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Denominazioni di origine ed indicazioni geografiche

Capitolo 3 – LA FILIERA VITIVINICOLA ITALIANA

3.2 Il sistema di tutela della qualità in Italia

3.2.2 Denominazioni di origine ed indicazioni geografiche

L’Italia, così come gli altri paesi dell’Unione Europea, è in grado di dettare legge in campo alimentare, in modo da prevenire truffe e tutelare la qualità dei prodotti nonché la salute dei propri cittadini.

Come ben sappiamo, le normative comunitarie possono essere di tre tipi: regolamenti, direttive e decisioni (Guggeis, 2010). Le ultime due, pur essendo vincolanti nei confronti dei singoli stati membri, consentono una maggiore libertà61.

Un esempio di direttiva impartita a livello comunitario è quella sull’orario di lavoro, la quale prevede un massimale di ore per persona e un arco temporale minimo di riposo, lasciando libertà ad ogni paese, nell’applicare i suddetti principi.

Per quanto riguarda i regolamenti, essi rappresentano gruppi di norme costruite intorno a materie specifiche quali quelli in materia di etichettatura o di qualità in specifiche regioni. Essendo vincolanti, i singoli Stati dell’Ue devono metterli in pratica in tutti i loro elementi. Quando l’Unione ha stabilito di salvaguardare le denominazioni d’origine di alcune produzioni agricole come il Prosciutto di Parma, il Consiglio l’ha reso noto mediante un regolamento.

Nel settore vitivinicolo si parla di regolamenti concernenti la varietà delle viti, le cure enologiche, gli organismi di controllo, i disciplinari di produzione e le diciture autorizzate (ad es. IGP, DOP) e statali (in Italia DOC, AOC in Francia, etc.), il permesso di qualificare un vino con la propria zona di “nascita” (ad es. Porto o Asti). Oltre alle leggi comunitarie, l’Italia dispone di proprie leggi, regolamenti ed usi.

Per vari anni la storia del vino è stata determinata dalla Legge n.164 del 10 Febbraio 1992 avente ad oggetto la “Nuova disciplina della denominazione d’origine dei vini”, la quale definiva le norme generali, classificando le denominazioni di origine, le indicazioni geografiche tipiche62 e l’ambito di applicazione.

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Le direttive impongono dei doveri sui risultati, lasciando libere le competenze sulle forme ed i mezzi adottati mentre le decisioni sono vincolanti per i soli destinatari stabiliti, siano essi una nazione o una singola azienda; prendiamo ad esempio il caso della decisione rivolta alla Microsoft, arrecante verso la stessa, multe per abuso di posizione dominante.

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Il meccanismo di tutela della denominazione d’origine è stato introdotto dal Regio Decreto - Legge n.497 del 7 Marzo 1924, seguito dal regolamento attuativo del 23 Giugno 1927. Nel corso degli anni, sono stati emanati altri atti legislativi, che hanno trovato sistematizzazione conclusiva con la Legge 164/92, recependo la direttiva n.823/87 dell’Unione Europea (Segre, 2003).

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Chiariamo innanzitutto che un prodotto può riportare la “denominazione di origine” quando una regione, specifico luogo o paese, vanta delle caratteristiche essenziali e degli elementi umani o naturali che vanno a connotare le caratteristiche vitali del prodotto. Un ragionamento similare si ripete per l’indicazione geografica che va da sola a determinare la peculiarità, celebrità o altri elementi distintivi di un bene (Unioncamere Umbria, 2010).

Nel corso dell’anno 2009, dopo quasi un ventennio, è stata completata una riorganizzazione normativa (avviata fin dall’anno precedente con il regolamento CE n.479/2008 del Consiglio) avente ad oggetto la Legge 164/92, in concomitanza con l’avvento di una nuova riforma dell’Organizzazione Comune di Mercato (OCM) nel settore vitivinicolo.

L’obiettivo è stato quello di adeguare la legge in questione al quadro prescrittivo attuale, inglobando in un’unica OCM63

quella del vino, per questioni di semplificazione tecnica e legislativa «senza modificarne gli orientamenti politici soggiacenti» (Commissione delle Comunità Europee, 2008).

L’Unione ha infatti pensato fosse valido dividere il vino e le altre bevande alcoliche in modo analogo agli altri prodotti alimentari (olio, formaggi, salumi, etc.) sulla base della presenza o assenza di una denominazione od indicazione. Oggi non si è più soliti dire prosciutto crudo “generico” e “prosciutto di Parma DOP” ma basta specificare se si intende il “prosciutto crudo” oppure il “Prosciutto di Parma”.

