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I rilievi critici e il confronto con la giurisprudenza B&D

Nel documento Atti di terrorismo e status di rifugiato (pagine 117-126)

3 La contrarietà del supporto logistico al terrorismo ai fini ed ai principi delle Nazioni Unite

4. I rilievi critici e il confronto con la giurisprudenza B&D

Una parte della dottrina è concorde con quanto affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza in esame.118 In particolare, rileva come la soluzione a cui essa è arrivata nel caso Lounani si pone in una soluzione di continuità con la giurisprudenza precedente e, pertanto, debba essere considerata corretta. Innanzitutto le sentenze si somigliano nei punti di diritto essenziali. In particolare, tre sono gli elementi cruciali su cui insistono entrambe, e che sono quindi da considerarsi, secondo parte dei commentatori, come punti fermi su cui ci si aspetta che la giurisprudenza di Lussemburgo continui a svilupparsi, se e quando si troverà a dover decidere su casi simili.119

In primo luogo, in entrambe le sentenze, la direttiva “qualifiche” viene interpretata alla luce della Convenzione di Ginevra e delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza.120

In secondo luogo, si insiste sull’importanza della valutazione individuale di ogni caso.121

In terzo luogo, si conferma che, nell’apprezzamento di ogni vicenda, le autorità nazionali non debbano procedere ad un giudizio di proporzionalità: queste, infatti, non sono tenute a bilanciare la gravità degli atti commessi, ovvero le ragioni per cui questi sarebbero stati commessi, con la natura del rischio corso nel Paese di destinazione.122

Inoltre per questi, la sentenza in oggetto, riveste un’importanza fondamentale anche sotto ulteriori aspetti.

Innanzitutto, l’interpretazione che viene data dall’art. 12, n.2, lett. c), e dell’art. 12, n.3, della direttiva 2004/83, nel senso di comprendere tra le fattispecie rientranti tra gli atti contrati ai fini e ai principi delle Nazioni

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In tale senso: NARDONE V., Il supporto logistico al terrorismo e le cause di esclusione dello status di rifugiato nel diritto UE. La CGUE sviluppa la sua interpretazione nel caso Lounani. Osservatorio costituzionale, Fasc. 3/2017, 19 ottobre 2017, p.9; MARIOTTI, C: Status di rifugiato e partecipazione alle attività di gruppo terroristico, Giurisprudenza Italiana 2017, p.579.

119 Ibid. 120

Corte di giustizia, B&D, cit., §77; Lounani, cit. §41. 121

Corte di giustizia, B&D, cit. §97. 122 Ibid., §111.

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Unite il sostegno logistico al terrorismo e la facilitazione perciò dello spostamento verso il territorio dell’Unione europea dei combattenti terroristi stranieri è certamente da salutare con favore. Tuttavia, non sarebbe corretto parlare di una vera e propria evoluzione giurisprudenziale quanto piuttosto della conseguenza naturale dell’applicazione di criteri consolidati già evidenziati nella sentenza B&D e applicati, coerentemente nella sentenza Lounani, seppur in relazione a un diverso caso di specie.123

In secondo luogo, occorre osservare come la più volte richiamata differenza tra la normativa relativa all’asilo e quella riguardante la lotta al terrorismo, evidenziata in particolar modo nelle conclusioni dell’Avvocato generale Sharpston, sia importante sì a livello metodologico, ma perda la sua forza a livello pratico. Di fatto, e lo stesso ragionamento della Corte europea lo dimostra, sebbene le due normative siano differenti tra loro, restano comunque intimamente connesse, tanto più se si considera il loro rapporto assumendo una prospettiva più ampia, che vada al di là del solo diritto UE. Del resto, come tiene a sottolineare la stessa Corte di Giustizia, la presenza di una condanna penale divenuta per lo più definitiva, è senza dubbio importante al fine di determinare l’esistenza dei “fondati motivi” necessari all’attivazione della stessa clausola di esclusione.124

Un’altra parte della dottrina, tuttavia, si è posta in una posizione altamente critica verso la linea adottata dalla Corte.125 In particolar modo, ciò che viene contestato è l’approccio particolarmente restrittivo tenuto dalla Corte rispetto alla concessione dello status di rifugiato seguendo un ragionamento che, oltre a non risultare in alcuni punti conforme alle rilevanti disposizioni europee e internazionali in materia, rischia di favorire un inasprimento delle misure anti-terrorismo non sempre motivato da elementi oggettivi.126

Le argomentazioni che hanno indotto la Corte di Giustizia a ritenere giustificata l’esclusione dallo status di rifugiato nel caso di specie risultano,

123

COUTTS S., Terror and Exclusion in EU Asylum Law Case – C-573/14 Lounani (Grand Chamber, 31 January 2017), 3 maggio 2017, in European Law Blog, disponibile al sito internet: www.europeanlawblog.eu.

