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Note storiche

Nel documento Il castello di Pietrabuona (pagine 55-61)

Un documento del 798 attesta che l’area dove oggi è posto l’abitato di Pietrabuona era già indicata col toponimo “Bovulo”. Si parla infatti dell’esistenza di una chiesa intito- lata a San Gregorio, “quae est aedificata in loco Piscia, ubi vocabulum est Bovulo”1, la quale sarebbe poi rovinata agli inizi del X secolo ed infine abbandonata2 e di un Pertualdo presbitero che era “de loco Piscia ubi vocabulum est Bovulo”, confermando l’e- sistenza del toponimo. Sul significato del termine “Bovulo” e sull’etimologia della parola Pietrabuona gli studiosi si sono a lungo confrontati; la definizione a cui si fa qui riferimen- to è quella fornita dall’Arcamone3, che li mette in relazione con la voce “bova”, termine geografico di area settentrionale che significa “frana”. “Bovulum” designerebbe pertanto un’area di smottamenti identificabile con il vasto greto alla sinistra del torrente Pescia (uno slargo pianeggiante oggi detto Cerreto) e “Petra Bovula” starebbe ad indicare la vi- cinanza del poggio (uno sperone roccioso) con il luogo allora detto “Bovulo”.

La fondazione del castello di Pietrabuona è ascrivibile al periodo in cui Pietro II (896- 933) resse la cattedra lucchese. Fu quella un’epoca in cui il patrimonio diocesano venne riorganizzato, parallelamente al consolidamento delle clientele aristocratiche presenti nel territorio della diocesi stessa4. Pietro II fu, infatti, promotore della fondazione di tre ca-

stra, consistenti in insediamenti accentrati presumibilmente racchiusi da una struttura di- fensiva e posti sotto la sua autorità. Un fatto raro questo, reso necessario da esigenze le- gate al controllo del territorio che imposero l’erezione dei castelli nelle aree poste al confine della diocesi. Nel giro di pochi anni furono fondati Santa Maria a Monte (906), Pietrabuona (914) e Moriano (915); il castello di San Gervasio, più tardo, risale al 9305.

La procedura con la quale vennero costruiti i castranon fu identica, ma per certi versi simile: il vescovo procedeva ad una lottizzazione dei terreni sui quali sarebbe dovuto sor- gere il castello e ad una loro cessione, tramite carte di livello, ad alcuni proprietari del luogo, i quali materialmente avrebbero dovuto costruire il castrum. Nel caso di Pietra Bovula6sono giunti a noi solo tre documenti, ma è assai probabile che fossero molti di più, se non altro per sostanziare una struttura insediativa che, seppur limitata, doveva essere formata da un certo numero di abitazioni. I tre contratti, redatti tra il 4 ed il 5

unita abitative7. I concessionari, proprietari locali dotati di patrimoni terrieri anche in al- tre zone della diocesi, dopo aver eretto una casa “cum fundamento” la cedevano alla chiesa lucchese di San Frediano (dipendente dal vescovo), che a sua volta la riaffittava loro. Oltre alla casa posta all’interno (“infra”) del castello, ai concessionari veniva allivel- lato anche un terreno all’esterno, di cui “un lato confinava da una parte con la via che dal castello attraversava il monte fino ad incontrare il Pescia ed il torrente Viti, dall’altra con lo stesso torrente Pescia, e da un lato ancora con il torrente Viti”8.

Era prevista la possibilità che la casa fosse ulteriormente concessa dai livellari locali, che non avevano l’obbligo di risiedervi, ad altri hominesche la abitassero e lavorassero le terre per conto dei concessionari. Questi ultimi pagavano direttamente al vescovo il censo (da 3 a 6 soldi a seconda del contratto) e si sarebbero dovuti recare su richiesta del presule a Lucca, “ad iustitiam faciendam”9.

Oltre alle motivazioni di ordine squisitamente politico, legate al tentativo di legare a sé il potentato del luogo, la fondazione del castello ebbe anche un’indubbia valenza mi- litare. In un contesto di repentini passaggi di potere nel regno italico e, conseguente- mente, di scontri tra fazioni locali, il castello rappresentò un punto difensivo a controllo degli importanti percorsi che dai passi appenninici conducevano alla zona collinare. Una vera e propria frontiera a difesa del passaggio dal Nord Italia alla diocesi di Lucca.

