per far pubblicare l’Histoire ou Chronique du seigneur Geoffroy de Villehardouin (RB 4)83, che esce nel 1601 presso gli eredi di

82 Archivio di Stato, Venezia, Consiglio dei X, Comuni, registro L, c. 105v. Il testo del decreto è riportato in appendice (ATD IV).

83 Villehardouin, G. de, L’Histoire ou Chronique du seigneur Geoffroy de Villehardouin, mareschal de

Champaigne et de Romanie… Ensemble la description de la prinse de Constantinople, extraicte de la fin des Annales de Nicete Coniates, historien Grec et Chancelier des Empereurs Constantinopolitains,

Lione, eredi di Guillaume Rouille, 1601. I particolari si trovano nel manoscritto di pugno dello stesso Girolamo della Cronaca della famiglia Ramusia: «L’anno 1601 23 Aprile andò con li Ambasciatori cavalieri et procuratori ser Giovanni Dolfino et ser Antonio Prioli, a rallegrarsi con Henrico IIII re cristianissimo del matrimonio con Maria de Medici figliuola di Francesco et nipote di Ferdinando Gran Duca di Toscana con la quale occasione Girolamo fece stampare in Lione il testo francese dell’historia del Villharduino, per eseguire l’obligo imposto al padre dall’eccelso conseglio di X et ottene dal detto

Guillaume Rouille, celebre editore attivo a Lione fin dal 1545, forse già in contatto con Giovanni Battista, sicuramente con Paolo. Accompagnata dalla traduzione francese di un drammatico estratto degli annali dello storico Niceta Coniate – operazione già prevista nel progetto di Paolo presumibilmente perché fra l’altro il resoconto bizantino «fait particuliere mention des villes et des provinces de l’empire […] Il traicte des palais royaux et des eglises de toute la cité, descrit la situation de plusieurs lieux avec le nom particulier des montaignes, fleuves et ports»84 – l’edizione, ulteriormente tradotta in italiano in un codice secentesco manoscritto ora alla biblioteca dell’Arsenal di Parigi (RB 5)85, è stata purtroppo nel frattempo scavalcata dall’editio princeps parigina del 1585 basata su di un altro codice di provenienza veneziana e addirittura dedicata dal curatore Blaise Vigenère alla Serenissima Repubblica di S. Marco (RB 3)86. Adempiuto il primo obbligo paterno, ancora insoluto, e che rispondeva come l’edizione Vigenère alla precisa esigenza politica di rafforzare i rapporti tra la Repubblica e la monarchia francese, il Consiglio dei Dieci può finalmente assegnare, il 16 maggio 1603, il beneficio promesso al nonno più di quarant’anni prima87. Ma Girolamo nel frattempo si sta cimentando nella traduzione in volgare dei sei libri De Alexii Isaacii Imperatoris filii reductione et bello constantinopolitano, traduzione letterale di cui ci è rimasta copia molto probabilmente autografa in un codice della Biblioteca Marciana che rispetto al manoscritto registra poche e minime, per quanto interessanti, variazioni (RB 12)88.

Più numerose, dovute forse a ritocchi successivi consegnati da Paolo al figlio in carte familiari, le integrazioni al corpo narrativo della Reductione che propone il testo

conseglio l’anno 1603, 16 Maggio, che l’espettativa del 1556 ch’era a nome di Paolo, et di suo figliuolo, fosse posta a nome d’Antonio, et di Paolo suoi figliuoli» (Ms. Marc. It. VII. 325 (8839), c. 6rv).

84 Villehardouin, G. de, L’Histoire ou Chronique du seigneur Geoffroy de Villehardouin, cit., pp. 3-4: sull’idea di Paolo vedi Zorzi, N., Per la storiografia sulla Quarta Crociata, cit., p. 710.

85 Id., Historia overo cronica del signor Godiffredo di Villa Harduin, mareciale di Ciampagna e di

Romania, rappresentata parola per parola in antica lingua francese… portata in questa lingua dal P. M. L. Reydellet, d. in s. t. in L. C. e C. consegl. e limosinario del Rè Christianissimo. A Lyone, per li heredi di Guiglelmo Rouillé, Bibliothèque de l’Arsenal, Parigi, 8543 (46 Ital.), ff. 106.

86 Id., L’Histoire de Geoffroy de Villehardouyn, cit.. Questa edizione, di cui si conserva una copia con le note manoscritte di Paolo (BNM, Rari 402), potrebbe rappresentare un’ulteriore ragione della sospensione dell’uscita a stampa del De bello costantinopolitano (vedi Zorzi, N., Per la storiografia

sulla Quarta Crociata, cit., pp. 703-708).