124 Nardone, op. cit., p.11.

125 NIGRO R., La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso Lounani e le controverse motivazioni giuridiche al fine di escludere lo status di rifugiato per presunti terroristi, Rivista di diritto internazionale, Milano, 2017, p.565. 126 Ibid.

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per questi commentatori, poco convincenti per due ragioni, la prima attiene al mero riferimento alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza per concludere che gli atti di terrorismo e le attività ad essi connesse siano da considerarsi contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite e la seconda attiene alle conclusione circa la possibilità che lo status di rifugiato possa essere negato a chi ne faccia richiesta sul semplice presupposto che si tratti di un individuo membro di un’organizzazione terroristica e che svolga attività di sostegno logistico nell’ambito di essa, ma senza che sia necessario dimostrare che egli abbia commesso o altrimenti concorso alla commissione di atti terroristici.127 Rispetto al primo punto, la critica, osserva che la gran parte delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza adottate in materia di terrorismo, generalmente inteso, cioè quando non riferite a specifici comportamenti qualificati come terroristici, sono frutto di un compromesso politico.128 In particolare, la risoluzione 1566(2004) nella quale il Consiglio ha definito gli atti di terrorismo, è stata preceduta da un dibattito nel quale gli Stati hanno precisato la natura politica del compromesso sottolieando come essa non recasse una definizione giuridica di terrorismo. Questo porta a sottolineare che l’affermazione da parte del Consiglio di sicurezza per cui gli atti terroristici, generalmente intesi, siano da considerarsi contrari ai fini e ai principi delle Nazioni Unite, se risulta in principio condiviso dalla gran parte degli Stati è soltanto perché ciascuno di essi non si ritiene poi vincolato da alcuna specifica definizione di terrorismo eventualmente prevista nelle risoluzioni del Consiglio e resta, pertanto, libero di stabilire a quali atti attribuire tale qualifica. Dunque non può bastare fare riferimento alle risoluzioni del Consiglio di sicurezza per capire quali atti siano da considerarsi terroristici e come tali contrari ai fini e ai principi delle Nazioni Unite. Inoltre, la definizione ricavabile da tale risoluzione non può essere estesa automaticamente a contesti normativi in cui gli obiettivi e le caratteristiche non sono necessariamente coincidenti. Rispetto al caso in esame, in particolare, il contesto normativo di carattere universale in cui il Consiglio di sicurezza ha predisposto tale definizione è diverso dal contesto del riconoscimento dello status di rifugiato. Proprio in quest’ultimo contesto,

127

Ibid., p.568. 128

Per un approfondimento si veda NIGRO R., La definizione di terrorismo nel diritto internazionale, Editoriale scientifica, Napoli, 2013, pp. 247-288.

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risulta dalla prassi applicativa della Convezione di Ginevra del 1951 che la mera qualificazione di un atto come <<terroristico>> non è di per sé sufficiente ad escludere tale status. Questo punto deve essere analizzato, tenendo in considerazione che è la stessa Corte di Giustizia, nella sentenza Lounani, ad affermare che costituisce la <<pietra angolare>> su cui si basa la direttiva europea del 2004 e che pertanto deve essere utilizzata per interpretare l’art. 12 della stessa.129

