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Donne sì, ma quali? I criteri di selezione delle nuove consigliere

Genere e potere nei consigli di amministrazione: strumenti legislativi e pratiche informali nella

4. La rappresentanza femminile nei CdA: rappresentazioni, reclutamento, esit

4.2. Donne sì, ma quali? I criteri di selezione delle nuove consigliere

Abbiamo già evidenziato che la principale preoccupazione degli intervistati riguarda la percentuale di donne da inserire nei CdA, da molti considerata troppo elevata a causa di presunte difficoltà nell’individuare e selezionare la nuova componente femminile. Per gli intervistati non è chiaro, infatti, dove reperire le nuove consigliere, poiché essi stessi ammettono che, nelle loro cerchie di riferimento, ne hanno incontrate nel corso del tempo un numero molto ridotto. Si tratta di una preoccupazione che sembra condivisa e che sta scatenando, sul piano concreto, quella che è stata definita “una caccia grossa alla consigliera” (Int. 10, Consigliere):

Magari fai anche fatica all’inizio, perché se devi mettere una quota del 30% e tutte le società di botto devono mettere il 30%, dove andiamo a trovare il 30%? Perché non sono nel sistema, magari ce n’è il 50 o l’80% di brave, ma non le conosciamo, non sappiamo dove andare, non sappiamo dove trovarle (Int. 11, Consigliere).

Proviamo quindi a identificare, con gli intervistati, i “serbatoi” da cui le aziende potranno verosimilmente attingere le risorse di cui necessitano7.

Una prima possibilità è quella di rivolgersi alle – poche – consigliere che già ricoprono incarichi analoghi in altre imprese. Risultano significative, a questo proposito, le parole dell’unica amministratrice che abbiamo intervistato:

7 La nomina dei membri del consiglio di amministrazione spetta in realtà all’assemblea dei soci; qui e nelle pagine successive, tuttavia, faremo riferimento più genericamente alle scelte delle aziende, per semplicità espositiva e per continuità con le parole dei consiglieri intervistati che, pur non essendo di norma soci delle imprese in cui operano, si interrogano in prima persona sulla selezione delle donne necessarie al raggiungimento delle quote, confermando così, il loro ruolo di key player del sistema.

In questo momento vedo che c’è un po’ di panico […] Anche da un punto di vista personale è fastidioso, perché se uno mi chiama per chiedermi se voglio accettare un incarico la mia prima reazione, so che non dovrei, ma gli dico: “Se mi chiama perché sono una quota rosa, no”. Volevo farmi anche un cartellino: “non sono una quota rosa” (Int. 12, Consigliere).

Questa scelta ha per le imprese il grande vantaggio di selezionare donne che hanno già maturato esperienza all’interno di un CdA. D’altra parte – come evidenzieremo nel prossimo paragrafo – essa rischia di aggravare un tratto caratteristico del nostro sistema di corporate governance: la concentrazione di incarichi nella mani di pochi individui (interlocking directorates)8, in questo caso le consigliere di provata esperienza.

Una seconda possibilità è quella di selezionare risorse interne all’azienda. La cooptazione di propri dirigenti sembrerebbe essere la scelta più semplice e, in un certo senso, più “conservativa” per le società, ma nella realtà incontra due tipi di ostacoli. Innanzitutto, la sotto-rappresentazione femminile non è un tratto esclusivo dei CdA: essa interessa infatti tutte le posizioni apicali. In secondo luogo, l’opportunità di selezionare i propri manager è fortemente influenzata dalle caratteristiche dell’impresa e dal suo sistema di governance: società di dimensioni relativamente piccole e con una struttura interna poco articolata faranno tendenzialmente più fatica a reperire internamente risorse adeguate rispetto a società di grandi dimensioni, con una struttura complessa o che si collocano in settori capace di offrire professionalità spendibili nei CdA. La strada della selezione interna è dunque percorribile da alcune aziende, più difficilmente da altre:

Questo secondo me sarà più semplice in quel tipo di società in cui c’è per esempio una forte presenza degli investitori banche, perché le banche all’interno del loro giro di relazioni, o anche al loro interno, hanno delle persone… Perché non dimentichiamo che possono essere anche dipendenti della banca, ovviamente di un certo livello (Int. 5, Consigliere).