87 Archivio di Stato, Venezia, Comuni, registro 53; il testo del decreto è in appendice (ATD V).

88 Ramusio, P., Storia della Guerra dei Veneziani e Francesi contro il Turco nel 1204, Ms. Marc. It. VII. 188 (7773). Ma il titolo, più tardo, è quello registrato dai cataloghi.

latino del De bello Costantinopolitano (RB 13)89, pubblicato nel 1604 da Girolamo in contemporanea alla propria traduzione, Della guerra di Costantinopoli (RB 14)90, che riprendeva la versione manoscritta in volgare aggiungendovi le parti mancanti. Ma soprattutto il De bello Costantinopolitano arricchisce l’opera di Paolo con numerosi paratesti: una lista degli autori che Paolo aveva consultato, alcune composizioni poetiche latine a questi dedicate, tre illustrazioni calcografiche degli imperatori bizantini, un accurato indice dei nomi e delle cose e infine un elenco dei patrizi veneziani che comparivano nella trattazione91. Il contributo geografico di questi apparati, che emulava una prassi consolidata e già adottata dai Manuzio, è enorme: attraverso le possibilità diagrammatiche della pagina stampata è ora possibile restituire con maggiore precisione l’ordine spaziale inerente al racconto fornendo un ampio indice che permette di individuare in qualsiasi momento le località e stabilirne gli esatti toponimi; d’altra parte la Guerra, che di questo indice rimane sprovvista, rimedia con l’inserimento della rubricazione a margine, che sostituisce tanto la divisione in paragrafi, di senso narrativo, delle traduzioni di Giovanni Battista quanto la calligrafica pagina continua del testo latino tanto manoscritto quanto edito, sottolineando i momenti salienti della vicenda ma anche segnalando alla curiosità del lettore attraverso i nomi dei vari siti trattati le numerose descrizioni appositamente confezionate. Anche gli altri interventi che Girolamo fa nella traduzione in volgare della Guerra, secondo Emilio Teza improntata alla massima fedeltà («la quale a me pare grandissima […] Giunte non ve ne sono: nemmeno di quelle geografiche che tanto piacevano a Paolo, e che sarebbero retaggio della famiglia»)92, sembrano esercitarsi al di fuori piuttosto che nel corpo del dettato di Paolo, per quanto una collazione dei nomi permetta allo studioso di dimostrare il largo uso da parte del segretario della cronaca francese, e quindi una sua

89 Id., Pauli Rhamnusii Veneti de bello Constantinopolitano et Imperatoribus Comnenis per Venetos et

Gallos restitutis, Venezia, Domenico Nicolini, 1604.

90 Id., Della guerra di Costantinopoli per la restitutione de gl’Imperatori Comneni fatta da’ sig.

Venetiani, et Francesi, l’anno MCCIV Libri sei, Venezia, Domenico Nicolini, 1604.

91 Alcuni di questi interventi di Girolamo sono già presenti nell’edizione da lui finanziata de L’Histoire

de Geoffroy de Villehardouyn, in cui compaiono già le illustrazioni, una rubricazione a margine, e degli

indici dei luoghi e delle materie (ovviamente meno consistenti di quelli del De bello

Constantinopolitano) confezionati sia per la cronaca di Villehardouin che per gli estratti di Niceta.

92 Teza, E., La Conquête de Constantinople di G. Ville-Hardouin e le versioni dei tre Ramusii,

Giambattista, Paolo, Girolamo, in «Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti», LXV

ottima conoscenza linguistica.93 La Guerra aggiunge infatti una dedica, indirizzata a Marco Contarini, in cui Girolamo attira l’attenzione sulla povertà formale della prosa attarverso cui Villehardouin aveva restituito la trama degli eventi della crociata («questo auttore essendo nato più tosto alla spada che alla penna scrisse in forma di ristretti Commentarij essa guerra, sì come comportava lo stile di quel secolo rozzo») 94, e fissa per la rielaborazione paterna l’immagine topica, invariabilmente evocata dai successivi commentatori, del passaggio da «un’arida narrazione francese» a «una florida istoria latina». Un risultato, aggiunge Girolamo, ottenuto con grande maestria:

lasciando di ostentar soverchi lumi d’eloquenza, di formar finte orazioni e di descrivere il fatto diversamente da quello che da gli altri è stato interrottamente espresso, servendosi de’ sopradetti commentarij per lucidissimo specchio, a ben raffigurare e ritrar dal vivo l’effigie di quella memorabile e singolarissima impresa, con finissimi colori e chiarissimi lumi d’autorità, di documenti e di leggi tratte dall’archivio publico e da’ seguenti celebri scrittori a stampa e a penna; di modo che d’un’arida narrazione francese, ha formato egli (spogliato d’ogni interesse di passione) una florida istoria latina95.