Pietrabuona fu l’unico dei castelli voluti da Pietro II che venne abbandonato appena dopo quattro decenni. Il fallimento dell’iniziativa fu tale che il suo successore Corrado (935-964) decise di disfarsi della proprietà e di permutare il “colle et sterpeto, ubi jam fuit castello in loco et finibus Piscia maiore, ubi dicitur Petrabona” con altri beni di pro- prietà di Vitterado, figlio di Giovanni10. Probabilmente le ragioni di tale rovescio vanno ri- cercate sia nella mancanza di una base demografica consistente, sia nel mancato inte- resse da parte dei proprietari, che disponevano di altri beni nella diocesi, di investire in una località così decentrata. Degno di nota rimane il fatto che nel documento sia stata utilizzata la tipica formula altomedievale “in loco et finibus”, dimostrando che, nono- stante l’iniziativa non avesse avuto l’esito sperato, si era verificata una certa territorializ- zazione, seppur probabilmente esigua, intorno a questo primo nucleo insediativo.

Nell’anno 1139, Trasmondino da Pescia del fu Guglielmo, considerato un fidelis del vescovo Ottone (1138-1146), donò al vescovo tutti i beni che possedeva nella curtisdi Pietrabuona, consentendo così a quest’ultimo di rientrare in possesso del colle e di dare avvio ad un nuovo processo di incastellamento11, ossia di passare dall’organizzazione in- centrata sulla curtisa quella imperniata sul castrum. Pochi anni dopo la donazione, nel 1164, lo stesso imperatore Federico I, confermò al vescovo di Lucca il possesso di tutti i suoi beni, che includevano “portionem de castro Petraboguli et eorum usibus similiter ad iustitiam faciendam”12. Il diploma venne confermato in maniera identica, per la parte

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che qui interessa, anche da Enrico VI (1194) e Ottone IV (1209)13.

Agli inizi del Duecento Pietrabuona si costituì in libero comune14, rimanendo per quanto riguarda la giurisdizione ecclesiastica sotto il controllo della diocesi di Lucca.

Poco ci è stato tramandato sul ruolo politico e militare del castello durante le guerre fra Pisa, Lucca e Firenze, che in Toscana videro per anni contrapposte le fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini, così come nulla è dato sapere sulle sorti del castello durante la distruzio- ne di Pescia nel 1281 da parte della Lega Guelfa.

Nel 1308 Pietrabuona compare nelle pagine dello Statuto Lucchese come comune ru- rale inserito nella Vicaria “Vallis Nebule”. Il governo cittadino avrebbe inviato a Pietrabuona “unus potestas comuni PetraBone” con un salario di 28 lire15.

Le successive attestazioni che riguardano Pietrabuona sono del 1328, anno in cui i comuni della Valdinievole, dopo la morte di Castruccio Castracani (1281-1328) e la fuga dell’imperatore Ludovico il Bavaro (1281-1347), decisero di allearsi con Firenze sotto- scrivendo la Lega dei castelli della Valdinievole16. A seguito di questo patto, Pietrabuona divenne, assieme a Castelvecchio, l’unico centro della città gigliata sulla sponda destra del fiume, che in buona misura costituiva il confine con Lucca, assumendosi così il ruolo di sentinella avanzata della fiorentina Pescia.

Nel 1331 però, mentre gran parte della Valdinievole restava fedele a questa alleanza, Pietrabuona, assieme a Pescia, tornò a giurare fedeltà a Lucca. Nel 1339 si ebbe il pas- saggio, sotto Mastino della Scala – l’ultimo dominatore di parte lucchese della Valdinievole –, a Firenze di Pescia e di parte del suo territorio. Pietrabuona ed altri ca- stelli della Valleriana restarono però inclusi nel territorio lucchese, controllato dai Pisani, dominatori di Lucca dal 1342.

Le vicende storiche che interessano Pietrabuona nell’arco di tempo che va dal 1361 fino al 1364 sono segnate dagli sviluppi del conflitto tra Pisani e Fiorentini che si conte- sero aspramente il borgo (fig. 1). È rimasto famoso nelle cronache l’assedio di Pietrabuona del 1362 da parte dei Pisani, a seguito dell’improvvida occupazione da par- te dei Fiorentini l’anno precedente, e la sua successiva espugnazione avvenuta sotto gli occhi dei Fiorentini stessi che nulla poterono fare per difenderla17.

La guerra fra Pisani e Fiorentini si concluse dopo la battaglia della Badia di Sansavino, con la pace dell’agosto 1364. Con l’atto di sottomissione del 29 marzo 1371 Pietrabuona entrò a far parte del dominio fiorentino, beneficiando di un periodo di relativa tranquillità fino al 1529. Rientrati i Fiorentini in possesso del castello di Pietrabuona, si preoccuparo- no di riorganizzare le strutture difensive del borgo danneggiate durante il conflitto.

