4 Le persone escluse dall’articolo 1 lett F (c): gli autori di atti contrari agli scopi e ai principi delle Nazioni Unite
4.1 La violazione dei diritti uman
4.2.4 La definizione di terrorismo
Se l’appartenenza da sola non rende un individuo escludibile, richiedendo invece un atto terroristico, diventa necessario capire cosa si intenda per terrorismo. Il concetto, però, è notevolmente difficile da definire. Questo, in parte, perché trattare un atto come “terrorista” non significa solo descriverlo ma anche condannarlo. Di conseguenza, ogni volta che viene discussa la definizione di terrorismo nel diritto internazionale, emergono vari punti di vista. Tre questioni, in particolare, si sono dimostrate spinose, ovvero se la definizione di terrorismo debba essere limitata agli attori non statali, se debba essere fatta un'eccezione per i popoli che lottano per l'autodeterminazione e il rapporto tra terrorismo ed atti commessi durante il tempo del conflitto armato.81
Talvolta alcune azioni statali sono escluse dalla definizione di terrorismo o dall'ambito degli strumenti convenzionali. Ad esempio, la Convenzione internazionale per la repressione dei bombardamenti terroristici esclude dal campo di applicazione della Convenzione “le attività intraprese dalle forze militari di uno Stato nell'esercizio delle proprie funzioni ufficiali, in quanto disciplinate da altre norme di diritto internazionale”82, secondo questo approccio, alcune azioni degli stati non rientrano negli strumenti del terrorismo. Tuttavia, altri stati sono dell'opinione che il terrorismo di stato e il terrorismo sponsorizzato dallo stato dovrebbero essere inclusi in qualsiasi convenzione globale sul terrorismo internazionale. Il quadro del terrorismo,
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Sivakumaran, op. cit., p. 362. 81
Ibid. 82 Art. 19.
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però, potrebbe complicarsi ulteriormente se le due categorie venissero prese in considerazione congiuntamente.83
Ancora più controverso è l’aspetto dell’uso della forza da parte dei movimenti di liberazione nazionale in applicazione del diritto all’autodeterminazione. Mentre alcuni stati sono del parere che “coloro che intraprendono tali lotte hanno il diritto di usare tutti i mezzi a loro disposizione, compresa la forza”, altri ritengono che la “la legittimità di una causa non legittimi di per sé l’uso di certe forme di violenza, in particolare contro gli innocenti”.84
Pertanto alcune convenzioni regionali contengono esclusioni per le lotte di liberazione e autodeterminazione,85 al contrario di altre che non contengono un’eccezione per i movimenti di liberazione nazionale. Una di tali convenzioni è la Convenzione internazionale per la repressione dei finanziamenti al terrorismo del 1999. Al momento dell’adesione a questa Convenzione il Pakistan ha inserito una “dichiarazione” che esclude le lotte per l’autodeterminazione dal campo di applicazione della Convezione. Tuttavia, diversi Stati hanno obiettato che la dichiarazione era in realtà una riserva ed era contraria all’oggetto e allo scopo della Convenzione.86 Dunque qualsiasi potenziale esclusione per le lotte di autodeterminazione rimane controversa.
Il terzo problema riguarda il rapporto tra terrorismo e conflitto armato. Ciò include questioni come, se le azioni intraprese durante il periodo di conflitto armato possano essere considerate terroristiche e, in tal caso, se ciò sia influenzato o meno dalla legalità delle azioni previste dal diritto internazionale umanitario. Diverse sono le posizioni sull’argomento. Alcune convenzioni escludono dal loro campo di applicazione le “attività delle forze armate durante un conflitto armato”, in quanto tali attività sono disciplinate
83
Rapporto del comitato ad hoc istituito dalla risoluzione dell'Assemblea generale 51/210 del 17 dicembre 1996, Quinta sessione (12-23 febbraio 2001), doc. UN A/56/37, §15.
84
Rapporto del comitato ad hoc sul terrorismo internazionale, UN doc A/9028, §§22–23.
85 Art. 2 (a), Organizzazione della Convenzione della Conferenza islamica sulla lotta al terrorismo internazionale (1999); art. 3 (1), Organizzazione della Convenzione dell'Unità Africana sulla Prevenzione e la Lotta al Terrorismo (1999). Anche l'articolo 2 (a) della Convenzione araba del 1998 per la repressione del terrorismo contiene un'esclusione in tal senso, ma l'esclusione non si applica a “qualsiasi atto che pregiudichi l'integrità territoriale di uno Stato arabo”.
