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Le voci di danno risarcibil

Per quanto attiene al risarcimento dei danni derivanti da responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione, secondo l’orientamento maggiormente diffuso in dottrina ed in giurisprudenza, l’interessato è onerato di provare la sussistenza di una condotta della P.A. concretante la violazione del principio di

buonafede; un danno ingiusto dallo stesso subito; il nesso causale tra

condotta e danno; ed infine,il ricorrere dell’elemento soggettivo72.

Nel caso in cui sussistano tutti gli elementi di cui supra, per quanto attiene alle voci di danno risarcibili, alle ipotesi di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 cod. civ.si applicherà l'art. 1223 cod. civ., con la conseguenza che il risarcimento risulterà

comprensivo sia della perdita subita che del mancato

guadagno,“purché in relazione diretta con la lesione dell’affidamento

e non del contratto”73.

La giurisprudenza amministrativa 74 ha, infatti, ritenuto

fondamentale tutelare l’interesse dei partecipanti ad una gara a non

72

A riguardo, la giurisprudenza ha evidenziato come tale elemento si concreti anche in una condotta meramente colposa, non essendone necessaria una dolosa. Sul punto, Cass., sez. II, sentenza n. 3008 del 28 settembre 1968, su studiolegale.leggiditalia.it: “Il giudice

ordinario deve affermare la responsabilità della P.A. per culpa in contrahendo quando, con il suo comportamento non improntato a coerenza, a diligente correttezza ed al senso di solidarietà sociale che integrano il contenuto della buona fede, essa abbia ingenerato, ancorché per mera colpa, nel privato un ragionevole affidamento, andato, poi, deluso”.

Inoltre, nella stessa pronuncia si sottolinea come il comportamento di buona fede, essendo espressione di un dovere estraneo al contratto, “sfugge alla cognizione

dell'autorità amministrativa di controllo, compito della quale è soltanto quello di valutare la conformità del negozio alla legge e di impedire che possano essere attuati atti contrari al pubblico interesse”. La valutazione della condotta ai fini dell'accertamento

della responsabilità per culpa in contrahendo della P.A. è rimessa, dunque, al giudice ordinario, non involgendo alcuna questione di diritto amministrativo, “posto che non si

tratta di stabilire se l'amministrazione, in relazione ai suoi fini istituzionali,si sia comportata da corretto amministratore ed abbia convenientemente apprezzato il pubblico interesse, ma più semplicemente di accertare se, contrattando con il privato, essa abbia o meno violato le regole dettate dagli artt. 1337 e 1358 cod.civ”.

73

Così, Cass., sentenza n. 27648 del 20 dicembre 2011, in CED Cassazione, 2011.

74

Ex multis, la già richiamata sentenza del Cons. Stato, sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 633, in Urbanistica e appalti, 2013, 10, 1085 nota di S. Ponzio: “nei casi di responsabilità

essere coinvolti in trattative inutili, e pertanto dispendiose in termini di tempo, costi. Ciò ha comportato la naturale esclusione del risarcimento del c.d. interesse positivo, ovvero di quanto sarebbe stato dovuto in forza del contratto non concluso; risultando viceversa risarcibile esclusivamente l’interesse c.d. negativo, consistente nelle

poste di danno riferibili essenzialmente alle spese di gara75 ed alla c.d.

perdita di chances contrattuali alternative76, per la cui quantificazione

si fa normalmente riferimento al criterio equitativo77.

aggiudicazione, ma la lesione della sua corretta autodeterminazione negoziale. Questa, del resto, è anche la ragione per la quale, in caso di responsabilità precontrattuale da ingiustificato recesso dalla trattative, il danno è commisurato non al c.d. interesse positivo (ovvero alle utilità economiche che il privato avrebbe tratto dall'esecuzione del contratto), ma al c.d. interesse negativo, da intendersi, appunto, come interesse a non essere coinvolto in trattative inutili, a non investire inutilmente tempo e risorse economiche partecipando a trattative destinate poi a rivelarsi del tutto inutili a causa del recesso scorretto della controparte”.

