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La lesione del legittimo affidamento nella regolazione economica dei servizi pubblici attuata dalle Autorità indipendent

La market regulation, specie in settori fondamentali per lo sviluppo economico come i servizi pubblici, dovrebbe porsi quale obiettivo ultimo quello di garantire certezza e infondere fiducia nei contesti di riferimento, in linea con l’esigenza avvertita dagli attori del mercato di rapportarsi con decisioni affidabili e tecnicamente

appropriate, anche in funzione dei necessari investimenti

infrastrutturali che spesso si trovano ad affrontare.

Pertanto, gli atti generali di natura regolamentare dovrebbero predeterminare regole di comportamento vincolanti e tendenzialmente stabili a tutela dell’affidamento degli operatori; i provvedimenti sanzionatori dovrebbero assolvere ad una funzione di prevenzione generale e di certezza in ordine alla liceità o illiceità di determinati comportamenti all’interno del mercato; compito delle decisioni giustiziali, infine, dovrebbe essere quello di fornire l’autorevole interpretazione della normativa vigente, così da offrire una posizione

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ermeneutica di riferimento pro futuro nelle interazioni tra i regolati e, quindi, produttiva di affidamento68.

L’uso del condizionale è d’obbligo in quanto frequentemente, nell’esercizio del potere di regolazione, si rilevano “crisi di

cooperazione”69 tra Governo (detentore della funzione di indirizzo politico) e Regolatore (titolare della scelta tecnica) che comportano, inevitabilmente, un dilatamento dei tempi necessari per la formazione di regole stabili e chiare, con inevitabile pregiudizio per gli operatori economici.

Teoricamente, infatti, spetterebbe agli organi politici adottare le decisioni di contenuto generale, mentre alle Autorità indipendenti il compito di definire, in dettaglio, le regole tecniche più consone al funzionamento dei mercati affidati alle loro cure, secondo il modello prefigurato dalla l. n. 481 del 199570.

68

S. Lucattini, Modelli di giustizia per i mercati, Torino, 2013, pp. 83 ss.

69

Id., Rivalità e coordinamento nel governo dei servizi pubblici, in F. Merusi, S. Antoniazzi (a cura di), Vent’anni di regolazione accentrata dei servizi pubblici locali, Torino, 2017, p. 90.

70

L’art. 2, comma 14, della l. n. 481 del 1995, in Gazz. Uff., 18 novembre 1995, n. 270, dispone, infatti, che “sono fatte salve le funzioni di indirizzo del settore spettanti al

governo”; e l’art. 1, primo comma, afferma che la regolazione dei servizi di pubblica

utilità deve tenere conto “degli indirizzi di politica generale formulati dal governo” il quale, secondo quanto sancito dal comma 21 dell’art. 2, “nel documento di

programmazione economico-finanziaria, indica all’Autorità il quadro di esigenze di sviluppo dei servizi di pubblica utilità che corrispondono agli interessi generali del Paese”.

Nella pratica, invece, la linearità di queste costruzioni viene sovente meno, con buona pace del principio di buon andamento e leale collaborazione nelle relazioni tra poteri; di conseguenza individuare la linea di demarcazione tra scelte di politica economica e regolazione indipendente non sempre si rivela agevole. Sempre più spesso, infatti, si assiste all’adozione di atti d’indirizzo invasivi delle attribuzioni del

Regolatore nella definizione della regola tecnica71.

È il caso, ad esempio, dell’Autorità per l’energia elettrica72, la quale si è rivolta al giudice amministrativo per salvaguardare la propria sfera di attribuzioni lesa da un atto di indirizzo (d.m. 24

71

E. Bruti Liberati, La regolazione dei mercati energetici tra l’Autorità per l’energia

elettrica e il gas e il Governo, in Riv. trim. dir. pubbl., 2009, pp. 435 ss. A ben vedere,

uno svuotamento delle competenze dell’Autorità ad opera del Governo può realizzarsi anche attraverso quello che è stato definito come l’“assorbimento legislativo della

regolazione”; così S. Cassese, La legge n. 481/1995. Crisi delle autorità indipendenti, in Energia, n. 4/2015, p. 10. Tale fenomeno, del resto, si verifica, in buona parte, per via

dell’abuso della decretazione d’urgenza, cui accenna, come una delle cause del sempre più diffuso “amministrare per legge”, lo stesso S. Cassese, Verso un nuovo diritto

amministrativo, in Giornale dir. Amm., 2016, p. 13.