Ma Girolamo, riprendendo le parole con cui il padre aveva adattato per la propaganda la tesi filoveneziana di Villehardouin circa il significato provvidenziale dell’impresa96, rende ancora più esplicito il ruolo che Venezia veniva ad assumere nella Guerra e soprattutto ne rimarca le conseguenze geografiche:

sì come veramente così santa deliberazione rendè alla Republica tributarii i muggiesi e i triestini, la città di Zara, già ribellata; e acquistò ancora un quarto e mezzo della città e dell’imperio di Costantinopoli, co’l sottomettere il dominio de’ greci alla potenza de’ latini, con l’autorità di eleggere il patriarca costantinopolitano, nella qual parte erano molte città della Tracia, gran parte

93 Ivi, pp. 175-177.

94 Ramusio, P., Della guerra di Costantinopoli, cit., p. IV.

95 Ivi, p. V.

96 Così infatti Girolamo presenta la Quarta Crociata: «la maggiore, la più difficile, la più pericolosa guerra, che si potrebbe abbracciare, per ricuperare, dalle mani de gl’infedeli, il sepolcro di Christo, se bene (come nel corso dell’istoria dice esso mio padre) che con la nuova risoluzione de’ collegati di rimettere nell’imperio di Costantinopoli Isacio Angelo Comneno e Alessio suo figliuolo occorse che ad una pietà un’altra pietà succedesse, per voler divino, che guida i pensieri umani per quella strada, che prima, che l’uomo s’incamini verso qualche parte, egli non aveva seco determinato; poiché non vedevano quei prencipi, ove potessero più sicuramente ricorrere, che alla potenza, sin allora grandissima di questa Eccelsa Repubblica» (ivi, p. VI).

della Morea, e diverse Isole nell’Archipelago; oltre Candia, Corfù, Zante, Cefalonia, che tuttavia vivono gloriose sotto il felicissimo vessillo di questo Serenissimo stato97.

La versione latina dell’opera di Paolo, ripubblicata nel 1609 senza modifiche se non di formato presso gli eredi del precedente editore (RB 15), sarebbe stata infine ripubblicata nel 1634 da Jacques Gaffarel (RB 16)98, studioso francese di astrologia nonché ebraista di fama inviato a Venezia in ricognizione bibliografica dal cardinale di Richelieu, cui dedica il libro. Curiosamente Gaffarel, in un plagiario avviso al lettore che rivela bene come il suo interesse sia di natura geografica molto più che storica, lamenta come lo storico, fra i tanti autori consultati, non abbia fatto anche tesoro delle preziose relazioni di viaggio appartenute al padre, e soprattutto del trattato geografico di Abu ‘l-Fida Isma‘il nominato nel secondo volume delle Navigazioni99. Tuttavia il De bello Constantinopolitano, che per la ricchezza documentaria e la misurata ma decisa tesi politica rivestirà un valore fondamentale nella successiva storiografia della Quarta Crociata, si qualifica al contrario proprio per il particolarissimo sistema di contestualizzazione geografica delle vicende narrate che adotta e che fa approdare, come si vedrà, la rielaborazione formale e scientifica della cronaca medievale di Villehardouin a una vera e propria descrizione corografica dei territori del Mediterraneo orientale che costituirono a suo tempo l’impero latino e che a metà

Cinquecento sopravvivono nello Stato da mar veneziano.

Nonostante l’avventuroso e poco lineare iter editoriale, l’impatto storiografico della Guerra rimane eccezionale: Paolo compone infatti «con criteri storiografici singolarmente nuovi, specialmente per l’attenzione prestata alle fonti bizantine»100, il cui uso combinato con quelle latine medievali costituisce una grossa novità nell’esatto

97 Ivi, pp. VI-VII.

98 Ramusio, P., De bello Constantinopolitano Et Imperatoribus Comnenis per Gallos, et Venetos

restitutis Historia Pauli Ramnusij. Editio altera. Ad Eminentissimum Cardinalem Ducem de Richelieu Parem Franciae etc., Venezia, Marc’Antonio Brogiolo, 1634.