75

La giurisprudenza, con riguardo a tutte le spese sostenute inutilmente dal concorrente al fine di partecipare alla gara, ha ritenuto risarcibili solo quelle rispetto alle quali il ricorrente abbia dimostrato l’effettivo esborso di denaro da esso compiuto, non essendo stata ritenuta sufficiente neanche l’esibizione delle relative fatture. Cfr. Cons. St., sez. V, 6 marzo 2013, n. 1357, in Massima redazionale, 2013.

76

La parola “chance” deriva dal latino “cadentia”, espressione che sta ad indicare il cadere dei dadi e quindi una buona probabilità di riuscita (non necessariamente certa o prossima alla certezza, ma comunque consistente) di stipulare contratti alternativi. Sul punto, C. Guadagnoli, La perdita di chance come presupposto del danno nella disciplina

della responsabilità dell’Amministrazione, in Filodiritto.

77

Data l’estrema difficoltà di determinare l’esatto ammontare di utile che il concorrente avrebbe maturato in esito alla positiva conclusione delle trattative ed alla stipulazione del relativo contratto, in genere, viene definito equo l’utile calcolato su un importo percentuale pari normalmente al 5% del valore del contratto perso o della media dei contratti persi, qualora le opportunità fossero state più di una. Cfr. Cons. St., sez. VI, 1 febbraio 2013, n. 633, in Urbanistica e appalti, 2013, 10, 1085, con nota di Ponzio. Su tale voce di danno si è espresso anche il T.A.R. Campania, Napoli, VIII, 9 gennaio 2013, n. 206, su studiolegale.leggiditalia.it: “Ai fini risarcitori, il ricorrente ha infatti l'onere di

provare gli elementi atti a dimostrare, anche in via presuntiva, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, la sussistenza, in concreto, dei presupposti e delle condizioni del raggiungimento del risultato sperato ed impedito dalla condotta illecita dell'amministrazione, ossia la sussistenza di un valido nesso causale tra

Emerge,dunque, un chiaro favor per la tutela del legittimo affidamento degli operatori economici nell’ambito della disciplina della culpa in contraendo nelle procedure ad evidenza pubblica. Come autorevole dottrina ha sottolineato, la responsabilità precontrattuale della P.A. svolge, infatti, un’importante “funzione economica”78posta a garanzia delle legittime aspettative dei singoli.

Accade spesso, infatti, che l’aggiudicatario debba predisporre o dare inizio all’esecuzione della sua prestazione prima della conclusione del contratto, ad esempio per potere adempiere in modo tempestivo a quanto richiesto dal bando di gara.

Si apprezza in questi casi la portata della funzione suddetta, che consiste nell’incoraggiare le parti di una trattativa a porre in essere, prima della conclusione del contratto, determinati investimenti che, altrimenti, non potrebbero più essere utilmente realizzati in un momento successivo. In questo modo, il rischio dell’inutilità dell’investimento viene spostato,per effetto della previsione della

quest'ultima e la ragionevole, specifica e verosimile possibilità del conseguimento dell'aggiudicazione di altri appalti. Alla stregua di siffatti criteri, l'impresa ricorrente, onde conseguire l'invocato risarcimento per perdita di chances, deve, dunque, documentare la presentazione di domande di partecipazione ad altre gare, l'esistenza di proprie dichiarazioni di rinuncia a concorrervi, i margini di probabilità di relativa aggiudicazione, l'impossibilità, per la propria struttura aziendale, di competere contemporaneamente sia sul fronte dell'appalto controverso sia su altri fronti negoziali”.

78

A. Dell’ Orfano, La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione, in

suddetta responsabilità, dalla parte che ne ha inizialmente sostenuto il costo alla parte cui sia imputabile il fatto che ha determinato il fallimento della trattativa79.