Infine, una terza possibilità è quella di individuare donne esterne sia all’azienda sia al circuito già esistente delle amministratrici. È questa, nelle parole degli intervistati, la strada più seguita al momento, anche a causa dei limiti che, come evidenziato, caratterizzano le alternative. Nel processo di selezione esterna possiamo individuare due aspetti o dimensioni principali: il profilo delle figure considerate e i canali di reclutamento utilizzati per identificarle.

Per ciò che concerne il primo aspetto, i profili ricorrenti nei CdA sono riconducibili essenzialmente a tre categorie: 1) i parenti e gli affini all’imprenditore, nel caso di società cosiddette padronali o familiari, come noto molto diffuse nel nostro paese; 2) gli esponenti del mondo delle professioni, in particolare avvocati e commercialisti, e del mondo accademico, soprattutto economisti e giuristi; 3) imprenditori e manager di altre società, nel ruolo di consulenti e sparring partner.

I canali di reclutamento sono invece essenzialmente di due tipi: personali, quando i soggetti attingono alla rete di contatti che hanno sviluppato nel corso del tempo; professionistici, quando ci si rivolge a un selezionatore esperto. Inoltre, includiamo tra i canali di reclutamento le auto-candidature che possono pervenire all’azienda.

Se incrociamo le due dimensioni individuate, quella del profilo degli individui (accorpando in un’unica categoria coloro che sono portatori di specifiche competenze: gli esponenti del mondo accademico e delle professioni, gli imprenditori e i manager) e quella dei canali di reclutamento, otteniamo lo schema in figura 2. In esso sono sintetizzate le principali figure che emergono come possibili membri di CdA, nell’ambito di un processo di selezione esterna all’azienda e al circuito già esistente degli amministratori.

Figura 2: Sintesi delle principali figure che emergono come possibili membri di

CdA

Canale di reclutamento

Professionistico Personale Auto-candidatura

Possesso di

competen ze

specifiche

Sì Candidate selezionate Conoscenticompetenti Esperte in rete

No --- Parenti e affini Consigliereimprovvisate

Vediamo adesso i casi individuati, premettendo che nello schema sono date tutte le intersezioni tranne quella tra canale di reclutamento professionistico e mancanza di competenze specifiche, che risulta privo di senso.

Il primo caso è quello delle candidate selezionate, che si ha quando un’azienda alla ricerca di un nuovo membro per il proprio CdA individua un preciso profilo professionale e incarica un head hunter di vagliare i candidati più idonei ( in questo caso, le candidate). Il processo di selezione risulta razionale e universalistico, poiché si basa sulla ricerca di specifiche competenze e si affida a un canale professionistico. Tuttavia, nella realtà questa modalità viene raramente perseguita, dati i costi che essa comporta:

Tu chi nomini? Teoricamente vai da un head hunter e gli fai fare una selezione. Paghi dei soldi per che cosa? Se devo scegliere un chief executive, i soldi li spendo volentieri, perché comunque ho la certezza di avere fatto lo screening più ampio possibile; se devo scegliere un consigliere su dieci, i soldi non li spendo (Int. 8, Consigliere).

Passando al reclutamento che utilizza, come canale principale, i contatti pregressi e la conoscenza personale, distinguiamo due casi. Abbiamo innanzitutto la figura delle conoscenti competenti, che deriva dal network di contatti professionali proprio di ciascun imprenditore, azionista, manager o consigliere. L’individuazione di donne dotate di una elevata competenza e che si conoscono personalmente risulta particolarmente gradita, perché in questo modo si selezionano figure che sono al contempo fidate e qualificate.

