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Evoluzione geologica del paesaggio*

Nel documento Il castello di Pietrabuona (pagine 35-42)

La struttura geologica stabilisce lo schema, la bozza su cui i processi geomorfologici hanno modellato e tutt’oggi continuano a forgiare le forme del paesaggio; vi è poi l’in- tervento dell’uomo, che prende parte a questi processi con azioni (consolidazione, estra- zione, accumulo) dettate dalle esigenze del momento.

Per affrontare una trattazione esaustiva e comprensibile sulla struttura e la genesi delle rocce è necessario ricostruire brevemente le tappe dell’evoluzione geologica dell’a- rea a partire dalla Pangea, considerando come motore delle trasformazioni della crosta terrestre la deriva dei continenti1.

Nel periodo che va dal Triassico Superiore al Giurassico (200-150 Ma2circa) il super- continente Pangea iniziò a dividersi nell’area dove attualmente si trova la Toscana, con la creazione di un oceano di forma allungata chiamato Tetide, che separava il blocco eu- ropeo da quello africano. Nei fondali della Tetide si depositarono sedimenti carbonatici di mare poco profondo e fanghi calcarei e silicei a maggiori profondità. Durante il Cretaceo fino all’Eocene (145-55 Ma) avvenne un cambiamento nella dinamica tra le placche3. Con l’apertura dell’oceano Atlantico meridionale la placca africana iniziò a spingere verso il blocco europeo, provocando la progressiva chiusura della Tetide (Oligocene-Miocene inf. 35-20 Ma). Cominciò così una fase deformativa compressiva con la creazione di un “prisma di accrezione”4, struttura in cui si ha l’accavallamento dei sedimenti oceanici in falde che si impilano le une sulle altre, l’ultima delle quali è la Falda Toscana5, di cui fa parte la formazione che costituisce la collina di Pietrabuona. A partire dal Miocene superiore (circa 11 Ma) l’Appennino settentrionale si staccò dal mas- siccio Corso-Sardo e iniziò un movimento rotatorio verso Est. In questo contesto dinami- co si ebbe l’emersione dall’acqua dell’Appennino e l’inizio di una fase distensiva regi- strata dalla comparsa di faglie dirette6e la formazione di depressioni tettoniche (tra le quali anche il bacino di Firenze-Pistoia).

Nell’area della Svizzera Pesciatina, la struttura a falde ha dato vita a monoclinali con un versante ripido “a reggipoggio”, in cui affiora la testata degli strati, ed uno a “frana- poggio”, in cui il versante segue l’immersione degli strati. Tali monoclinali messi in posto

Sud/Sud-Ovest. I movimenti distensivi iniziati nel Miocene hanno segnato il territorio con faglie in direzione Nord- Ovest/Sud-Est7 che, essendo lineazioni di maggior debolezza e quindi erodibi- lità, hanno localmente condizionato il si- stema idrografico. Durante il Quaternario i fenomeni di erosione e deposizione da parte dei corsi d’acqua sono stati i protagonisti delle ultime modifiche, ancora in atto, al territorio.

Pietrabuona si sviluppa sulla parte terminale di una cresta variabile degra- dante verso Sud-Ovest, delimitata da due torrenti affluenti di destra del tor- rente Pescia di Pescia (il fosso di Cerreto ad Ovest ed il torrente Torbolino ad Est) che corrono quasi paralleli e con la stes- sa direzione delle lineazioni dell’ultima fase tettonica. La presenza di una sella nella cresta all’altezza dell’attuale piaz- za di Castello evidenzia il cocuzzolo, an- ch’esso a struttura monoclinale, su cui è stata edificata la parte più antica del- l’insediamento.

Il poggio è costituito da rocce appar- tenenti alla Formazione del Macigno fa- cente parte della porzione sommitale della Falda Toscana. La giacitura degli strati presso- ché omogenea, con immersione verso Nord-Ovest e circa 35-45° di inclinazione, conferma l’assetto strutturale presente nell’Appennino settentrionale8. Le rocce del Macigno vengo- no descritte come “arenarie torbiditiche quarzoso-feldspatiche grigie o grigio-verdi, da me- dio fini a grossolane, in strati da spessi a molto spessi, talvolta amalgamati, a cui si interca- lano strati sottili di arenarie fini, siltiti, argilliti e argilliti siltose; nella parte superiore local- mente prevale una litofacies pelitico-arenacea con strati da sottili a spessi; a vari livelli, la formazione è caratterizza inoltre dalla presenza di rare torbiditi calcaree a base calcareniti- ca, talvolta ricca di bioclasti”9il cui spessore massimo è di circa 3000 m con la frazione grossolana dominante alla base ed un aumento della frazione fine man mano che si

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Capitolo I - Il paesaggio dell’alta valle del Pescia Maggiore

Fig. 1 - Strati metrici di arenaria in affioramento ai piedi del versante Sud

risale la formazione10. Si tratta di sedi- menti depositati nell’antico Oceano Ligure Piemontese, un ramo dell’Oceano Tetide11, tra i 25 Ma ed i 15 Ma circa (Oligocene-Miocene inferiore) quando la fase compressiva era già in atto12.