A cavallo tra il ‘300 ed il ‘400, anche Pietrabuona, come del resto tutta la Valdinievole, fu vittima di una gravissima crisi demografica, da cui solo nel secolo

successivo cominciò lentamente a riprendersi. 55

Nel 1447 furono editi gli Statuti del Comune e depositati a Firenze, che poi, a più ri- prese, ebbero aggiunte ed integrazioni, fino a tutto il 1540.

Nel 1529, al tempo dell’ultima Repubblica Fiorentina, il sindaco ed i rappresentanti di Pietrabuona si incontrarono a Pescia con quelli degli altri castelli della Valdinievole, alla presenza di un commissario fiorentino, per eleggere quattro ambasciatori che avrebbero dovuto recarsi dal Papa Clemente VII per cercare di scongiurare un’invasione da parte delle truppe imperiali spagnole, che si stavano battendo con quelle francesi per conqui- stare il predominio sugli stati della penisola.

Nel 1554, il castello fu per l’ultima volta protagonista di un importante fatto d’armi, quando fu occupato dai soldati francesi, alleati dei Senesi che erano in guerra contro il Granducato mediceo.

Alla fine del Cinquecento il castello di Pietrabuona, per quanto modesto, venne divi-

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Capitolo II - Il castello di Pietrabuona

Fig. 1 - Giovanni Sercambi,Le croniche, conquista del castello di Pietrabuona, 1362. Le illustrazioni del Sercambi raffigurano con un buon livello di attendibilità i diversi sistemi fortificati presenti nel territorio lucchese alla fine del XIV secolo, differenziando tra "Torre", "Castello" o "Castro", "Fortezza" o "Rocca" e infine "Villa". Se per la definizione di Torre e Villa non vi sono problemi interpretativi, per Castello o Castro si deve intendere un insediamento fortificato riconducibile ad una struttura signorile che rafforza, controlla e difende un abitato ad essa collegato, mentre per Rocca o Fortezza egli sembra riferirsi a realtà prettamente o preminentemente di tipo militare. Dall'immagine relativa a Pietrabuona si evince che il castello possedeva due cerchie di mura identificate

dalla merlatura e confermate dalla presenza di castellani a guardia delle stesse. Il fatto che non vi sia alcun riferimento a edifici-porta fa ritenere che il cronachista abbia classificato l’insediamento come una Rocca o Fortezza. Il fulcro dell’apparato difensivo è costituito da una struttura cubica e turriforme

so, per ragioni di ordine sanitario (le vie del castello erano sempre colme di immondizie), in quartie- ri. Vennero pertanto nominati tre responsabili della nettezza urba- na, a ciascuno dei quali venne assegnato un terzo del castello (il quarto quartiere era forse relati- vo al nascente borgo fuori le mu- ra?). Questa divisione descritta negli Statuti fornisce alcune informazioni sulla struttura del- l’insediamento: il primo quartiere andava “dalla Porta fiorentina al- la Porta che risponde verso la piazza fino alla cantonata della Rocca unita a detta Porta, con la strada chiamata Fondaccio”, il secondo quartiere andava “dallo spedale del Comune fino al

Canto di sotto al Cimitero verso la Canonica vecchia della chiesa, compreso la Strada per dinanzi alla casa di Lorenzo di Bastiano”, il terzo “dal Cimitero alla strada di dietro verso mezzogiorno”18(fig. 2).

L’indipendenza comunale di Pietrabuona continuò fino alla riforma leopoldina del 1775, quando il paese cessò di essere autonomo e passò sotto il comune di Vellano, ri- manendo nella sua giurisdizione fino al 1883, quando entrò a far parte del comune di Pescia, di cui ancora oggi costituisce una frazione.

NOTE

1 AALU,Diplomatico, *O.18 (cfr. D. Barsocchini, Memorie e documenti per servire all’istoria del

ducati di Lucca, Lucca 1816-1841, tomo V, parte II, documento CCLXVII, p. 156).

2 Sulla chiesa di San Gregorio, cfr. A. Spicciani,Benefici, livelli, feudi. Intrecci di rapporti tra chierici

e laici nella Tuscia medioevale. La creazione di una società politica, Pisa 1996, pp. 235 e 249-252. Alcuni storici locali asseriscono, a seguito di alcuni ritrovamenti avvenuti a fine Ottocento, che la chiesa si trovasse sul promontorio del Santo Vecchio (cfr. R. Vanni, Il castello di Pietrabuona, in «Rivista di ar- cheologia, storia, costume», n. 3 (1982), pp. 23-30).

