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Dal fallimento del primo incastellamento all’accrescimento bassomedievale

Nel documento Il castello di Pietrabuona (pagine 61-66)

Il castrumcostruito a Pietrabuona nella prima metà del X secolo è attestato esclusi- vamente su base documentaria da un interessante gruppo di livelli con i quali il vesco- vo di Lucca, Pietro II, legò a sé un gruppo di personaggi appartenenti molto probabil- mente alla media aristocrazia lucchese1.

Data la natura effimera degli insediamenti fortificati altomedievali, nulla è ormai visi- bile del primo incastellamento2. Possiamo solo immaginare strutture in legno, o al massi- mo edifici con zoccolo in muratura e alzato in materiale deperibile3. Nel corso del X se- colo, nel territorio in esame così come in tutto l’Occidente, le conoscenze tecniche del costruire erano infatti assai rudimentali. L’estrazione di grossi blocchi da cava, così come la squadratura dei conci, era sostanzialmente assente nel processo produttivo edilizio. La costruzione era basata soprattutto sul legno e gli elementi litici, quando presenti, erano posti in opera senza lavorazione, o al massimo in seguito allo spacco della faccia a vista da maestranze scarsamente specializzate. Il legante più diffuso era l’argilla o comunque una malta a base di terra. Non mancano tuttavia casi di impiego di malta di grassello di calce, la quale presuppone l’attivazione di un ciclo produttivo specializzato che va dal re- perimento del calcare, alla sua cottura in apposite fornaci, al trasporto a piè d’opera e alla lavorazione attraverso il miscelamento con acqua e aggregato fine come sabbia o roccia frantumata4.

Alla metà del X secolo il sito sembra essere stato abbandonato. È probabile che effet- tivamente l’incastellamento non sia riuscito a produrre un reale controllo su uomini e territorio e sia fallito per una scarsa consistenza demografica e quindi, soprattutto, un’e- sigua rendita economica5.

Il centro appare nuovamente incastellato nel corso del XII secolo. Le fonti a tal propo- sito sono costituite soprattutto da pochi documenti che mostrano l’inserimento del ca- stello all’interno dell’orbita lucchese. Dal punto di vista architettonico, l’evidenza princi- pale attribuibile alla “rinascita” demografica ed economica di Pietrabuona è rappresen-

mente a destra dell’attuale in- gresso al castello, alle spalle della nuova chiesa dedicata ai Santi Matteo e Colombano co- struita nel XIX secolo nella piaz- za principale (fig. 1.1).

La struttura, databile ante- riormente alla nuova fortifica- zione dell’insediamento avve- nuta intorno alla prima metà del XIV secolo per la presenza di una torre al suo interno, è collocabile, per tecnica costrut- tiva e stile architettonico, con buona approssimazione nel XII secolo. Essa venne realizzata interamente in pietra squadrata su uno sperone roccioso al margine settentrionale dell’in- sediamento e doveva suscitare nei contemporanei un forte im- patto scenografico, ancor più di quanto non accada oggi. A causa del crollo della parte Nord-occidentale della roccia sottostante, i fronti Nord ed Ovest e una buona porzione del lato Sud della chiesa sono andati irrimediabilmente perduti. Non siamo in grado, quindi, di comprendere se l’ac- cesso alla cappella avvenisse esclusivamente dal fianco meridionale, dove è ancora vi- sibile una porta, o se la conformazione dello sperone roccioso permettesse di entrare dalla facciata6.

La tecnica costruttiva prevede l’impiego esclusivo di blocchi in arenaria grigia perfet- tamente squadrati con uno strumento a punta singola, posti in opera su filari orizzontali pseudo-isodomi (fig. 2). Per realizzare l’edificio di culto vennero quindi sicuramente im- piegate maestranze altamente specializzate, probabilmente le medesime che lavorarono alle contemporanee chiese sorte nel territorio, quali San Lorenzo al Cerreto (PT), la cui

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Capitolo II - Il castello di Pietrabuona

Fig. 1 - Pianta preliminare e schematica del castello di Pietrabuona con indicazione degli edifici citati nel testo e cronologia proposta

tecnica è stata datata archeologicamente grazie ad uno scavo condotto nei primi anni Novanta7, o an- cora Santa Margherita a Pescia. L’edificio di culto si inserisce quindi nel fenomeno della diffusione della pietra squadrata e del Romanico in Lucchesia nel corso del XII secolo, il quale si dovette probabilmen- te alla circolazione di taglie lombarde richiamate dalla potente committenza del vescovado lucchese8.

Ascrivibile probabilmente allo stesso periodo è la parte inferiore del campanile di San Matteo infra- muraneoed un edificio posto immediatamente alle sue spalle, di cui è stato possibile identificare esclu- sivamente il cantonale Nord-orientale.