Nella successione13 che in parte af- fiora lungo il versante Sud del rilievo su cui sorge il paese sono presenti strati metrici di sabbia grossolana (Ta) di colo- re marrone chiaro fortemente alterati in cui non si distingue alcuna gradazione verticale (fig. 1); salendo la successione si ha una diminuzione nella competenza degli strati di sabbia grossolana, fino ad arrivare agli affioramenti presenti nella parte alta del paese, nella cantina di un’abitazione della piazza di Castello (fig. 2) e l’affioramento sotto la Rocca, dove gli strati arenacei hanno uno spes- sore decimetrico. Nell’area rimane co- stante la presenza di numerosi cristalli di mica individuabili con una analisi con lente all’interno degli strati con granulo- metria grossolana.

NOTE

* Dal contributo originario “Studio dell’evoluzione geologica nel paese di Pietrabuona con consi- derazioni in merito ad un’attività estrattiva all’interno della cinta muraria” di Serena Di Grazia nel DVD allegato al volume.

1 A. Bosellini,Tettonica delle placche e geologia, Ferrara 1978. 2 Ma= milioni di anni.

3 G. Ciarapica - L. Passeri,The Tuscan Nappe in northern Appennines: data, doubts, hypotheses,

in «Memorie Società Geologica Italiana», n. 48 (1994).

4 Associazioni di sovrascorrimenti e pieghe che impilano e deformano rocce delle placche che par-

tecipano alla subduzione. Il prisma di accrezione è costituito principalmente dei sedimenti depositati sul

fondo oceanico della placca in subduzione impilati in falde a ridosso della placca sovrastante. 35

Evoluzione geologica del paesaggio

5 F. Baldacci - P. Elter - E. Giannini - G. Giglia - A. Lazzarotto - R. Nardi & M. Tongiorgi,Nuove os-

servazioni sul problema della Falda Toscana e sulla interpretazione dei Flysch arenacei di tipo “Macigno” dell’Appennino settentrionale, in «Memorie Società Geologica Italiana», n. 6 (1967), pp. 213-244.

6 Nelle faglie si distingue il “tetto” come l’area al di sopra del piano di faglia e viene definita “let-

to” la parte sottostante. Un faglia è distensiva quando durante il movimento il “tetto” si abbassa ri- spetto al “letto”.

7 R. Nardi - A. Puccinelli - M. Verani,Carta geologica e geomorfologica, con indicazioni di stabi-

lità, scala 1:25.000- Foglio 4, Provincia di Pistoia, Firenze 1981; Trattato di geologia, morfologia ed idrogeologia, a cura di R. Mazzanti, pubblicato sul sito: www.svizzera-pesciatina.com/it/pdf/geologia- morfologia-idrologia.pdf.

8 S. Conti - R. Gelmini,Miocene-Pliocene tectonic phases and migration of foredeep-thrust belt

system in the Northern Apennines, in «Memorie Società Geologica Italiana», n. 48 (1994).

9 Regione Toscana,Programma VEL. Valutazione degli effetti locali, 2007, vol. 2, p. 11.

10 P. Bruni - E. Pandeli - M. Nebbiai,Petrographic analysis in regional geology interpretation: Case

history of the Macigno (northern Apennines), Geological Society of America Special Paper, 420, Boulder 2007, pp. 95-105.

11 Dal tardo Giurassico alla sua chiusura, coincisa con l’orogenesi appenninica, è stato il bacino di

deposizione delle Formazioni costituenti le Unità Liguridi, Epiliguri e della serie Toscana.

12 Il deposito torbiditico altro non è che una sedimentazione gravitativa in mare profondo, un mo-

vimento denominato “corrente di torbida” che attualmente si innesca sulla piattaforma carbonatica e scivola sul fondo oceanico creando un corpo sedimentario a forma di lobo, in cui la maggior parte dei sedimenti vengono depositati nell’arco di poche ore. La dissipazione dell’energia durante il movimento della torbidite è registrato dalla sequenza sedimentaria che ne risulta: le particelle più pesanti sono le prime a precipitare e, man mano che la corrente perde energia, diminuisce il diametro delle particelle che riesce a trasportare, dando origine ad una “gradazione normale”; dato che i materiali più fini sono portati in sospensione per distanze maggiori, oltre che alla gradazione lungo la verticale si ha una gra- dazione orizzontale, con materiali più grossolani vicino al punto di origine e via via più sottili proceden- do verso le aree distali. Nella fase iniziale della corrente di torbida il movimento delle particelle è di tipo turbolento, man mano che l’energia diminuisce le particelle seguono sempre di più un moto di tipo la- minare, permettendo così la formazione di strutture quali laminazione incrociata, lamine ondulate e piano-parallele.

