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Metodo e Procedura

Stereotipi, potere, identità

2.2. Metodo e Procedura

Sono stati condotti due studi tramite questionari online in cui ai partecipanti era chiesto di immedesimarsi nel ruolo di un datore di lavoro che deve giudicare delle persone candidate ad una posizione di leadership in azienda. Il metodo dei due studi risultava essere identico tranne per il fatto che lo Studio 1 faceva riferimento a candidati maschi mentre lo

Studio 2 a candidate femmine.

Dopo essere stati contattati e aver deciso di partecipare allo studio, i partecipanti venivano informati relativamente alla posizione lavorativa per cui i candidati si presentavano, ossia il direttore generale di un’azienda che richiedeva ottime capacità di leadership. A seguire veniva loro detto che avrebbero dovuto valutare un candidato a tale posizione basando i loro giudizi su informazioni minime come ad esempio l'ascolto della voce o la vista della foto del volto del candidato o della candidata. Si è deciso di esporre i partecipanti ad un'unica informazione poiché è stato mostrato che più informazioni presentate contemporaneamente rendono difficile analizzare l'impatto di un singolo elemento rispetto all'altro (Zucherman e Driver, 1989). A seconda della condizione sperimentale, i partecipanti ascoltavano un file audio di pochi secondi in cui il/la potenziale candidato/a indicava il proprio nome e la città di provenienza, oppure guardavano il volto del/della candidato/a. Le stesse informazioni personali quali nome e città di provenienza erano fornite anche nel caso di informazione visiva. Lo stimolo a cui i partecipanti erano esposti è stato scelto in modo tale da appartenere ad un individuo che si era autodefinito come eterosessuale oppure omosessuale e che, sulla base di pretest o studi precedenti (Sulpizio et al., 2013) era percepito in modo coerente con l’orientamento sessuale dichiarato, ossia come sounding- o looking- gay/eterosessuale. Nello Studio 1 i partecipanti erano quindi esposti alla voce o al volto di un candidato maschio la cui voce o volto apparteneva ad un uomo eterosessuale oppure gay. Nello Studio 2, avveniva lo stesso ma con riferimento alla voce o volto di una donna eterosessuale oppure lesbica. Non erano presentate altre informazioni aggiuntive (p. es., CV).

A seguire, i partecipanti indicavano quanto ritenevano il/la candidato/a adatto alla posizione di leadership e la probabilità con cui l'avrebbero assunto/a. I partecipanti avevano anche la possibilità di indicare quale fosse il salario più adatto modulando la loro risposta su una scala che andava da meno di 4000 a più di 7000 euro mensili. Inoltre, veniva loro

chiesto di descrivere il/la candidato/a su una serie di tratti sterotipicamente maschili (p. es., dominante, competente) e femminili (p. es., sensibile, curato). Prima di terminare il questionario indicavano quale credevano fosse l'orientamento sessuale del/della candidato/a e riportavano le loro informazioni demografiche (i.e., genere, età e orientamento sessuale).

2.3. Risultati

Prima di condurre le analisi abbiamo selezionato e considerato solamente le perone partecipanti che avevano dichiarato di essere eterosessuali in modo tale da avere dei campioni omogenei. Qui di seguito vengono descritti i principali risultati di questa ricerca. I dati sono stati analizzati utilizzando analisi della varianza in cui abbiamo considerato due fattori tra partecipanti: il tipo di stimolo (voce vs. viso) e l’orientamento sessuale (eterosessuale vs. omosessuale) del candidato che era veicolato dallo stimolo vocale o visivo. Sono riportati solo i risultati che hanno raggiunto i convenzionali criteri di significativita’ statistica (p < .05).

Nello Studio 1 abbiamo considerato candidati di genere maschile. I risultati hanno mostrato che il 30% dei partecipanti (N = 91) categorizzava correttamente l’orientamento sessuale del candidato gay mentre il 10% lo definiva bisessuale. Tale accuratezza era maggiore nel caso di informazione vocale piuttosto che visiva. Ciononostante, le analisi dei dati mostrano che l’attribuzione di tratti stereotipici avveniva in modo coerente all’orientamento sessuale. Il candidato eterosessuale era descritto maggiormente con tratti stereotipici maschili rispetto al candidato omosessuale. Il contrario accadeva per i tratti stereotipici femminili che erano associati soprattutto al candidato omosessuale rispetto a quello eterosessuale. Tale attribuzione avveniva in modo simile sia quando i partecipanti erano esposti alla voce sia quando vedevano il volto del candidato. Ciò suggerisce che sia la voce sia il volto sono in grado di veicolare informazioni sull'individuo coerenti con gli stereotipi.

