• Non ci sono risultati.

Le posizioni contrastanti emerse in merito all’esame della proporzionalità ai fini dell’esclusione dello status di rifugiato

Nel documento Atti di terrorismo e status di rifugiato (pagine 93-98)

2 Le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio

2.3 Le posizioni contrastanti emerse in merito all’esame della proporzionalità ai fini dell’esclusione dello status di rifugiato

La terza questione è analoga, anch’essa, ad entrambe le cause. Il giudice di rinvio ha chiesto alla Corte di giustizia se ai fini dell’applicazione dell’art. 12, n.2, lett. b) o c) della direttiva sia necessario un esame di proporzionalità alla luce del caso concreto.

40 ZAMBRANO V., Lotta al terrorismo e riconoscimento dello status di rifugiato nel quadro normativo e giurisprudenziale europeo: un rapporto problematico, Freedom, Security & Justice: European Legal Studies, Editrice scientifica, Napoli, 2017, n.3, p. 78.

89

Bisogna premette che dalla formulazione dell’art. 12, n.2, risulta che ove ricorrano le condizioni in esso fissate, la persona di cui trattasi <<è esclusa>> dallo status di rifugiato e che corrispondentemente l’art. 2 lett. c)41

subordina espressamente la qualità di rifugiato alla circostanza che alla persona interessata non si applichi l’art. 12. L’esclusione dallo status di rifugiato per una delle cause enunciate all’art. 12, n.2, lett. b) o c), come osservato nell’analisi della prima questione, è connessa alla gravità degli atti commessi, la quale deve essere di un grado tale che, ai sensi dell’art. 2, lett. d)42

, della direttiva la persona interessata non possa legittimamente aspirare alla protezione collegata allo status di rifugiato.43

La Corte ha affermato che avendo l’autorità competente già preso in considerazione, nell’ambito della sua valutazione della gravità degli atti commessi e della responsabilità individuale, tutte le circostanze che caratterizzano tali atti e la situazione di tale persona, essa non può essere obbligata - ove giunga alla conclusione che l’art. 12 n.2 debba essere applicato - a procedere ad un esame di proporzionalità che comporti nuovamente una valutazione del livello di gravità degli atti commessi, come hanno sostenuto alcuni governi con le loro osservazioni.44 La Corte ha sottolineato, in questo contesto, che l’esclusione di una persona dallo status di rifugiato, ai sensi della presente norma, non comporta una presa di posizione relativamente alla distinta questione se detta persona possa essere espulsa verso il suo paese di origine.45

41

Sostituito con l’art. 2 lett. d) della c.d. nuova direttiva qualifiche 2011/95/UE. Per tale norma è un <<rifugiato>>: il cittadino di un paese terzo il quale per timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza, e non può o,a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o,a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e al quale si applica l’art. 12. 42 Sostituito con l’art. 2 lett. e) della c.d. nuova direttiva qualifiche 2011/95/UE. Per tale norma lo <<status di rifugiato>> è il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale rifugiato.

43 Corte di giustizia, B&D, cit., §§ 107-108. 44

Ibid.,§109: in tale senso il governo tedesco, francese, dei Paesi Bassi e del Regno Unito.

90

In conclusione, l’esclusione dallo status di rifugiato ai sensi dell’art. 12, n.2, lett. b) o c) non è subordinata ad un esame di proporzionalità alla luce del caso di specie.

Poiché l’analisi della quarta questione è stata subordinata, dal giudice di rinvio, alla soluzione affermativa della terza questione, la Corte non l’ha analizzata. Questo è stato oggetto di forti critiche da parte di chi ha ritenuto che la Corte abbia perso un’occasione importante per prendere posizione su uno degli aspetti più rilevanti in materia di esclusione.46

Nel rispondere alla terza questione la Corte di Giustizia si è discostata da quanto suggerito dall’Avvocato generale. In particolare, quest’ultimo, nelle sue Conclusioni, ha confutato l’affermazione fatta da alcuni governi intervenienti i quali propendevano per un’esclusione dell’esame di proporzionalità poiché nessun elemento, né nel testo della Convenzione del 1951 né dell’art. 12, n.2, della direttiva ne facevano accenno. L’Avvocato generale, dal canto suo, ha usato lo stesso argomento a contrario per sostenere che negli articoli nulla si oppone a tale esame.47