72

Oggi denominata Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA). È un organismo indipendente, istituito con la legge 14 novembre 1995, n. 481 con il compito di tutelare gli interessi dei consumatori e di promuovere la concorrenza, l'efficienza e la diffusione di servizi con adeguati livelli di qualità, attraverso l'attività di regolazione e di controllo. L'azione dell'Autorità, inizialmente limitata ai settori dell'energia elettrica e del gas naturale, è stata in seguito estesa attraverso alcuni interventi normativi. Per primo, con il decreto n. 201/11, convertito nella legge n. 214/11, all'Autorità sono state attribuite competenze anche in materia di servizi idrici. Successivamente, il decreto legislativo 4 luglio 2014 n. 102, con il quale è stata recepita nell'ordinamento nazionale la Direttiva europea 2012/27/UE di promozione dell'efficienza energetica, ha attribuito all'Autorità specifiche funzioni in materia di teleriscaldamento e teleraffrescamento. Con la legge 27 dicembre 2017, n. 205, inoltre, le sono state attribuite funzioni di regolazione e controllo del ciclo dei rifiuti, anche differenziati, urbani e assimilati. Pure per questi settori (al pari di quello energetico) le competenze conferite sono svolte con i medesimi poteri e nel quadro dei principi, delle finalità e delle attribuzioni, incluse quelle di natura sanzionatoria, stabiliti dalla legge istitutiva n. 481/1995. Per una più ampia disamina, si rinvia al sito ufficiale dell’ARERA, su www.arera.it.

ottobre 2005) emanato dal Ministero dello sviluppo economico, di fatto sostituitosi al Regolatore nell’adozione della specifica regola tecnica73.

Nel caso di specie, il giudice amministrativo di primo grado74 ha

rigettato il ricorso dell’AEEG, sottolineando nella motivazione della decisione come vi sia “una sorta di sovrapposizione di competenze

secondo un criterio materiale tra il Ministero e l’Autorità, descrivibile in termini di cerchi concentrici più o meno estesi, tra loro in rapporto di continenza/specialità”, per giungere quindi ad affermare che “per garantire un minimum di efficacia della direttiva (il d.m. 24 ottobre

2005), questa doveva indicare la concreta condotta che doveva essere

seguita”, non potendosi limitare “alla enucleazione di astratte finalità”, ed avendo dunque “pur sempre carattere percettivo, sebbene di varia intensità”.Il T.A.R. Lazio giunge così a disegnare un criterio

di riparto assolutamente non lineare, con sovrapposizioni di sfere di competenza che potrebbe spingersi sino a privare il Regolatore di ogni prerogativa. Ad ogni modo, la pronuncia è stata riformata dal

73

Decreto 24 ottobre 2005 “Direttive per la regolamentazione dell'emissione dei

certificati verdi alle produzioni di energia di cui all'articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 239”, in Gazz. Uff., Serie Generale, n.265 del 14 novembre 2005.

74

T.A.R. Lazio, sez. III-ter, 3 maggio 2006, n. 3017, su Foro amm. – CDS, 2008, 3, 864 (s.m).

Consiglio di Stato75 il quale, diversamente, ha affermato che il Ministero “non può esercitare un potere riservato dalla legge

all’Autorità”.

Difetti di coordinamento di tal fatta appaiono meritevoli d’interesse – ai fini della presente trattazione – nella misura in cui possano recare pregiudizio alla certezza del diritto (essenziale per ogni

razionale programmazione economica delle imprese76) e sopratutto in

ragione dell’allungamento dei tempi di definizione delle regole che comportano, compromettendo le legittime aspettative dei regolati.

Significativo, da questo punto di vista, è anche il casus delle agevolazioni tariffarie per le imprese a forte consumo di energia (c.d. “energivori”), che vede antagonisti la stessa Autorità di settore e il Ministero per lo sviluppo economico. Il punto critico era costituito dalla rideterminazione degli oneri generali di sistema, frutto della

nuova definizione normativa di imprese energivore77.

75

Cons. St., sez. VI, 28 marzo 2008, n. 1274, su studiolegale.leggiditalia.it.

76

In proposito, cfr. T.A.R. Lombardia, sez. III, 14 marzo 2013, n. 681, che, in materia di regolazione tariffaria, pone l’accento sull’esigenza di “salvaguardare l’aspettativa degli

operatori di programmare le proprie scelte gestionali sulla base di elementi conoscibili già nella fase iniziale dell’esercizio di riferimento”.