Nel mese di Aprile 2010 è stato così pubblicato, in Gazzetta Ufficiale, il Decreto Legislativo n.61 “Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, in attuazione dell’articolo 15 della legge 7 luglio 2009, n.88”, in cui vengono ridimensionate le denominazioni attribuite ai vini.

In base ad essa, i mosti ed i vini si classificano in Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG), Denominazione di Origine Controllata (DOC) e Indicazioni Geografiche Tipiche (IGT). Curiosamente, per i vini prodotti in Val d’Aosta di bilinguismo francese, la denominazione IGT può diventare “Vin de pays” e per quelli prodotti in provincia di Bolzano di bilinguismo tedesco, “Landweine”.

In base all’art.3 della suddetta Legge, le DOCG e le DOC, sono tipicamente definite dal nostro Paese per indicare i VQPRD (Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate). In alternativa, i vini possono usare le denominazioni VSQPRD (Vini Spumanti di Qualità Prodotti in Regioni Determinate), VLQPRD (Vini Liquorosi di Qualità Prodotti in Regioni Determinate), VFQPRD (Vini Frizzanti di Qualità Prodotti in Regioni Determinate).

127 Figura 24 - La nuova piramide dei vini (Anno 2010).

Fonte: Damocle (2010)

Ecco che i “vecchi” VQPRD vengono “mandati in pensione”, per lasciar spazio alle DOP (Denominazione di Origine Protetta), comprendenti le DOCG e le DOC; “spariscono”64

anche le IGT, in favore delle Indicazione Geografiche Protette (IGP). Inoltre, i “Vini” (talvolta si specifica “Generici” o “Comunitari”) vanno a sostituire quelli “Da Tavola” (ovvero i VDT), cioè quelli che non attribuiscono peculiare importanza al legame con il territorio o con un disciplinare di produzione. Ai produttori di tali vini è riservata la possibilità di specificare in etichetta l’anno di produzione e la composizione delle uve: in questo caso si dà luogo ai “Vini Varietali”.

Lo scopo della Commissione Agricoltura è, in questo ambito di intervento, quello di innalzare il livello generale della “piramide della qualità” vitivinicola europea (Unioncamere Umbria, 2010).

Vediamo, prima di tutto, cosa si intende per “disciplinare di produzione”. Esso è quell’insieme di istruzioni e/o pratiche operative a cui deve attenersi chi va a generare il prodotto certificato. Le regole stabilite divengono l’essenza stessa della certificazione e fanno si che il cliente che va ad acquistare un prodotto venga tutelato e possa facilmente risalire all’insieme di caratteristiche ricercate.

In ambito vitivinicolo con l’acronimo DOP si va a designare una «zona viticola particolarmente vocata ed è utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le

64 La legge stabilisce che, nonostante le nuove diciture impartite da Bruxelles, i riferimenti tradizionali

italiani e le sigle specifiche (DOC, DOCG e IGT) potranno continuare ad apparire in etichetta, da sole o in abbinamento alle diciture europee DOP ed IGP (Damocle, 2010).

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cui caratteristiche sono connesse essenzialmente o esclusivamente all’ambiente naturale ed ai fattori umani» (DL 8 aprile 2010, n.61).

Le due sotto-categorie adottate in Italia, DOCG e DOC, costituiscono ulteriori approfondimenti in materia. I DOGC sono vini di prestigio, merito delle qualità intrinseche al prodotto e della notorietà commerciale conquistata nel tempo; infatti i prodotti in questione, prima di esser riconosciuti come tali, devono avere alle spalle una tradizione almeno decennale come DOC e devono esser stati rivendicati negli ultimi due anni precedenti la richiesta di approvazione da almeno il «51% dei soggetti che conducono vigneti dichiarati allo schedario viticolo di cui all’articolo 12 e che rappresentino almeno il 51% della superficie totale dichiarata allo schedario viticolo idonea alla rivendicazione della relativa denominazione» (Presidente della Repubblica, 2010 - DL 8 aprile 2010, n.61).

Il disciplinare applicato in sede di approvazione di una DOGC è ancor più restrittivo di quello applicato alla DOC d’origine così come l’individuazione di una DOC è soggetta a norme più restrittive rispetto a quelle inerenti la IGT richiesta in passato.

