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Preemption delle leggi statali in materia di etichettatura degli alimenti geneticamente modificat

In tema di federal preemption, la Public Law 114-216 contiene due distinte previsioni, codificate, rispettivamente, nella sezione 1639b (e) e nella sezione 1639i del titolo 7 dello U.S. Code.

La prima disposizione vieta agli Stati e alle suddivisioni politiche degli stessi di introdurre o di continuare ad applicare ai prodotti circolanti nel commercio interstatale obblighi di “labeling or disclosure” riguardanti i

foods bioingegnerizzati soggetti al “national bioengineered food disclosure standard”, a meno che tali obblighi non siano identici a quelli imposti dalla

riforma stessa.333 La terminologia utilizzata nella sezione 1639b (e)

331 7 U.S. Code § 1639b (g) (1) 332

7 U.S. Code § 1639b (g) (4)

333

7 U.S. Code § 1639b (e) - STATE FOOD LABELING STANDARDS: “Notwithstanding

section 295, no State or political subdivision of a State may directly or indirectly establish under any authority or continue in effect as to any food in interstate commerce any requirement relating to the labeling or disclosure of whether a food is bioengineered or was developed or produced using bioengineering for a food that is the subject of the

115 riprende le definizioni presenti in apertura della legge stessa: food è utilizzato in un’accezione che include solamente gli alimenti per esseri umani, mentre il termine impiegato per far riferimento alla biotecnologia genetica è “bioingegneria”. Tale prescrizione, dunque, riguarda solamente i prodotti che sono oggetto di regolamentazione da parte della nuova disciplina federale.

La sezione 1639i del titolo 7 dello U.S. Code, invece, contiene innanzitutto un richiamo alla definizione di food presente nella sezione 321 del titolo 21 dello U.S. Code, che, come già visto,334 copre anche i prodotti destinati all’alimentazione degli animali. Dopodiché, la disposizione stabilisce che agli Stati e alle loro suddivisioni politiche è fatto divieto di stabilire o di continuare ad imporre obblighi relativi alla segnalazione in etichetta degli alimenti prodotti utilizzando l’ingegneria genetica. Tale divieto ha ad oggetto tanto i foods circolanti nel commercio interstatale (inclusi i cibi venduti nei ristoranti e in luoghi simili, esentati dai labeling requirements della 114-216) quanto le sementi “genetically engineered (…) or (…)

developed or produced using genetic engineering”.335

Si noti come, mentre nel National Bioengineered Food Disclosure Standard viene utilizzato il termine “bioengineering” – inteso in senso molto restrittivo –, qui, invece, sia presente un richiamo alla “genetic

engineering”, da intendersi in senso ampio e, probabilmente, non tecnico:

national bioengineered food disclosure standard under this section that is not identical to the mandatory disclosure requirement under that standard.”.

334

Cfr. il paragrafo 1.2.5., FDA ed etichettatura degli alimenti GM.

335 7 U.S. Code § 1639i - FEDERAL PREEMPTION: ‘‘(a) DEFINITION OF FOOD.—In this

subtitle, the term ‘food’ has the meaning given the term in section 201 of the Federal Food, Drug, and Cosmetic Act (21 U.S.C. 321).

(b) FEDERAL PREEMPTION.—No State or a political subdivision of a State may directly or indirectly establish under any authority or continue in effect as to any food or seed in interstate commerce any requirement relating to the labeling of whether a food (including food served in a restaurant or similar establishment) or seed is genetically engineered (which shall include such other similar terms as determined by the Secretary of Agriculture) or was developed or produced using genetic engineering, including any requirement for claims that a food or seed is or contains an ingredient that was developed or produced using genetic engineering.”.

116 “which shall include such other similar terms as determined by the

Secretary of Agriculture”.

