NELL’AMMINISTRAZIONE DEL RISCHIO
3. La giustiziabilità delle scelte politiche e amministrative alla luce del principio di precauzione
3.2. Il caso Sarno: la responsabilità penale dell’autorità locale di Prote zione Civile in ipotesi di omicidio colposo plurimo da disastro idrogeolo-
gico
La sentenza della Corte di Cassazione, Sez IV, 3 maggio 2010, n. 16761, ha ad og- getto la responsabilità del Sindaco e di un Assessore per il delitto di omicidio colposo plu-
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rimo per la morte di 137 persone a causa della caduta di devastanti colate di fango che nel maggio 1998 investivano il centro abitato di Sarno233. Il Sindaco è stato accusato di omi- cidio colposo plurimo, a titolo di colpa generica e per colpa specifica connessa alla consi- stita nella violazione di varie norme sulla Protezione Civile, in particolar modo per aver omesso di dare tempestivamente il segnale di allarme alla popolazione, alla mancata eva- cuazione delle persone dalle zone a rischio, nonché convocazione e insediamento tempe- stivi del comitato locale per la Protezione Civile e mancato tempestivo e congruo allarme alla Prefettura. L’Assessore è invece stato accusato, in concorso col Sindaco, per aver for- nito notizie imprudentemente rassicuranti alla popolazione in pericolo. Gli imputati erano stati assolti poiché esclusa la sussistenza di una specifica posizione di garanzia del Sindaco fondata sulle norme in materia di Protezione Civile e la prevedibilità dell’evento234; consi- derate la violenza straordinaria del fenomeno calamitoso e l’assenza di studi scientifici ca- paci di prevederne il decorso, veniva quindi esclusa la responsabilità, poiché non sarebbe stato altrimenti possibile formulare previsioni in ordine alle conseguenze distruttive delle colate di fango, e dunque l’evacuazione non sarebbe stata riconoscibile come mezzo neces- sario ad evitare l’evento.
Successivamente, col ricorso del Procuratore generale e di numerose parti civili, la Corte di Cassazione ha annullato la pronuncia impugnata, enunciando alcuni principi di diritto in tema di giudizio di prevedibilità: il giudizio sulla prevedibilità dell’evento dannoso deve essere compiuto, per gli eventi naturali o di calamità, tenendo presente la natura e le di- mensioni di eventi analoghi che si sono già verificati, ma valutando allo stesso modo se la
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L'alluvione di Sarno e Quindici, o frana di Sarno, è stato un movimento franoso di vaste dimensioni che, tra il 5 ed il 6 maggio 1998, colpì, in particolare, le aree urbane campane di Sarno (SA), Quindici (AV), Sia- no (SA), Bracigliano (SA) e San Felice a Cancello (CE), causando la morte di 160 persone. Di queste, 137 rimasero uccise nella sola Sarno, la cui frazione di Episcopio fu l'area maggiormente colpita ed 11 nel comu- ne di Quindici, in particolare nella frazione di Casamanzi.
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possibilità che questi eventi si verifichino con dimensioni e caratteristiche più gravi o cata- strofiche sia da escludere.
In mancanza delle leggi scientifiche che consentano di conoscere preventivamente lo svi- luppo di eventi naturali calamitosi e che permettono di verificare la prevedibilità dell’evento dannoso ai fini dell’accertamento dell’elemento soggettivo del reato, la preve- dibilità dell’evento deve essere accertata in relazione al riscontro della concreta possibilità che un evento dannoso possa verificarsi, e non secondo criteri di elevata credibilità razio- nale. La Corte non condivide in particolar modo le argomentazioni della sentenza impu- gnata in tema di posizioni di garanzia, di qualificazione delle condotte e, in particolare, di prevedibilità che era stata esclusa in virtù dell’assunto che i fenomeni degli anni precedenti non avevano avuto caratteristiche analoghe a quelle dell’evento distruttivo occorso; per la Corte di Cassazione, invece, il giudizio di prevedibilità non va compiuto con riferimento a quanto è avvenuto in passato ma a quanto può avvenire in futuro.
Si evince molto chiaramente l’approccio precauzionale. La pronuncia sul caso di Sarno sembra applicare il criterio maximin, il quale prevede che ogni scelta da compiersi in con- dizioni di incertezza debba essere valutata in base alla peggiore delle sue conseguenze pos- sibili. In effetti la Corte riteneva che il giudizio di prevedibilità andasse compiuto tenendo conto dell’esperienza passata e della possibilità di evoluzione del fenomeno, ipotizzando le conseguenze peggiori che potevano verificarsi. Tuttavia, anche gli scienziati ignoravano la possibilità che si verificassero quelle colate rapide di fango, che hanno costituito la causa delle morti. Se non si conoscono le caratteristiche tipiche di un fenomeno naturale, occorre usare particolare cautela nell’affrontarne le conseguenze, poiché gli effetti maggiormente distruttivi non possono essere esclusi con valutazioni scientifiche ex ante.
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Dal modello decisorio di Sarno, che si riassume in un quadro di incertezza per l’insufficienza nomologica in relazione ad un determinato fenomeno, si evince quindi che la regola cautelare doverosa subisce una dilatazione contenutistica, poiché l’incertezza im- pone di valutare tutte le conseguenze che ragionevolmente non si possono escludere ex an- te; è sulla base della peggiore delle conseguenze ipotizzabili che dovrà quindi essere indi- viduata la stessa regola cautelare. Occorre fronteggiare le conseguenze più gravi dei feno- meni ricorrenti, segno di comportamento diligente, e non adagiarsi invece su esperienze passate senza essere certi di poter escludere fenomeni di maggiore gravità.
Secondo i giudici della Cassazione, né in primo né in secondo grado si era tenuto conto del fatto che lo stesso piano comunale di Protezione Civile del 1995 qualificava come "alto" il rischio di frane e valanghe nel comune di Sarno ed inoltre le due sentenze fissavano alle 20:00 l'ora in cui era ormai chiaro che quanto stava accadendo non aveva le dimensioni delle colate che si erano verificate in anni precedenti e la situazione aveva già i connotati della catastrofe. Ancora un’accusa, quella della disorganizzazione tipica della Prefettura nell’affrontare la situazione; a Sarno, a differenza di quanto successo nei comuni limitrofi, erano stati addirittura mandati in onda appelli che invitavano la popolazione a mantenere la calma. L’atteggiamento passivo del Sindaco sì è differenziato da quello proprio dei Sindaci di alcuni Comuni limitrofi, in cui il numero delle vittime è stato sensibilmente ridotto, ed ha riguardato solo coloro che si erano rifiutati di abbandonare le loro case.
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