• Non ci sono risultati.

Segue La composizione del gruppo

Nel documento Atti di terrorismo e status di rifugiato (pagine 37-43)

4 Le persone escluse dall’articolo 1 lett F (c): gli autori di atti contrari agli scopi e ai principi delle Nazioni Unite

4.1 La violazione dei diritti uman

4.2.3 Segue La composizione del gruppo

Una volta accertato che un gruppo può essere considerato terrorista, il secondo problema è chiarire se un individuo possa essere escluso unicamente sulla base della sua appartenenza a quel gruppo. In questa analisi ci può essere d’aiuto l’approccio della giurisprudenza canadese, che, per un certo periodo, ha ritenuto che l’appartenenza a un’organizzazione che era “principalmente rivolta a uno scopo limitato e brutale” rendesse i membri complici negli atti dell’organizzazione e, quindi, sulla base di una presunzione si veniva esclusi dallo status di rifugiato.63 Secondo questo approccio non era “la natura dei crimini di cui il ricorrente era accusato a portare alla sua esclusione, ma quella dei crimini dell’organizzazione di cui si

61

Ibid., p.356. 62

Ibid., p.357.

33 riteneva associato”.64

Al contrario, la giurisprudenza più recente della Corte Suprema canadese e della Corte Suprema del Regno Unito ha dichiarato che, affinché un individuo possa essere escluso dallo status di rifugiato, vi devono essere seri motivi per ritenere che vi fosse una responsabilità individuale per gli atti coperti dalle clausole di esclusione. Secondo questo punto di vista, un individuo non può essere escluso solo sulla base della sua appartenenza a un gruppo terroristico.65 Come si vedrà in seguito, la Corte di giustizia ha adottato una posizione analoga, sebbene non sia del tutto chiara.66

Secondo il diritto internazionale, l’appartenenza a un gruppo, indipendentemente dalla natura di quel gruppo, non è, dunque, un crimine. Tuttavia, immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, l’apparenza ad un gruppo fu utilizzata come base di responsabilità. La Carta di Norimberga prevedeva che “al processo di ogni singolo membro di qualsiasi gruppo o organizzazione il Tribunale potesse dichiarare (in relazione a qualsiasi atto di cui l'individuo potesse essere condannato) che il gruppo o l'organizzazione di cui l'individuo era membro fosse un'organizzazione criminale”.67

Benché un gruppo potesse quindi essere considerato un’organizzazione criminale, questa dichiarazione poteva aver luogo solo in un processo a carico di un individuo e in concomitanza con le azioni di quell’individuo. Come tale, quindi, un individuo, in questo periodo, non è stato perseguito in base soltanto all’appartenenza al gruppo. Tuttavia, la Carta di Norimberga prevedeva anche che: “nei casi in cui un gruppo o un'organizzazione è dichiarata criminale dal Tribunale, l'autorità nazionale competente di qualsiasi firmatario avesse il diritto di sottoporre le persone a un processo per l'appartenenza al gruppo dinnanzi al tribunale nazionale, militare o di occupazione. In ogni caso, la natura criminale del gruppo o dell'organizzazione era considerata provata e non doveva essere messa in discussione”.68 Di conseguenza, in base a questa

64

Corte Suprema canadese, caso Harb v. Canada (2003) 2 FC.

65 Corte Suprema del Regno Unito, caso JS (Sri Lanka) v Secretary of State for the Home Department (2010) UKSC 15; caso Al-Sirri,cit., §§ 15–6; Corte Suprema canadese, caso Ezokola v Canada (Ministero della cittadinanza e dell’immigrazione) (2013) SCC 40.

66

Corte di giustizia, caso B&D, cit.,§§87-89, 99. 67

Carta del tribunale militare internazionale di Norimberga, art. 9. 68 Ibid., art. 10.

34

disposizione, i tribunali nazionali hanno avuto la possibilità di perseguire singoli individui sulla base della mera appartenenza a un gruppo.

Nello stesso periodo anche altri strumenti prevedevano l'appartenenza ad un gruppo o organizzazione criminale come reato. Ad esempio, la legge 10 del Consiglio di Controllo includeva nella sua lista di crimini: crimini contro la pace, crimini di guerra, crimini contro l'umanità e "appartenenza a categorie di un gruppo criminale o di un’organizzazione dichiarata criminale dal Tribunale militare internazionale".