Il primo aspetto da sottolineare è che quand’anche l’incitamento, la pianificazione o il finanziamento di attività terroristiche siano da considerarsi come atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni Unite, in quanto tra l’altro affermato nelle stesse risoluzioni ONU, risulta dalla prassi che la semplice qualificazione di un atto come <<terroristico>>, a prescindere cioè dal tipo di attività ad essi connessa- sia essa commissione diretta o istigazione, finanziamento o altra forma di partecipazione – non è ritenuta di per sé sufficiente a negare lo status di rifugiato agli individui che ne facciano richiesta e dei quali se ne constati la responsabilità, essendo invece richiesto che se ne accerti la gravità dal punto di vista internazionale nel senso di compromettere la pace e la sicurezza internazionale.130 Non a caso l’art. 1F della Convenzione sui rifugiati, non prevede espressamente il terrorismo tra le cause idonee ad escludere lo status di rifugiato, limitandosi a prevedere l’ipotesi in cui una persona che faccia richiesta di tale status ne venga esclusa qualora abbia commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità oppure un reato grave non politico.131

La decisione di non prevedere gli atti di terrorismo espressamente, è frutto del convincimento che la clausola di esclusione, così come formulata fosse sufficiente a coprire tali atti.132 Questo in linea con quanto affermato anche dall’UNHCR nelle sue Guidelines che dopo aver constatato l’assenza di una definizione di terrorismo universalmente accettata, ha precisato che, ai fini

129

Corte di giustizia, Lounani, cit., §§41-42; Nigro, La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso Lounani op. cit., p.569.

130 Corte di giustizia, B&D, §94. 131

Si veda SAUL, Exclusion of Suspected Terrorists from Asylum: Trends In International and European Refugee Law, 3 giugno 2005, disponibile al sito internet:

https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstact_id=735265 132

Si veda SINGH, Will Acceptance of Universally Approved Definition of Terrorism Make Artcle 1F of the 1951 Refugee Convention More Effective in Excluding Terrorists?, Journal of Migration and Refugee Issues, UK, 2006, pp.91-119.

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dell’applicazione della clausola di esclusione di cui all’art. 1 F occorre valutare la gravità di un atto terroristico nella misura in cui esso <<incide sul piano internazionale in termini di gravità, impatto internazionale e implicazioni per la pace e la sicurezza internazionale>>.133

Tenuto conto di ciò, sembra che la Corte di Giustizia, nel caso Lounani, si sia ispirata ad una categoria di atti terroristici generalmente intesi come contrari ai fini e ai principi delle Nazioni Unite, per cui qualsiasi attività ad essi connessa può portare al rifiuto dello status di rifugiato. Tale ragionamento potrebbe essere condiviso, solo, laddove esistesse nel diritto internazionale una definizione di terrorismo universalmente accettata tale da risultare applicabile in qualsiasi contesto.134 Tuttavia, tale assenza, comporta per il giudice, l’esigenza di stabilire per ogni caso concreto cosa si debba intendere per <<atto terroristico>> ai fini dell’applicazione della specifiche misure. Questo per dire che le conclusioni della Corte di Giustizia sarebbero state più convincenti se i giudici avessero proceduto ad una preliminare analisi volta a stabilire che le attività del gruppo, di cui il sig. Lounani era membro dirigente, rientravano nel contesto delle azioni terroristiche tali da giustificare l’esclusione dalla protezione. Dalla risoluzione della seconda e terza questione emerge, però, che la Corte oltre a non fare tale valutazione non ha neppure considerato rilevante la prova di un qualsivoglia nesso tra le attività imputate ad un individuo che faccia parte di un’organizzazione terroristica e gli atti da questa commessi.135

133 UNHCR, Guidelines, op. cit., §§17-49. In una significativa emessa dalla Suprema Corte britannica il 21 novembre 2012 nel caso Al-Sirri, i giudici, chiamati ad applicare l’art. 1 F(c), della Convenzione del 1951 nei confronti di un cittadino egiziano accusato di atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni Unite, hanno stabilito, richiamando proprio le Guidelines del 2003, che l’art. 1F, deve considerarsi applicabile solo in circostanze estreme e più precisamente agli individui accusati di aver commesso atti i cui effetti siano suscettibili di prodursi a livello internazionale nel senso di minacciare la coesistenza della comunità internazionale e le relazioni pratiche tra gli stati (§38). Per un approfondimento sulla giurisprudenza inglese si veda: SINGER S., Terrorism and article 1F (c) of the refugee convention: Exclusion from refugee in the United Kingdom, Journal of International Criminal Justice,UK, 1 Dicembre 2014, vol.12(5), pp.1075-1091.