Questi ha rilevato che <<il principio di proporzionalità riveste un ruolo centrale nella tutela dei diritti fondamentali e in generale nell’applicazione degli strumenti del diritto internazionale umanitario. Tali strumenti richiedono inoltre di essere applicati in modo flessibile e dinamico. L’inserimento di un elemento di rigidità nell’applicazione delle cause di esclusione, quand’anche motivato dall’intento di preservare la credibilità del sistema di protezione internazionale dei rifugiati, non sembra auspicabile; al contrario, si ritiene fondamentale preservare in tale ambito la flessibilità necessaria, da un lato, a tener conto dei progressi della comunità internazionale nella tutela dei diritti umani e, dall’altro, a consentire un approccio fondato sull’esame dell’insieme delle circostanze che caratterizzano il caso di specie>>.48

L’Avvocato generale ha fatto leva sulla necessità di interpretare le norme giuridiche aventi finalità di carattere umanitario sulla base di un approccio evolutivo per sostenere che l’art. 12, par. 2, debba essere interpretato in modo

46 Lenzerini, op.cit., p.128. 47

Per le specifiche confutazioni si vedano le conclusioni dell’Avvocato Generale Mengozzi, cit., §§ 72 ss.

91

da risultare proporzionato al suo obiettivo e, più in generale, alla natura umanitaria del diritto dei rifugiati. Ciò implica che l’accertamento della sussistenza delle condizioni di applicazione di tale disposizione deve comportare una valutazione globale dell’insieme delle circostanze che caratterizzano il singolo caso di specie.49

Dalle Conclusioni si può rilevare che l’Avvocato generale, a contrario della Corte, ha trattato congiuntamente la terza e la quarta questione pregiudiziale essendo, queste, strettamente connesse.

Il giudice di rinvio con il quarto quesito ha chiesto di stabilire:

a) se nell’ambito della valutazione della proporzionalità si debba tenere conto del fatto che il richiedente asilo usufruisca di protezione contro l’espulsione in base all’art. 3 CEDU o in forza di norme interne;

b) se l’esclusione del richiedente asilo dalla protezione richiesta sia sproporzionata soltanto in casi eccezionali che presentano caratteristiche particolari.

Mentre la Corte non ha risposto al quesito poiché subordinato alla risposta positiva del terzo. Una posizione l’ha presa l’Avvocato generale il quale ha affermato che l’applicazione dell’art. 12, par. 2, della direttiva non può prescindere da una valutazione preventiva delle conseguenze di un’eventuale esclusione del richiedente asilo dal riconoscimento dello status di rifugiato. Secondo l’Avvocato generale bisogna verificare se la persona interessata benefici di una tutela effettiva contro il refoulement, sia in applicazione di strumenti internazionali che nazionali.50 Se tale protezione sia disponibile e accessibile il richiedente potrà essere escluso dallo status di rifugiato, il quale

49

Ibid., §98. Allo stesso modo si è espressa anche l’UNHCR nelle sue Guidelines, op. cit., al §24 secondo cui << l'incorporazione di un test di proporzionalità quando si considera l'esclusione e le sue conseguenze fornisce un utile strumento analitico per assicurare che le clausole di esclusione siano applicate in modo coerente con l'obiettivo e lo scopo umanitario prevalenti della Convenzione del 1951. Il concetto si è evoluto in particolare in relazione all'articolo 1F (b) e rappresenta un principio fondamentale di molti campi del diritto internazionale. Come con qualsiasi eccezione a una garanzia dei diritti umani, le clausole di esclusione devono quindi essere applicate in modo proporzionato al loro obiettivo, in modo che la gravità del reato in questione sia soppesata rispetto alle conseguenze dell'esclusione. Tale analisi di proporzionalità, tuttavia, non dovrebbe essere normalmente richiesta nel caso di crimini contro l'umanità e atti che rientrano nell'articolo 1F (c), in quanto gli atti trattati sono così atroci. Rimane comunque in relazione ai crimini di cui all'articolo 1 F (b) e ai crimini di guerra meno gravi di cui all'articolo 1 F (a)>>. 50 Ibid.,§97.