Tuttavia, a partire dagli anni ‘90, si è sviluppato un sistema di diritto penale internazionale diverso da quello previsto nel post seconda guerra mondiale, ed è dunque necessario analizzarlo. Sebbene la responsabilità criminale per l'adesione ad un gruppo sia stata occasionalmente sollevata a livello internazionale, non è mai stata adottata. Durante i negoziati relativi allo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, è stata avanzata una proposta per includere l'appartenenza a "organizzazioni criminali" come parte della discussione sulle persone giuridiche. Tuttavia, numerosi Stati si sono dichiarati contrari alla proposta. Il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia ha sostenuto, poi, che non è vi è nessuna responsabilità penale internazionale per l’adesione a gruppi e questo ci porta ad estenderlo anche ai gruppi terroristici.69

Dato che, come discusso sopra, le risoluzioni 1373 e 1377 costituiscono gli strumenti chiave che collegano il terrorismo agli scopi dell'ONU, è degno di nota che nessuna delle due risoluzioni annovera l'appartenenza a un gruppo terroristico come un atto contrario agli scopi delle Nazioni Unite. Di conseguenza, l'idea che, ai fini dell'esclusione, ci dovrebbero essere regole speciali per gruppi particolarmente violenti, o gruppi il cui scopo è brutale, è mal riposta. Ciò sarebbe da escludere sulla base di un atto che non è vietato dal diritto internazionale.70

In quest’ottica si inserisce il passaggio, spesso citato, del caso Ramirez, nel quale la Corte Federale canadese ha osservato che “dove un'organizzazione è diretta principalmente a uno scopo limitato e brutale [...] la mera adesione può implicare, per necessità, la partecipazione personale e consapevole agli

69

Corte penale internazionale,Camera Preliminare, caso Prosecutor v Stakić, IT-97- 24-T, (2003), § 433.

35 atti persecutori”.71

La questione è stata formulata in termini accurati. In primo luogo, è stata la “partecipazione personale e consapevole” nella persecuzione a essere cruciale; a volte l'appartenenza è semplicemente riflettente di quella partecipazione. In secondo luogo, l'appartenenza solo “può” comportare tale partecipazione. In questa lettura, la Corte del caso Ramirez non aveva intenzione di stabilire una regola speciale per i gruppi brutali. Questa conclusione è confermata da dichiarazioni successive che possiamo ritrovare nella sentenza, vale a dire che “la complicità si basa in tali casi sull'esistenza di uno scopo comune condiviso e sulla consapevolezza che tutte le parti in questione potrebbero averne” e che, “non è auspicabile andare oltre il criterio della partecipazione personale e consapevole agli atti persecutori nello stabilire un principio generale. Il resto dovrebbe essere deciso in relazione ai fatti particolari”72

. Questa valutazione della Corte canadese si poneva in linea con la posizione maggioritaria nel diritto internazionale, quando, però, questa posizione è cambiata, è cambiata anche la giurisprudenza canadese.

Nel corso del tempo, il primo passaggio citato dal caso Ramirez fu trasformato in una presunzione. È diventato sempre più chiaro che secondo il Tribunale federale la mera appartenenza, così come la conoscenza delle attività di un'organizzazione brutale e limitata, sono una conclusione quasi scontata ai fini della responsabilità, quindi la caratterizzazione di un un'organizzazione brutale e limitata dovrà essere soggetta ad un alto grado di controllo.73 La presunzione può essere confutata sulla base della prova dell’assenza di conoscenza o di coinvolgimento. Ma allo stesso tempo è stata ampliata la nozione di adesione, non essendo più necessaria l’adesione formale all’organizzazione ed essendo sufficiente la mera appartenenza. Ciò include dedicarsi a tempo pieno o quasi all'organizzazione o all’associazione con i membri della stessa, specialmente per un lungo periodo di tempo.74 Nel caso Moreno, poi, la corte canadese, è andata ancora oltre, riferendosi non alle organizzazioni che sono “principalmente dirette a uno scopo limitato e brutale”, ma a organizzazioni “la cui stessa esistenza è basata sul raggiungimento di fini politici o sociali con ogni mezzo ritenuto

71 Corte Suprema canadese, caso Ramirez, cit., §70. 72

Ibid., §§18, 23. 73

Rikhof, op. cit., p.221. 74 Ibid., p.222.

36 necessario”.75

Sebbene i due criteri sembrino omologhi, in realtà sono piuttosto diversi. Nel caso Ramirez, il gruppo era stato fondato per uno scopo brutale; nel caso Moreno, il gruppo era stato creato per uno scopo particolare, ma avrebbe usato tutti i mezzi, compresi i mezzi brutali, per raggiungere lo scopo. Di conseguenza, la brutalità è legata allo scopo del gruppo in Ramirez, e ad i mezzi per raggiungere lo scopo in Moreno. Tutto ciò, unito al livello relativamente basso di prova dei “seri motivi per considerare”, ha portato a un'interpretazione ampia e non ristretta della clausola di esclusione.