Il primato della fiducia sulla competenza si esprime invece principalmente nella scelta di parenti e affini, ovvero donne che, pur non essendo professionalmente qualificate, sono personalmente vicine al proprietario dell’azienda. Si tratta, come ricordato, di un’opzione molto diffusa nel panorama italiano, che ha già guidato la scelta di una quota rilevante di consiglieri inseriti nei CdA, anche in tempi di molto precedenti all’entrata in vigore della Golfo-Mosca. È sufficiente evidenziare che nell’elenco dei 104 consiglieri key player, da cui siamo partiti per individuare i nostri intervistati, vi sono solo cinque donne e, di queste, quattro vantano un’appartenenza familiare forte, essendo mogli o figlie di imprenditori di primaria importanza. Ovviamente, non vogliamo suggerire che tutte le consigliere legate alla proprietà da vincoli familiari non possiedono competenze specifiche: nelle famiglie imprenditoriali, infatti, spesso i membri più giovani intraprendono specifici percorsi formativi al fine di maturare il bagaglio di conoscenze necessario per affiancare l’imprenditore e, con il tempo, succedergli. Piuttosto, vogliamo qui puntare l’attenzione su una pratica diffusa, che consiste nel nominare all’interno dei CdA i propri famigliari al fine di assicurarsi il consenso; tale pratica rischia di acquisire una estensione ancora maggiore con l’obbligo di nomina di una quota rilevante di donne:

Nell’azienda X ce ne sono due [di donne], che sono tutte e due membri della famiglia. Però sono diverse: una è la seconda moglie del fondatore che però ha una competenza, addirittura ha una sua piccola azienda che

produce nello stesso settore, quindi ha sicuramente competenza; l’altra è figlia del fondatore, devo dire che è molto giovane e molto inesperta, per cui… Nell’azienda Y c’è la figlia di uno dei fondatori, che è dentro a puro titolo rappresentativo della famiglia (Int. 5, Consigliere).

Oggi vengono pescate tra persone di famiglia che non hanno sicuramente una adeguata preparazione e quindi possono esserci delle situazioni, in cui staranno lì zitte, oppure diranno quello che gli dicono di dire senza avere il bagaglio per poterlo dire (Int. 3, Consigliere).

Infine, consideriamo il canale dell’auto-candidatura: in questa circostanza, non è l’azienda ad attivarsi per cercare i nuovi membri del CdA, ma sono le aspiranti candidate a proporsi direttamente. Distinguiamo qui due casi, a seconda che le interessate possiedano oppure no competenze professionali specifiche e appetibili per le società. Vi sono quindi innanzitutto quelle che abbiamo definito esperte in rete, ovvero donne qualificate provenienti dal mondo dell’impresa, dell’università e delle professioni che, in virtù delle nuove opportunità offerte dalla normativa, cercano di auto-promuoversi manifestando la propria disponibilità a entrare a far parte di un consiglio. L’etichetta che abbiamo scelto, intende sottolineare una specifica modalità di auto-promozione che sembra aver trovato impulso con l’introduzione delle quote: la costituzione di network di donne con un elevato profilo professionale che intraprendono percorsi formativi specifici al fine di acquisire ulteriori competenze necessarie all’interno di un CdA. Tali percorsi sono di norma organizzati in modo autonomo all’interno del network professionale e comprendono esperienze di diverso tipo e intensità, spaziando dai singoli seminari tematici a veri e propri corsi di formazione autogestiti dalle partecipanti (cfr. Int. 20, Rappresentante associazione di professioniste). Questa modalità di organizzazione e auto-promozione ha dunque, da un lato, un obiettivo formativo; dall’altro, intende favorire la visibilità delle donne che ne fanno parte, ponendosi come soggetto in grado di certificare la qualità delle candidate. Questo può avvenire, ad esempio, attraverso la pubblicazione degli elenchi di coloro che appartengono al network, a cui le aziende possono attingere per individuare nuove figure da inserire nei

CdA.

Infine, sempre nell’ambito dell’auto-candidatura abbiamo quelle che abbiamo definito consigliere improvvisate, donne prive di un profilo professionale appetibile per le aziende ma che, ciò nonostante, si segnalano in vista del rinnovo degli organi di gestione societaria:

Temo fortissimamente che in questo momento chi avanza? Non tanto quelle che hanno la capacità, la professionalità, che non sono tantissime, ma quelle che sgomitano di più. Il problema è che poiché sono gli azionisti che devono scegliere e siccome quelle che avrebbero le capacità non sono quelle che si mettono in mostra, cosa succede? Io lo dico perché lo vedo, nelle riunioni che facciamo noi vengono delle signore molto improbabili che danno in giro a tutti i bigliettini da visita, secondo me queste signore magari otterranno qualcosa (Int. 12, Consigliere).

4.3. Strategie di adattamento, conseguenze inattese e effetti