• Non ci sono risultati.

Politica Corpo Performance

L’iconografia del suffragio

5. Politica Corpo Performance

Negli anni 2002 e 2003, l’Arts Council e la BBC produssero Shooting Live Artists, un progetto finalizzato a sperimentare le connessioni fra pratiche digitali ed artistiche e a verificare come e quanto l’arte contemporanea viva potesse raggiungere nuovo pubblico attraverso internet. I lavori creati dovevano combinare nuove tecnologie digitali, performance, installazioni con elementi di interattività da gestire in appositi siti web.

Nel 2003, presero parte al progetto Helen Paris e Leslie Hill, due artiste note per l’acuta, ironica attenzione alla cultura e alla politica. Il loro lavoro Suffragettes Invented Performance Art: Make a Spectacle of Yourself era composto da una performance nella quale le artiste riproducevano azioni politiche delle suffragiste e da un elemento di interattività online che sollecitava i contributi di tutte/i coloro che, accettando l’invito delle artiste, si “rendevano ridicole/i” per qualcosa in cui credevano. Lo scopo era costruire una sorta di rete viva dell’arte e dell’attivismo politico in tempi di crisi globale, nel convincimento della necessità di un impegno diretto. Il motore dell’iniziativa era il suffragismo, visto come movimento politico dal forte aspetto performativo, “inventore” della Performance art (Hill, 2000: 150-156).

Per quanto incendiare sale da the e residenze di campagna o infrangere le finestre dei club possano sembrare azioni sovversive più che performance artistiche, è difficile non riconoscere un forte aspetto performativo in imprese programmaticamente pensate ed eseguite incrociando azione politica, teatralità ed arte, come quando raffinate signore si incatenavano alle inferriate di Buckingham Palace o, sincronizzando i propri orologi, estraevano dalle borsette i martelli per spaccare contemporaneamente le vetrine dei negozi più esclusivi di Londra.

Una delle azioni più controverse fu eseguita da Mary Richardson nel 1914: la lacerazione della Venere allo specchio di Velasquez, da poco acquisita dalla National Gallery di Londra. Quel gesto sembrò particolarmente appropriato nel contesto della lotta che le suffragiste

femminile: una reazione contro la rappresentazione maschile del corpo delle donne. Questa lettura solo in parte restituisce il senso del gesto di Richardson che pure nel 1952 avrebbe dichiarato: “non [mi] piaceva il modo con cui i visitatori maschi … restavano … a bocca aperta davanti al quadro”. In realtà le spiegazioni di Mary davanti alla Corte furono altre: il 13/3/1914 scrisse su The Suffragette di aver tentato di attirare l’attenzione sulle condizioni di Emmeline Pankhurst, allora seriamente provata dallo sciopero della fame e di aver “cercato di distruggere il dipinto della donna più bella della mitologia come protesta contro il governo che ha distrutto Mrs Pankhurst, il personaggio più bello della storia moderna”. La dichiarazione suscitò un intenso dibattito sulla stampa: Herbert George Wells la considerò assurda e stravagante, opinione condivisa a distanza di decenni anche da alcune studiose femministe.

Caroline Howlett ha interpretato, invece, il taglio della Venere come una forma di riappropriazione dell’opera, un’operazione creativa che, infrangendo i codici estetici e culturali su cui si fondava il dipinto, lo sottraeva al circuito del piacere e della visualità maschile (Howlett, 2000: 72-91). L’interpretazione proposta è coerente con l’insieme degli argomenti utilizzati da Richardson che, nella lettera di risposta a Wells su Women’s Dreadnought (25/4/1914), presentava il suo “taglio” come un gesto artistico che gli uomini non erano capaci di leggere poiché la storica, limitata presenza delle donne nel mondo dell’arte destinava i tentativi artistici come il suo ad apparire strani e difficili da comprendere. Definiva, inoltre, i segni della sua azione sulla Venere “geroglifici [che avrebbero detto] molto alle generazioni future” in quanto segni di un linguaggio ancora difficile da interpretare perché basato su un differente ordine di significazione. Richardson ribadiva, così, la sua convinzione della necessità, per le donne, di ridefinire da sé le forme della propria rappresentazione.

Il percorso delineato ha mostrato il significato politico e simbolico di un lavoro creativo capace di tradurre in termini visivi le nuove pratiche politiche del suffragismo. Da lì a qualche decennio, il rapporto fra pratiche politiche delle donne e pratiche artistiche sarebbe ritornato con rinnovato

vigore e una straordinaria capacità trasformativa. Con il neofemminismo, infatti, alcune questioni che il suffragismo aveva anticipato -il rapporto pubblico/privato, l’intuizione che “il personale è politico”, l’agire in prima persona, la centralità del corpo-, diventati cifra specifica della politica delle donne, avrebbero influenzato il percorso creativo di tante artiste trasformando, in maniera significativa, lo stesso mondo dell’arte contemporanea.

Riferimenti bibliografici

Atkinson, Diane (1992) Suffragettes in the purple, white and green, London 1906-14, Museum of London, London.

Atkinson, Diane (1997) Funny girls. Cartooning for equality, Penguin Books, London.

Betterton, Rosemary (1996) An Intimate distance: Women Artists and the Body, Routledge, London and New York.

Crawford, Elizabeth (2001) The Women's Suffrage Movement: A Reference Guide, 1866-1928, Routledge, London and New York.

Finnegan, Margaret (1999) Selling Suffrage: Consumer Culture and Votes for Women, Columbia University Press, New York.

Hill, Leslie (2000) Suffragettes Invented Performance Art, in Goodman, Lizbeth & Gay, Jane de (eds.)(2000), The Routledge Reader in Politics and Performance, Routledge, London and New York, pp. 150-156.

Howlett, Caroline (2000) Femininity Slashed, in Stevens, Hugh and Howlett, Caroline (eds.) (2000), Modernist Sexualities, Manchester University Press, Manchester, pp. 72-91.

Irigaray, Luce (1987) L’oblio delle genealogie madri-figlie, in “Inchiesta”, n.78, pp. 5-6.

Lowndes, Mary (1909) On Banners and Banner-making, The Artists’ Suffrage League, London.

Lysack, Krista (2008) Come Buy, Come Buy: Shopping and the Culture of Consumption in Victorian, Women’s Writing, Ohio University Press, Athens.

Experiences, W. Heinemann, London; ripubblicato da Virago Press, London,1988.

Nym Mayhall, Laura (2003) The Militant Suffrage Movement, Oxford University Press, Oxford.

Pankhurst, Richard (1979) Sylvia Pankhurst: Artist and Crusader, Paddington Press, New York and London.

Parkins, Wendy (ed.)(2002) Fashioning the Body Politic: Dress, Gender, Citizenship, Berg, Oxford.

Sheppard, Alice (1990) Suffrage Art and Feminism, in “Hypatia”, vol. 5, n. 2, pp. 122-136.

Sheppard, Alice (1992), The Relation of Suffrage Art to Culture, in R. Dotterer, S. Bowers (eds.) (1992) Politics, Gender, and the Arts, Associated University Presses, London and Toronto, pp. 32-51.

Shiach, Morag (2004) Modernism, Labour and Selfhood in British Literature and Culture, 1890-1930, Cambridge University Press, Cambridge.

Tickner, Lisa (2004) Banners and banner making, in V.R. Schwartz, J.M. Przyblyski (eds.) (2004) The Nineteenth-century Visual Culture Reader, Routledge, London and New York, pp. 341-48.

Tickner, Lisa (1987) The Spectacle of Women: Imagery of the Suffrage Campaign 1907-14, Chatto & Windus, London.