La questione è stata presa, poi, nuovamente in considerazione nel 2013, sempre dalla Corte Suprema canadese, nel caso Ezokola. In tal caso, disapprovando la precedente linea, la Corte ha dichiarato che un individuo non sarebbe escluso in base alla complicità all’associazione o all’adesione passiva a un gruppo. Piuttosto ci devono essere seri motivi per ritenere che un individuo “volontariamente” abbia dato un contributo significativo e consapevole al crimine o allo scopo criminale di un gruppo.76 Sebbene il caso in questione riguardasse un individuo che era funzionario governativo di alto rango, le dichiarazioni fatte dalla Corte si possono applicare anche ai gruppi brutali o terroristici. Questo focalizza nuovamente l’attenzione sulla condotta dell’individuo piuttosto che sulla condotta del gruppo e si adatta meglio all’idea di individualizzazione della responsabilità. Anche la Corte di Giustizia nel caso B&D ha respinto l’approccio basato sull’ “appartenenza”. In quel caso ha ritenuto che un decisore che trova che un individuo “occupa una posizione di primo piano all'interno di un'organizzazione che utilizza metodi terroristici ha il diritto di presumere che tale persona abbia la responsabilità individuale degli atti commessi da tale organizzazione durante il periodo pertinente, ma resta comunque necessario esaminare tutte le circostanze pertinenti prima di una decisione che escluda tale persona dallo status di rifugiato”.77

Bisogna fare attenzione quando si interpreta questo passaggio. Sebbene la Corte parli di una “presunzione” di responsabilità individuale, ciò non dovrebbe essere interpretato come un’inversione dell’onere della prova, infatti il decisore deve sempre considerare la

75 Corte Suprema canadese, caso Moreno v Canada (Ministero della cittadinanza e dell’immigrazione) [1994] 1 FC 29.8.

76

Corte Suprema canadese, caso Ezokola, cit., §§ 9,77. 77 Corte di giustizia, caso B&D, cit., §98.

37

situazione nel suo complesso. Fare diversamente significherebbe avvicinarsi all’esclusione di un individuo sulla base della mera appartenenza a un gruppo, seppur di alto livello. È dunque da rigettare un approccio basato sulla mera presunzione, infatti, anche se la presunzione può essere confutata, l'onere della prova è trasferito all'individuo e dimostrare una negazione - in questo caso che l'individuo in questione mancava di conoscenza o non era coinvolto nel gruppo - è difficile. Questa difficoltà è stata rilevata in un contesto diverso ma ancora legato al terrorismo, con una corte canadese che osserva in modo piuttosto sorprendente che “non si può dimostrare che fate e folletti non esistano più di quanto l'individuo in questione o qualsiasi altra persona possa dimostrare che non è un socio di Al-Qaeda”.78

Un ultimo profilo che deve essere tenuto in considerazione attiene al fatto che persino i gruppi che sono caratterizzati da gruppi terroristici hanno talvolta ali o rami distinti dall'ala militare (“terrorista”). Non dovrebbe passare inosservato che molti gruppi che sono caratterizzati o elencati come gruppi terroristici sono anche gruppi armati coinvolti in conflitti armati non internazionali. Alcuni di questi gruppi hanno divisioni politiche, ali per i diritti umani, rami di assistenza umanitaria e così via, oltre alla loro ala militare. Sorge quindi la questione se un individuo che ha occupato una “posizione di rilievo” all'interno di una di queste divisioni non militari di un gruppo, che è caratterizzato o elencato come gruppo terroristico, possa essere escluso dallo status di rifugiato su tale base. Negli Stati Uniti, non viene fatta una distinzione tra le diverse ali di un gruppo in quanto il supporto per l'ala politica viene considerato come supporto anche per l'ala militare/terrorista.79 Con questo approccio, l'intero gruppo viene trattato come terrorista. La difficoltà di tale posizione è che, se un individuo servisse solo come parte dell'ala non militare, ad esempio un'ala umanitaria, la loro esclusione sarebbe per atti che non violano il diritto internazionale. La giurisprudenza canadese si è posta il problema se le attività terroristiche potessero essere separate dalle altre attività. Tuttavia permangono difficoltà in materia che potrebbero essere evitate se la caratteristica determinante fosse la “responsabilità” piuttosto che l’“appartenenza”. In Canada a seguito del caso Ezokola l’attenzione si è

78

Corte Suprema canadese, caso Abdelrazik v. Canada (Minister of Foreign Affairs) (2009), FC 580, § 53.

38

concentrata sul contributo dell’individuo “al crimine o allo scopo criminale di un gruppo” e quindi un eventuale contributo alle attività non criminali di un gruppo, come ad esempio le attività della sua ala umanitaria o di soccorso, non sarebbe sufficiente a rendere un individuo escludibile. Pertanto, la semplice appartenenza a un gruppo, anche terroristico, non dovrebbe rendere un individuo escludibile dallo status di rifugiato solo per questa ragione.80

Nel documento Atti di terrorismo e status di rifugiato (pagine 37-43)