Analoga prospettiva “a catena” si replica per le DOC: esse devono contare su un trascorso almeno quinquennale come IGP (salvo casi particolari, in cui il Comitato esaminatore65 ne decreti l’idoneità) e devono rispettare i criteri indicati per le DOCG, salvo ridurre la percentuale al 35%.

La legislazione è piuttosto ferrea per i vini in questione: il ciclo produttivo e la sua resa qualitativa vengono controllati in ogni fase, a partire dall’attività sul campo (nel caso dei DOCG viene esaminato anche l’imbottigliamento), per appurare che essi siano aderenti al disciplinare adottato. Le qualità chimiche ed organolettiche devono essere rispettate, pena la devianza dal prodotto prefissato.

Lo stesso decreto n.61/2010 identifica come IGP dei vini «il nome geografico di una zona, utilizzato per designare il prodotto che ne deriva e che possiede qualità, notorietà e caratteristiche specifiche attribuibili a tale zona» (Presidente della Repubblica, 2010).

65 La nuova legislazione prevede che il riconoscimento del DO/IG venga effettuato a livello europeo, per

garantire l’imparzialità di giudizio (prima d’allora era soggetto a discrezione dei vari stati membri). Il DL n.61 dà vita comunque ad un Comitato Nazionale vini DOP e IGP, finalizzato a vigilare e sostenere i vini di qualità italiani.

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Lo scorso novembre, in Italia si contavano 521 vini a denominazione d’origine, 20 in più dell’inizio dell’anno: 73 vini DOCG, 118 IGT66

e 330 DOC che, nell’insieme, davano luogo ad una quantità di vino pari a circa 2/3 della produzione nazionale.

Suddividendo i dati sulla base della normativa attuale si contano 403 DOP e 118 IGP. Secondo questo studio condotto da ISMEA (2012), la regione con un più alto numero è il Piemonte (58 denominazioni), seguita da Toscana (56) e Veneto (50).

Figura 25 - Distribuzione regionale del numero di DOC, DOCG e IGT (Anno 2011).

Fonte: elaborazione personale su dati ISMEA

Dopo un calo censito nel biennio 2008-2009, gli ultimi tempi hanno registrato un aumento del numero di denominazioni con Toscana e Veneto regioni dalla più intensa crescita, dimostrando la grande importanza attribuita a questo meccanismo di tutela della qualità dai produttori nazionali.

Il Nord Italia rimane l’area più interessata, registrando il 41% delle denominazioni totali seguito da poco più del 20% nel Centro e nel Sud e un 12% nelle Isole (ISMEA, 2012). Le nuove catalogazioni introdotte nel settore vitivinicolo europeo ed italiano impongono inoltre, l’osservanza di alcuni accorgimenti (obbligatori e/o facoltativi) anche in materia di etichettatura e immissione dei vini nei canali commerciali.

66 Il report pubblicato dall’ISMEA specifica che, per comodità di trattazione e vista l’entrata in vigore

della nuova normativa dal 2010, le dizioni DOC/DOCG - IGT e DOP – IGP sono utilizzate indistintamente. 58 56 50 42 39 36 35 30 29 28

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Oltre al già citato Reg. CE 479/2008 e relativi provvedimenti, in campo nazionale sono state apportate alcune puntualizzazioni per mezzo del Decreto Legislativo n.61/2010 e seguenti (Unioncamere Umbria, 2010).

Con il più recente Decreto 13 Agosto 2012, il MiPAAF apporta importanti riordini e facilitazioni alle precedenti norme nazionali - in particolare in materia di confezionamento e tappatura dei vini, da oggi possibile mediante tappo a vite - pur seguitando nel salvaguardare le tipicità più qualificate (come le DOCG).

Per quanto concerne le informazioni obbligatorie, i vini di qualità DOP ed IGP devono riportare in etichetta una serie di indicazioni, per non trarre in inganno i propri consumatori e tutelare i produttori onesti dalle truffe agro-alimentari.

A partire dallo scorso Agosto è inoltre in vigore la possibilità di applicare ai vini provenienti dalla vendemmia 201267 il logo comunitario, che contraddistingue i prodotti biologici, ovvero la “Euro-leaf ” tratteggiata da 12 stelle su base verde (Commissione Europea, 2012 - regolamento UE n.203/2012).

Figura 26 - Il “nuovo” logo biologico dell’Unione Europea, in vigore dal 1 Luglio 2010 (Anno 2010).

Fonte: Commissione Europea

67 Medesima possibilità viene fornita anche a vini già esistenti in cantina, a patto che rispettino le

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