134 Per un approfondimento si veda: Di Filippo M., The definition(s) of terrorims in international law, Research Handbook on International Law and Terrorism, Edited by Ben Saul,UK-USA, 2014, pp. 3-19.

135

Nigro, La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso Lounani op. cit., p.570.

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Tutto questo, porta alla seconda contestazione mossa dalla dottrina. In particolare, seguendo questo percorso, lo status di rifugiato potrebbe essere negato ad un individuo anche quando nei suoi confronti non risulti alcuna condanna per il coinvolgimento diretto o anche indiretto in atti terroristici.136 È necessario in questo contesto riferirsi ad alcuni passaggi della sentenza. Innanzitutto bisogna rilevare che il Tribunale penale di Bruxelles, nella sua sentenza del febbraio, 2006, non aveva accertato alcun coinvolgimento diretto in atti terroristici, né in forma diretta né in forma di istigazione. Il tribunale aveva condannato i sig. Lounani, a sei anni di reclusione, in quanto membro dell’organizzazione terroristica e per aver fornito alla cellula belga di tale gruppo supporto logistico attraverso servizi materiali o informazioni, contraffazione e cessione fraudolenta di passaporti e organizzazione di una rete per l’invio di volontari in Iraq.137

Si può constatare che la Corte ha ritenuto che dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza emergerebbe che la nozione di atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni Unite non sia limitata agli <<atti di terrorismo>>, ma, secondo quanto stabilito dalla risoluzione 2178(2014), anche alle attività di reclutamento, organizzazione, trasporto o equipaggiamento a favore di individui che si rechino in uno Stato diverso da quello nazionale o di residenza al fine di compiere atti terroristici. Inoltre, la Corte ha fatto riferimento al combinato disposto dall’art. 12, n.2, lett. c) e dell’art. 12, n.3, della direttiva 2004/83 dal quale emergerebbe che lo status di rifugiato non deve essere riconosciuto a persone che abbiano istigato o altrimenti concorso alla commissione di <<atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite>>.138

Il ragionamento risulta poco chiaro in quanto la Corte sembra sostenere che le attività di reclutamento, organizzazione, trasporto o equipaggiamento, svolte all’interno di un’organizzazione terroristica , siano di per sé contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni unite, anche se non finalizzate alla commissione di atti terroristici concreti o ad una partecipazione indiretta ad essi. Un tale ragionamento sembra sostenere che la partecipazione di un individuo a un’organizzazione terroristica e lo svolgimento di attività di sostegno logistico al gruppo giustifichino la negazione dello status di

136

Ibid., p.571. 137

Corte di giustizia, Lounani, cit., §65. 138 Ibid., §70.

118

rifugiato a prescindere da quali siano le concrete attività del gruppo stesso. Quest’ultima considerazione è diversa dal dire che le attività di sostegno logistico possono configurarsi quali atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite solo in quanto si accerti che queste presentino un nesso con le attività concrete del gruppo in termini di atti terroristici perpetrati. Sembra che la Corte quando nella sentenza ha sollevato il combinato disposto dalle norme della direttiva 2004/83 abbia voluto concludere che dovesse essere accertata l’istigazione o la partecipazione in atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite piuttosto che a specifici atti di terrorismo. Ma se questo è vero, è altrettanto chiaro che l’istigazione, il reclutamento, il finanziamento e qualsiasi altra forma di partecipazione a certe attività possono considerarsi atti contrari ai fini e ai principi delle nazioni unite, solo nella misura in cui si accerti che si tratta di attività finalizzate alla commissione di atti illeciti come, nel caso di specie, gli atti di terrorismo. Il punto è rilevante, soprattutto, per ciò che attiene i c.d. foreing terrorist fighters- il cui reclutamento e supporto sarebbe da prevenire e reprimere- tenuto conto che i volontari intenzionati a recarsi in Iraq potrebbero in realtà partecipare a lotte armate considerate legittime dal diritto internazionale.139 Il fatto che i volontari si rechino in Iraq o altro luogo in cui è in corso un conflitto, non significa che essi compiranno necessariamente atti terroristici. Risulta decisivo, quindi, accertare innanzitutto che l’obiettivo dei combattenti sia la commissione di atti terroristici o comunque la partecipazione ad essi, ma anche che l’individuo che li recluti, li finanzi o li sostenga in altro modo, sia a conoscenza di tale specifico obiettivo.140

