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Forma di conduzione, addetti e “ricambio generazionale”

Capitolo 2 – INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA

2.1 L’evoluzione strutturale del panorama agricolo italiano

2.1.3 Forma di conduzione, addetti e “ricambio generazionale”

Il cambiamento strutturale avvenuto nello scorso decennio a livello agricolo, pur convalidando la tradizionale struttura agricola italiana, sembra interessare anche la forma di conduzione aziendale anche se gli enti continuano a prediligere la configurazione individuale o familiare per una percentuale prossima al 96%, con gestione diretta del conduttore. Le superfici in affitto e ad uso gratuito aumentano, cosi

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come gli investimenti societari (sotto forma di società di persone o capitali) e delle cooperative (Istat, 2012).

Tabella 7 - SAU per titolo di possesso nelle Regioni e Province autonome in valori % (Anni 2000 e 2011).

Fonte: Istat

Per contro, diminuisce di oltre il trenta per cento il numero di addetti nel settore agricolo-zootecnico, assestandosi nell’anno 2009/2010 ad una quota pari a 3,9 milioni di persone. Accresce invece il numero medio annuo di giornate lavorative per individuo con la conferma del conduttore (nel 95,5% dei casi esso è anche il capoazienda) persona più impegnata in azienda.

L’intervento dei familiari in azienda si riduce del 56,5% (Istat, 2012) ma chi resta svolge un ruolo nodale, intensificando la propria collaborazione e personalizzando le competenze. La manodopera familiare è presente nel 99% dei casi, dato che conferma l’estrema importanza che la tradizione domestica riveste nel nostro sistema produttivo. Una novità vede in aumento l’impegno delle donne nel settore, che crescono in numero e ore medie annue lavorative. Molti di questi fenomeni sono dovuti all’incremento della meccanizzazione aziendale e all’evoluzione delle tecniche agricole, che consentono

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nuove attività oltre ad un eccezionale risparmio di manodopera e di tempo, rispetto ai decenni passati.

Anche se nel corso degli ultimi dieci anni si è abbassata l’età media del capoazienda (grazie all’aumento degli individui sotto ai 30 anni nel settore), essa si posiziona in una fascia che spazia dai 55 ai 59 anni, contro i 60-64 medi del 2000.

Il problema del ricambio generazionale nel settore agricolo è avvertito nell’intero territorio comunitario ma costituisce un’emergenza particolarmente in tre paesi meridionali, vale a dire Italia, Grecia e Portogallo (INEA – OIGA, 2009).

Secondo Eurostat, gli under 35 implicati in questo settore costituiscono in media il 6,1% a livello dell’Unione, ma in Italia questa percentuale scenderebbe addirittura al 2,9% (Brunelli, 2012).

Lo stesso autore32 sottolinea il necessario intervento dell’imprenditorialità giovanile33 come fattore trainante per la crescita; non solo un ampliamento quantitativo finalizzato all’aumento della capacità produttiva ma anche - e soprattutto - qualitativo come motore dell’innovazione, della ricerca e della vitalità nelle aree rurali.

In un settore tradizionalista come quello che stiamo trattando, si rivela necessario il contributo giovanile per la loro curiosità e propensione ad allinearsi alle tendenze di mercato; una ricerca effettuata durante il biennio 2005-2007 sulla diversificazione in Piemonte, ha rivelato che le aziende “giovani” sono state in grado di puntare su questo aspetto competitivo nel 14% dei casi contro un 3% di media regionale (PSR - Regione Piemonte, 2010).

La mancanza di giovani nel comparto in questione influisce negativamente sul tasso di abbandono delle attività, cosi come sulla perdita di dinamicità imprenditoriale. Inoltre, nelle aree in cui il tasso di appoderamento è molto alto, si presenta un ulteriore

32 Luca Brunelli è presidente nazionale di AGIA (Associazione Giovani Imprenditori Agricoli),

associazione che, da dieci anni, opera per promuovere lo sviluppo del settore agricolo, come propulsore della crescita economica italiana. AGIA contribuisce in modo dinamico e creativo all’aiuto per la valorizzazione dei giovani imprenditori nel panorama agricolo nazionale ed europeo, promuovendo un’agricoltura moderna, che si avvale di metodi innovativi, in linea con le tendenze internazionali, senza prescindere dalla qualità delle produzioni, nella salvaguardia del territorio e dell’ambiente. Essa si batte da anni per la rimozione degli ostacoli che bloccano le iniziative dei giovani imprenditori agricoli comunitari, auspicando un aumento delle garanzie fornite (ad esempio contro l’agro-pirateria), cosi come un più facile accesso al credito e lo snellimento dei numerosi impedimenti burocratici.

33 Nell’Unione Europea, il limite anagrafico per parlare o meno di “giovane agricoltore”, è 40 anni. Chi

appartiene a questa fascia anagrafica, può beneficiare degli incentivi indirizzati al ricambio generazionale per il periodo 2007-2013 (INEA – OIGA, 2009).

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problematica socio-economica, con la generazione di fenomeni di spopolamento e la successiva dismissione dei servizi di pubblica utilità, trasformando il consueto modo di vivere delle popolazioni (INEA – OIGA, 2009).

