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Passando a esaminare i dettami della Public Law 114-216, è necessario innanzitutto misurare il perimetro delle definizioni di food e di

bioengineering.

Quanto al termine food, esso designa solamente gli alimenti destinati al consumo umano286 - in maniera analoga a quanto previsto nell’Act 120 -287 ed è inteso, dunque, in senso più circoscritto rispetto alla definizione generalmente applicata nello U.S. Code.288

Ancor più restrittiva è l’accezione che la riforma attribuisce al termine

bioengineering “and any similar term, as determined by the Secretary”:289

un alimento si considera prodotto attraverso la bioingegneria solamente qualora contenga del materiale genetico frutto di una manipolazione realizzata attraverso l’impiego delle tecniche in vitro del DNA ricombinante e solamente quando tali modificazioni non potrebbero, nemmeno

https://www.ams.usda.gov/sites/default/files/media/GMOExemptionLettersto50Govern ors.pdf

285

Nel settembre 2016 l’USDA istituì un gruppo di lavoro appositamente per gestire la tempistica del processo di regolamentazione. Vedasi, in proposito: Ted Agres, “USDA Begins Crafting Rules for Mandatory GMO Food Labels”, Food Quality & Safety, 13 settembre 2016.

286 7 U.S. Code § 1639 (2). 287

Cfr. il paragrafo 2.2.3..

288

U.S. Code, titolo 7, sezione 1639 (2).

103 ipoteticamente, essere rinvenute in natura oppure essere il risultato di un processo di selezione attuato con i metodi “tradizionali”.

Le differenze che contraddistinguono la definizione di bioengineering contenuta nella Public Law 114-216 rispetto a quella di genetic

engineering290 dell’Act 120 consistono:

(a) nell’approccio definitorio incentrato sul prodotto anziché sul processo produttivo; tant’è che la disposizione contenuta nella Public Law 114-216, più che descrivere la tecnica della bioengineerig, circoscrive le caratteristiche che un cibo deve avere perché possa considerarsi “bioingegnerizzato”;

(b) nel riferimento alla presenza di materiale genetico nel prodotto finale, di cui, invece, non è fatta menzione nell’Act 120;

(c) nel fatto che vengono ricomprese nella definizione di bioengineering solamente le tecniche in vitro del DNA ricombinante, cioè solamente una delle macro-categorie di tecniche di manipolazione genetica incluse nella definizione di genetic engineering riportata nell’Act 120;

(d) nel fatto che le tecniche in vitro del DNA ricombinante rientrano nella definizione di bioengineering solamente quando vengono utilizzate per produrre modificazioni che non possono essere rinvenute in natura né possono derivare dall’utilizzo delle tecniche di selezione tradizionali. Mentre, nell’Act 120, tutte le tecniche in vitro di modificazione del DNA (incluse le tecniche del DNA ricombinante) sono sempre ricomprese nella definizione di genetic engineering, a prescindere dall’utilizzo che se ne fa (anche quando, ad esempio, tali tecniche vengono impiegate per realizzare organismi cisgenici); la definizione di genetic engineering dell’Act 120, infatti, richiede che il prodotto della modificazione genetica sia un

290 Le espressioni “genetic engineering” e “bioengineering”, in base alle linee guida della

FDA all’etichettatura volontaria, sono interscambiabili. Cfr. Voluntary Labeling Indicating Whether Foods Have or Have Not Been Derived From Genetically Engineered Plants; Guidance For Industry, Cit.. Cfr. paragrafo 1.2.5.

104 organismo transgenico solo qualora le tecnologie di manipolazione genetica utilizzate siano la fusione cellulare o l’ibridazione cellulare.

Risulta evidente, inoltre, come la definizione di bioengineering riportata nella Public Law 114-216 si discosti anche da quella di genetic engineering presente nelle linee guida all’etichettatura volontaria della FDA e da quella di modern biotechnology utilizzata in ambito internazionale,291 già illustrate nel paragrafo sulla FDA e sull’etichettatura dei cibi GM.292

Questa accezione di bioengineering sembrerebbe escludere i prodotti alimentari in cui non vi sia più traccia del DNA dell’organismo da cui derivano, quali gli olii vegetali ottenuti da semi di piante biotecnologiche – si pensi in particolare agli olii di colza o di soia – e i dolcificanti, tendenzialmente derivanti dal mais o dalla barbabietola. La stessa FDA aveva sollevato delle perplessità rispetto a tale punto,293 ma, nel corso dei lavori parlamentari, la senatrice Stabenow fornì rassicurazioni sul fatto che la riforma avrebbe legittimato l’USDA a regolamentare anche gli zuccheri raffinati e gli olii vegetali,294 come del resto sostenuto anche dal Ministero dell’Agricoltura in un parere rilasciato su sua sollecitazione.295

291

Art.3i del Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, cit..

292

Paragrafo 1.2.5..

293 Cfr. FDA/HHS Technical Assistance on Senate Agriculture Committee draft legislation

to establish a national disclosure standard for bioengineered foods (EDW16734), Cit.: “(…)

the phrase “that contains genetic material” will likely mean that many foods from GE sources will not be subject to this bill. For instance, o il made from GE soy would not have any genetic material in it. (…)”.

294

Vedasi: Congressional Record, Senate section, 6 luglio 2016: “Ms. Stabenow: (…) This

agreement we will be voting on provides authority to the USDA to label those things. Japan only requires labels on 8 crops—33 specific food products—and exempts refined sugar. Our bill provides authority to the USDA to label refined sugars and other processed products.”. Consultabile all’indirizzo https://www.congress.gov/crec/2016/07/06/CREC-

2016-07-06.pdf

295

Cfr. la lettera – già citatata nel paragrafo sul genome editing (1.3.) - dello United States Department of Agriculture indirizzata alla senatrice Debbie Stabenow (Senate Committee on Agriculture, Nutrition, and Forestry), 1 luglio 2016, Washington DC. Hon. Debbie Stabenow, Ranking Member, DC. La lettera può essere consultata su internet, ad

esempio, all’indirizzo

105 Quanto al passaggio “for which the modification could not otherwise be

obtained through conventional breeding or found in nature”,296 che non comprende nella definizione di bioengineering le modifiche genetiche teoricamente rinvenibili in natura o realizzabili con le tecniche di selezione tradizionali, appare chiaro come tale disposizione implichi la mancanza di un obbligo di etichettatura per buona parte dei prodotti derivanti dalle c.d.

new breeding techniques, il cui codice genetico è spesso frutto di una

cisgenesi oppure ha subito una trasformazione così localizzata da risultare indistinguibile rispetto a una mutazione naturale. In risposta a una domanda sollevata dalla parlamentare Debbie Stabenow circa la capacità dell’S764 di regolamentare le nuove tecniche, il Ministero dell’Agricoltura affermò che la sezione 291 (1) del bill legittimerebbe il segretario dell’USDA a sottoporre all’obbligo di disclosure alcuni fra i prodotti derivanti dal gene editing, incluse le piante e i semi ottenuti con la tecnologia CRISPR-Cas9, ma solo se dotati di tratti non realizzabili con le tecniche tradizionali di selezione297 (oppure realizzati con il meccanismo della RNA interference).298

In ogni caso, la sezione 1639a (b) del titolo 7 dello U.S. Code specifica che la restrittiva definizione di bioengineering appena illustrata ha valore esclusivamente nell’ambito della 114-216 stessa e “shall not affect any

other definition, program, rule, or regulation of the Federal Government.”.