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La tutela del legittimo affidamento nei confronti del legislatore

4. Il principio del legittimo affidamento nell’ordinamento italiano

4.2. La tutela del legittimo affidamento nei confronti del legislatore

Alla luce della dissertazione giurisprudenziale dianzi esposta, si comprendono le difficoltà che vanno a lambire il concetto di affidamento nella panoramica costituzionale; nei vari passaggi si nota come l’orientamento del giudice delle leggi sia mutato nel tempo e abbia accolto un’impostazione dai caratteri peculiari.

L’affidamento ha, oramai, assunto il ruolo di barriera avverso ingiustificati interventi legislativi dalle sfumature retroattive. La ricerca di una dignità costituzionale della tutela del legittimo affidamento è, dunque, funzionale per la configurazione di un preciso

“vincolo” nei confronti dell’operato del legislatore 75

. In buona sostanza, nonostante la discrezionalità propria del potere legislativo, laddove introduca una normativa dal contenuto preciso e particolare, non può successivamente disporre in modo contrastante rispetto ad

75

L. Lorello, La tutela del legittimo affidamento tra diritto interno e diritto comunitario, op. cit., p, 224.

essa, in quanto, se così facesse, violerebbe l’affidamento dei singoli sulla stabilità della normativa vigente.

In tema di efficacia retroattività della legge, la Costituzione

prevede in modo esplicito una sola norma, ovvero l’articolo 2576,

riferita unicamente alla materia punitiva77.Tuttavia, come osservato da

autorevole dottrina78 e secondo quanto statuito dalla Consulta79,

sarebbe contrario allo spirito della norma ritenere che con tale disposizione si sia inteso autorizzare leggi retroattive in ogni altro ambito: essa prova solo che non esiste un divieto tassativo fuori dalla materia punitiva, ma non esclude che l’irretroattività della legge possa discendere, per gli altri settori dell’ordinamento giuridico, da ulteriori

disposizioni costituzionali 80 . Pertanto, il divieto di retroattività

risponde ad esigenze di certezza del diritto e di giustizia sostanziale e,

76

“Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima

del fatto commesso”.

77

È, dunque, da riferirsi agli interventi legislativi che introducono svantaggi o condizioni di disfavore rispetto allo status quo ante. Per le altre materie, invece, il principio di retroattività si connota come un principio non costituzionale bensì (soltanto) generale (arg. ex. art. 11, comma 1, disp. prel. c.c.) al quale il legislatore deve attenersi, pur non essendo ad esso vincolato in termini assoluti. Cfr. ex multis, Corte Cost., sentenza 26 gennaio 1994, n. 6, in Quaderni regionali, 1994, p. 519; Id., sentenza 16 giungo 1993, n. 283, in Giust. civ., 1994, I, p. 318.

78

G. Guarino, Sul regime costituzionale delle leggi di incentivazione e di indirizzo, in

Scritti di Diritto pubblico dell’economia e dell’energia, Milano, 1962, pp.160 ss.

79

Corte Cost., sentenza 8 luglio 1957, n. 118, in www.giurcost.org.

80

Sul punto G. Guarino, Sul regime costituzionale delle leggi di incentivazione e di

indirizzo, op. cit., p. 162, ove l’Autore identifica una di tali disposizioni nell’art. 41 Cost,

giustificando tale scelta in base al fatto che “se fosse ammessa la retroattività le tutele

costituzionali accordate dal primo e dal terzo comma dello stesso articolo perderebbero la loro concreta efficacia”.

pur trovando la sua massima espressione nel settore penale, si erge a

“canone generale dell’ordinamento”81

.

Il profilo del rapporto tra il principio di retroattività della legge e quello della tutela del legittimo affidamento, è stato attentamente esaminato con particolare riferimento alle c.d. leggi di incentivazione, le quali si caratterizzano per la previsione dell’attribuzione di un determinato vantaggio (che può avere le forme più diverse) nei confronti di soggetti che intraprendono una determinata attività

economica; vantaggio che assume il ruolo di “controprestazione”82 ed

il cui conferimento risulta condizionato dall’effettivo svolgimento dell’attività stessa, secondo le modalità fissate dalla legge. L’adozione di tali leggi, dunque, instaura un particolare rapporto tra Stato e categoria di cittadini interessata, assetto che non deve potersi

modificare per effetto di una iniziativa unilaterale del legislatore83. Di

conseguenza, si vieta al legislatore di introdurre norme con effetto retroattivo, che incidano in modo sfavorevole sulle pozioni dei destinatari che abbiano già dato seguito all’attività indicata nella

81

Ivi, p. 163.

82

Ivi, pp. 130-131. Secondo l’Autore, tale carattere consente di ricondurre le leggi-

incentivo alla più grande categoria delle leggi-contratto.

83

Ivi, pp. 125 ss., il quale parla di “impegnatività” per lo Stato, quale effetto della legge- incentivo.

stessa legge-incentivo, proprio tenendo conto dell’aspettativa legittima da quest’ultima determinata.

In linea con quanto detto si esprime la Consulta84 che, nella più volte richiamata pronuncia n. 416 del 1999, dichiara: “al legislatore

ordinario, fuori della materia penale, non è inibito emanare norme con efficacia retroattiva, a condizione però che la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non si ponga in contrasto con altri valori e interessi costituzionalmente protetti. Tra questi la giurisprudenza costituzionale annovera, come è noto, l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica che, quale essenziale elemento dello Stato di diritto, non può essere leso da disposizioni retroattive, le quali trasmodino in un regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi precedenti”.

Molte sentenze hanno calcato il terreno inaugurato dalla suddetta pronuncia; tra le tante si ricorda la n. 69 del 2014, ove, nel considerato in diritto, al punto 2.3., si ribadisce che “l’efficacia retroattiva della

legge trova, in particolare, un limite nel principio dell’affidamento dei

84

Tra le prime sentenze sul problema della retroattività delle leggi vedi Corte Cost., 8 luglio 1957, n. 118, in www.giurcost.org, ove la Corte evidenziò che il principio di retroattività delle leggi è situato nell’art 11 delle disposizioni preliminari al codice civile e, pur essendo “un’antica conquista della nostra civiltà giuridica, non ha valore

costituzionale (se non in materia penale ex art. 25 Cost.); la osservanza del principio sarebbe la soluzione ottimale in quanto la certezza giuridica è uno dei pilastri della civiltà giuridica e assicura il buon vivere della società.”.

consociati nella certezza dell’ordinamento giuridico, il mancato rispetto del quale si risolve in irragionevolezza e comporta, di conseguenza, l’illegittimità della norma retroattiva”85.

In definitiva,nel nostro ordinamento, norme retroattive, innovative o anche solo meramente interpretative possono essere adottate esclusivamente se non siano irragionevolmente in contrasto con i valori costituzionalmente protetti86.

4.3. Il travagliato iter del legittimo affidamento nel diritto