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dal diritto internazionale umanitario,87 l’esclusione di estende a tutte le azioni delle forze armate durante il conflitto armato, indipendentemente dalla loro legalità in base alla legge umanitaria internazionale. Un secondo approccio è quello di escludere dalla definizione di atti intesi a causare la morte o gravi lesioni corporali di combattenti che prendono parte direttamente alle ostilità.88 Un terzo approccio è stato quello di affermare che “non c’è nulla nel diritto internazionale che esentasse coloro (insorti) coinvolti in attacchi delle forze armate nel corso di un’insurrezione dalla definizione di terrorismo”.89
Quest’ultimo approccio ha lo sfortunato effetto di equiparare anche quelle azioni che non sono proibite dal diritto umanitario internazionale con categorie di terrorismo che dovrebbero rimanere distinte.
Le opinioni divergenti su queste e altre questioni hanno fatto sì che, nonostante anni di negoziati all’interno delle Nazioni Unite, una convenzione globale sul terrorismo non venisse mai conclusa. Sono state invece concluse convenzioni relative al divieto di atti particolari, tra cui la presa di ostaggi, dirottamento di navi e aerei e crimini contro persone protette. Al centro di queste convenzioni però c’è solo il divieto di commettere questi atti e soltanto riferimenti occasionali al terrorismo. Parte della dottrina ha espresso un profondo scetticismo circa la possibilità stessa di elaborare una nozione legale di terrorismo.90
La risoluzione 1566 (2004) del Consiglio di sicurezza parte da questi strumenti e vi aggiunge ulteriori criteri. Questa risoluzione si riferisce a: atti criminali, anche contro civili, commessi con l'intento di causare la morte o gravi lesioni corporali, o la presa di ostaggi, allo scopo di provocare uno stato di terrore nel pubblico in generale o in un gruppo di persone o persone particolari, intimidire una popolazione o costringere un governo o un'organizzazione internazionale a fare o astenersi dal compiere qualsiasi
87
Si veda, ad esempio, art. 19, Convenzione sui bombardamenti dei terroristi; art. 26, Convenzione del Consiglio d'Europa del 2005 sulla prevenzione del terrorismo. 88 Si veda, ad esempio, l'art. 2, Convenzione per la repressione del finanziamento del terrorismo; art. 1, Convenzione 2001 dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai sulla lotta al terrorismo, al separatismo e all'estremismo.
89 Corte d’Appello di Inghilterra e Galles (EWCA), caso R contro Mohammed Gul [2012] 280, §49.
90
DI FILIPPO M., The definition(s) of terrorims in international law, Research Handbook on International Law and Terrorism, Edited by Ben Saul, UK, 2014, p.6.
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atto, che costituisce reato nell'ambito di e come definito nelle convenzioni e protocolli internazionali relativi al terrorismo.
Sebbene non sia indicata come una definizione di “terrorismo”, essa è contenuta nella parte operativa di una risoluzione sul terrorismo e invita tutti gli Stati a prevenire e punite tali atti. Questa identificazione di tre elementi - uno specifico atto criminale, intrapreso per uno scopo particolare, che rientra in una convenzione relativa al terrorismo - è stato approvata da più parti. Accanto a questa definizione ce ne sono altre che sono strutturare in termini simili ma più ampie. Due sono quelle da prendere in considerazione.
La prima è quella contenuta nella Dichiarazione del 1999 sulle misure per eliminare il finanziamento del terrorismo internazionale che fa riferimento ad "atti criminali destinati o calcolati al fine di provocare uno stato di terrore nel pubblico in generale, in un gruppo di persone o in persone particolari a fini politici".91 Sebbene non sia una definizione del terrorismo in quanto tale ha assunto comunque un’aura di definizione generale. Essa adotta un minimo comune denominatore limitando il proprio campo di applicazione agli atti che colpiscono la vita delle persone e dell’integrità fisica. Il crimine può essere realizzato unicamente sulla base di un particolare intento di diffondere il terrore tra la popolazione e le vittime possono essere sia individui privati che agenti di stato, quando non partecipano attivamente a un conflitto armato.92
La seconda è quella contenuta nella decisione del 2011 del Tribunale speciale per il Libano che ha affermato: “una regola consuetudinaria di diritto internazionale riguardante il crimine internazionale del terrorismo, almeno in tempo di pace, è effettivamente emersa. Questa regola consuetudinaria richiede i seguenti tre elementi chiave: (a) la commissione di un atto criminale (come omicidio, rapimento, presa di ostaggi, incendio doloso e così via) o la minaccia di un simile atto; (b) l'intenzione di diffondere la paura tra la popolazione (che in genere comporterebbe la creazione di un pericolo pubblico) o di costringere direttamente o indirettamente un'autorità nazionale
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Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo. Conclusa a New York il 9 dicembre 1999, art. 2 par.1 (b).