Tuttavia, applicandosi l’art. 1227 c.c., la responsabilità della P.A. non opera per quelle spese e quelle perdite che il vincitore avrebbe potuto evitare utilizzando l’ordinaria diligenza. Non sono, pertanto, risarcibili le spese effettuate per dare inizio all’esecuzione dell’appalto quando le circostanze erano tali da non rendere ragionevole l’inizio dell’esecuzione prima della definitiva conclusione del contratto; o le spese che siano eccessive rispetto al valore dell’appalto ovvero

all’interesse che la P.A. aveva alla sua esecuzione80

.

Ed, infatti, l’obbligo risarcitorio81 conseguente al riconoscimento

di una responsabilità precontrattuale in capo alla P.A., è legato ad una serie di precise condizioni, la più importante delle quali è che il

privato dimostri di aver tenuto un comportamento diligente82; in caso

79

Ibidem.

80

L’art. 1227 c.c., rubricato “Concorso del fatto colposo del creditore” dispone: “Se il

fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza”.

81

Cfr. G. M. Racca, Contratti pubblici e comportamenti contraddittori delle pubbliche

amministrazioni: la responsabilità precontrattuale, in Nel diritto, n. 2/2009, pp. 281 ss.

82

Cfr. Cons. St., sez. V, 15 novembre 2012, n. 5772, su studiolegale.leggiditalia.it.: nella cui pronuncia viene statuita la prevalenza dell’interesse pubblico alla revoca dell’illegittimo finanziamento al ricorrente sull’eventuale affidamento ingenerato nello stesso, “soprattutto considerando le modalità palesemente illegittime attraverso le quali

contrario, verserà in una situazione di “affidamento colposo”83che gli precluderà il relativo risarcimento.

Ciò si verifica, ad esempio, nel caso in cui il concorrente abbia determinato l’irregolarità della procedura, o anche solo abbia conosciuto o avrebbe dovuto conoscere la causa della irregolarità. Analogamente, non può chiedere il risarcimento del danno il concorrente che abbia fornito alla P.A. una giusta causa per rifiutare di concludere il contratto nonostante la aggiudicazione provvisoria; o ancora nel caso in cui l’Amministrazione si accorga, in seguito alla aggiudicazione provvisoria, che il privato non possedeva determinate qualità che invece aveva dichiarato di avere. In questi casi, infatti, il rischio del fallimento della procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico rimane sul privato disonesto e/o negligente e, d’altra parte, sussisterà il diritto della P.A. a chiedere il risarcimento delle spese necessarie per ripetere la gara e del danno rappresentato dal ritardo nell’esecuzione dell’opera.

il ricorrente si è visto assegnare il finanziamento comunitario (violazione del principio di immodificabilità del bando, della pubblicità degli atti di gara, violazione della par condicio), è da escludere che si possa essere ingenerato un qualsiasi legittimo affidamento”. Tale regola trova esplicito riconoscimento nell’art. 1338 c.c. che tutela

soltanto il contraente che abbia confidato “senza sua colpa” nella validità ed efficacia del contratto concluso. Sul punto, V. Cerulli Irelli, Amministrazione pubblica e diritto

privato, Torino, 2011, pp. 122 ss.

83

S. Villamena, Legittimo affidamento e contratti pubblici. Osservazioni su serietà e

Con riferimento a quest’ultima affermazione, la giurisprudenza ha affrontato anche l’ipotesi inversa in cui a subire il danno derivante dalla violazione del principio di buona fede nelle trattative, non sia il privato, bensì la stessa Pubblica Amministrazione. Ci si è chiesti,allora, se in questo caso l’Amministrazione possa ottenere il risarcimento dei danni ex artt. 1337 e 1338 del codice civile.

La giurisprudenza ha evidenziato che, sebbene gli articoli 103 e 113 della Costituzione siano formulati con riferimento alla tutela riconosciuta al privato nelle diverse giurisdizioni, ciò non comporta in alcun modo che tali tutele siano attivabili esclusivamente dallo stesso privato. Da ciò consegue che anche la Pubblica Amministrazione può ottenere tutela in sede giurisdizionale, in modo tale da garantire protezione all’interesse pubblico sotteso alla sua azione.

