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Stereotipi e contro-rappresentazion

L’iconografia del suffragio

2. Stereotipi e contro-rappresentazion

La campagna contro il voto alle donne fu lunga, aggressiva e denigratoria: le suffragiste costituivano la negazione del modello dominante di femminilità “addomesticata” e rappresentavano la volontà di affermare autonomamente la presenza delle donne nello spazio pubblico.

L’opposizione al suffragio femminile, sia di uomini che di donne, poggiava sull’ideologia delle sfere separate, sul principio che i generi dovessero rivestire ruoli sociali differenti: agli uomini il lavoro e la dimensione pubblica, alle donne la casa e quella privata.

Gli uomini che si opponevano ai diritti politici per le donne usarono soprattutto il linguaggio beffardo e sarcastico della caricatura. L’elaborazione degli stereotipi antifemministi seguì due direzioni: una puntava sul corpo, sull’apparenza fisica, l’altra riguardava le conseguenze che l’emancipazione e l’esercizio femminile dei diritti politici avrebbero avuto sulla divisione sessuale dei ruoli.

La rappresentazione-tipo della “suffragetta”3 mostrava donne dai

caratteri sgradevoli e grotteschi: arpie dai lineamenti aguzzi, figure mascolinizzate, esagitate, aggressive, prive di controllo (fig. 1). Significativa, a tal proposito, fu la serie di cartoline This Is The House That Man Built (1905-14) che parafrasava una nota filastrocca per l’infanzia (figg. 2-3).

3 Il termine suffragette, usato per primo da un giornalista del Daily Mail, indicava, contrapposto a suffragist, le femministe della WSPU che lo utilizzarono nei propri

Fig.1 Cartolina antisuffragio, 1910 (fonte: Museum of London)

Figg.2-3 Cartoline nn.1 e 5 “This Is The House That Man Built”, 1905-1914

Innumerevoli vignette diffondevano il messaggio che la femminilità era incompatibile con il voto, riviste e giornali popolari trasmettevano l’equazione voto=bruttezza ed illustravano la furia di un corpo scomposto che sfugge al controllo, espressione di eccesso e disordine (fig. 4).

Il linguaggio adottato, però, non era solo quello della vignetta. La stampa contemporanea si servì anche di fotografie delle suffragiste arrestate per svalorizzare la dimensione politica del movimento e svilupparne una rappresentazione coerente con la raffigurazione che allora veniva data di alcuni comportamenti considerati socialmente devianti e spiegati in termini di patologie cliniche e criminali. Il Daily Mirror del 25/5/1914 costruì un’intera pagina di foto e didascalie col titolo “The Suffragette Face: New Types Evolved by Militancy”4 (fig. 5). Qui le istantanee di

suffragiste anonime e famose, riprese durante scontri con la polizia, furono accostate a didascalie come ‘urlando di rabbia impotente’, ‘estasi durante l’arresto’ per rievocare “una serie di associazioni patologiche” e collegare quei testi e quelle immagini alle rappresentazioni contemporanee dell’isteria (Betterton, 1996: 65).

Sul piano della divisione sessuale dei ruoli, fu largamente impiegato il tropo dell’uomo in grembiule, già utilizzato negli USA fin dalla metà dell’800. Gli effetti dell’eventuale acquisizione del voto erano presentati come una minaccia alla virilità, un pericolo per la divisione sessuale dei ruoli su cui si fondavano l’ideologia e l’economia delle sfere separate.

4 La pagina è stata ripresa recentemente da Ellen Rothenberg in un’installazione denominata Ecstasy on Arrest (2000) dove l’artista riporta all’oggi quel momento della storia delle donne.

Fig.4 John Held Jr., Judge, 9/11/1912 (fonte: The Library of Congress)

In Gran Bretagna John Hassall, uno dei padri del manifesto pubblicitario, nel 1912 realizzava per la National League for Opposing Woman Suffrage una cartolina contro il voto alle donne in cui mostrava La casa di una suffragetta: un interno desolato, un marito impotente e due bambine “abbandonate” in attesa del ritorno della madre (fig. 6).

Sulla stessa lunghezza d’onda erano le cartoline prodotte dalla Dunston-Weiler Lithograph Company di New York nel 1909: c’è quella in cui un padre è costretto ad accudire un neonato urlante, mentre di notte la moglie è impegnata chissà dove; quella con un uomo che ha già sostituito la moglie e su un cartello appeso al muro si legge “Cos’è una casa senza un padre/Non mi importa se non torna mai” (fig. 7), e un’altra con l’icona della Madonna accostata alla figura paterna: un piatto dorato che determina un effetto aureola dietro la testa del padre accudente.

Molte illustrazioni presentavano con scherno le figure di uomini “casalinghi”, facendone il bersaglio di un processo di svalorizzazione che puntava a confermare un modello normalizzato di donna/uomo.

Le donne impegnate nella campagna per il voto si appropriarono dei linguaggi usati dalla stampa ufficiale per rimodellare l’immagine della “suffragetta” e per costruirne una contro-rappresentazione.

Negli Stati Uniti, le vignette di Nina Allender5 su The Suffragist

sovvertirono l’immagine della suffragista brutta e, scalmanata, creando il prototipo dell’attivista giovane, carina e impegnata, subito definito la "Ragazza Allender" (fig. 8).

5 (1872-1957) disegnatrice ufficiale del National Woman's Party, le sue vignette comparvero a partire dal 1914 prima su The Suffragist e poi su Equal Rights.

Fig.6 John Hassall, A Suffragette’s Home, 1912 (fonte: Museum of London) Fig.7 Cartolina Dunston-Weiler n.8, 1909 (fonte: Catherine Palczewski Postcard

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In altri casi, le illustratrici si servirono degli stessi esempi utilizzati in chiave antifemminista per rovesciare gli stereotipi. Nel 1912 ad esempio Harold Bird aveva realizzato la cartolina antisuffragio No Votes Thank You in cui risaltava un cartiglio con la scritta “The Appeal of Womanhood” (fig. 9). L’immagine era costruita sul contrasto fra una figura femminile che rappresentava l’ideale classico di femminilità e dignitosamente esponeva uno striscione contro il voto e una scomposta figura di “suffragetta” che si agitava con in mano martello e bandierina. Questo messaggio fu ribaltato nel manifesto che Louise Jacobs disegnò nello stesso anno per il SA, riproponendo la stessa figura femminile idealizzata e contrassegnata dalla medesima scritta (fig. 10). Questa volta, però, il modello classico rappresentava le donne che richiedevano il voto e il suffragio era rivendicato in ragione degli effetti positivi che questo avrebbe avuto anche per soggetti socialmente deboli.

3. Cultura politica femminile ed auto-rappresentazione: