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Il decentramento contrattuale

Genere e lavoro nel decentramento ricentralizzazione delle fonti dell’Unione europea in

2. Il decentramento contrattuale

La prima dimensione è relativa alla contrattazione di prossimità e può essere affrontata in chiave empirico-applicativa, con riferimento ad un particolare accordo sindacale stipulato per favorire la “stabilizzazione” dei rapporti di lavoro di alcune lavoratrici presso un’azienda ove erano impiegate con rapporti di lavoro non subordinato. Preliminarmente occorre rammentare che l’art. 8, favorendo il “sostegno” a tale tipo di contrattazione, prevede che a determinate condizioni, entro certi limiti ed in funzione di alcuni scopi, è consentito a specifiche intese decentrate, aziendali o territoriali, di derogare, anche in senso peggiorativo, sia a quanto stabilito dai contratti collettivi nazionali sia dalla legge. Tali accordi possono assumere efficacia generalizzata a certe condizioni.

Tale tipo di contrattazione soggiace ad una serie di vincoli.

In primo luogo, vi sono quelli di scopo - ex art. 8, co. 1, cui si imputa peraltro un’eccessiva genericità - individuati in: maggiore occupazione, qualità dei contratti di lavoro, adozione a forme di partecipazione dei lavoratori, emersione di lavoro irregolare, incrementi di competitività e di salario, gestione delle crisi occupazionali, investimenti e avvio di nuove attività.

A questi si sommano quelli di natura strutturale - ex art. 8, co. 2-bis - legati al rispetto dell’ordinamento nazionale e sovranazionale che riguardano i principi fondamentali della Costituzione, dell’Unione europea e internazionali, tra cui spicca il principio di eguaglianza uomo-donna (Lassandari, 2012: 503).

Infine, si è affermata la necessità di rispettare i vincoli di carattere procedurale, con riferimento alla corretta applicazione “dei congegni procedurali previsti dall’Accordo interconfederale del 28 giugno 2011, sia

con riguardo alla riconducibilità di tali accordi, anche sotto il profilo dei soggetti negoziali, al sistema contrattuale interconfederale e in particolare ai soggetti stipulanti l’Accordo interconfederale del giugno 2011 (come garanzia da derive extraconfederali)” (Caruso, Alaimo, 2012: 223).

Rispetto a questi vincoli posti a livello legislativo, che rendono evidente il nesso tra prossimità e giustificazione della derogabilità in quanto “istanza di specializzazione organizzativo-produttiva” (Bavaro, 2012: 142), nella esperienza pratico-applicativa la contrattazione di prossimità, laddove tocca la dimensione di genere nell’esempio che verrà analizzato, lascia il dubbio di aver inciso in maniera significativa.

La vicenda di cui si tratta è indubbiamente peculiare rispetto alle previsioni dell’art. 8 citato e riguarda la scelta di stabilizzazione intrapresa nel luglio 2012 dall’azienda Golden Lady, in particolare nella rete vendita, a fronte della disposizione di legge che stabilisce la presunzione assoluta di subordinazione per i soggetti legati da un contratto di “associazione in partecipazione”, presunzione introdotta dalla legge n. 92 del 28 giugno 20121 (riforma del mercato del lavoro cd. Monti-Fornero) e con decorrenza

immediata. L’accordo stipulato nel luglio 2012 tra azienda e organizzazioni sindacali ha posticipato di un anno gli effetti di tale previsione normativa, al fine di garantire maggiore occupazione e di permettere, come si legge nell’intesa, un “percorso ragionato di stabilizzazione dei contratti di lavoro anche in applicazione delle leggi vigenti in materia contrattuale”.

In seguito, nel giugno 2013, è stato sottoscritto l’accordo collettivo quadro di livello nazionale con cui si è concordato che gli associati in partecipazione presso l’azienda – “tutte donne, prevalentemente sotto i 30 anni” come riferiscono gli organi di stampa (Tucci, 2013) - sono state 1 Il nuovo c. 2 dell’art. 2549 del codice civile afferma che “qualora l’apporto dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non può essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti, con l’unica eccezione nel caso in cui gli associati siano legati all’associante da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo. In caso di violazione del divieto di cui al presente comma, il rapporto con tutti gli associati il cui apporto consiste anche in una prestazione di lavoro si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato”.

assunte con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, oppure con contratti di apprendistato.

Nello specifico, il percorso di stabilizzazione contrattato per più di 1200 lavoratrici donne, ha previsto per circa la metà delle addette il contratto di apprendistato assieme ad un piano formativo. Al termine del periodo di apprendistato è prevista la conferma. Per le altre associate in partecipazione vi è stata l’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, facendo ricorso al tempo parziale, nel quadro del contratto collettivo nazionale di riferimento.

Altre previsioni concernono l’orario di lavoro: sono previsti in via sperimentale “schemi di orario proposti direttamente dalle lavoratrici per programmare settimanalmente le presenze a lavoro. L’ombrello del ccnl di settore garantirà alle assunte maggiori tutele previdenziali anche per malattia e maternità” (Tucci, 2013).

In questo modo, si è venuto ad aprirsi un varco, da leggersi favorevolmente, mediante il quale la contrattazione di prossimità ha intrapreso un percorso inclusivo, ancorché anomalo, di stabilizzazione, che ha comunque consentito di ricondurre il personale sotto l’alveo del contratto collettivo nazionale di appartenenza.

La dottrina giuslavoristica ha sollevato per lo più critiche a questo utilizzo singolare della contrattazione di prossimità, su vari fronti: chi esclude la possibilità di deroga in materia di associazione in partecipazione, in quanto tale contratto non rientra tra le materie previste dalla norma del 2011, e la stessa norma della riforma Monti-Fornero in materia, successiva rispetto all’art. 8, non prevede la possibilità di deroga o un rinvio pieno alla contrattazione di prossimità (Tiraboschi, 2012: 880); chi, al contrario, ritiene che la finalità più correttamente qualificabile per tale tipo d’intesa fosse, ai sensi dell’art. 8, “emersione di lavoro irregolare” (Bavaro, 2012: 145); chi, ancora, non rinviene alcuna deroga ma solo “una sospensione dell’efficacia di una norma statuale che non può certo essere assimilata o equiparata ad un fattore di crisi aziendale o ad una emergenza

occupazionale” (Perulli, 2013: 943); fino a chi, meno criticamente, ha visto, complessivamente nell’art.8, una soluzione a “a mezza strada” tra il centralismo del sistema sindacale e l’orientamento della giurisprudenza contrario ad ogni forma di gerarchia tra i livelli della contrattazione (De Luca Tamajo, 2013: 731).

In ogni caso, va comunque riconosciuto che, pur nella sua anomalia, un’intesa di questo tipo ha consentito di intervenire proprio laddove il legislatore nazionale non può e non riesce a penetrare: è stata così favorita una contrattazione che, in maniera inclusiva, sovvertendo le finalità di breve periodo della riforma Monti-Fornero con riguardo all’utilizzo di forme atipiche, ha veicolato nel medio-lungo periodo il personale con un contratto di associazione in partecipazione fino all’applicazione del regime di contratto di lavoro subordinato e del contratto collettivo nazionale di settore, con assunzioni a tempo indeterminato o comunque percorsi di formazione in apprendistato.