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La responsabilità individuale necessaria ai fini dell’esclusione dello status di rifugiato

Nel documento Atti di terrorismo e status di rifugiato (pagine 85-90)

2 Le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio

2.1 La responsabilità individuale necessaria ai fini dell’esclusione dello status di rifugiato

Con la prima questione sollevata, in ciascuna delle due cause, il giudice del rinvio ha chiesto se ci si trovi di fronte ad un <<reato grave di diritto comune>> o ad <<atti contrari alla finalità e ai principi delle Nazioni Unite>> ai sensi dell’art. 12, n.2, lett. b) o c), della direttiva laddove la persona considerata abbia fatto parte di un’organizzazione, che è presente nell’elenco di cui all’allegato della posizione comune 2001/931, per il suo coinvolgimento in atti terroristici e, tale persona, abbia attivamente sostenuto la lotta armata condotta da tale organizzazione, eventualmente occupando in quest’ultima una posizione preminente.19

Per rispondere a tale quesito la Corte, preliminarmente, ha verificato se gli atti commessi dalle organizzazioni richiamate possano rientrare nelle categorie dei reati gravi e degli atti menzionati nelle lett. b) e c) dell’art. 12. In tal senso, la Corte ha affermato che gli atti di natura terroristica, che sono caratterizzati dalla loro violenza nei confronti delle popolazioni civili, anche se commessi con un dichiarato obiettivo politico, devono essere considerati gravi reati di diritto comune ai sensi dell’art. 12 lett. b). Con tale affermazione il giudice europeo ha esteso, di fatto, la definizione che si può ritrovare nell’art. 1 F(b) della Convenzione di Ginevra, che la presente norma riprende ed attua, che fa riferimento soltanto ai gravi reati “non politici”. 17 Ibid. §67. 18 Ibid. §78. 19 Ibid. §79.

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Per quanto riguarda, invece, gli atti contrati alle finalità ed ai principi delle Nazioni Unite di cui alla lett. c), della presente norma, la Corte ha fatto riferimento al ventiduesimo considerando della direttiva, la quale afferma che essi sono menzionati nel preambolo e agli artt. 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite e precisati nelle risoluzioni delle Nazioni Unite relative alle <<misure di lotta al terrorismo>>. In particolare, le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite 1373(2001) e 1377(2001) affermano che gli atti di terrorismo internazionale sono, in linea generale e indipendentemente dalla partecipazione di uno Stato, atti contrari alle finalità ed ai principi delle NU. La Corte di conseguenza ha affermato, concorde con le osservazioni presentate dai governi e dalla Commissione europea, che l’art. 12, n.2, lett. c) della direttiva può essere applicato anche ad una persona che, nell’ambito della sua appartenenza ad un’organizzazione iscritta nell’elenco di cui all’allegato della posizione comune 2001/931, sia stata coinvolta in atti terroristici aventi dimensione internazionale.20

In secondo luogo la Corte si è posta la questione di quale sia la misura dell’appartenenza ad un’organizzazione, che possa portare all’applicazione della norma in esame, nel caso in cui essa abbia attivamente sostenuto la lotta armata condotta da tale organizzazione, occupando eventualmente, in quest’ultima, una posizione preminente. A tale proposito, il giudice ha rilevato che l’art. 12, n.2, lett. b) e c) della direttiva, così come la corrispondente norma nella Convenzione sui rifugiati, consente di escludere una persona dallo status di rifugiato qualora sussistano <<fondati motivi>> per ritenere che <<abbia commesso>> al di fuori del paese di accoglienza un reato grave di diritto comune o che <<si sia resa colpevole>> di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite. Dunque l’applicazione della presente norma da parte dell’autorità competente deve sottostare, per ciascun caso, ad una valutazione dei fatti precisi di cui essa è a conoscenza al fine di verificare che sussistano i <<fondati motivi>> per ritenere che la persona abbia commesso tali fatti.

Questo ha portato la Corte di Giustizia a fare due considerazioni.