Ciò che, però, sembra dedursi dalle argomentazioni della Corte è che quando un individuo è accusato di far parte di un’organizzazione terroristica in qualità di membro dirigente, le sue attività all’interno di essa si presumono contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite a prescindere dalla prova di qualsiasi nesso, diretto o indiretto con atti terroristici. Inoltre, la Corte sottolinea come, elementi rilevanti al fine di accertare detta contrarietà

139 Sul fenomeno dei foreign terrorist fighters si veda: Foreign Fighters Under International Law and Beyond a cura di De Guttry, Capone e Paulussen, T.M.C. Press, L’Aja, 2016.

140

Nigro, La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso Lounani op. cit., p.572.

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possono considerarsi la sentenza dei giudici nazionali che abbia constatato l’appartenenza al gruppo dell’individuo, nonché l’attività di sostegno ad esso, e la stessa iscrizione del gruppo nella lista delle organizzazioni terroristiche predisposta nell’ambito del Consiglio di sicurezza.141

Tutto ciò, a parere della dottrina, suscita perplessità alla luce della precedente giurisprudenza della stessa Corte di Giustizia.142

In particolare, la presente sentenza, risulta contraddittoria con le conclusioni della Corte di Giustizia raggiunte nella sentenza B&D. In tale occasione la Corte aveva affermato che l’art. 12, n.2, lett. c), della direttiva 2004/83 consente di escludere che una persona dallo status di rifugiato solo qualora sussistano <<fondati motivi>> per ritenere che <<abbia commesso>> al di fuori del paese di accoglienza un reato grave di diritto comune o che si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite143, aggiungendo che le autorità competenti dovevano procedere ad una valutazione dei fatti per stabilire l’eventuale sussistenza di fondati motivi di ritenere che ricorresse uno dei due casi di esclusione.144 La Corte di Giustizia aveva poi affermato che la sola circostanza che il richiedente avesse fatto parte di un’organizzazione terroristica non poteva avere la conseguenza automatica di precludergli il riconoscimento dello status di rifugiato. Né l’inserimento dell’organizzazione di cui l’individuo era membro nella lista delle organizzazioni terroristiche che figurava nell’allegato della posizione comune 2001/931 del Consiglio poteva considerarsi decisiva ai fini dell’esclusione dello status di rifugiato in quanto, ad avviso della Corte, non sussisteva una relazione diretta tra la posizione comune e la direttiva quanto agli obiettivi perseguiti.145

Una simile conclusione della Corte di Giustizia risulta difficilmente conciliabile con la sentenza emessa nel caso Lounani non solo perché in tal caso si trattava di decidere dello status di rifugiato di un individuo per la sua

141

Ibid.

142 In tal senso:PEERS S., Foreign fighters' helpers excluded from refugee status: the ECJ clarifies the law on EU Law Analisys, 31 gennaio 2017, disponibile al sito internet: www.eulawanalisys.blogspot.com; Nigro R., La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel caso Lounani, op. cit., p.573.

143

Corte di giustizia, Lounani, cit.,§86. 144

Ibid.,§87. 145 Ibid., §§88-89.

120

partecipazione ad un’organizzazione terroristica e per attività non direttamente connesse ad atti terroristici, laddove invece nel caso B&D risultava una partecipazione attiva alla lotta armata del presunto gruppo terroristico, ma anche per il fatto che proprio le conclusioni della Corte di Giustizia nel caso B&D circa il rapporto tra la posizione comune e la direttiva 2004/83 avrebbe potuto trovare applicazione anche nel caso Lounani. La Corte cioè avrebbe potuto considerare che l’iscrizione del gruppo GICM nella lista del Consiglio era stata prevista al fine di adottare, nei suoi confronti, le sanzioni decise dal Consiglio, ma non necessariamente al fine di prevedere altre misure restrittive quali il rifiuto di riconoscere lo status di rifugiato ai membri che ne avessero fatto richiesta. È il caso di precisare che, proprio nella lista del Consiglio di sicurezza aggiornata al luglio 2017 risulta che le sanzioni adottate contro il GICM, il regime è stato

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