3 M.G. Arcamone,La toponomastica fra e intorno alle due Péscie , in I guadi della Cassia. Terre di

confine tra Lucca ed il granducato di Toscana, a cura di A. Spicciani, Pisa 2004, pp. 30-32. 57 Note storiche

4 In quegli stessi anni era marchese della marca di Toscana Adalberto II (884-915), che a sua vol-

ta riuniva attorno a sé vaste clientele laiche ed ecclesiastiche e controllava grandi patrimoni, soprattutto nella Lucchesia.

5 Cfr. R. Pescaglini Monti,Toscana medievale. Pievi, signori, castelli, monasteri (secoli X-XIV), Pisa

2012, p. 355.

6 Per una descrizione dettagliata delle vicende altomedievali del castello di Pietrabuona, cfr.

Spicciani,Benefici, livelli, feudi, cit., pp. 223-280; A. Puglia, Pescia dall’antichità al medioevo. Potere, insediamento e società in una Terra del contado lucchese, in Pescia città tra confini in terra di Toscana, a cura di A. Spicciani, Milano 2006, p. 43-46.

7 AALU,Diplomatico, +P.7 (cfr. D. Barsocchini, Memorie e documenti per servire all’istoria del

ducati di Lucca, Lucca 1816-1841, tomo V, parte III, documento MCXLIX, pp. 74-75); AALU, Diplomatico, +A.54 (cfr. D. Barsocchini, Memorie e documenti per servire all’istoria del ducati di Lucca, Lucca 1816-1841, tomo V, parte III, documento MCL, p. 75); AALU, Diplomatico, +F.63 (cfr. D. Barsocchini,Memorie e documenti per servire all’istoria del ducati di Lucca, Lucca 1816-1841, tomo V, parte III, documento MCL, p. 75).

8 Con il termine castello si deve intendere un insieme di case delimitato “castello insimul amem-

brato” (negli stessi atti di livello) da una qualche struttura – non necessariamente in muratura – in gra- do da garantirne la difesa. Occorre infatti tenere presente che il termine castello, nel latino delle fonti, compare indifferentemente in questo periodo sia come castrum che come castellum, ed individua così una grande varietà di manufatti: dalla fortezza con specifiche funzioni militari all’abitazione fortificata, dal semplice recinto ove si ricoveravano in caso di pericolo uomini e bestie al centro abitato fortificato più o meno ampio e organizzato.

9 A questo proposito la iustitia farebbe riferimento ad interventi di tipo fiscale ed amministrativo da

parte del vescovo, non essendo accertato un sistema strutturato di esercizio del potere giurisdizionale da parte di quest’ultimo (cfr.Pescia città tra confini in terra di Toscana, a cura di A. Spicciani, cit., p. 46).

10 La permuta risale al 951 (AALU,Diplomatico, *F.78; cfr. D. Barsocchini, Memorie e documenti per

servire all’istoria del ducati di Lucca, Lucca 1816-1841, tomo V, parte III, documento MCCCXLI, p. 236).

11 Il documento fa semplicemente menzione della curtis di Pietrabuona, non fornendo informazioni

riguardo alla sua struttura organizzativa. È comunque presumibile che si trattasse di un insieme di ter- reni e case destinati alla produzione agricola (AALU,Diplomatico, +D.20)

12 Monumenta Germaniae Historica,Friderici I. Diplomata, II, 1979, n. 430, p.324. 13 Cfr. Spicciani,Benefici, livelli, feudi, cit., p. 270.

14 Le fonti edite non chiariscono in realtà quale sia la data di costituzione del comune rurale. Ad og-

gi l’unico riferimento certo è il 1308, data in cui il comune di Pietrabuona è indicato nelle pagine dello Statuto di Lucca come facente parte della Vicaria Vallis Nebule (ASLU, Statuti, n.1, cc. 41-65-75-95).

15 ASLU,Statuti, n.1, cc. 41-65-75-95.

16 ASFI,Capitoli, n.32, c. 15 (cfr. M. Cecchi - E. Coturri, Pescia ed il suo territorio nella storia nel-

l’arte nelle famiglie, Pistoia 1961, pp. 107-108).

17 Cfr. P. Anzillotti,Storia della Valdinievole dall’origine di Pescia fino all’anno 1818, Pistoia 1846;

P.O. Baldasseroni,Istoria della città di Pescia e della Valdinievole, Pescia 1784; A. Torrigiani, Le castella della Valdinievole. Studi storici del canonico Antonio Torrigiani, Firenze 1867; G.-M.-F. Villani, Cronica di Matteo e Filippo Villani con le Vite d’uomini illustri fiorentini di Filippo e la Cronica di Dino Compagni, Firenze 1364 [rist. anast. Milano, 1834].

18 G. Salvagnini,Pietrabuona castello di Valdinievole. Appunti di storia urbana, in «Rivista di ar-

cheologia, storia, costume», n. 3 (1982), pp. 17-22.

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