Corrobora tale ultima asserzione il recente intervento sul punto

ad opera della Consulta84:il Giudice delle leggi ha, infatti, evidenziato

come l’ordinamento non conosca materie “a giurisdizione frazionata,

in funzione della differente soggettività dei contendenti”;così

che,qualora la P.A. riesca a dimostrare la lesione dell’affidamento riposto nelle trattative con il privato, avrà diritto anch’essa al risarcimento dei danni subiti.

84

Conclusioni

Scopo della presente trattazione è quello di fornire, senza pretese di esaustività, un quadro generale dei vari settori dell’ordinamento in cui emerge l’importanza del principio di tutela del legittimo affidamento.

La trasversalità del principio in parola ha permesso, infatti, di evidenziarne l’importanza dapprima in ambito privatistico e poi, sopratutto, in quello pubblicistico.

Si è avuto così modo di apprendere come, all’interno di ogni singolo settore giuridico, le “aspettative” legittime dei consociati si manifestano in numerose fattispecie e situazioni, seppur eterogenee tra loro.

Al termine della presente trattazione, è chiaro come tale principio meriti adeguata protezione all’interno di uno Stato di diritto, qual è il nostro, in cui al consociato deve essere garantita la possibilità di riporre la massima fiducia nella stabilità di un determinato assetto giuridico vantaggioso, conseguenza diretta dell’esercizio del pubblico potere.

Non si può negare, infatti, come disattendere aspettative consolidate incida in maniera preponderante nelle decisioni di

progettualità imprenditoriale, con inevitabili ripercussioni sull’economia in generale.

Ciò posto, è emerso chiaramente nel corso dell’elaborato come l’applicazione del principio di tutela del legittimo affidamento non possa essere intesa quale causa di assoluta immodificabilità dell’ordinamento. Tale principio, proponendosi di intervenire a fronte di situazioni di crisi della certezza del diritto, presuppone un mutamento della situazione giuridica presente, ed interviene proprio al fine di contenere l’eccessivo e imprevedibile dinamismo che caratterizza l’odierno ordinamento.

Al ricorrere di determinate condizioni, infatti, è riconosciuto alla Pubblica Amministrazione un potere di autotutela, che le consente di “tornare sui suoi passi”, così come al legislatore è permesso intervenire retroattivamente in determinate ipotesi tassativamente disciplinate. Ciononostante, queste prerogative si scontrano con il principio de quo, che si erge ad “arbitro” del cambiamento, che viene consentito nel rispetto dei principi di ragionevolezza e buona fede oggettiva.

Pertanto, la funzione pubblicistica, per potersi qualificare come rispettosa dei principi guida dell’azione amministrativa – quali quelli di legalità, buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97 della

Costituzione –non può prescindere dal rispetto dei principi di correttezza e di tutela del legittimo affidamento, da cui discendono i generali obblighi di neminem leadere e di non venire contra factum

proprium.

Siffatti obblighi, in primis, si impongono al legislatore il quale, per non incorrere nella loro violazione – come, invece, spesso accade, specie nell’ambito delle fonti sottordinate – deve evitare di introdurre leggi sfavorevoli retroattive, così garantendo ai consociati il diritto di conoscere preventivamente e in modo tendenzialmente stabile il quadro delle regole giuridiche necessarie per orientare le loro azioni.

Il pubblico potere, infatti, sia esso il legislatore o l’Amministrazione Pubblica, allorquando non rispetti le situazioni di legittimo affidamento sorte in capo ai singoli, si configura alla stregua di una “morsa letale” per le libertà personali, in particolare per la libertà di iniziativa economica privata, di cui all’art. 41 della Costituzione.

Proprio alla luce della rilevanza che tale principio assume nei rapporti economici, il nostro ordinamento ha nel tempo dedicato sempre maggiore attenzione alla tutela dello stesso, giungendo negli ultimi anni ad una rivalutazione della tradizionale concezione dei

rapporti tra amministrati e potere pubblico, con un chiaro favor per i primi.

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