Già nel corso del periodo 1951-1971, l’allontanamento dal settore primario (che ha coinvolto buona parte della popolazione attiva) ha interessato un’importante quota della fascia giovanile, determinando una progressiva senilizzazione del compartimento. Allora però veniva considerato - più che un evento patologico - un segnale della trasformazione dell’economia, grazie al miglioramento delle condizioni di lavoro e all’innalzamento dell’età media della popolazione, che si sono tradotti in una dilatazione della vita lavorativa (INEA, 2004).

Nemmeno il parziale cambiamento di tendenza osservato nel corso degli anni Ottanta è stato sufficiente ad abbassare il processo di invecchiamento della popolazione impiegata nel settore primario.

Considerando l’oscillazione temporale nei tassi di partecipazione, alcuni autori (INEA, 2004) ipotizzano che nel corso dei periodi di recessione diminuisca la domanda di lavoro nei settori secondari e terziari, rendendo conveniente per i giovani rimanere nell’ambito lavorativo agricolo; all’opposto, negli anni caratterizzati da boom economico, sia più favorevole rivolgersi ad attività extra-agricole.

D’altra parte, la presenza in agricoltura da parte degli under 40 è frenata da condizioni di varia natura sia economica, che sociale. In primo piano il fatto che le rendite ricavate dal settore - nonostante i costi annessi alla gestione, così come quelli settoriali, non siano inferiori - sono in media inferiori a quelle ottenibili dagli altri (Henke e Salvioni, 2010).

A ciò si aggiungono le ripetute crisi subite dal comparto zootecnico italiano (BSE, aviaria, etc.), che hanno provocato la chiusura di numerose aziende e lo spostamento della forza lavoro verso ambiti differenti.

Dal punto di vista sociale e culturale, soprattutto nei territori montani e più isolati, la scelta di impegnarsi nell’attività agricola è condizionata dalla minore dotazione di infrastrutture presenti oltre alla consapevolezza della necessità di presenza continua in azienda.

Oltre alle capacità professionali, il grado di istruzione diventa determinante nella realizzazione di attività produttive e commerciali di successo. L’abilità manageriale,

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unita a quella tecnica, si dimostra particolarmente rilevante nel settore primario, dal momento che la produzione è un risultato difficilmente controllabile34: conoscere le politiche così come i concorrenti è ciò che permette ad un’azienda di stare un passo avanti rispetto alle altre, in un mondo globalizzato e scandito dalle dinamiche della competizione.

Il panorama attuale italiano non ci fornisce dei dati confortanti a riguardo, visto che in Italia (dati 2010) il tasso di scolarità medio del capoazienda agricolo non si spinge oltre la licenza media inferiore nel 70% dei casi pur avendo l’ultimo decennio subito, in media, un progresso nelle varie classi di appartenenza.

Tabella 8 - Capoazienda per titolo di studio nelle Regioni e Province autonome ad alta partecipazione35 (Anni 2000 e 2011).

Fonte: Istat

Pur considerando che la scolarizzazione diffusa è un fenomeno relativamente recente nel nostro paese, essendosi verificata dagli anni ’60 in poi, la situazione dimostra come

34 Pensiamo, per esempio, al clima e alle condizioni meteorologiche: le attività agricole sono subordinate

ad esse così come i conseguenti risultati economici, anche se l’uomo si adopera incessantemente per tentare di avere sotto il suo dominio il maggior numero possibile di fattori.

Le condizioni climatiche hanno avuto pesanti ripercussioni sul sistema nel corso del 2010 (anche se in maniera variabile a seconda della località geografica): nel Nord Italia l’abbondanza di piogge ha comportato rallentamenti nella semina e nella raccolta, a causa dell’inagibilità dei campi e dei danni riportati sulle strutture e sulle colture. Aiutate della precarietà idrografica, si sono poi registrate numerose esondazioni nell’intera Penisola, con conseguenze disastrose su campi ed allevamenti zootecnici (INEA, 2011).

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Questa tabella è stata sviluppata a partire da valutazioni inerenti le regioni ad alta attività di partecipazione (restano escluse Marche, Molise, Puglia, Toscana e Veneto) nel Censimento 2010, ma può costituire base per considerazioni nazionali dal momento che esse rappresentano il 66,2% delle aziende censite, pari al 71,9% della SAU nazionale (Istat, 2011).

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la formazione sia tuttora legata all’esperienza “sul campo” piuttosto che tra i “banchi di scuola”.

Resta un ulteriore fattore da accennare, parlando di conduzione d’impresa: quello strutturale, connesso alla dotazione di capitale e di terreni/strutture necessari all’avvio di un’attività agricola. Qualora non si abbia la fortuna di possedere un appezzamento o di ereditare un’attività di famiglia, ci si ritrova in un mercato fondiario caratterizzato da forti quotazioni con un’offerta solitamente inferiore alla domanda, la quale provoca un innalzamento dei prezzi. Ciò contribuisce ad incentivare una sorta di consolidamento delle gerarchie parentali (PSR - Regione Piemonte, 2010) che, come indicavamo in precedenza, è in parte ovviata da una recente tendenza al meccanismo dell’affitto dei terreni, il quale viene preferito dalle aziende condotte da giovani, che il più delle volte presentano difficoltà di accesso al credito e risorse finanziarie ridotte.