In primo luogo, anche se gli atti commessi da un’organizzazione che è iscritta nell’elenco di cui all’allegato della posizione comune 2001/931 per il

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suo coinvolgimento in atti terroristici possono collegarsi a ciascuna delle cause di esclusione previste dalla direttiva, la sola circostanza che la persona di cui si tratti abbia fatto parte di un’organizzazione siffatta non può avere la conseguenza automatica che tale persona debba essere esclusa dallo status di rifugiato a norma di dette disposizioni. Non sussiste, infatti, una relazione diretta tra la posizione comune menzionata e la direttiva quanto agli obiettivi perseguiti e, quindi, non è giustificato che l’autorità competente, qualora voglia escludere una persona dallo status di rifugiato ai sensi dell’art. 12, n.2, della direttiva, si fondi unicamente sulla sua appartenenza ad un’organizzazione che è presente in un elenco adottato al di fuori dell’ambito istituito dalla direttiva nel rispetto della Convenzione di Ginevra. L’inserimento di un’organizzazione in un elenco, come quello in allegato alla posizione comune del 2001, consente di stabilire la natura terroristica del gruppo del quale ha fatto parte la persona considerata, il che costituisce un elemento che l’autorità competente deve prendere in considerazione, soltanto inizialmente, nel verificare che tale gruppo abbia commesso atti che rientrano nell’ambito dell’art. 12, n.2, lett. b) o c), della direttiva. Inoltre, il giudice ha sottolineato che i presupposti in base ai quali sono state inserite in un elenco le due organizzazioni, delle quali hanno fatto rispettivamente parte i resistenti nelle cause principali, non possono essere comparati alla valutazione individuale di fatti precisi che deve precedere qualsiasi decisione di escludere una persona dello status di rifugiato ai sensi dell’art. 12, n.2, lett. b) o c), della direttiva.21

Nella fattispecie, tra l’altro, si è rilevato che nei giudizi principali B e D si fossero da tempo dissociati dai gruppi in questione al momento dell’iscrizione di questi ultimi negli elenchi di cui trattasi. Entrambi i gruppi, infatti, figurano nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931 a partire da maggio 2002.22 Quindi anche si dovesse condividere l’ipotesi della mera appartenenza, questa non si configurerebbe in questo caso poiché al momento dell’iscrizione dei gruppi terroristici nel suddetto elenco B e D non ne facevano più parte.

21

Ibid.,§§ 88-91. 22

Conclusioni dell’Avvocato Generale PAOLO MENGOZZI, 1 giugno 2010, Bundesrepublick Deutschland c. B&D, cause C-57/09 e C-101/09, §75.

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In secondo luogo, e contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, neppure la partecipazione alle attività di un’organizzazione terroristica ai sensi dell’art. 2, n.2, lett. b), della decisione quadro 2002/475/GAI può necessariamente ed automaticamente rientrare tra le cause di esclusione previste all’art. 12, n.2, lett. b) e c), della direttiva. Infatti,non solo tale decisione quadro, al pari della decisione comune 2001/931, è stata adottata in un contesto diverso da quello della direttiva, che è essenzialmente umanitario, ma l’atto intenzionale di partecipazione alle attività di un’organizzazione terroristica, che è definito all’art. 2, n.2, lett. b)23

, di tale decisione quadro e che gli Stati membri hanno dovuto rendere punibile nel loro diritto nazionale, non è di natura tale da far scattare l’applicazione automatica delle clausole di esclusione, che stiamo analizzando, le quali presuppongono un esame completo di tutte le circostanze proprie a ciascun caso individuale.24

In conclusione, l’esclusione dello status di rifugiato di una persona che abbia fatto parte di un’organizzazione che impiega metodi terroristici è subordinata ad un esame individuale di fatti precisi che consenta di valutare se sussistano fondati motivi per ritenere che, nell’ambito di tali attività all’interno di detta organizzazione, la persona considerata abbia commesso un reato grave di diritto comune o si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite, o che essa abbia istigato o altrimenti concorso alla commissione di un reato o di atti siffatti ai sensi dell’art. 12, n.3, della direttiva.25

Per considerare sussistenti le cause di esclusione di cui all’art. 12, n.2, alle lett. b) e c) della direttiva, è necessario ascrivere alla persona considerata, tenuto conto del livello di prova richiesto dalla norma, una parte di responsabilità per gli atti commessi dall’organizzazione, di cui trattasi, durante il periodo in cui tale persona ne faceva parte. Tale responsabilità individuale deve essere valutata alla luce di criteri oggettivi e soggettivi. L’autorità competente deve esaminare in particolare il ruolo effettivamente

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Si tenga presente che, al momento della sentenza, non è ancora stata emanata la direttiva 2017/541/UE. Dunque l’esame verterà sulla precedente decisione quadro del Consiglio 2002/475/GAI del 13 giugno 2002. L’art. 2, n.2, lett. b) corrisponde al nuovo art. 4, n.1, lett. b).