99 «Sequutus pariter nonnullas (ut vocant) relationes, tunc temporis recepta, quarum aliquas sane curiosas, tibi quamprimum edendas destinamus, ut et Geographiam illam Arabicam Principis Syrij Abilfadae Ismaelis, quam ex Rhamnusij Heraedibus mihi comparavi, quamque secum ex Aphrica alterius nominis, non tamen cognominis, Io: Baptista Rhamnusius, secum Venetias attulerat; de quo sic ille in Praefatione Voluminis Secundi Navigationum, ad commendationem eiuscemodi tam admirandi principis, qui plane immortalitate dignum opus illus dua lingua, in lucem edidit geographicum» (ivi, p. VII).

100 Carile, A., La Partitio terrarum Imperii Romanie del 1204 nella tradizione storica dei Veneziani, in «Rivista di Studi Bizantini e Neoellenici», XII-XIII (1965-1966) 2-3, p. 174n.

momento in cui la storiografia umanistica riscopre il mondo bizantino. Una riscoperta cui contribuiscono, come nota Agostino Pertusi, diverse componenti:

La componente politico-psicologica (pericolo turco) è certamente un fattore importante, anzi direi fondamentale, ma non unico; c’è una componente umanistico-letteraria (scoperta del mondo greco e bizantino); c’è una componente storiografico-umanistica (tentativi di storia universale), e infine una componente religiosa (Riforma e Controriforma di fronte alla dottrina della Chiesa greco-ortodossa), che tutte insieme, […] in varia misura e con fini diversi hanno spinto i dotti dei sec. XVI e XVII a studiare e indagare ora la storia politica, ora quella ecclesiastica, ora alcuni aspetti più salienti della civiltà bizantina nei confronti di quella europea101.

In questo ambito culturale Paolo Ramusio («cronista trascurato») con la sua pionieristica monografia «riempie un abisso»102, inaugurando la storia della francocratia103, offrendo cioè il punto di partenza per quegli studi sugli stati latini creatisi dopo la presa di Costantinopoli nel 1204, che si svilupperanno verso la metà del secolo successivo soprattutto in Francia e soprattutto per impulso di Charles du Fresne du Cange, curatore di una monumentale Histoire de l’empire de Constantinople sous les empereurs françois104, dedicata al Re Sole – la prospettiva gallicana di esaltazione di una Francia cristiana medievale in arme per la religione in questo senso è patente – e comprendente oltre la cronaca di Villehardouin una quantità di fonti così varia e abbondante tale da farne tuttora una monografia di riferimento. Ma com’è facile immaginare, senza l’opera ramusiana non sono pensabili neppure gli studi sulla venetocratia, le cui prime prove non tardano ad arrivare per opera del senatore Andrea Morosini105 e poi dell’abate Fortunato Olmo, per il quale non esiste «altro studio più

101 Pertusi, A., Storiografia umanistica e mondo bizantino, in Bisanzio e i Turchi nella cultura del

Rinascimento e del Barocco. Tre saggi di Agostino Pertusi, Milano, Vita e pensiero, 2004, pp. 5-6.

102 Marin, S., A Humanistic Vision, cit., p. 64.

103 Vedi Carile, A., Per una storia dell’Impero Latino di Costantinopoli (1204-1261), Bologna, Patron, 19782, pp. 2-6.

104 Du Cange, C. du Fresne, Histoire de l’empire de Constantinople sous les empereurs françois, Parigi, Imprimerie Royale, 1659, nella cui prefazione lo storico loda sia la maggiore precisione dell’edizione lionese di Villehardouin (1601) rispetto a quella parigina (1585) sia l’opera di Paolo, il quale «ne s’estant pas attaché tant à une version exacte, qu’au sens de l’auteur qu’il a paraphrazé, entremestant plusieurs remarques tirées tant des ecrivains grecs, que des histoires de Venise et des archifs de la Republique, sans toutefois se detourner de l’ordre et de la suite de son auteur» (ivi, p. XXV).

105 Quest’opera, che Gaetano Cozzi sostiene stesa originariamente in latino (Cultura politica e religione, cit., p. 283), viene pubblicata postuma dal fratello: Morosini, A., L’imprese et espeditioni di Terra Santa,

proporzionato alla veneta nobiltà di quello delle cose anticamente passate in la Republica con gl’imperatori di Costantinopoli»106, frutto di un rapporto antichissimo con l’Asia che va fatto risalire addirittura alla partenza di Antenore, capostipite dei Veneti, da Troia 107. Sviluppi che aiutano a comprendere meglio la Guerra nell’ambito delle innovazioni cui va incontro nel Cinquecento la ben più antica e fortemente unitaria tradizione cronachistica veneziana108, l’unica capace di giustificare il portato ideologico, carico di implicazioni, di questi studi e di inserirli in una vicenda culturale attiva sin dal XII secolo e che non si riduce allo specialismo e all’erudizione, ma si rivela fondativa dell’immagine che Venezia dà di sé e del suo potere:

