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Il travagliato iter del legittimo affidamento nel diritto amministrativo: le modifiche alla legge n 241 del 1990 e la

4. Il principio del legittimo affidamento nell’ordinamento italiano

4.3. Il travagliato iter del legittimo affidamento nel diritto amministrativo: le modifiche alla legge n 241 del 1990 e la

mancata esplicita previsione del principio tra i canoni fondamentali dell’azione amministrativa

L’affidamento legittimo sorge a seguito di un comportamento della P.A. che ha determinato una posizione di vantaggio in capo al cittadino: è, quindi, un fatto relazionale che nasce dal contatto tra

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Corte Cost., 2 aprile 2014, n. 69, in www.cortecostituzionale.it; ex multis: Corte Cost., 4 luglio 2013, n. 170; 29 maggio 2013, n. 103; 21 ottobre 2011, n. 271; 24 luglio 2009, n. 236; 11 giugno 2010, n. 209.

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Vedi Corte Cost., 11 giugno, 1999, n. 229, su studiolegale.leggiditalia.it: “la norma

impugnata non potrebbe dirsi realmente interpretativa, quanto piuttosto retroattivamente innovativa rispetto alla precedente disciplina ed emanata, in contrasto con il generale principio di ragionevolezza, con l'unica intenzione di incidere sui giudizi in corso, così violando valori costituzionalmente tutelati, di volta in volta individuati dai medesimi rimettenti nell'autonomia della funzione giudiziaria, nel diritto di difesa e di tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione, nel principio dell'affidamento, nel principio della capacità contributiva ed in quello del buon andamento della Pubblica Amministrazione”.

l’Amministrazione ed il privato il quale, proprio all’interno di tale rapporto, pretende tutela. Nell’ordinamento nazionale il principio di affidamento, però,è stato per lungo tempo estraneo al diritto

amministrativo87, nel quale si è tradizionalmente privilegiata la tutela

dell’interesse pubblico, consentendo alla Pubblica Amministrazione di agire in autotutela a discapito del privato, anche a fronte di situazioni giuridiche consolidate. Se il principio costituzionale della ragionevolezza ex art. 3 Cost. limita il potere del legislatore, imponendogli la tutela del legittimo affidamento, tale principio non può non assumere una forza maggiore nei confronti dell’attività autoritativa compiuta dall’Amministrazione, che proprio nella legge trova l’origine del suo potere. La giurisprudenza amministrativa italiana, inoltre, impone il rispetto del principio ora come criterio dell’azione amministrativa, ora come espressione del principio di buon andamento e imparzialità88, ed inoltre come esplicitazione del più generale principio di buona fede che si estende all’intero ordinamento giuridico.

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Amplius Capitolo II, § 1.1.

88

Cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 15 luglio 2008, n. 3536, in http://studiolegale.leggiditalia.it, nel quale si sostiene che “nel rispetto dei principi fondamentali fissati dall'art. 97 della

Costituzione, l'amministrazione è tenuta ad improntare la sua azione non solo agli specifici principi di legalità, imparzialità e buon andamento, ma anche al principio generale di comportamento secondo buona fede, cui corrisponde l'onere di sopportare le conseguenze sfavorevoli del proprio comportamento che abbia ingenerato nel cittadino incolpevole un legittimo affidamento”.

La spinta dirompente fornita dall’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale – responsabile della emersione e della successiva applicazione del principio de quo nel diritto amministrativo – ha indotto il legislatore ad esperire un tentativo di introduzione esplicita del suddetto postulato nella legge sul procedimento amministrativo.

Così, nella XIV legislatura veniva presentato il disegno di legge S.1281del 2002, successivamente approvato dal Senato della Repubblica il 10 aprile del 2003: si tratta del primo dei quattro testi che compongono i lavori parlamentari alla redazione della legge n. 15 del 2005, recante “Modifiche e integrazioni alla legge 7 agosto 1990,

n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”89. Il progetto presentava una modifica dell’articolo 1 della legge n. 241,in virtù della quale esso veniva così formulato: “l’attività amministrativa

persegue i fini determinati dalla legge ed è retta dai principi di imparzialità, proporzionalità, legittimo affidamento, efficacia, efficienza, economicità, di pubblicità e di trasparenza, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”; il principio della tutela del

legittimo affidamento veniva così inserito nell’alveo delle linee guida che informano l’attività amministrativa.

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Per i lavori preparatori della legge 11 febbraio del 2005, n. 15, si veda in

Tuttavia, tale accorgimento innovativo si rivelò effimero. Le successive modifiche apportate dalla Camera dei Deputati nel d.d.l.

C.3890 travolsero qualsiasi riferimento al legittimo

affidamento,giungendo all’attuale formulazione: a tenore della quale “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è

retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai princìpi dell’ordinamento comunitario”90. La ratio di tale stralcio emerge della relazione della prima Commissione permanente nell’atto C.3890 A: si decise, infatti, di non allargare il catalogo dei principi codificati nel primo articolo non perché non si condivideva il progetto del Senato91, bensì al preciso fine di prediligere la sinteticità, dovendo ascriversi la legge sul procedimento amministrativo al novero delle leggi fondamentali dell’ordinamento. Ciò posto, la Commissione ribadì come il generico

90

La cui rubrica dispone “Princípi generali dell'attività amministrativa”.

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Cfr. G. Grasso, Sul rilievo del principio del legittimo affidamento nei rapporti con la

Pubblica Amministrazione, cit., pp. 93 ss. “la nuova formulazione dell'art. 1 della l.n. 241/1990 non deve essere interpretata come intenzione di escludere i principi precedentemente indicati nel progetto dal novero dei canoni fondamentali dell’azione amministrativa. I principi dell’imparzialità, della proporzionalità e del legittimo affidamento, infatti, risultano pienamente affermati nel diritto amministrativo vigente e sono correntemente utilizzati dalla giurisprudenza. Se l’imparzialità dell’azione amministrativa riveste rango costituzionale (art. 97 Cost.), la proporzionalità e il legittimo affidamento assumono pieno riconoscimento nell’ambito dell’ordinamento comunitario”.

rimando ai principi dell’ordinamento sovranazionale fosse, ex se, idoneo a sopperire all’esigenza di elencare espressamente i singoli principi ivi inclusi; pertanto l’espressa previsione avrebbe avuto un rilievo meramente rafforzativo.

Da quanto esposto, pare evidente come lo stralcio non abbia prodotto effetti rilevanti: il richiamo implicito al legittimo affidamento consente comunque di confermare l’esistenza, nel nostro ordinamento, di un principio generale non scritto.

Peraltro, l’art. 1 non costituisce l’unico momento di emersione del legittimo affidamento in seno alla disciplina dell’attività amministrativa, poiché vi sono altre disposizioni ove è possibile leggere la presenza del principio in sé considerato o comunque legato ai valori della collaborazione e della buona fede92. Questi, inoltre, risultano espressamente previsti all’interno del c.d. Statuto del

contribuente 93 , con una portata in realtà più ampia di quella

strettamente limitata al settore tributario94.

92

Vedi Capitolo II, § 3., nota n. 63.

93

Legge 27 luglio 2000, n. 212; in particolare all’art. 10, la cui rubrica contiene la dizione “Tutela dell'affidamento e della buona fede”, e che al primo comma dispone “I rapporti

tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”.

94

G. Grasso, Sul rilievo del principio del legittimo affidamento nei rapporti con la

Capitolo II

Buona fede e legittimo affidamento