24

Corte di giustizia, B&D, cit., §§92-93. 25 Ibid.,§94.

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svolto dalla persona considerata nel compimento degli atti in questione, la sua posizione all’interno dell’organizzazione, il grado di conoscenza che essa aveva o si presume avesse delle attività di quest’ultima, le eventuali pressioni alle quali sia stata sottoposta o altri fattori atti ad influenzare il comportamento. Pertanto un’autorità che, nel corso di tale esame, accerti che la persona considerata aveva occupato, come D, una posizione preminente in un’organizzazione che impiega metodi terroristici può presumere che tale persona abbia una responsabilità individuale per atti commessi da detta organizzazione durante il periodo rilevante, ma resta tuttavia necessario l’esame di tutte le circostanze pertinenti prima che possa essere adottata la decisione di escludere tale persona dallo status di rifugiato ai sensi dell’art. 12, n.2, lett. b) o c), della direttiva.26

La Corte ha concluso affermando che per risolvere la prima questione pregiudiziale, l’art. 12, n.2, lett. b) e c), della direttiva deve essere interpretato nel senso che:

a) la circostanza che una persona abbia fatto parte di un’organizzazione iscritta nell’elenco di cui all’allegato della posizione comune 2001/931 per il suo coinvolgimento in atti terroristici e abbia attivamente sostenuto la lotta armata condotta da detta organizzazione non costituisce automaticamente un motivo fondato per ritenere che la persona considerata abbia commesso un <<reato grave di diritto comune>> o <<atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite>>;

b) la constatazione, in siffatto contesto, della sussistenza di fondati motivi per ritenere che una persona abbia commesso un reato del genere o si sia resa colpevole di tali atti è subordinata ad una valutazione caso per caso di fatti precisi al fine di determinare se atti commessi dall’organizzazione considerata rispondano alle condizioni fissate da dette disposizioni e se una responsabilità individuale nel compimento di tali atti possa essere ascritta alla persona considerata, tenuto conto del livello di prova richiesto dal citato art. 12, n.2.

Nell’enucleare tale conclusione la Corte si è posta in linea con la posizione adottata nelle Guidelines, per le quali è necessaria una valutazione individuale di ciascun caso concreto partendo dal presupposto che : <<il fatto

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che un individuo sia designato in una lista nazionale o internazionale di sospetti terroristi (o associati a un'organizzazione terroristica designata) dovrebbe innescare l'esame delle clausole di esclusione ma, di per sé, non costituisce una prova sufficiente per giustificare l'esclusione. L'esclusione non dovrebbe essere basata sull'appartenenza ad una particolare organizzazione, anche se una presunzione di responsabilità individuale può sorgere laddove l'organizzazione è comunemente conosciuta come notoriamente violenta e l'appartenenza è volontaria. In tali casi, è necessario esaminare il ruolo e la posizione dell'individuo nell'organizzazione, le proprie attività, nonché i problemi correlati>>.27

La chiave per l’applicazione delle cause di esclusione è quindi la responsabilità individuale, la quale <<scaturisce dalla persona che ha commesso o dato un contributo sostanziale alla commissione dell'atto criminale, nella consapevolezza che la sua azione o omissione faciliterebbe la condotta criminale>>.28

L’approccio della Corte deve essere considerato corretto, sebbene le Guidelines ammettano che possa sussistere una presunzione di responsabilità individuale quando una persona abbia fatto volontariamente parte di un gruppo che persegue scopi e opera con metodi particolarmente violenti, si tratta, tuttavia di una mera presunzione che può operare solo in casi limitati.29

2.2 La superfluità del requisito della “pericolosità attuale”

Nel documento Atti di terrorismo e status di rifugiato (pagine 85-90)