basta riflettere al fatto che Paolo Ramusio, Andrea Morosini e l’abate Fortunato Olmo, storici per cui la Venetocratia era, oltre che un titolo di magnificenza della patria veneziana, il fondamento di legittimità dei domini greci della Serenissima, rappresentavano solo esiti particolari, sia pure nel mutamento di certe tecniche storiografiche, di una tradizione cronachistica che risaliva, senza soluzione di continuità, al XII secolo, per rendersi conto che la storiografia della

et l’acquisto fatto dell’Imperio di Costantinopoli dalla Serenissima Repubblica di Venetia, Venezia,

Antonio Pinelli, 1627.

106 Carte per la storia dell’Impero greco-latino di Costantinopoli dopo la presa di quella città fatta dai

Crociati sotto Enrico Dandolo, qui raccolte dal P. Fortunato Dall’Olmo con particolare riguardo alla storia della Repubblica di Venezia, Archivio di Stato, Venezia, Miscellanea di carte non appartenenti ad alcun archivio, allegate alla busta 8, c. 49r (le considerazioni inedite dell’abate si conservano in vari

fascicoli autografi riuniti sotto un titolo più tardo).

107 «Dall’esser venuti ad abitare gli Heneti antichi di Paflagonia con Antenore in queste parti più di millecentosettant’anni prima del nascimento del Salvatore, nacque che, ricordevoli della vecchia patria, frequentassero fino da principio la navigazione di qua in Asia, e quel traffico stesso, che fino ad oggi continuar veggiamo […] proseguissero i Veneti il viaggio in Oriente non tanto per continuare la navigatione e traffici cominciati in Asia, quanto che per continuare nella città imperiale di Costantinopoli, città di Europa detta da Costantino Nova Roma, quei gradi tutti, a quali erano capaci nella vecchia. Di donde segni in singolar miscuglio, che non solo per la dignità, ma eziandio per il traffico la sola città di Costantinopoli frequentassero non solo come Dominatrice di Europa, dove gia era, ma anco come signora dell’Asia, da gli cui liti si odono nei luoghi più stretti gli latrati di cani, e così all’incontro» (ivi, c. 1r-v).

108 «Nel corso del ‘500 si nota un processo di arricchimento della tradizione storiografica veneziana delle cronace con apporti a essa esterni: si utilizzano documenti di stato e si ricorre anche a storici veneziani» (Carile, A., La cronachistica veneziana (secoli XIII-XVI) di fronte alla spartizione della Romania nel

1204, Firenze, Leo S. Olschki, 1969, p. XII). Questo processo prendeva slancio inoltre dall’impatto che

la stampa aveva avuto a partire dalla metà del XV secolo sulla cronachistica, promuovendo l’uso del latino (e quindi anche di fonti latine) e incoraggiandone l’ambizione a una maggiore dignità letteraria, «ambizione che non si esplica solo come manifestazione di un gusto classicistico, ben comprensibile nella cultura del tempo; e che trova invece la sua radice nel terreno, politico prima che storiografico, dell’idealizzazione di Venezia quale seconda Roma» (ivi, p. 204).

Francocratia/Venetocratia non conosce cesure significanti ma accompagna, come un mitico

archetipo, tutta la vicenda di sviluppo dell’imperialismo moderno109.

Rispetto però a questa cronachistica in cui «si rivela la costante vanagloria cittadina, di sottolineare l’indipendenza assoluta della Comunità di Venezia, anche a costo di travisamento dei fatti e per mezzo di versioni tendenziosamente confuse»110 la prospettiva storica di Paolo, quando illustra per esempio il rapporto fra imperatore e veneziani, è «esatta quanto disinteressata»111. Una prospettiva che, a giudicare dalle revisioni che ne faranno nella prima metà del Seicento il senatore Morosini e l’abate Olmo, arrivando a contraddire apertamente le evidenze documentarie della Guerra112, potrebbe non essere piaciuta ad alcuni esponenti della classe dirigente e quindi costituire una delle molte ragioni della sospensione dell’uscita a stampa dell’opera. In questo senso la fedeltà assoluta allo stato dimostrata da Paolo e prescritta al primo punto del memorandum di etica familiare lasciato da Paolo il vecchio ai discendenti (e del quale Giovanni Battista nel proprio testamento comandava la lettura annuale)113, non si spinge mai a quella altrimenti diffusa compiacenza del potere capace in molti casi di compromettere il rigoroso esercizio della disciplina umanistica. Se la bravura di