Per quanto riguarda l'assunzione e i giudizi, le analisi indicano che il candidato era giudicato più adatto e veniva assunto maggiormente se era eterosessuale e i partecipanti ne avevano ascoltato la voce. Nell’analisi dei dati non emergeva invece nessuna differenza tra candidato eterosessuale e omosessuale quando l'informazione era data attraverso il viso del candidato. È quindi possibile ipotizzare che l’orientamento sessuale fosse più facile da distinguere nel caso di informazione vocale o, più generalmente, che la voce eterosessuale fosse considerata più conforme ad uno stereotipo associato alla leadership e che questo determinasse un favoreggiamento del candidato eterosessuale rispetto a quello gay. Infine, è emerso che, indipendentemente dal tipo di informazione fornita, i partecipanti erano maggiormente predisposti a dare uno stipendio maggiore al candidato eterosessuale rispetto a quello omosessuale.

Nello Studio 2 abbiamo analizzato gli effetti di voce e volto di donne eterosessuali e lesbiche sull’attribuzione di tratti stereotipici, decisione di assunzione e potenziale salario attribuito. Innanzitutto è da notare che i partecipanti (N = 144) avevano difficoltà nel riconoscere l’orientamento sessuale della candidata lesbica. Infatti, solo il 5% dei partecipanti la descriveva come lesbica e un altro 5% come bisessuale. Ciononostante, i risultati delle analisi della varianza hanno mostrato un’attribuzione di tratti stereotipici coerente con l'orientamento sessuale della candidata. Qualora la candidata era eterosessuale le venivano attribuiti maggiormente tratti stereotipici femminili rispetto a quelli maschili mentre il contrario avveniva per la candidata lesbica. Ciò avveniva sia nel caso di informazione vocale che visiva sottolineando come nessuna di queste due caratteristiche fosse più informativa dell’altra. Inoltre, questo risultato sembra suggerire che la candidata lesbica era percepita e descritta in modo controstereotipico rispetto ai tradizionali ruoli di genere, ma anche che ciò non comportava che essa fosse necessariamente categorizzata come lesbica.

Relativamente all’assunzione e percezione delle candidate per il posto di leader, i nostri dati evidenziano una tendenza maggiore ad assumere e

giudicare più adatta la candidata eterosessuale rispetto a quella lesbica. Allo stesso tempo, le candidate che erano presentate attraverso l’informazione visiva, ossia il volto, avevano una maggiore probabilità di essere assunte di quando i partecipanti ascoltavano le loro voci. Infine, non emergeva alcuna differenza di orientamento sessuale del candidato o di stimolo (voce/viso) relativamente al salario.

Sebbene non sia possibile condurre dei confronti statistici tra gli studi, è possibile osservare che le persone partecipanti allo Studio 1 e allo Studio 2 mostrano delle differenze minime nel giudicare i candidati in base al loro genere e orientamento sessuale. Infatti, i candidati uomini e le candidate donne eterosessuali nei due studi erano valutati in modo simile. Entrambi erano giudicati come abbastanza adatti alla posizione di leadership. Tali giudizi peggioravano per i candidati e candidate omosessuali. In una classifica, dopo i candidati eterosessuali, venivano le donne lesbiche e, a seguire, gli uomini gay. È però necessario tener presente che le persone partecipanti valutavano un unico candidato, piuttosto che confrontare diversi candidati, e lo facevano sulla base di informazioni minime. Il compito risultava essere quindi molto difficile e ciò potrebbe spiegare perché in generale gli uomini non erano favoriti rispetto le donne. Ciononostante, i candidati omosessuali ottenevano valutazioni meno favorevoli di quelli eterosessuali.

3. Discussione

Gli studi qui presentati mostrano che l’orientamento sessuale influisce sulla scelta di una persona che si candida a una posizione di leadership. Sia nel caso dei candidati uomini che delle candidate donne l’essere omosessuali influenzava negativamente la scelta: i candidati gay e le candidate lesbiche erano giudicate meno adatti al ruolo di leader rispetto ai corrispettivi candidati/e eterosessuali. Nel caso dei candidati di sesso maschile tale discriminazione si presentava solo nel caso dell’informazione vocale mentre nel caso delle candidate donne tale tendenza era

indipendente dal tipo di informazione presentata.