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o internazionale a intraprendere un'azione, o ad astenersi dal prenderla; (c) l'atto deve comportare un aspetto transnazionale”.93
Nonostante questa definizione abbia sollevato molte critiche è stata seguita da numerosi giudici nazionali.
Lasciando da parte le difficoltà che circondano una definizione di terrorismo e prendendo la definizione del Tribunale Speciale per il Libano come base su cui lavorare, il valore aggiunto di un crimine internazionale di terrorismo per il contesto dell’esclusione è limitato. Secondo il Tribunale, il crimine del terrorismo richiede “la perpetrazione di un atto criminale (come omicidio, rapimento, presa di ostaggi, incendio doloso e così via) o la minaccia di un simile atto”. Lo stesso vale per la Dichiarazione del 1999, che richiede che venga commesso un reato. Dato che è necessaria una sorta di crimine, e come discusso sopra, l'appartenenza da sola non è sufficiente ai fini dell'articolo 1F (c), l'articolo 1F (b) sarebbe la migliore base di esclusione per i casi di terrorismo quando gli atti in questione cadono all'interno di entrambi gli articoli 1F (b) e (c). Pertanto, l'articolo 1F (c) dovrebbe essere utilizzato solo quando siamo di fronte ad atti terroristici che non rientrano nell'articolo 1F (b), cioè quando non sono commessi al di fuori del paese di asilo prima dell'ammissione in quel paese.94
La ricerca di una nozione unitaria di terrorismo rischia di essere, però, incompleta. L’approccio da seguire dovrebbe essere dunque diverso. Quella che si propone è solo una nozione di tipo “umanitario” che non esclude la possibilità che altri gruppi o Stati possano elaborarne ulteriori. In particolare, una nozione di atto terroristico si potrebbe basare sul grado di inaccettabilità di tale violenza all’interno della comunità degli Stati. Nel contesto delle relazioni internazionali il criterio di selezione della vittima svolge un ruolo rilevante. Le linee di azione che colpiscono i civili sono costantemente condannate più durante rispetto a quelle che colpiscono alcuni agenti di stato (leader politici, diplomatici, personale di polizia e militare). Dunque è necessario esaminare anche il complesso dei valori in gioco e questo ci porta anche ad escludere che solo gli atti transnazionali possano essere condannati, poiché una violazione particolarmente grave dei diritti umani è di interesse
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Interlocutory Decision on the Applicable Law: Terrorism, Conspiracy, Homicide, Perpetration, Cumulative Charging, STL-1101/I, 16 Feb 2011, § 85.
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comune per la comunità internazionale, anche se si verifica in un contesto puramente interno ad un singolo stato. Inoltre in un mondo globalizzato, come quello odierno, il confine tra situazioni puramente interne e situazioni transnazionali è labile.95
Dopo gli eventi dell’11 settembre e l’impulso dato dall’ONU e da altre agenzie internazionali, molti Stati hanno introdotto disposizioni specifiche sul terrorismo o modificato la loro precedente legislazione. In alcuni casi ciò ha provocato la stesura di definizioni eccessive di attività terroristiche, sollevando dubbi sulla loro compatibilità con i principi alla base dello stato di diritto. Tuttavia, alcune pratiche evidenziano un’altra tendenza, che è forse più interessante dal punto di vista dell’enunciazione di una nozione internazionale: vale a dire una crescente preoccupazione per le vittime e la popolazione civile riducendo l’interesse per lo scopo politico alla base della condotta degli autori. Questo denota una disponibilità ad accettare un significato di terrorismo in senso “umanitario” e pone le basi per una successiva evoluzione in materia.96