77

Le imprese a forte consumo di energia elettrica sono state recentemente oggetto di numerosi interventi normativi in tema di finanziamenti e agevolazioni. Oggi l’ARERA (la nuova Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), con la deliberazione 921/2017/R/eel del 28 dicembre 2017, disciplina le nuove modalità operative per il riconoscimento delle agevolazioni per le imprese a forte consumo di energia elettrica, definite ai sensi del d.m. 21 dicembre 2017, a decorrere dal 1 gennaio 2018. Per un

Infatti, l’art. 39, primo comma, d.l. 22 giugno 2012, n. 8378, convertito in l. 7 agosto 2012, n. 134, aveva demandato ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto col Ministero dello sviluppo economico, la definizione delle imprese a forte consumo di energia; mentre il successivo terzo comma aveva stabilito che fosse l’Autorità di settore a rideterminare, seguendo gli indirizzi del Ministero dello sviluppo economico, i corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema elettrico ed i criteri di ripartizione dei medesimi oneri a carico dei consumatori.

Tuttavia, il meccanismo così delineato dall’art. 39 non ha avuto modo di funzionare, in quanto disatteso già a partire dall’emanazione degli indirizzi ministeriali. A seguito del primo atto di indirizzo, infatti, l’Autorità di settore ha rappresentato l’“opportunità di rivedere

la materia privilegiando criteri di selettività nell’individuazione dei beneficiari delle agevolazioni tariffarie”79. In risposta, il Ministero ha allora emanato un secondo atto di indirizzo, avvicinandosi parzialmente alle osservazioni del Regolatore che ha, tuttavia,

maggior approfondimento del tema, si rinvia al sito ufficiale dell’ARERA su

www.arera.it.

78

Decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 “Misure urgenti per la crescita del Paese” convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, in Gazz. Uff., 11 agosto 2012, n. 187.

79

Vedi Delibera 25 luglio 2013, n. 340/2013/R/eel, (Decorrenza delle agevolazioni

relative agli oneri generali di sistema elettrico per le imprese a forte consumo di energia elettrica), III Considerato, pubblicata sul sito www.arera.it in data 25 luglio 2013.

sottolineato come “gli indirizzi del Ministero dello sviluppo

economico sono formulati con un livello di prescrizione tale da vincolare il contento degli atti attuativi dell’Autorità”80.

Il problema che in questi casi si pone, non è allora tanto l’erosione o lo svuotamento delle attribuzioni soggettive del Regolatore, quanto piuttosto quello degli effetti apprezzabili in termini oggettivi che lo scoordinato esercizio del potere regolatorio produce nei confronti degli operatori economici.

Tuttavia, in tema di rapporto tra tutela del legittimo affidamento e regolazione economica, oltre ai suddetti conflitti concernenti il potere di rule-making81, sono soprattutto i poteri di vigilanza e di

sanzione delle Autorities a porre i maggiori problemi82.

Ed infatti, il solo avvio del procedimento di vigilanza o sanzionatorio è spesso di per sé sufficiente a produrre uno stato

d’incertezza e di pregiudizio per l’operatore economico83

: in forma di

80

Ibidem.

81

R. Occhilupo, La riduzione dei tempi e costi di avvio dell’attività d’impresa in Italia.

Ancora (vani) tentativi di riforma, cit., p. 44.

82

Cfr. S. Lucattini, Rivalità e coordinamento nel governo dei servizi pubblici, op. cit., pp. 91 ss.

83

Ragion per cui può altresì configurarsi una pretesa alla ragionevole durata dell’accertamento sanzionatorio. In tal senso, T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 17 febbraio 2016 n. 345, su studiolegale.leggiditalia.it, secondo cui a fronte dell’“abnorme

ritardo” nella conclusione del procedimento sanzionatorio “l’interesse al giusto procedimento...può ricevere piena tutela dall’ordinamento attraverso, ad esempio, gli strumenti ritualmente previsti contro il silenzio o l’inerzia dell’amministrazione, oltre che mediante il risarcimento del danno da ritardo”.

danno emergente, consistente nelle spese sopportate per le complesse attività istruttorie e difensive84, e di lucro cessante, “quale perdita di

occasioni più favorevoli o di rinuncia a certi piani e attività”85.

4. Il legittimo affidamento ingenerato dalle circolari ministeriali e