La preemption esplicita disposta nella sezione 1639i, dunque, colpisce non solo le prescrizioni statali (e locali) rientranti nel perimetro di applicazione del National Bioengineered Food Disclosure Standard - già oggetto della

express preemption di cui alla sezione 1639b (e) - ma inferisce un colpo

fatale a tutte le norme statali (e locali) che pongono obblighi di disclosure relativi ai semi e agli alimenti prodotti mediante l’ingegneria genetica. Il combinato disposto di queste due previsioni, immediatamente efficaci con l’entrata in vigore della legge, produsse l’effetto di rendere nulli l’Act 120 del Vermont e le riforme del Maine e del Connecticut - oltre che di impedire l’approvazione di norme simili in altri Stati -336 e fece sì che venisse immediatamente conseguito l’obbiettivo politico in ragione del quale fu promulgata la Public Law 114-216: evitare la diffusione di una legislazione a macchia di leopardo, così scongiurando le relative conseguenze sulla filiera dell’agroalimentare statunitense.

La restrittiva definizione di bioengineering – che non ricomprende gran parte degli OGM di nuova generazione –, la possibilità concessa al produttore di effettuare la disclosure mediante un link elettronico da scannerizzare, la mancata previsione di pene per coloro che non si attenessero allo standard di trasparenza, e, infine, le disposizioni in materia di preemption – in particolare il fatto che esse siano le uniche immediatamente efficaci in tutta la legge - contribuiscono a trasmettere l’immagine di un impianto normativo che, per quanto preveda la segnalazione obbligatoria di alcuni alimenti biotecnologici, sembra

336

La centralità della preemption rispetto alle altre previsioni del National Bioengineering Food Disclosure Standard è illustrata in modo conciso ed efficace, ad esempio, nel report dello studio legale Covington & Burling: Cov. & Bur. LLP, “Both Houses of Congress Pass S.764 Establishing the National Bioengineering Food Disclosure Standard, Which Would Immediately Preempt Key Parts of the Vermont GMO Labeling Law”, CovingtonAlert,15 luglio 2016, cit..

117 rispondere principalmente alle istanze dei gruppi di pressione dell’industria agroalimentare, della GMA in primis.

Gli effetti della Public Law 114-216 risultano infatti evidenti: innanzitutto lo stroncamento istantaneo del fermento riformatore proveniente dal livello di potere statale e, in prospettiva, la creazione di un obbligo di trasparenza particolarmente fiacco, che consentirà ai produttori di imporre al consumatore americano – diffidente nei confronti dell’opzione rappresentata dal codice a barre da scannerizzare337 - un passaggio inutile nell’accesso all’informazione relativa all’eventuale bioingegnerizzazione di un alimento.

337

Un sondaggio effettuato nel novembre 2015 dalla Mellman Group Inc. rileva una netta preferenza dei consumatori statunitensi - con quasi il 90% di favorevoli - nei confronti di una segnalazione stampata sulla confezione del prodotto e visibile ad occhio nudo rispetto all’alternativa rappresentata da un codice a barre scannerizzabile - visto con favore dal 6% degli intervistati -. Vedasi, al riguardo: The Mellman Group, Inc., “Voters Want GMO Food Labels Printed On Packaging”, 23 novembre 2015. Il sondaggio può essere consultato all’indirizzo http://4bgr3aepis44c9bxt1ulxsyq.wpengine.netdna- cdn.com/wp-content/uploads/2015/12/15memn20-JLI-d6.pdf

118

Considerazioni conclusive

L’approvazione della Public Law 114-216 da parte del Congresso degli Stati Uniti costituisce un evento decisivo nella ricostruzione della disciplina applicabile al tema dell’etichettatura degli alimenti GM. Essa rappresenta, infatti, il punto di arrivo di un dibattito che ha avuto luogo non solo nell’opinione pubblica, ma anche - sul piano legislativo - tra i differenti livelli di governo in cui è articolato l’ordinamento statunitense.