13 La descrizione completa di un evento deposizionale di torbida è riportato dalla sequenza di

Bouma che, partendo dalla base, è costituita da uno strato di sabbia da fine a grossolana, massiccia o gradata (indicata con Ta); sabbia fine-media a laminazione piano-parallela (Tb); sabbia finissima a lami- nazione ondulata, incrociate e a convolute (Tc);silt a laminazione piano-parallela (Td); pelite omogenea priva di strutture (Te). Dagli affioramenti rilevati intorno all’abitato di Pietrabuona, la sequenza caratte- ristica è rappresentata da Tabcdche passano verticalmente l’una all’altra in continuità di sedimentazio- ne. La sedimentazione della pelite negli affioramenti presi in considerazione non è presente; se uno strato di pelite (Te) veniva depositato non aveva molto probabilmente uno spessore sufficiente a resiste- re all’erosione legata alla turbolenza dell’evento torbiditico successivo. Gli spessori degli strati variano in dipendenza dell’entità della corrente di torbida che li ha generati.

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Le strade*

Il periodo di instabilità politica e sociale seguito alla caduta dell’Impero Romano ed alle successive scorrerie da parte delle popolazioni nordeuropee indussero gli abitanti della Tuscia settentrionale a ritirarsi nelle aree collinari e montane dell’entroterra appen- ninico, in genere più facilmente difendibili, ed a preferire ai percorsi di fondovalle le vie della transumanza ed i sentieri di crinale, meno battuti e più familiari alle genti indigene.

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Nel territorio in analisi il crinale dell’Appennino tosco-emi- liano si sviluppa a quota pressoché costante dal passo della Cisa fino alle Torri di Popiglio (Lucca), consentendo il passag- gio da una regione all’altra. Da qui, superando il fiume Lima, è possibile accedere alla montagna pistoiese ed in Valdinievole (fig. 1).

A valle delle Torri, infatti, sono attualmente presenti tre at- traversamenti: a Nord-Est vi è il ponte della Lima da cui, per- correndo la via del Granduca, è possibile raggiungere agilmen- te San Marcello Pistoiese e quindi Pistoia; ad Ovest, ai piedi di una cava di pietra in località La Tana,è situato un moderno ponte, che consente di accedere alla storica Rocca di Lucchio1 e da questa, proseguendo verso Sud, al sistema delle castella

della Svizzera Pesciatina2; tra i primi due attraversamenti si trova ancora oggi il ponte matildeo di Castruccio Castracani3, signore di Lucca tra il 1316 ed il 1328. Dal ponte di Castruccio Castracani le direzioni possibili sono quindi due: la prima ver- so Pistoia, passando sempre da San Marcello Pistoiese o da Piteglio; la seconda verso la Valdinievole, puntando in direzio- ne del crinale della penna di Lucchio. Questa seconda direzio- ne, percorrendo la linea di crinale, passa dalla chiesa della Madonna del Tamburino e permette di giungere fino alle spal- le di Medicina e quindi a Pietrabuona.

Una volta arrivati in prossimità del castello percorrendo la strada vicinale, per poter accedere alla viabilità di fondovalle era necessario attraversare, in prossimità della piazza alta, una delle due dogane che vi erano a Pietrabuona. L’edificio, indicato con la particella n° 70 nella tavola indicativa del 1825 (sezione K foglio I), si trovava in prossimità dell’accesso Nord-Est di detta piazza, ed era destinata al controllo del traffico merci da e per la montagna (fig. 2).

Una seconda dogana (particella n° 572 della tavola indi- cativa del 1825, sezione K foglio I) venne eretta agli inizi dell’Ottocento, in sostituzione di quella precedente, alle pen- dici del paese (fig. 3), a controllo della nuova strada di fondo- valle che, attraversato il ponte di San Rocco, proseguiva dira- mandosi verso Aramo o Vellano. Oggi tale struttura risulta di- Capitolo I - Il paesaggio dell’alta valle del Pescia Maggiore

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Fig. 2 - La Dogana dell’Arco Vecchio (particella n° 70 della tavola indicativa del 1825, sezione K foglio I)

Fig. 3 - La Dogana nel Borgo La Croce (particella n° 572 della tavola indicativa del 1825, sezione K foglio I)

slocata rispetto alla viabilità principale a seguito della costruzione, in tempi recenti, di una moderna bretella di collegamento che esclude il piccolo agglomerato urbano de La Croce: la sede dell’antica strada risulta oggi coincidente con la piazzetta antistante il Museo della Carta.

In un quadro così definito, appare evidente la funzione di controllo svolta da Pietrabuona sul traffico di merci in transito fra montagna e pianura (fig. 4).

NOTE

* Dal contributo originario “Sulla via dell’acqua” di Laura Aiello nel DVD allegato al volume.

1 I primi documenti certi di questa fortezza risalgono al XIV secolo, ma la fondazione risale proba-

bilmente agli inizi del XI-XII secolo (cfr. B. Cherubini,I Bagni di Lucca, Lucca 1981).

2 Il percorso si conclude a Pontito, innestandosi sulla viabilità di mezzacosta che collega le castella. 3 Da qui, una volta superato il fiume Lima in direzione Sud, si passa obbligatoriamente in mezzo a

due capo-ponti detti “le due dogane”, i quali dovevano evidentemente controllare il traffico di merci e

persone tra Lucca e Pistoia. 39

Le strade

Nel documento Il castello di Pietrabuona (pagine 35-42)