La torre (figg. 1.2-3), misurante circa tre metri per quattro, è realizzata in bozzette di arenaria di medie e medio-piccole dimensioni con faccia a vista di forma tendenzialmente rettangolare, sebbene non manchino elementi trapezoidali o quadrangola- ri. La spianatura è stata eseguita talvolta a spacco, talvolta con strumenti a punta portati con diverse angolazioni, senza mai l’impiego di nastrini. I bloc- chi sono posti su filari sub-orizzontali con ampio impiego di malta di grassello di calce utilizzata an- che per colmare le irregolarità e conferire una su-

perficie liscia al paramento. Sul lato meridionale è visibile una piccola apertura priva di davanzale costituita da due piedritti e da un architrave in arenaria squadrati in maniera grossolana. Nonostante l’erosione, è ancora possibile notare la traccia del nastrino, rea- lizzato con un’incisione lungo il perimetro tendente approssimativamente al rettangolo, e i segni dello strumento a punta impiegato per la spianatura.

Difficile stabilire qualcosa sull’edificio adiacente (figg. 1.3-4). L’ipotesi preliminare è che si trattasse di una struttura quadrangolare, forse un palatium, per collocazione topo- grafica, ma a causa dell’esiguità dei dati a disposizione è arduo supportare l’ipotesi, o ancora azzardare un termine cronologico.

Di particolare interesse sono i resti delle strutture medievali di ambito civile, le quali mostrano, per un periodo generalmente ascrivibile tra il XII e il XIII secolo, una significa-

tiva differenziazione sociale all’interno dell’insediamento. A famiglie appartenenti sicura- 61 Indagine archeologica sulle architetture

mente all’aristocrazia minore sono da attribuire alcuni edifici ancora visibili sul limite Sud-orientale dell’insediamento.

Il primo corpo di fabbrica, meglio conservato, ha una pianta a forma pentagonale piuttosto ampia, misurando circa sette metri per dieci (figg. 1.4-5). La parete meglio leg- gibile, quella orientale, mostra una facciata quasi priva di aperture, assai simile ad una cortina muraria. Le uniche luci sono infatti rappresentate da strette finestre in arenaria macigno con architravi e piedritti monolitici squadrati. L’accesso avveniva invece dal pia- no terra attraverso un portale di cui rimane lo stipite sinistro, composto da tre grandi conci in arenaria disposti alternatamente in verticale e in orizzontale.

Il paramento è costituito da bozzette in arenaria di medie e medio-piccole dimensioni con faccia a vista generalmente spianata a punta e tendente al rettangolo, sebbene non manchino elementi arrotondati. I filari sono orizzontali e paralleli, mentre il legante sem- bra essere una buona malta di grassello di calce. Il tipo edilizio, pur non essendo pretta-

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Capitolo II - Il castello di Pietrabuona

Fig. 3 - Parte inferiore del campanile di San Matteo Fig. 4 - Sulla sinistra la parete settentrionale dell’ospedale quattrocentesco

mente una torre, data la larghezza della pianta, è comunque ascrivibile all’architettura civile di committenza aristocratica (e quindi guerresca) che, nel costruirsi una residenza fortificata, trovava un modo efficace di rappresentazione del proprio status.

Alla stessa tipologia sembrerebbero appartenere gli edifici posti immediatamente a Nord di quello descritto, i quali mostrano la stessa tecnica costruttiva e le medesime rare aperture.

A ceti sociali inferiori, seppure di tenore elevato, sono da attribuire inoltre un numero discreto di edifici caratterizzati da uno sviluppo verticale minore. La tecnica costruttiva è sempre quella del filaretto. L’accesso al pian terreno avviene tramite porte costituite da piedritti composti generalmente da tre conci variamente squadrati sostenenti architravi monolitici. Talvolta le finestre sono realizzate ad arco, come è attestato dalla parete occi- dentale del palazzo pubblico trecentesco, dove è possibile notare uno stipite preesistente connesso a tre cunei di un arco (figg. 1.5-6). Di particolare interesse è, in questo caso, l’impiego di arenaria giallastra, che sembra scomparire nelle fasi successive.

Un terzo tipo edilizio, attestato in maniera esclusiva, è rappresentato da un edificio affacciato sulla strada posta lungo l’asse centrale dell’abitato sommitale (fig. 1.6). Si

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tratta di due pilastri in arenaria sbozzata o riquadra- ta di medie e medio-grandi dimensioni facenti in ori- gine parte di una costruzione aperta sull’esterno se- condo la tipologia della casa-torre pisana. Il prospet- to, come di consueto, era chiuso da apparati lignei che, ai piani superiori, potevano sporgere sulla strada aumentando così la superficie interna abitabile. La ti- pologia in questione, ampiamente diffusa a Pisa, venne adottata precocemente in aree di forte in- fluenza pisana9, a Lucca e in maniera assai sporadica a Firenze. Nel caso della Valdinievole, dove il tipo sembra essere arrivato attraverso la mediazione luc- chese, le attestazioni sono rare e probabilmente ascrivibili al XIII-XIV secolo10.

L’architettura civile mostra, in sintesi, come l’abi- tato di Pietrabuona, dopo un primo fallimento, sia riuscito ad affermarsi pienamente come villaggio do- tato di una buona base demica e di una evidente dif- ferenziazione sociale, data la presenza, accanto a strutture povere, che pure dovevano esistere, di edifi- ci denotanti l’alto tenore di vita dei suoi committenti. Non sorprende, quindi, come alla fine del secolo XIII, Pietrabuona, insieme a Buggiano, Vellano e Pescia, abbia cercato di svincolarsi dalla dominazione luc- chese cercando l’appoggio imperiale11.

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