Il confronto tra l’approccio alla base delle legislazioni statali e quello adottato a Washington mostra che la soluzione prescelta a livello federale, pur prevedendo un obbligo di disclosure, è caratterizzata da un minor rigore rispetto a quella degli Stati e risponde all’intento di regolare il conflitto tra tutela dei consumatori e circolazione dei prodotti GM a favore del mercato.

In particolare, osservando la riforma alla luce dei più recenti sviluppi nel campo dell’ingegneria genetica, assume notevole rilevanza la scelta di circoscrivere l’obbligo di labeling ai soli alimenti contenenti materiale genetico le cui modificazioni non possono derivare da un processo “tradizionale” di selezione né essere rinvenute in natura, limitazione che dischiude ai produttori la possibilità di aggirare il mandatory diclosure

standard immettendo in commercio organismi geneticamente modificati

ma non transgenici. Del resto, sono già diversi anni che le sperimentazioni effettuate mediante la tecnologia CRISPR/Cas9 sono orientate in questa direzione e la tecnica è stata perfezionata in modo tale da evitare il verificarsi di transgenesi indesiderate, rendendo possibile ottenere piante dotate di mutazioni non distinguibili – anche a seguito di un esame del DNA - da quelle che hanno luogo in natura.338

338

Per un approfondimento, cfr. il paragrafo sul genome editing (1.3.). La scoperta di cui si parla fu sviluppata da scienziati sud coreani e annunciata in un articolo su Nature Biotechnology: Je Wook Woo et al., “Dna-free genome editing in plants with preassembled CRISPR-Cas9 ribonucleoproteins”, Nature Biotechnology, 2015, pp.1162- 1164. Cit..

119 La tecnologia, dunque, ha raggiunto un livello tale da consentire lo sviluppo di nuovi organismi potenzialmente simili a quelli “tradizionali” anche sotto il profilo genetico, con il risultato che i confini fra OGM e non- OGM stanno divenendo sempre più sfocati e impalpabili.

In tale contesto, accodarsi all’orientamento regolatorio statunitense risulta scientificamente molto più giustificabile rispetto a quanto non fosse in passato, tanto che le autorità europee stanno seriamente prendendo in considerazione la possibilità di abbandonare l’approccio process oriented in favore di una disciplina che distingua OGM e non-OGM solo sulla base delle caratteristiche del prodotto finale. La travagliata storia del GM food

labeling negli Stati Uniti, tuttavia, mostra che la scelta di non imporre la

segnalazione in etichetta degli organismi ottenuti attraverso la modificazione genetica - per quanto, in alcuni casi, sia razionalmente fondata - non ha altro scopo se non quello di favorire il commercio di tali prodotti, altrimenti evitati dagli acquirenti.339

Infine, si rileva che l’opzione politica imboccata dal legislatore federale statunitense probabilmente sortirà l’effetto di accrescere il diffuso senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni - sempre più percepite come semplici strumenti agli ordini del potere economico - esacerbando peraltro la diffidenza verso la scienza “ufficiale”, che già oggi favorisce la crescita di fenomeni pericolosi quali l’antivaccinismo e la fede nell’omeopatia.

Forse un approccio migliore rispetto alla via americana, non solo per fugare paure irrazionali, ma anche per evitare di creare ulteriore malcontento riguardo a un tema su cui l’opinione pubblica è molto sensibile, potrebbe essere quello di migliorare il livello e la diffusione dell’educazione scientifica, in modo che ciascuno possa decidere

339

Un approccio “scientifico” che consenta di omettere la segnalazione in etichetta dei prodotti geneticamente modificati, inoltre, non tiene conto del fatto che il desiderio di sapere se l’alimento in vendita sia GM, o meno, spesso ha motivazioni che esulano dalla preoccupazione per la sua “innaturalità” o nocività - passibile di essere considerata irragionevole - e che riguardano, invece, il modello di agricoltura, o, in generale, il modello di economia, di cui tali prodotti sono considerati espressione.

120 consapevolmente se acquistare o meno i cibi prodotti attraverso le tecniche dell’ingegneria genetica.

121

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