92

comporta una serie di diritti che vanno al di là della protezione contro il refoulement e che devono, in linea di principio essere negati a chi si mostra indegno di protezione internazionale; nel caso in cui invece il riconoscimento di tale status costituisca l’unica possibilità per evitare il respingimento verso un paese in cui il richiedente ha serie ragioni di temere che sarà sottoposto, per vari motivi, a persecuzioni tali da mettere in pericolo la sua vita, la sua integrità fisica o di sottoporlo a trattamenti disumani o degradanti, l’esclusione non potrà essere dichiarata. Tuttavia l’Avvocato generale in presenza di determinati crimini di eccezionale gravità ammette la possibilità di far mancare anche la protezione minima accordata dal non refoulement e di conseguenza di non ritenere ammissibile il bilanciamento.51

Ciò su cui ha posto l’attenzione l’Avvocato generale è la gravità delle conseguenze che un’applicazione incondizionata dell’art. 12, par.2, potrebbe portare se non si tenesse conto del fatto che il richiedente asilo possa usufruire o meno della protezione contro il refoulement. Probabilmente tale argomentazione ha fatto sì che la Corte inserisse nella sua decisione l’affermazione in base alla quale <<è importante sottolineare che l’esclusione di una persona dallo status di rifugiato ai sensi dell’art. 12, par.2, della direttiva non comporta una presa di posizione relativamente alla distinta questione se detta persona possa essere espulsa verso il suo paese d’origine>>.52

In conclusione, secondo quanto affermato dall’Avvocato generale, le cause di esclusione dello status di rifugiato non possono essere valutate disgiuntamente dal divieto di refoulement. In particolare l’applicazione delle cause di esclusione deve incidere soltanto sulla decisione se concedere o meno al richiedente asilo lo status di rifugiato, con gli specifici diritti che ne conseguono, ma non può determinare un respingimento diretto o indiretto della persona interessata verso un paese dove rischi di essere sottoposta a persecuzione in quanto tale respingimento è vietato dagli obblighi internazionali richiamati dall’art. 21 della direttiva qualifiche.

La dottrina è concorde con quanto affermato nelle Conclusioni dall’Avvocato generale sebbene, secondo alcuni, il rapporto tra cause di

51

Ibid.

93

esclusione e protezione dal refoulement non dovrebbe essere configurato, come affermato dall’Avvocato generale, come implicante un’applicazione differenziata delle cause di esclusione a seconda che tale protezione sia disponibile o meno. Piuttosto, in presenza dei requisiti previsti, le cause di esclusione dovrebbero essere sempre applicate, ma limitatamente all’effetto di non permettere al richiedente asilo di godere degli specifici diritti legati al riconoscimento dello status di rifugiato, allo stesso tempo, la protezione dal refoulement dovrebbe essere sempre disponibile, impedendo quindi che l’applicazione delle cause di esclusione possa spingersi a determinare il respingimento della persona interessata verso un paese dove rischi di essere perseguitata.53

Inoltre parte della dottrina non è concorde con l’affermazione di chiusura fatta dall’Avvocato che in presenza di determinati crimini di eccezionale gravità ammette l’esclusione del bilanciamento tra le cause di esclusione e il principio di non refoulement. Tale costruzione contravviene il carattere assoluto del divieto di respingimento, così come sancito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo54

posto che tale carattere assoluto del non refoulement sussiste soltanto nei casi in cui il respingimento del rifugiato lo sottoponga ad un rischio di tortura o altri trattamenti il cui divieto sia sancito da norme inderogabili.55

2.4 L’ammissibilità di forme di protezione nazionale a favore

Nel documento Atti di terrorismo e status di rifugiato (pagine 93-98)