È interessante ricordare che nei due studi l’orientamento sessuale dei candidati e delle candidate non era menzionato in modo esplicito ma lasciato intendere attraverso l’informazione vocale o visiva. Come accade spesso nella realtà, difficilmente una persona che si presenta a un colloquio di lavoro comunica il proprio orientamento sessuale. La nostra ricerca mette in evidenza che spesso le persone non sono in grado di dichiarare con certezza se un uomo è gay, e ancor meno se una donna è lesbica. Tuttavia, l’attribuzione di caratteristiche stereotipiche avviene in modo coerente alla teoria dell’inversione di genere secondo cui agli uomini gay sono attribuite caratteristiche femminili e alle donne lesbiche quelle maschili. È altresì vero che le persone che hanno partecipato alla nostra ricerca, pur non essendo consapevoli o in grado di categorizzare con certezza una persona come gay o lesbica, percepivano i candidati e le candidati omosessuali come contro-stereotipici rispetto ai tradizionali ruoli e caratteristiche di genere.

Relativamente alla leadership e ruoli di leader sembra quindi che gli individui omosessuali siano svantaggiati. Facendo riferimento a quanto suggerito da Fassinger e collaboratori (Fassinger et al., 2010), poiché lo stereotipo degli uomini gay “devia” da quello del maschio eterosessuale vigoroso, dominante e risoluto, essi risultano essere percepiti meno adatti ad assumere una posizione di leader, in modo simile a quanto accade per le donne. Le donne lesbiche non sembrano invece trarre vantaggi dall’essere percepite come possedenti caratteristiche tipicamente maschili e associate alla leadership. I nostri risultati sembrano infatti supportare quanto è stato ipotizzato da Fassinger, ossia che le donne lesbiche vengono discriminate sia come donne sia per il fatto di non rappresentare “donne vere”, anche quando si propongono per un ruolo di potere.

Questa ricerca risulta quindi essere informativa rispetto diversi quesiti. Da un lato conferma a livello empirico quanto ipotizzato nel modello di Fassinger e collaboratori, dimostrando che coloro che sembrano o suonano

gay sono soggetti a discriminazione nei posti di leadership, in quanto attivano uno stereotipo non conforme a quello del leader. Dall’altro, contribuisce alla letteratura sull’orientamento sessuale veicolato da voce e viso e sui suoi effetti. I nostri dati mostrano come informazioni visive e acustiche non siano sempre sufficienti per poter categorizzare correttamente l’orientamento sessuale, ma anche che in alcuni casi la voce può essere più informativa del viso. Inoltre, come mostrato in ricerche precedenti sulla voce (Sulpizio et al., 2013), talvolta la categorizzazione delle donne lesbiche sulla base di informazioni vocali risulta essere ancor più difficile di quella di uomini gay. È possibile che sia presente un’idea stereotipica condivisa di come un uomo gay parli mentre lo stereotipo relativo alla voce della donna lesbica sia meno forte. Ciò potrebbe spiegare gli effetti della voce nel caso dei candidati maschi, ma non per candidate femmine, nell’indurre una differenziazione tra candidato eterosessuale e omosessuale.

Il ruolo della voce e volto nell’attribuzione e applicazione degli stereotipi è tuttavia un campo di ricerca particolarmente nuovo che sente la necessità di ulteriori studi. La ricerca qui proposta risulta essere un punto di partenza per ricerche future. Essa infatti presenta alcuni limiti. Non sono stati confrontati gli effetti di un orientamento sessuale esplicitato ad esempio in Curriculum Vitae rispetto a quello veicolato da informazioni quali voce e viso. L’orientamento sessuale è infatti una caratteristica che non è esplicita fintanto che la persona non lo dichiara. Allo stesso tempo non abbiamo considerato fattori rilevanti nel settore della leadership quali la tipologia di azienda e di contesto, o il tipo di leadership (si veda Fassinger et al., 2010).

4. Conclusione

Le posizioni di leadership sembrano essere ancora considerate degli ambiti di lavoro esclusivamente riservate agli uomini eterosessuali. Sebbene sia provato che non sempre ciò che viene percepito in un colloquio lavorativo

corrisponde necessariamente ad una performance di successo o insuccesso lavorativo (Barrick, Shaffer, & DeGrassi, 2009), la devianza dai ruoli di genere e l’omosessualità, anche quando non dichiarata, determina discriminazione sul posto di lavoro e nell’assunzione di ruoli di potere. Uomini gay e donne lesbiche sono infatti soggetti a discriminazione in posizioni di leadership.

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Ringraziamenti

La ricerca qui presentata è parte del progetto “Omofobia, stereotipi sessuali e informazioni veicolate dalla Voce” cofinanziata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto (CARITRO) e dal Comune di Rovereto (Trento).

Potere maschile e Potere femminile. Tra somiglianze